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La
nazionalizzazione della Banca d’Italia: il prossimo fardello del
Debito Pubblico
Tratto da
Rinascita - www.rinascita.info -
20 dicembre 2006
Crescono le polemiche sul nuovo statuto di Bankitalia Spa.
In molti si scagliano sulla manipolazione dell’art.3
che non contiene più la norma che garantisce il controllo di
Palazzo Kock da parte dagli enti pubblici, ma sono in pochi ad aver
compreso la vera strategia delle lobbies bancarie che, nell’ottica del
piano di nazionalizzazione della banca centrale
italiana - prevista nella legge del risparmio - si preparano a
realizzare immensi profitti con la cessione obbligatoria entro il 2008
delle azioni possedute dai privati allo Stato.
L'eliminazione dall'art. 3 di una norma che di fatto non
veniva applicata, ha sicuramente cancellato ogni dubbio sulla proprietà
privata di Bankitalia legalizzando così tale dato di fatto, ma non
aggiunge niente di nuovo. La Banca di Italia si dichiara finalmente una
società per azioni, e in virtù di tale posizione le Banche beneficiano
dei dividendi che derivano essenzialmente dagli interessi percepiti sui
titoli di debito pubblico, essendo i creditori diretti dello Stato a
causa di un circuito vizioso di interessi e capitali.
Scagliarsi su una norma che elimina la specificazione dei
proprietari della Banca di Italia, significa anche perdere di vista il
quadro di insieme del nuovo Statuto che applica le direttive della legge
del risparmio, che porterà alla nazionalizzazione di Bankitalia, per
una cifra da stabilirsi ma sicuramente spinta al rialzo (art. 19, co. 10
legge 262/2005). Il nuovo
statuto, a sua volta, ribadisce la natura della Banca d'Italia come ente
pubblico ma indipendente dallo Stato e stabilisce che le quote di
Bankitalia saranno cedute agli enti elencati all'art. 3 nel precedente
statuto, per cui il cessionario delle quote sarà comunque lo Stato
(art. 49 Statuto). Chi ha interpretato la modifica dell'art.3 come una
semplice spiegazione di un dato di fatto già esistente nella prassi, ha
preso una cantonata ed è caduto nella propaganda dei Banchieri che
vuole rivalutare le azioni della Banca d'Italia per poi venderle allo
Stato a caro prezzo, dato che elevato è il valore che le si
attribuisce.
La propaganda non sta nell'intenzione o meno di
nazionalizzare, per scontentare le lobbies bancarie che detengono il
capitale, ma nel credere che questa sia la soluzione ai problemi del
debito pubblico italiano, come molti sostengono, dando così molto più
valore a quelle azioni possedute dai Banchieri.
L'ex ministro Giulio
Tremonti stabilì il valore della Banca d'Italia intorno agli 800
milioni di euro, sostenendo che la sua stima partiva dal valore dei
dividendi, ma in passato l'Abi, l'ha sempre valutata sul valore del
patrimonio netto di Bankitalia, ossia sui 20 miliardi di euro. E infatti
nel corso dell'assemblea straordinaria di Bankitalia che ha approvato lo
Statuto, i rappresentanti delle banche partecipanti al capitale hanno
manifestato contro la ripartizione degli utili considerando che è in
programma un "esproprio" la cui valutazione fa proprio
riferimento ai dividendi, e per tale motivo pretendono una migliore
valutazione.
Per cui mentre tutti guardano alla proprietà della Banca
di Italia come una soluzione al problema del debito pubblico, i
Banchieri sono pronti sin d'ora a cederla, ma non al prezzo che è stato
proposto: voglio di più perché vale molto di più.
Per comprare questo bel gioiello occorrerà una manovra Finanziaria ah
hoc. Proprio adesso che si parla di liberalizzazione dei servizi e di
privatizzazione, l'Italia fa una legge per la nazionalizzazione della
Banca Centrale che, guarda caso, trova il pieno beneplacito della
Commissione Europea e dei Banchieri. È ovvio che esiste un trucco in
questo gioco di parole, in quanto "Nazionalizzazione della Banca
Centrale" è un concetto vuoto di significato senza una norma che
restituisce la sovranità monetaria allo Stato.
Per cui la Banca di Italia si prepara a ritornare nei
forzieri del Tesoro dello Stato come pezzo d'antiquariato, vuoto e
inutile, che i cittadini italiani dovranno pagare a caro prezzo con le
tasse e i loro soldi. Come potrà infatti lo
stato Italiano acquistare la Banca d'Italia se non ha i soldi, se
continua ad indebitarsi per pagare un debito che praticamente non è
estinguibile con moneta propria? L'Italia non ha la sovranità
monetaria, è costretta a
chiedere in prestito il denaro per far fronte alle spese. A pagare la
Banca di Italia, di diritto e da sempre di proprietà degli Italiani,
saranno i cittadini con le tasse, con il loro stesso lavoro,
indebitandosi a loro volta presso gli istituti di credito.
Ritornerà di proprietà dello Stato un'entità che di
fatto non ha poteri, in un momento storico in cui anche la stampa della
moneta perderà ogni senso, perché ogni transazione sarà elettronica,
sarà pagata con moneta elettronica. Il signoraggio non smetterà di
autogenerarsi e sarà assoluto perché le Banche avranno potere di
emissione di moneta infinita in maniera incontrastata. La moneta si
perderà nei circuiti virtuali e telematici dei sistemi informatici
delle Banche, e le Carte Visa diventeranno delle piccole banche
emittenti che erogheranno soldi in relazione alla capacità di
indebitarsi di ogni utente. Le Banche Centrali nazionali non serviranno
a nient'altro che come enti amministrativi, come autority, ma non
avranno alcun potere né sull'emissione del denaro né sui tassi di
interesse, o quanto meno sulle fusioni bancarie.
Per tale motivo le Banche si disfanno di questa
partecipazione, che non avrà più significato in futuro, per entrare
nel mercato virtuale e nel microcredito. Non dimentichiamo infatti che
la legge del risparmio, e l'approvazione dello Statuto si accompagna ad
un'altra decisione importante da prendere, ossia la deregolamentazione
delle Banche popolari e cooperative.
Stiamo per entrare nella nuova era in cui ogni Banca sarà libera di
stampare la sua moneta ogni volta che dà una carta di credito,
garantendo la presenza di una riserva minima. Il nostro sistema
economico sta cambiando e, mentre i Banchieri sono coscienti di questo e
adeguano i nuovi strumenti, noi continuiamo a viaggiare su quello
vecchio che è ormai da rottamare.
Il vecchio carrozzone dell'Italia non è l'Alitalia, o le Poste o altre
grandi società, ma è proprio la Banca di Italia, quella a cui tutti
guardano per risolvere i problemi dello Stato: sarà un ulteriore
fardello sul debito pubblico, perché non esiste libertà dell'Italia
senza la sovranità monetaria.