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Iraq
- L'anima nera: un Negroponte per Baghdad
In
Iraq un nuovo Saddam?
di
Prof. Patrick Boylan* – tratto da www.boylan.it
Molti elementi inducono a pensare, infatti, che non si tratti dei
cosiddetti «fanatici islamici» bensì degli «squadroni della morte»
che, secondo «The Guardian» (9.12.03), da mesi la CIA sta allenando in
Israele.
Questi ultimi tristi eventi potrebbero significare che ora i
famigerati squadroni sono entrati in azione, secondo un copione più
volte sperimentato dalla CIA in America Latina (e non solo), per aiutare
il Primo Ministro iracheno Allawi a diventare il nuovo Saddam.
Fantapolitica? Secondo il Chicago Sun-Times (25.7.04) l'ambasciatore
americano in Iraq, Negroponte, ha creato e diretto gli squadroni della
morte in Honduras ed altrove per spianare la strada al dittatore di
turno. Il giornale americano aggiunge: «E Allawi sta seguendo il
copione sudamericano in puro stile Negroponte». Allawi è del resto,
secondo il Guardian Weekly (23.7.04) e la BBC Web News (25.5.04), da
lungo tempo un collaboratore della CIA e prima ancora dei Servizi
segreti britannici - proprio come Saddam. Ora sembra stia facendo
esattamente quello che faceva l'ex dittatore iracheno quando prese il
potere 40 anni fa con la sponsorizzazione di Washington.
Allawi
ha ripristinato la pena di morte, ha istituito il coprifuoco e ora
potrebbe apprestarsi ad usare gli squadroni della morte per eliminare
fisicamente l'opposizione in vista delle elezioni di gennaio prossimo (se
non slitteranno). Solo che non ci devono essere testimoni oculari del
regno di terrore che sta per iniziare. Non ci devono essere pacifisti
ficcanaso, giornalisti non allineati, ONG incontrollate, gente che
potrebbe scattare delle foto. Quindi occorre spaventarli,
allontanarli, come ha fatto il primo Saddam e come hanno fatto i
dittatori latinoamericani portati al potere dalla CIA. (Ricordate quei
film sui giovani volontari americani in Honduras o in Cile, eliminati
insieme a preti e a suore e allo stesso Mons. Romero da misteriosi
squadroni di rapitori/assassini che volevano poter agire contro la
popolazione con le mani libere?)
Ora, dopo i recenti rapimenti, «la maggior parte del personale delle
ONG internazionali si appresta a lasciare l'Iraq» scrive Televideo
(8.9.04). E' fantapolitica, dunque, pensare che questo è proprio ciò
che si auguravano Allawi e, dietro le quinte, Negroponte?
Alla
luce di ciò si comprende perché i guerriglieri iracheni
indipendentisti non vogliano deporre le armi: semplicemente perché non
vogliono fare la fine di Enzo Baldoni. Sanno che senza armi per
difendersi saranno arrestati dalla polizia (se il governo riesce a
trovare accuse) oppure, nel caso contrario, rapiti dagli squadroni della
morte. Proprio come avviene non solo in America Latina ma anche, in
questi ultimi anni, in Algeria e altrove.
Coprifuoco di sangue, dunque. Eliminazione dell'intera opposizione non
allineata dietro gli USA.
Poi il governo indice le "elezioni libere" e... indovinate chi
vince.
Perché sto parlando di tutto ciò in un momento così terribile come
questo?
Perché dobbiamo sì chiedere la restituzione delle due coraggiose
italiane rapite, ma a chi di dovere, senza farci abbindolare.
Non dobbiamo fare appelli a presunti «guerriglieri islamici» finché
sussistono dubbi sulla loro reale identità. Non dobbiamo interrogarci
sul perché i rapitori non abbiano pietà di due ragazze che tanto hanno
fatto per aiutare gli iracheni a svilupparsi, per potersi gestire come
popolo indipendente, perché è proprio QUESTO il loro torto (per chi le
ha fatto rapire).
Se
invece, malauguratamente, dovessimo accettare di usare gli schemi
razzisti proposti dai mass media («gli islamici non hanno pietà per
nessuno, nemmeno i pacifisti, nemmeno le donne»), non faremmo altro che
avvalorare il mito di una mente islamica deviata.
E ciò è proprio quello che vogliono le menti davvero deviate che
potrebbero aver commissionato questo rapimento, menti al 100% cristiane
e che si trovano non a Saddam City ma nei palazzi del potere
occidentale.
Le manifestazioni di solidarietà vanno benissimo. E' giusto che ci
riuniamo davanti alla sede di "Un Ponte per..." E' giusto che
esprimiamo il nostro dolore ai familiari ed ai colleghi.
Ma per dire "no!" ai sequestri e "si!" alla
restituzione dei volontari rapiti, per dire che questi eventi non ci
disorientano e non ci intimoriscono, per dire che, anzi, questa svolta
non fa che avvalorare gli indizi appena elencati, organizziamoci per
chiedere la liberazione degli ostaggi a chi di competenza: davanti a
Palazzo Chigi e davanti all'ambasciata degli Stati Uniti credo che
sarebbe una buona scelta.
*Patrick Boylan, (titoli di studio: Università della California di Berkeley e Università di Parigi Sorbonne), insegna linguistica inglese all’Università di Roma III