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N.W.O.
dietro gli attentati di Oslo e Utoja
www.ildemocratico.com – di Enrica
Perucchietti
Di queste, almeno sei valgono come moventi che potrebbero aver spinto
coloro che sostengono un Nuovo Ordine Mondiale ad attaccare la Norvegia
in modo che il sangue fungesse da monito per il futuro. Propedeutico a
ciò l’entrata della Norvegia nell’Unione Europea.
In estrema sintesi: la mancata adesione all’UE; lo storico accordo di
cooperazione siglato nel 2010 con la Russia e solo ora entrato in
vigore; un’autonomia che si rispecchia in un Governo e un’economia
forte che ha resistito alla crisi; una politica pronta a riconoscere la
Palestina; le risorse di petrolio e gas e gli appalti ventennali
sui pozzi iracheni; la decisione di ritirare le truppe dalla
Libia; la spaccatura interna alla NATO facente capo a una politica
filorussa; la presenza di una loggia massonica fondamentalista di culto
svedese; le esercitazioni militari del governo norvegese che
“avrebbero” – come nel caso dell’11/9 e di Londra 2005 - coperto
l’operato dei terroristi. Infine, la testimonianza di numerosi
sopravvissuti sull’isola di Utoja che ci fosse un vero e proprio
commando che avrebbe affiancato Behring Brevik nella sua follia omicida.
Partiamo dall’evidenza: la mancata adesione della
Norvegia all’Unione Europea. In due occasioni un referendum popolare
ha bocciato l’ipotesi di entrare a far parte dei Paesi membri. Il no
definitivo è arrivato nel 1994. Non solo, secondo un sondaggio il 66%
della popolazione sarebbe contraria all’annessione. Su questa
decisione peserebbe la crisi che hanno attraversato diversi stati membri
una volta entrati nella UE.
Se da un lato pesa la recente indipendenza conquistata
nel 1905 dal Paese dopo secoli di unione con Svezia e Danimarca,
dall’altro il controllo delle acque territoriali con la pesca e
l’accesso a risorse quali petrolio e gas votano a sfavore
dell’adesione: in questo caso le loro acque potrebbero essere
sfruttate anche da altri Paesi europei per la pesca, mentre dall’altro
riceverebbero dure sanzioni per la caccia alle balene. Avendo
sottoscritto il trattato di Schengen, la Norvegia non ha problemi con
gli scambi economici, mentre un’eventuale adesione all’UE sarebbe
controproducente per un Paese che ha standard ben al di sopra di quelli
richiesti per l’annessione. La Norvegia si è dimostrata una Nazione
autonoma, ricca, forte, che ha retto la caduta dei mercati e la
conseguente crisi economica. Questa indipendenza non può che
intralciare l’opera di coloro che vogliono Stati deboli per
un’Europa forte che sostituisca le singole autorità nazionali.
Nel progetto di costituzione di un Nuovo Ordine
Mondiale, professato non solo dalle dinastie quali Rockefeller e
Rotschild, ma anche da politici e capi di Stato, la mancata adesione al
primo step rappresentato dall’UE non può che essere visto come
un ostacolo da eliminare. Non si può escludere che entro un anno, dopo
questo duplice attentato, venga riproposto il referendum per
l’adesione all’Unione Europea e che questa volta il sì
“magicamente” prevalga.
Nella geostrategia disegnata dagli USA e professata dal mentore e
consigliere ombra di Obama, Zbigniew Brzezinski, emerge un rigurgito di
Guerra Fredda che vede l’America come pilastro politico ed economico
degli equilibri mondiali a cui si contrappone l’asse costituito da
Russia e Cina, le uniche antagoniste all’espansionismo imperiale
americano. A questi due blocchi si aggiungono Paesi indipendenti e forti
che sembravano non aver bisogno della guida e della protezione degli
USA. Che credono – o meglio credevano – di essersi ritagliate un
porto sicuro fuori dalla geopolitica globale. Tra questi Libia e
Norvegia sono gli ultimi esempi – seppur diversi - in ordine di tempo.
La Libia di Gheddafi è stata attaccata in quella che
Obama ha definito incomprensibilmente una “non guerra” per ragioni
che vanno ben oltre il mancato rispetto dei diritti umani. La decisione
del Colonnello di abbandonare il dollaro per riprezzare petrolio, gas e
altre materie prime e di adottare così una nuova valuta, il dinaro
oro, può gettare una nuova luce sulle reali motivazioni che hanno
portato a questo nuovo conflitto. Soprattutto a scaricare quello che per
molti Paesi, Francia e Italia in primis, era considerato un
valido alleato.
Trent’anni fa in un intervista rilasciata alla Principessa giapponese
Nakamaru, Gheddafi aveva previsto l’intervento della CIA sul
territorio libico e nel Medio Oriente per militarizzare l’area e
impadronirsi delle materie prime. La decisione di riprezzare petrolio e
gas – proprio come aveva fatto Saddam Hussein nel 2001 riprezzando il
petrolio sull’euro - avrebbe ovviamente condotto a una svalutazione
del dollaro che avrebbe messo in serio pericolo l’economia
statunitense già sul baratro della bancarotta. Similmente la Norvegia
si stava dimostrando troppo indipendente per gli interessi globali delle
stesse elite che hanno appoggiato l’intervento in Libia. La
decisione di ritirare la propria partecipazione sul territorio libico a
partire dal 1 agosto di quest’anno ha portato il Ministro della Difesa
britannico ad accusare il Governo norvegese – così come quello
olandese- “di non fornire sufficienti forze aeree per la campagna in
corso”.
A ciò si aggiunge l’accordo storico stipulato con la
Russia, destinato a riscrivere gli equilibri economici mondiali. Il
Trattato, firmato a Murmansk il 15 settembre scorso dal Primo ministro
norvegese Jens Stoltemberg e dal Presidente russo Dimitri Medvedev,
definisce la linea di demarcazione delle zone di influenza economica nel
Mare di Barents, secondo un criterio che assegna, alle due nazioni,
parti ritenute uguali, per regolare attività che vanno dalla pesca del
merluzzo allo sfruttamento dei ricchissimi giacimenti petroliferi e di
gas naturale in un bacino di 175 mila chilometri quadrati. Si può
capire come tale asse strategico metta a rischio gli interessi e il
controllo americano sul nostro continente. Anche in questo senso il
duplice attentato può essere letto come un “avvertimento” a non
procedere oltre…
Oltre ai giacimenti di gas e petrolio, Norvegia e
Russia si sono aggiudicate tramite la Statoil Hydro e la Lukoil,
l’assegnazione degli appalti ventennali su uno dei maggiori giacimenti
petroliferi nel Sud dell’Iraq: una riserva di 13 miliardi di barili di
petrolio. La Statoil aveva già fatto tremare le lobby americane dopo
essere entrata in un partneriato con la Gazprom per il maxi giacimento
di gas a Shtokman… Inoltre la Norvegia si sarebbe macchiata, secondo
fonte di Ha’aretz – di aver escluso per ragioni etiche quasi un anno
fa due imprese israeliane dalla partecipazione dello sfruttamento dei
giacimenti di petrolio nel Mare del Nord (http://www.haaretz.com/print-edition/business/norway-government-run-pension-fund-drops-africa-israel-group-shares-1.309874).
Veniamo ora alla politica estera. La Norvegia non si è
solo “macchiata” della colpa di voler ritirare le sue forze aeree
dalla Libia, ma si è contraddistinta per una politica giudicata da
alcuni “anti NATO”. Come riportato da Gianluca Freda
Il secondo peccato della Norvegia in politica estera
sarebbe l’appoggio alla causa palestinese. Qui si possono comprendere
meglio le voci che hanno parlato anche in questo caso, come nell’11/9,
del coinvolgimento del Mossad nel duplice attentato. Ci torneremo più
avanti. Il Ministro degli Esteri norvegese, Jonas Gahr Stoere, ha
dichiarato in una conferenza stampa tenutasi a Ramallah, che il suo
Paese era pronto a riconoscere il futuro Stato palestinese. Non solo. Il
Partito Socialista di Sinistra di Kristin Halvorsen si è spinto oltre
fino a chiedere di far votare una mozione in cui si chiederebbe
un’azione militare contro Israele nel caso di un’azione violenta
contro Hamas a Gaza. Il che è davvero troppo anche per un Paese come la
Norvegia!
A ciò si aggiunge l’esclusione delle due imprese israeliane dalla
partecipazione dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio e
l’accusa che il Ministro degli Esteri israeliano Avigdor Liebermann
mosse alla Norvegia di adottare politiche di antisemitismo. Allora
Liebermann durante una riunione ONU a New York puntò il dito proprio
contro il Ministro norvegese Jonas Gahr Store parlando di una sua
connivenza con Hamas.
Per chi fosse ancora scettico in merito, basti pensare
alla casualità del Fato (sic!) che ha visto il paladino dello causa
palestinese, il Ministro Gahr Store, chiedere la fine dell’occupazione
israeliana proprio giovedì scorso… a Utoja, presso il campo estivo
della gioventù laburista! Che coincidenza davvero! Si capisce che
l’avvertimento di Liebermann non gli era bastato…
Ma il Ministro degli Esteri non è il solo ad aver rischiato la pelle
nel duplice attentato. Si pensi che il Primo Ministro Jens Stoltenberg
aveva mandato i propri figli a prender parte proprio al campo di Utoja.
I ragazzi e Gahr Store si sono salvati.
Ma costoro avranno capito il monito?
La lettura “alternativa” degli eventi ci spinge a
constatare come ci sia stata un’accelerazione negli attentati
“simbolici”, che dovrebbero fungere da avvertimento o da causa per
una reazione da parte dei Governi. Quest’ultimo fu il caso dell’11/9
che condusse il Governo a rispolverare il Patriot Act che stava
ammuffendo sulla scrivania di Bush jr. in attesa che un evento
straordinario – “una nuova Pearl Harbour” come l’aveva evocata
Brzezinski nel 1997 – sconvolgesse a tal punto l’opinione pubblica
da poter stringere il cappio della sicurezza e trovare un movente per
l’occupazione dell’Afghanistan e poi dell’Iraq, i cui piani di
evasione ammuffivano insieme alla bozza del Patriot Act. Le conseguenze
sono storia. La Pearl Harbour auspicata da Brzezinki avvenne
puntualmente l’11/9. Ma un punto su cui si è troppo poco discusso è
l’esercitazione condotta dal NORAD e dal Consiglio di Stato Maggiore
riguardo alla simulazioni di un ipotetico attentato aereo. Il caso volle
che l’attento avvenisse poco dopo l’esercitazione, senza che NORAD,
FBI e CIA riuscissero a far abbattere gli aerei che ebbero il tempo di
virare verso i loro obiettivi con tutta calma sorvolando diverse basi
militari… anzi! Numerosi caccia vennero mandati fuori rotta
sull’Oceano Atlantico nell’ambito della fantomatica simulazione.
Ora, si vede che quando un inganno funziona coloro che
si nascondono “dietro il trono”, hanno deciso di esportare le
modalità dei false flag cambiando solo – su necessità – il
capro espiatorio. Nel caso di Oslo – proprio come già avvenuto anche
a Londra per gli attentati del 2005 – la polizia anti terrorismo
norvegese stava eseguendo la tipica esercitazione con tanto di scoppio
di esplosivi, all’insaputa degli ignari cittadini.
Ora, non essendo capitato solo una volta, la coazione a ripetere della
modalità dei servizi segreti supportati dal Mossad potrebbe aver
firmato anche questa pagliacciata.
La fantomatica esercitazione potrebbe essere servita - come nel caso
dell’11 settembre e di Londra - a far agire indisturbati i veri
responsabili degli attentati, in modo che potessero piazzare gli
esplosivi. Così avvenne a New York, poi a Londra, ora a Oslo. Sono note
le centinaia di testimonianze di cittadini americani che l’11/9
sentirono e videro esplodere delle cariche all’interno del World Trade
Center. Basti pensare all’edificio numero 7 che crollò su se stesso
in pochi secondo come in una demolizione controllata SENZA neppure
essere stato colpito!
Ora, senza tornare sulle anomalie dell’11/9, la
stessa cosa sembra sia accaduta anche a Oslo. L’esercitazione militare
che si è tenuta 48 ore prima in prossimità del teatro dell’Opera, può
aver benissimo coperto e permesso il piazzamento dell’esplosivo che
non si è ridotto soltanto a un’autobomba ma ha colpito diversi
edifici governativi.
Per chi si chiede che cosa c’entri il Mossad anche in questo caso,
eccovi soddisfatti: come ha spiegato Gianluca Freda, «il Mossad opera
in Norvegia in cooperazione con i servizi segreti locali, sotto la
copertura del cosiddetto “Kilowatt Group”, una rete d’intelligence
che vede la partecipazione, oltre che di Israele e Norvegia, anche di
altri paesi quali Svizzera, Svezia e Sudafrica e che si maschera –
manco a dirlo – sotto la finalità di facciata della “lotta al
terrorismo”». Sul Kilowatt Group quel poco che si sa è emerso da
alcuni documenti della CIA: è stato fondato nel 1977 ed opera a stretto
contatto con il Mossad, «The group is dominated by Israel because of
its strong position in the information exchange on Arab based terror
group in Europe and the Middle East».
Infine, è evidente che il duplice attentato non possa
essere stato commesso da un’unica persona. Non solo perché non ci
sarebbe mai riuscita, sebbene Hollywood ci abbia abituato a credere a
tutto. Ora, neppure Bruce Willis avrebbe potuto farcela da solo. Che un
32enne emotivamente fragile, mitomane e bugiardo, con il pallino della
politica, cristiano e razzista possa essersi trasformato nella nemesi di
Jason Bourne è semplicemente ridicolo. Che fosse un massone – del
terzo grado! – non cambia le cose. Costui è stato evidentemente
aiutato da qualcuno. I testimoni dell’isola di Utoja hanno infatti
raccontato di aver sentito gli spari provenire da diverse parti,
avvalorando la pista di un commando. Neppure un esaltato può agire
indisturbato per un’ora e mezza con un fucile automatico! Che poi sia
stato libero di agire per tutto questo tempo è un’altra questione che
coinvolge la responsabilità della autorità.
Ora, che a nessuno sia venuto in mente il precedente
del pluriomicida australiano Martin Byrant è sintomo della
superficialità con la quale vengono affrontate e trattate le notizie.
Anche Bryant – fisicamente simile a Behring, biondo, carnagione
chiara, occhi chiari, sguardo spiritato – è stato accusato di aver
ucciso da solo il 28 aprile 1996, 35 persone nella strage tristemente più
nota della storia australiana. Emotivamente fragile, narcisista,
violento, all’età di 31 anni è stato fermato come unico colpevole
della strage di Port Arthur. Che abbia agito da solo, anche in questo
caso, è improbabile. Bryant, inoltre, era stato sottoposto da
adolescente a cure psichiatriche da uno dei responsabili del progetto
Tavistock in Tasmania, una sorta di MK-ULTRA inglese.
Il Tavistock avrebbe agito da copertura per esperimenti
sulla psiche di giovani malati così come a partire dagli anni ’50 il
progetto Monarch MK-ULTRA, portato avanti dalla CIA, sperimentò come
gli abusi possono creare personalità multiple su cavie umane così da
dar vita a super soldati o semplici sicari mentalmente manipolabili e
all’oscuro di tale controllo mentale ma attivabili sulla base di
semplici ordini vocali o visivi.
L’MK-ULTRA ha avuto un suo “braccio” anche in Norvergia, così
come il Tavistock in Australia. Il 4 settembre 2000 il Norway Post
ha rivelato come il governo norvegese iniettò LSD e altre droghe a
bambini e pazienti adulti in cura psichiatrica. Alla somministrazione di
sostanze psicotrope si alternavano tecniche di privazione del sonno,
della fame, elettroshock, radiazioni, ipnosi e abusi fisici per creare
traumi ai pazienti.
Tali tecniche sono state utilizzate anche da logge
deviate della Massoneria: in tali casi si parla di Masonic mind
control.
La loggia a cui apparteneva Behring Breivik è la famigerata St Johannes
Logen St Olaus di rito svedese.
L’ex Illuminato Leo Lyon Zagami che ha messo a repentaglio la sua vita
per denunciare gli abusi e le pratiche occulte e sataniche di questa
frangia deviata della Massoneria, è stato costretto a riparare
all’estero dopo essere stato arrestato per spionaggio dalle autorità
norvegesi. Egli aveva fondato nel 2006 il progetto AKER LUX e il CLUB of
NOW, con lo scopo di opporsi allo strapotere di questa frangia
fondamentalista della Massoneria di rito svedese. In questo senso Zagami
porta avanti da anni la denuncia del Rito Svedese e del suo legame con
l’O.T.O. e il satanismo in generale.
La possibilità che Behring Breivik, che era soltanto un iniziato al
terzo grado, possa essere stato plagiato e manipolato dalla Loggia a cui
apparteneva è evidente. Come spiegato da Zagami, il Rito Svedese della
Loggia deriverebbe dal Rito della Stretta Osservanza Templare, fondato
nel 1756 dal barone Karl Gotthelf von Hund, la cui frangia tedesca influì,
secondo Zagami, nel retroterra esoterico che diede vita al nazismo.
È altrettanto evidente che il duplice attentato, che
ha ora come unico capro espiatorio un giovane uomo trentaduenne, è
stato un monito per la politica del Governo norvegese.
Un avvertimento a cambiare rotta, a sottostare alla creazione di un
nuovo ordine mondiale e a sottrarsi alla cooperazione con la Russia. Un
modo per far capire che l’indipendenza non è concessa.
Sarà servito?