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Il
nostro tempo, e il loro
di Carlo Bertani – 7 maggio 2007
“Quindi
ai tempi nostri, quei principi stessi che la tirannide esercitano,
gravemente pure si offendono d’esser nominati tiranni.”
Vittorio Alfieri, Della Tirannide, Cap.
Primo, “Cosa sia il tiranno”.
La
nostra civiltà ha abolito il tempo. Lo scorrere, inesorabile, delle
lancette dell’orologio: i capelli grigi vengono ingentiliti in “sale
e pepe”, le donne sono tutte signore, appena compiono vent’anni. Così
non esistono più le vecchie: perché essere vecchi rappresenta
l’anticamera della morte. Anche la politica s’adegua e, più un
paese rimuove lo scorrere del tempo, più se ne vedono i segni nei
discorsi, nel dibattito, addirittura nel dettato legislativo.
Secondo la riforma Maroni delle pensioni, una persona – a 65 anni –
dovrebbe sgambettare sulle impalcature oppure guidare un camion, un
treno od un autobus nel traffico cittadino. Dovrebbe celermente
apprendere ad usare le nuove tecnologie – ed avere così
“l’efficienza” di 20 impiegati – oppure insegnare l’Eneide ad
una pletora di telefonino-dipendenti massacrati da anni di pubblicità
spappola-cervello.
Cade
dall’impalcatura? Sfonda il parapetto di un viadotto? Si scontrano due
treni perché non ha visto un segnale? Rinuncia a spiegare l’Eneide,
perché quello sa fare, ma a nessuno frega più niente di Eurialo e
Niso? Preme speranzoso sui tasti di un computer, sognando che gli Dei
gli siano benigni ed arrivi la schermata desiderata, mentre la gente
aspetta, innervosita, in coda?
Per quelli che crepano si celebrano tante belle “messe cantate”,
come quella del Primo Maggio dedicata alle “morti bianche”, per gli
altri si rimanda all’ennesimo tormentone sull’inefficienza della
pubblica amministrazione, sull’incongruità della nostra scuola,
sull’inadeguatezza della nostra Università e sulla pochezza del
nostro apparato produttivo.
Si
evoca l’Europa come il castigamatti, ma ci si dimentica che in Francia
gli chauffeur dei mezzi
pesanti vanno in pensione dopo 25 anni di servizio. Che nel mondo
anglosassone si può passare dall’insegnamento al lavoro in una
fondazione, che in Germania cantieri edili come i nostri non aprirebbero
nemmeno i cancelli.
Abolire il tempo, significa sovrapporre e confondere le cifre con gli
anni: il tempo si misura sì con i numeri, ma è tempo, non sono numeri.
Sei miliardi non sono sei anni.
Eppure, i nostri politici
dissertano amabilmente sul tempo come se parlassero di uova o di rotaie:
quante ne servono? I tre anni li consuma subito o glieli incarto?
Fa riflettere ed indigna che una certa sinistra si presti a questo
colossale inganno: hanno dimenticato “Il pane e le rose”? Un tempo
per il lavoro, uno per il riposo ed un altro per la cultura e il
divertimento?
Gli
italiani sono diventati una massa di numeri anonimi, database sui quali
eseguire rapidissime estrapolazioni di dati, ed altrettante sentenze
legislative. Che, puntualmente, non funzionano o non vengono applicate
perché assurde.
Gli esempi si sprecano:
Bersani stese le sue liberalizzazioni evocando la massima
“concertazione”, poi esplose in un delirio staliniano: difatti,
tutte le liberalizzazioni varate si trascinano appresso interminabili
conflitti.
A
ben vedere, queste impostazioni derivano tutte dall’inganno del tempo:
il nostro tempo? No, il loro, perché oramai in Italia esistono due
distinti orologi: quello della gente comune e quello della classe
politica.
Il Ministro Fioroni ebbe a dire, in una trasmissione televisiva, che non
capiva perché “tanti fanno gli amministratori delegati a 65 anni e
non si comprende come mai tutti non possano lavorare fino a quell’età”.
Chiedetelo al primo muratore che incontrate, chiedetegli se avrebbe
difficoltà a fare l’amministratore delegato (che, per come vanno le
aziende nel nostro paese, non hanno tante glorie da vantare). Oppure
domandate ad un amministratore delegato se farebbe a cambio. O ancora:
chiedete a Fioroni perché non torna a fare il medico.
L’inganno
nasce dalla frattura che oramai esiste fra loro e noi: si danno stipendi
che rasentano i 20.000 euro mensili, pensioni dopo mezza legislatura
d’attività. Come se non bastasse, infarciscono le alte sfere
dell’amministrazione, dei mezzi di comunicazione e della finanza con i
loro accoliti. Pletore d’arroganti figli e nipoti scaldano sedie che
dovrebbero essere importanti non per il nome di chi le occupa, ma per la
delicatezza delle mansioni da svolgere. Ecco da dove nasce la frittata
dell’inconcludenza, soprattutto nella pubblica amministrazione: poi,
danno la colpa al cantoniere od al geometra se le cose vanno storte.
E’
evidente, allora, che il loro tempo ed il nostro divergono: nel Limbo
dorato che si sono costruiti, chiunque può tranquillamente
“lavorare” fino ad 80 anni. Tanto, “lavora” quando vuole e come
vuole.
Come se non bastasse, proiettano quel loro modo d’intendere la vita ed
il lavoro su di noi, senza comprendere che noi viviamo nel mondo reale
– quello dei figli da mantenere, dell’auto da riparare, del mutuo da
pagare – e che ci “consumiamo” prima di loro. Non ho mai visto
gente “consumarsi” quando ha tutto, è protetta persino dai
possibili guai giudiziari (c’è n’è mai uno che va in galera, e ci
resta per più di una settimana?) e riceve addirittura gratis la carta
igienica. Loro, “consumano” noi.
Di fronte a queste contestazioni, i nostri “dipendenti” evocano
spesso l’Europa: vediamo come vanno le cose in Europa e nel mondo?
Vladimir
Putin è considerato il più scaltro ed abile fra i capi di stato: per
governare avrà usato più il bastone che la carota, ma vorrei sapere
quanti dei politici nostrani sarebbero stati capaci di “raddrizzare”
Sull’opposta sponda, George Bush potrà non ricevere lo stesso,
positivo giudizio dalla storia, ma intorno ai 60 anni se ne andrà anche
lui.
Tony Blair lascerà a breve Downing Street: ha un figlio piccolo e 53
anni.
Abbiamo assistito al dibattito televisivo fra Sarkozy e
Per
i PACS o per i DICO stiamo imbastendo infinite polemiche: in Spagna, un
conservatore con mai celate attrazioni franchiste, ed un progressista
che non nasconde simpatie per un certo socialismo sudamericano, hanno
emanato due distinte leggi. Gli spagnoli s’arrabbiano e discutono, ma
le leggi ci sono: entrambi “viaggiano” fra i 50 ed i 60 anni, o
pressappoco.
In Europa ci sono Primi Ministri
che hanno da poco superato la quarantina, lo stesso Obama – che corre
per la presidenza USA – ne è un altro esempio: anche nei paesi
dell’Est la solfa è la stessa, come i gemelli Kaczynski in Polonia
– che sembrano Cip e Ciop scesi in politica dall’albero del giardino
di Paperino – ma che non sono due vegliardi. La stessa cosa nella
dilaniata Ucraina…in Irlanda…Finlandia…dove troviamo un paese con
una classe politica che – quando deve andare in ospedale per analisi
– viene ricoverata in blocco al geriatrico?!?
Quando ci fu la sotterranea polemica fra Napolitano ed il presidente
croato Mesic, per la questione delle foibe, sembrava un litigio fra
nonno e nipote! Veniamo allora a noi.
Il
Presidente del Consiglio ha quasi settant’anni e – onestamente,
riconosciamolo – ha già comunicato che sarà il suo ultimo mandato,
che terminerà quando avrà superato la settantina. Sarà vero? Vedremo.
Il suo dirimpettaio, invece, la settantina l’ha già superata e medita
di prendersi la rivincita quando ne avrà circa 75. Non so se Berlusconi
ci crede o lo fa credere, ma la realtà è questa.
Non parliamo poi della Presidenza della Repubblica: lì, se non viaggi
oramai sugli ottanta, sei un pivello.
Passiamo
ai possibili outsider, ai gregari.
Gianfranco Fini ha pressappoco la stessa età di Putin: magari lo
invidia un po’ perché, mentre il russo ha già governato la nazione
per due mandati, lui è riuscito a fare soltanto il Ministro degli
Esteri per un paio d’anni. Coraggio Gianfranco: dagli sotto e
continua, gli esami non finiscono mai, forse verso i 70 anni riuscirai a
sederti su una poltrona che “conta”!
C’è
poi la “galassia” di
Forza Italia: lì è difficile intravedere qualcuno che abbia la statura
del leader. Berlusconi ha ragione quando afferma di non scorgere
successori, però deve ammettere che il vero Erode è stato lui: è sua
la colpa se non ha “figli”.
Sarebbe simpatico essere governati da Bondi, ma ci credo poco. L’uomo
ha ben altre potenzialità: con Boldi e De Sica sarebbe perfetto per un
“Vacanze di Natale
Invece è stato relegato a fare la controfigura di Berlusconi…pelata
regolamentare, tono suadente, odio anticomunista…d’altro canto, lui
era comunista e il suo capoccia socialista. Se ne intendono.
Bondi
sta a Berlusconi come il giornalista del TG iracheno stava a Saddam:
stesso baffo là, stessa pelata qui.
Altri non ne vedo: un “fegatoso” come Vito? Un epatoprotettore come
Adornato? Schifani? Eh no, qui il nome è evocativo…
Sul
fronte democristiano i leader si sprecano: peccato che governino su un
francobollo. Diviso.
Già, perché il misero cacciatorpediniere dell’UDC è spaccato: a
prua gli ex CCD, a poppa gli ex CDU. I primi manovrano la nave, ma i
secondi – più legati a Berlusconi – hanno potere sulle macchine,
ovvero sui soldi e sulle TV (del Berlusca).
Le stature politiche variano molto: si va dai figli d’arte, Volonté
del fu Gian Maria (ma allora è vero che le grandi famiglie
decadono…), ai “ruspanti” da “Festival dell’Amicizia di Parma
e Reggio”, come Giovanardi, per finire con gli strenui difensori
(divorziati) della famiglia come Casini. Tanti galletti nello stesso
pollaio a beccarsi, al punto che Follini – stufo di prendersi beccate
da Buttiglione – se n’è andato. Con le penne perdute qualcuno ci
farà pur qualcosa, ma da qui ad immaginare che uno di loro diventi un
bel gallo livornese, con il becco adunco e i bargigli fiammanti, ce ne
passa.
Varcato
il Rubicone incontriamo
subito il bel Mastella da Ceppaloni: qui non ci sbagliamo, perché
Clemente un futuro ce l’ha, uno solo. Duca di Ceppaloni: poi basta,
fine.
Più interessante l’analisi dei margherito-diessini-democratici e
vattelapesca. E’ già un gran casino osservarli uno per uno,
figuriamoci insieme.
I margheriti hanno un leader, Rutelli, detto “mangiacicoria”. Ha
iniziato a poppare con i radicali di Pannella, quando i radicali
tuonavano contro
Gli
fa eco un tal Fassino, detto il “traghettatore”, ferocemente
contrario al Ponte sullo Stretto: se fanno il ponte sono fregato peggio
di Caronte, e chi traghetto più?
Ora gli hanno commissionato un trasporto, dai DS ai “Democratici”:
non si sa se riuscirà a portare a termine il contratto, perché le
malelingue affermano che durante l’ultimo trasbordo ha smarrito metà
del carico.
Ma l’Italia ama lo sport! Come non ricordare uno sportivo come D’Alema,
ritto a prua del suo veliero a mostrare la via agli italiani? Per ora lo
hanno parcheggiato al Ministero degli Esteri, e sarà dura trovare un
porto che lo accolga senza batterie e mine pronte a colarlo a picco!
Oltre
Il problema è trovare Biancaneve:
A Rizzo hanno dovuto spiegare che – se diventava parlamentare europeo
– non avrebbe dovuto presentare le credenziali al commissario politico
dell’Armata Rossa: ne è rimasto assai stupito e costernato. Pare le
abbia consegnate ad un usciere bulgaro, abbracciandolo ed appellandolo
“Compagno!”.
I
Verdi non ci sono. Purtroppo, appena approdati al Governo, sono dovuti
subito partire per
Stanno imparando la differenza fra il solare termico e quello
termodinamico, fra il fotovoltaico e l’eolico. Vanno abbastanza bene:
Pecoraro ha una brutta insufficienza in Scienze, ma si dice che ce la
farà. Promosso con un debito. Chi pare proprio non farcela è
Ci
sono poi le mine vaganti: ex socialisti diventati radicali e radicali
che si sono trasformati in checazzonesò. Su tutti vola “aquilotto”
Di Pietro: trascorre gran tempo fra le Accademie della Crusca e dei
Lincei, ma i risultati in Italiano continuano ad essere deludenti.
Sembra comunque che abbia imparato a riconoscere distintamente le parole
“Forza Italia”, così potrà verificare meglio le precedenti
appartenenze politiche di quelli che vanno a chiedergli un posto in
lista.
Mannaggia, Anto’, non era De Gregori (il Francesco), era De Gregorio…il
primo canta “Viva l’Italia”, il secondo “Forza Italia”:
Anto’, ma come hai fatto…chiedi aiuto a qualcuno se non te la
cavi…come facevi, ai tempi di Mani Pulite, a distinguere i nomi nei
verbali?
Il
panorama dei cinquanta-sessantenni italiani è terminato: non prendiamo
in considerazione gli ex demoscristi come Rotondi e gli ex galeotti come
De Michelis. Contano meno di un paio di sci su un veliero.
I quarantenni? Per ora scaldano le poltrone di qualche amministrazione
comunale o provinciale e, più quarantenni ci sono, più province
bisogna creare.
Quando avranno cinquant’anni approderanno in Parlamento, a sessanta
saranno forse ministri, a settanta capataz e ad ottanta uno di loro sarà
Presidente. Fine.
Fin
qui per scherzare un po’, ma riflettiamo che, quando dovranno chiudere
bottega i capoccioni storici (Berlusconi e Prodi), si scatenerà una
resa dei conti niente male. Nessuno dei tanti leader ha la statura per
emergere sugli altri: una situazione pericolosa, da Jugoslavia 1990. Se
definiamo quella odierna “instabilità” politica, fra qualche anno
potremmo finire in un bailamme nemmeno immaginabile. Un direttorio? Non
mi stupirei se – a quel punto –
Come
uscire dall’impasse?
L’unica soluzione sensata sembrerebbe quella d’importare un
pensionato dall’estero: Putin potrebbe andar bene, ma anche Aznar,
oppure Blair che già viene in vacanza in Toscana. Non so se la casa è
sua o è in affitto, ma se fosse di sua proprietà risparmieremmo la
pigione.
Bush non conviene: ha l’abitudine di portarsi appresso una “corte
dei miracoli” che già ci “rompe” da decenni.
Schroeder se lo sono preso subito i russi, e l’hanno messo a costruire
il gasdotto del Baltico: potremmo chiedere ai francesi d’inviarci lo
sconfitto/a alle presidenziali. Personalmente, augurerei a Sarkozy di
vincere, così potremmo ricevere Ségolène Royal: anche l’occhio
vuole la sua parte.
Altre
soluzioni non ne vedo, a meno di “promuovere” qualche berluschino
pelato già a trent’anni, oppure un piccolo Fassin perduto – stessa
età – che in questo momento dirige una sezione secondaria in una
Coop. Non faremmo un gran affare: quando una nazione non è in grado di
produrre ciò che le abbisogna, piuttosto che regredire è meglio
importare ciò che serve!
Perché questa è la classe politica italiana! Quella che dovrebbe far
compiere al paese il gran salto del millennio: passare dalle tecnologie
“pesanti” al nuovo mondo del silicio e dell’immateriale. Il
pianeta della ricerca “dolce”, che interviene sui bisogni delle
persone, e per questa ragione è appetita e richiesta. Dovrebbero altresì
raccontarci dove prenderanno in futuro l’energia per far funzionare
computer e lavatrici. Ah: per le lavatrici – ricordo – serve anche
l’acqua, quella che in Italia sta sparendo. Sono gli uomini che
dovrebbero spiegarci come mai – improvvisamente – ci parlano di
mutamenti climatici e d’energia dopo che, per anni, se ne sono
stra-fregati.
Se
non importeremo dall’estero nomi nuovi, l’alternativa è continuare
a vivere nel gran biliardo italiano, dove le palline sono i nostri
politici. Corrono, si scontrano, rimbalzano, ma non si fanno mai male:
qualcuno, talvolta, finisce in buca. Niente paura: prontamente viene
ripescato. E noi, chi siamo?
Siamo la stecca, che ogni cinque
anni li spinge sul gran panno verde.
Ah, dimenticavo: siamo anche gli omini. Che travolgono senza fermarsi
quando sono in corsa.
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Carlo
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