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L'Iraq è un giro di prova
Intervista a Noam Chomsky
Frontline
2 aprile 2003,
traduzione a cura di Andrea Calabrese
Noam Chomsky, professore universitario al Massachussetts Institute of Technology, fondatore della moderna scienza linguistica e attivista politico, rappresenta una figura importante dell’attivismo anti-imperialistico statunitense. Il 21 marzo, giornata cruciale per le proteste politiche provenienti anche dal mondo accademico verso l’attacco all’Iraq, è stato intervistato da Frontline.
Domanda – Secondo lei la presente aggressione all’Iraq è la continuazione della politica estera americana degli ultimi anni, oppure ne rappresenta una variante qualitativa?
Chomsky –
Rappresenta una nuova e significativa fase. Non è senza precedenti, ma
nondimeno ha un valore assai significativo. Dovrebbe essere raffigurato
come una sorta di giro di prova. L’Iraq, infatti, è visto come
obiettivo estremamente facile e totalmente senza difese. Si ritiene, non
a torto, che le sue strutture sociali si sgretoleranno, che i soldati vi
penetreranno facilmente, consegnandone il controllo agli USA, i quali
potranno scegliere il futuro regime, piazzando nel contempo basi
militari. Dopo l’Iraq, saranno affrontati casi più difficili;
potrebbe essere la regione andina in Sud America, o l’Iran, oppure
altri.
Il giro di prova serve a stabilire ciò che gli USA definiscono “la
nuova norma” delle relazioni internazionali. La nuova norma si chiama
“guerra preventiva” (da notare che le nuove norme sono stabilite
solo dagli USA). Così, per esempio, quando l’India ha invaso il
Pakistan orientale compiendo orrendi massacri, non si è stabilita una
nuova norma per gli interventi umanitari, perché l’India è il paese
sbagliato, e, oltretutto, gli USA si sono opposti strenuamente a questo
tipo di azione.
C’è differenza fra guerra preventiva e guerra prioritaria. Quella
attuale non è prioritaria: c’è una grande differenza. Guerra
prioritaria significa che se ad esempio una flotta aerea sta
attraversando l’Atlantico per bombardare gli Stati Uniti, gli USA
possono colpirli prima che sgancino le bombe, e possono attaccare le
basi aeree da cui la flotta proviene. La guerra prioritaria è una
risposta ad un attacco imminente.
La dottrina della guerra preventiva è totalmente differente; presume
che gli USA – da soli, senza dividere questo diritto con nessun altro,
hanno il diritto di attaccare qualunque paese che essi ritengano essere
un potenziale pericolo. Così se gli USA ritengono che qualunque nazione
in qualunque zona del mondo possa costituire per loro una minaccia,
possono attaccarla.
Questa dottrina è stata annunciata esplicitamente nel National
Strategy Report dello scorso Settembre, facendo rabbrividire tutto
il mondo, incluso l’establishment americano, nel quale l’opposizione alla guerra direi
che è attecchita in percentuale insolitamente alta. In effetti, il
National Strategy Report afferma che gli USA governeranno il mondo con
la forza, che è la dimensione – l’unica dimensione – di tale
supremazia. Ancora, sarà così per un indefinito futuro, perché
qualunque potenziale sfida al dominio statunitense sarà eliminata prima
ancora di diventare una sfida.
Questo è il primo punto di questa dottrina. Procedendo su questi
binari, come presumibilmente avverrà, considerata la debolezza
dell’avversario iracheno, in seguito intellettuali, esperti di diritto
internazionale e pensatori occidentali inizieranno a parlare di nuovi
termini nei rapporti internazionali. E’ importante stabilire una tale
norma se ci si propone di governare il mondo con la forza per il
prossimo futuro. Tutto ciò non è senza precedenti, ma è estremamente
insolito. Menziono un precedente, solo per mostrare la ristrettezza
dello spettro. Nel 1963 Dean Acheson, statista e consigliere
dell’amministrazione Kennedy, ebbe un’importante conversazione alla
Società Americana per il Diritto Internazionale, nella quale giustificò
l’attacco americano nei confronti di Cuba. Si trattava di un attacco
su vasta scala di tipo terroristico ed economico. Ciò avvenne subito
dopo la crisi dei missili, quando il mondo arrivò molto vicino ad un
olocausto nucleare. Nella sua conversazione, Acheson affermò più o
meno che “non ci sono affatto problemi legali quando gli Stati Uniti
rispondono a sfide alle proprie posizioni, prestigio o autorità”.
E questo è un punto di forza anche della dottrina-Bush. Anche se
Acheson è stato un politico importante, ciò che ha affermato nella
circostanza ora menzionata non è stato mai detto ufficialmente da
nessun politico americano del dopoguerra. Adesso invece si situa come
posizione politica ufficiale, e appare per la prima volta in questa
veste, come base per il futuro. Tali “norme” sono stabilite solo
quando un potere occidentale fa qualcosa, non gli altri. Ciò fa parte
del profondo razzismo della cultura occidentale, derivante da secoli di
imperialismo, talmente profondo da risultare inconscio. Così ritengo
che questa guerra costituisca un importante passo avanti in questa
direzione, ed è questa è la funzione che deve assumere.
Domanda – Si
tratta anche di una nuova fase nella quale gli USA non sono stati in
grado di portare gli altri dalla loro parte?
Chomsky – Non è
nuova. Nel caso della guerra del Vietnam, per esempio, gli Stati Uniti
non hanno ricercato affatto l’appoggio internazionale. Nondimeno, si
tratta proprio di qualcosa di insolito. Questo è un caso in cui gli USA
sono stati costretti per ragioni politiche a tentare una forzatura nei
confronti del resto del mondo per far accettare la propria posizione, la
qual cosa non è riuscita, ed è questo lo strano. Di solito, il resto
del mondo soccombe.
Domanda –
Allora potremmo dire che si tratta di un fallimento della diplomazia? O
che siamo di fronte alla necessità di una redefinizione del concetto
stesso di diplomazia?
Chomsky – Non la
chiamerei diplomazia; si tratta di fallimento della coercizione.
Paragoniamo la situazione a quella della prima guerra del Golfo. Nel
1991, gli USA hanno praticamente costretto il Consiglio di Sicurezza
dell’ONU ad accettare le proprie posizioni, nonostante il parere
opposto della maggior parte del mondo. La NATO procedette, e l’unico
paese del Consiglio di Sicurezza che non era d’accordo, lo Yemen,
venne immediatamente e severamente punito. In qualunque sistema legale
serio, i giudici corrotti sono considerati invalidi, ma negli affari
internazionali condotti attraverso il potere, i giudici corrotti sono
abili. E questo è ciò che essi chiamano diplomazia.
Ciò che trovo interessante in questo caso è che la coercizione non ha
funzionato. Vi sono paesi i quali hanno caparbiamente confermato
l’opinione della stragrande maggioranza della loro popolazione. Il
caso più drammatico lo troviamo in Turchia, paese molto vulnerabile,
vulnerabile soprattutto in relazione a punizioni americane. Nonostante
ciò, il suo nuovo governo, io credo fra la sorpresa generale, ha
mantenuto la posizione del 90% della sua popolazione. Ciò ha causato
un’aspra condanna della Turchia, così come sono stati condannati
Francia e Germania per gli stessi motivi. I paesi che sono stati
elogiati sono stati Spagna e Italia, i cui leaders hanno preso ordini da
Washington contro l’opinione di una percentuale forse del 90% della
popolazione.
Questo è un altro passo in avanti. Non riesco a individuare altri casi
di un tale dispregio per i valori della democrazia, così apertamente
proclamato, non solo dal governo, ma anche da commentatori liberali e
altri ancora. Vi è adesso una vasta letteratura che sta cercando di far
passare Francia, Germania (la “Vecchia Europa”) più la stessa
Turchia per sabotatori degli USA. E’ inconcepibile per i sapientoni
che tali paesi si stiano comportando così solo perché prendono la
democrazia seriamente e perché tengono conto delle opinioni della
maggioranza del popolo.
Se l’atteggiamento americano manifesta un reale disprezzo della
democrazia, ciò che è avvenuto all’ONU manifesta totale disprezzo
per il sistema internazionale. Infatti vi sono ora appelli – dal Wall
Street Journal, da politici e altri – per sciogliere le Nazioni Unite.
La paura degli USA in tutto il mondo è straordinaria. E’ così
estrema che viene discussa quotidianamente su tutti i media. La storia
di copertina dell’ultimo numero di Newsweek riguardo proprio la
domanda sul perché il mondo tema così tanto gli USA. Lo stesso il Post
di qualche settimana fa. Naturalmente l’errore è degli altri, del
mondo: c’è qualcosa che non va in loro, non in noi.
Domanda –
L’idea che l’Iraq rappresenti una minaccia per il presente è, in
sostanza, senza alcun fondamento.
Chomsky – Nessuno
fa caso a ques’accusa, eccetto il popolo americano, e questo è
interessante. Negli ultimi mesi vi è stato il compimento di una
propaganda governo-mediatica, molto visibile nei sondaggi. I sondaggi
internazionali mostrano che il supporto alla guerra è più alto negli
USA che negli altri paesi. C’è però un piccolo inganno, perché se
si guarda più attentamente, si noterà che gli Stai Uniti sono diversi
dal resto del mondo per un altro fattore. Dal Settembre 2002 gli USA
sono il solo paese al mondo in cui il 60% della popolazione ritiene che
l’Iraq costituisca una minaccia imminente, contrariamente a quanto
pensano ad esempio in Kuwait o in Iran, paesi limitrofi. In più, circa
il 50% della popolazione ora ritiene l’Iraq responsabile per
l’attacco alle Torri Gemelle. Questo a partire da Settembre 2002. Ma
subito dopo l’attacco, a Settembre 2001, la percentuale era solo del
3%. La propaganda mediatico-governativa ha portato la percentuale dal 3
al 50% in un anno, e adesso la gente pensa di essere in buona fede a
ritenere l’Iraq responsabile dell’attentato. Settembre 2002
rappresenta l’inizio di questa offensiva propagandistica, e coincide
con l’inizio della campagna elettorale per le elezioni di medio
termine. L’amministrazione Bush avrebbe fallito se non avesse avuto
dalla sua le parti sociali ed economiche. Il progetto è stato quello di
ammutolire queste parti facendole convergere sul piano della sicurezza
nazionale, in maniera che tutti si potessero sentire protetti
dall’ombrello del potere.
Questo è esattamente uguale a quanto avvenuto negli anno ’80, con le
presidenze Reagan e Bush senior. Queste amministrazioni hanno trasferito
all’estero la politica interna, cara alla gente. E come è stata
effettuata la mistificazione? Convincendo tutti che esisteva un Esercito
del Nicaragua pronto ad invadere il Texas e a conquistare gli Stati
Uniti, e che dalla base aerea di Granada i Russi avrebbero bombardato
l’America. Una ridicolaggine dietro l’altra, anno dopo anno. Se
qualcuno avesse visto la scena da Marte, non avrebbe saputo se piangere
o ridere.
Ora stanno facendo la stessa cosa, e probabilmente ne faranno di simili
alla prossima campagna per le presidenziali. Avranno un nuovo dragone da
sconfiggere, e se le amministrazioni future lasceranno prevalere la
politica interna, si troveranno nei guai.
Domanda – Lei
ha scritto che questa guerra di aggressione ha pericolose conseguenze
rispetto al terrorismo internazionale e alla minaccia di guerra
nucleare.
Chomsky -
Non posso certo invocare l’originalità per questa opinione.
Cito solo fonti della CIA e altre Intelligence, oltre a specialisti in
politica internazionale e terrorismo. Le riviste Foreign Affairs,
Foreign Policy, gli studi dell’Accademia Americana delle Arti e delle
Scienze e l’Alta Commissione Hart-Rudman per le minacce terroristiche
agli Stati Uniti d’America vanno tutti in questa direzione. Ci sarà
un incremento del terrorismo, questo è fuori dubbio. E la ragione è
semplice: in parte per vendetta, ma in parte per autodifesa. Non vi è
altro modo per proteggersi da un attacco americano. D’altronde, gli
Stati Uniti hanno fatto il punto della situazione in maniera molto
chiara, e stanno dando al resto del mondo una lezione assai pericolosa.
Confrontiamo Iraq e Corea del Nord: l’Iraq è debole e senza difese,
è il più debole paese della regione. Nonostante sia governato da un
terribile mostro, non ha minacciato nessun paese limitrofo. La Corea del
Nord, d’altra parte, ha fatto più d’una minaccia, ma non è stata
attaccata per un motivo molto semplice:ha un deterrente. Possiede
artiglieria armata contro Seul, e se gli USA attaccano, potrebbe
distruggere in un batter d’occhio gran parte della Corea del Sud.
Così, è come se gli Stati Uniti stessero dicendo al mondo: “se siete
deboli e senza difese, vi possiamo attaccare quando vogliamo; ma se
avete un deterrente, non faremo nulla, perché noi attacchiamo solo i
deboli”. In altre parole, non si attaccano paesi sviluppati dotati di
armi di distruzione di massa o altri credibili deterrenti; solo i
deboli, che diventano così oggetto di guerra preventiva. Solo per
questa ragione, questa guerra porterà alla proliferazione sia del
terrorismo che delle armi di distruzione di massa.
Domanda – Come
ritiene che gli Stati Uniti condurranno le conseguenze umane ed
umanitarie della guerra?
Chomsky – Nessuno
lo sa. Le agenzie umanitarie e i gruppi medici che lavorano in Iraq
hanno rilevato che le conseguenze potranno essere molto dure. Ognuno
spera di no, ma potrebbe riguardare milioni di persone. Vi è già da
prima della guerra una catastrofe umanitaria. Da stime per difetto,
dieci anni di sanzioni hanno ucciso centinaia di migliaia di persone. Se
vi fosse una giustizia, gli USA dovrebbero pagare i danni causati solo
dalle sanzioni. La situazione è analoga all’Afghanistan. Era ovvio
che gli USA non si sarebbero preoccupati delle conseguenze.
In Iraq gli Stati Uniti faranno uno show sulla ricostruzione, e
piazzeranno un regime che chiameranno democratico, il che significa
prendere ordini da Washington. Poi ci si dimenticherà quanto è
successo lì, e si andrà al prossimo obiettivo.
Domanda – Come
si sono comportati i media in questa circostanza, in base alla loro
reputazione “propagandistica”?
Chomsky – Tifando
per la squadra di casa. Guardi la CNN: disgustosa, ed è la stessa cosa
ovunque: i media sono adoratori del potere.
Più interessante è esaminare cosa è accaduto nella fase preparatoria
alla guerra. Il fatto che la propaganda mediatico-governativa sia stata
in grado di convincere la gente che l’Iraq rappresenti un’immediata
minaccia, e che sia da ritenere responsabile dell’attentato dell’11
settembre è uno spettacolare inganno, realizzato in circa quattro mesi.
Se chiediamo questo ai media, ci sentiremo rispondere: “ma noi non
abbiamo mai detto nulla di simile”, ed è vero, non l’hanno mai
fatto. Non c’è mai stata una dichiarazione, un’asserzione sul
genere “L’Iraq è pronta ad invadere gli Stati Uniti”, o
“L’Iraq ha coordinato l’attacco alle Torri Gemelle”. Nessuno
l’ha detto: l’hanno solo insinuato, suggerimento dopo suggerimento,
finché hanno portato la gente a crederci davvero. E’ un sistema
infallibile.
Domanda –
Nonostante ciò, nonostante la propaganda, c’è stata resistenza.
Nonostante la denigrazione dell’ONU, non hanno vinto.
Chomsky – Non si
sa mai. Le Nazioni Unite si trovano in una posizione assai rischiosa.
Gli Stati Uniti stanno agendo per smantellare l’ONU. Non mi aspetto
che ciò avvenga, ma quantomeno tutto questo ne diminuirà molto la
forza, perché quando l’ONU non esegue gli ordini, a che serve?
Domanda – Noam,
lei ha visto movimenti di resistenza all’imperialismo per un lungo
periodo, dal Vietnam, all’America Centrale, alla prima guerra del
Golfo. Quali sono le sue impressioni sul carattere, profondità e raggio d’azione della presente
resistenza all’aggressione americana? Ci rincuora molto, infatti, la
straordinaria mobilitazione avvenuta in tutto il mondo.
Chomsky – E’
giusto; non c’è nulla di simile a questa opposizione, enorme e senza
precedenti. Accade anche all’interno degli Stati Uniti, ieri per
esempio a Boston c’è stata una dimostrazione importante. Vi ho
partecipato anch’io, ed era dal 1965 che non partecipavo ad una
dimostrazione, dai tempi dell’inizio del bombardamento in Vietnam. Ma
ci sono differenze con quanto sta avvenendo oggi.
La situazione odierna è la seguente: vi è un solo modo di combattere
una guerra. Prima di tutto, scegliere un nemico debole, quindi
costruirci su un sistema propagandistico che convinca la gente
dell’imminenza di una minaccia. Infine, conseguire una luminosa
vittoria. Un importante documento dell’amministrazione di Bush senior
datato 1989 insegna come combattere una guerra: gli USA devono scegliere
nemici deboli, la vittoria deve essere rapida e decisiva, così da
eliminare ogni forma di protesta. Non avviene più come negli anni
’60, in cui una guerra poteva durare anni senza alcuna opposizione.
Tuttavia, l’attivismo degli anni ’60 e seguenti ha semplicemente
reso gran parte del mondo, inclusi gli USA, molto più civilizzati.
(per la traduzione di ringrazia Andrea Calabrese)