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L’ideologia dei
neoconservatori viene da lontano
Paolo Raimondi* - 20 ottobre 2004
Di chi sono figli i cosiddetti
“neoconservatori” che dominano i centri di potere negli Stati Uniti
di Bush-Cheney e che contano influenti alleati un po’ in tutto il
mondo occidentale? Sono solamente degli aggressivi “cani sciolti”
che amano mordere potenziali avversari e nemici, oppure sono un
“corpo” organizzato intorno a un’ideologia e a un disegno
strategico ben definito? Saperlo con precisione non è un semplice
esercizio accademico, bensì un’esigenza di verità storica e
politica. Nel secolo appena finito, purtroppo la società umana ha
pagato un grandissimo prezzo quando non ha voluto subito capire la
gravità insita nell’emergere di ideologie dittatoriali e neo
imperiali.
Secondo
la rivista americana “Time” del 17 luglio 1996, il professore
dell’Università di Chicago Leo Strauss (1899-1973) è il filosofo
prediletto dei politici di Washington ed è il vero ispiratore della
“rivoluzione conservatrice”, allora capitanata dal fondamentalista
cristiano, il repubblicano Newt Gingrich, nel Congresso americano con il
suo programma di austerità, il “Contract with America”. Dal 1996 a
oggi l’influenza della “Weltanschaung” di Leo Strauss è diventata
sempre più manifesta soprattutto tra le fila dei neoconservatori.
Tra
gli straussiani di oggi più in vista c’è il vicesegretario alla
Difesa Paul Wolfowitz, che ha studiato direttamente sotto Allan Bloom,
l’alter ego di Strauss all’Università di Chicago e sotto il
matematico Albert Wohlstetter, il padre della dottrina nucleare
americana. Wolfowitz dirige al Pentagono il partito della guerra,
costituito essenzialmente da elementi della burocrazia civile. A lui fa
anche riferimento I. Lewis Libby, il capo dello staff del vice
presidente Dick Cheney che gli ha affidato un “consiglio di sicurezza
ombra” nell’Old Executive Office Building, l’edificio più
prossimo alla Casa Bianca.
Oltre
a Paul Wolfowitz vi sono tra gli altri: Clarence Thomas, giudice della
Corte Suprema; Robert Bork, giudice;
William Kristol, editore della rivista “Weekly Standard”,
l’organo dei neoconservatori; William Bennet, ministro
dell’Istruzione; William F. Buckley, editore della National Review;
Alan Keyes, ex funzionario dell’amministrazione Reagan, Francis
Fukuyama, consigliere di bioetica della Casa Bianca, la cui idea sulla
“fine della storia” è di stretta concezione straussiana; John
Ashcroft, Attorney General impegnato ad istituire un regime totalitario
giustificandolo con l’”emergenza terrorismo”; Richard Perle,
fautore della guerra, anche contro l’Arabia Saudita, consigliere del
presidente, recentemente rimosso per il suo indulgere in frodi e
scandali; William Galston, ex consigliere dell’amministrazione Clinton
per la politica interna e autore della piattaforma politica del
Democratic Leadership Council, la corrente democratica di ispirazione
neoconservatrice rappresentata da Joe Liberman.
(In Italia, lo straussiano più esagitato e appariscente è Giuliano
Ferrara.)
Dopo
la seconda guerra mondiale, tra gli alleati e i protetti di Strauss nel
lanciare
il movimento neoconservatore si contavano anche Irving Kristol, nome
noto della destra intellettuale, Norman Podhoretz, editorialista del New
York Post e del “Weekly Standard”, Samuel Huntington, il padrino
dello “scontro di civiltà”. Utile al riguardo il libro di Shardia
B. Drury “Leo Strauss e la destra americana” pubblicato nel 1997.
Allontanatosi dalla Germania nazista perché di origine ebraica, Leo
Strauss continuò a far proprie senza imbarazzi le teorie filosofiche e
giuridiche alla radice del nazismo proposte da Friederich Nietzsche, da
Martin Heidegger e da Carl Schmitt.
Alcune biografie recenti di Heidegger pongono nuovamente e
dettagliatamente in risalto il suo entusiasmo per Hitler ed il nazismo
negli anni in cui fu rettore dell’università di Friburgo, per tutto
il tempo in cui il regime fu al potere, e il suo revival di Nietzsche e
del suo nihilismo.
Il presidente dei giuristi nazisti, Carl Schmitt (1888-1985), si premurò
personalmente di ottenere per Strauss nel 1933-4 una borsa di studio
della Fondazione Rockefeller affinché potesse studiare in Germania e in
Francia prima di
trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti, dove diventò poi docente
di successo all’Università di Chicago negli anni Cinquanta e
Sessanta.
Anche
il filosofo cattolico Jacques Maritain, che nel 1949 era stato invitato
dalla Fondazione Charles Walgreen all’Università
di Chicago a tenere alcune “lectures”, poi raccolte nel suo libro
“L’uomo e lo Stato”, con altri filosofi tra cui Leo Strauss, aveva
criticato quest’ultimo per la sua vicinanza a Carl Schmitt da cui
mediava la sua concezione dell’uso politico della religione.
Leo
Strauss, solitamente noto per i suoi studi apparentemente accademici
sull’antica Grecia e su Platone, ha in realtà negli anni rilanciato
l’ideologia schmittiana della divisione del mondo tra amici e nemici
ed era partito dal crollo della Repubblica di Weimar, di cui era
inorridito, per criticare il parlamentarismo e la democrazia liberale
incapaci di usare la forza, per forgiare una nuova elite
politico-intelletuale, i neoconservatori,
che avrebbe dovuto prepararsi ad occupare i centri nevralgici del
potere.
La visione politica di Strauss è sinteticamente contenuta in una
lettera che inviò in data 4 settembre 1932 al suo professore Carl
Schmitt:” Il fondamento ultimo del diritto sta nel principio della
malvagità naturale dell’uomo: giacchè l’uomo è per sua natura
cattivo, ha pertanto bisogno di dominio. Ma il dominio può essere
fondato, cioè gli uomini possono essere uniti, solo in una unione
contro, cioè contro altri uomini. La tendenza a separare (e in questo i
raggruppamenti in amici e nemici) è data dalla natura umana, ed in tal
senso è il destino, e basta”.
In una seconda lettera datata 10 luglio 1933, Strauss ringraziò Schmitt
per l’approvazione data al suo studio su Thomas Hobbes che gli aveva
meritato per il secondo anno consecutivo la borsa di studio della
Rockefeller Foundation.
Carl
Schmitt fu definito dai nazisti “il giurista principe del Terzo
Reich”, grazie al ruolo che ebbe nel sovvertire sistematicamente la
costituzione della Repubblica di Weimar a partire dal 1919. Fu infatti
consigliere dei governi di Brüning, Von Papen e Hitler. Si schierò
contro il sistema costituzionale fondato sugli ideali del liberalismo
politico e del diritto dei singoli, ritenendolo impotente e corrotto, e
fu lui a proporre il governo per decreto e una temporanea dittatura
commissariale presidenziale per “salvare” la costituzione. Fu un
grande ammiratore di Benito Mussolini, con il quale ebbe uno scambio di
vedute sul Diritto Romano. Riconosceva al Duce il merito di aver
instaurato un sistema perfetto, fondato sullo stato autoritario, la
chiesa e la libera impresa, e capace di gestire i miti con cui comandare
alla volontà popolare.
Nel 1933 Schmitt giustificò giuridicamente la decisione di Hitler di
imporre la dittatura dopo l’incendio del Parlamento tedesco, il
Reichstag, (provocato in realtà da Hermann Goering) e poi l’invasione
della Polonia come “guerra preventiva”: secondo lui la Germania
aveva diritto ad estendere il territorio per la propria sicurezza di
fronte al rischio delle orde bolsceviche che volevano invaderla. Il
presupposto teorico è che lo stato non è legittimato dal suo scopo
morale, ma dal modo in cui reagisce di fronte al “pericolo
concreto”.
Heinrich Meier, professore tedesco della Fondazione Siemens, ha scritto
due libri su Schmitt e Strauss, che sono egemoni negli ambienti della
destra straussiana in Germania e negli USA. Meier spiega che grazie alla
loro collaborazione, le idee di Schmitt sono diventate più congeniali
alla “rivelazione” cristiana. Così, dice Meier, nel distinguere i
nemici dagli amici si obbedisce alla forza nascosta della fede: il
leader obbedisce alla rivelazione divina quando prende la decisione
storica su chi è il proprio nemico. Strauss invitò Schmitt a
“riconoscere apertamente” questa forza ispiratrice, e da ciò prese
le mosse quell’ideologia straussiana che successivamente è sfociata
nelle teorizzazioni dello “scontro di civiltà”.
Strauss
esortò il suo maestro a riconoscere che la “politica” non è
soltanto una delle sfere dell’attività umana, ma che è piuttosto
l’attività umana principale, conferendole al tempo stesso una
dimensione religiosa. Nel rielaborare il pensiero di Schmitt, Strauss
sostiene che la fede in Dio costituisce la base per distinguere gli
amici dai nemici e questo consente di preservare la supremazia della
politica sulle altre sfere della vita sociale. La fede insegna la
contrapposizione tra Dio e l’Anti-Cristo, “ma lascia all’uomo
tutto lo spazio d’azione per decidere come e in che modo
l’Anti-Cristo appare e come è meglio combatterlo”.
Nel criticare
il liberalismo e la modernità Strauss prende di mira lo spettro di una
rinuncia alla distinzione tra amici e nemici, una distinzione vantata
invece come la salvaguardia della politica e della religione.
L’interpretazione straussiana di Schmitt legittimizza così ogni
guerra di religione. Quando una tale definizione della politica è
intesa come identità primaria di una società ne consegue che anche i
rapporti entro lo stato si definiscono allo stesso modo: un “nemico
interno” è chiunque si oppone a ciò che si reputa “la volontà
divina”.
Dopo l’11 settembre 2001, i neoconservatori sono venuti
completamente allo scoperto con la loro politica aggressiva di guerre
preventive, di scontro di civiltà, di rifiuto di ogni rispetto per la
convivenza reciproca e per i trattati politici internazionali e di
negazione dei diritti civili e umani inalienabili.
Quest’influenza
nefasta di Leo Strauss è stata messa a fuoco per primo
dall’economista e politico democratico Lyndon LaRouche che nel 2002 ha
iniziato in America una mobilitazione e una campagna politica di
denuncia dell’ideologia e dei programmi autoritari e neoimperiali dei
neoconservatori. Questa denuncia dettagliata e fattuale è stata poi
ripresa dalla grande stampa americana: il 4 maggio 2003 il New York
Times pubblicava un articolo di James Atlas sull’influenza di Strauss
“A classicist’s legacy: new empires builders” (L’eredità dello
studioso classico: i costruttori del nuovo impero); il 5 maggio Seymour
Hersh, uno dei più importanti editorialisti americani, pubblicava un
lungo dossier sul settimanale New Yorker. In seguito rapporti sui legami
ideologici tra Leo Strauss e i neoconservatori sono apparsi su molta
stampa europea come Le Monde, Liberation, Sueddeutsche Zeitung, Corriere
della Sera, etc.
Adesso si capisce forse in modo più chiaro come le elezioni del 2
novembre 2004 siano uno spartiacque storico e non solo una
contrapposizione elettorale tra repubblicani e democratici. La sconfitta
di Bush è essenziale per fermare il progetto straussiano. E se Kerry
vincesse bisognerà fare in modo che non venga avvolto e influenzato
dalle stesse reti politiche ed economiche neoconservatrici.
* PAOLO RAIMONDI, PRESIDENTE DEL MOVIMENTO INTERNAZIONALE PER I DIRITTI CIVILI - SOLIDARIETA’