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13°
Convegno di Studi Cattolici - Rimini
28 – 30 Ottobre
2005
Relazione di
Savino Frigiola
All’inizio di questa relazione intendo darvi in anteprima
due notizie: una buona ed una cattiva.
La buona è che mai come in questo ultimo periodo si è verificata la
presa di coscienza inerente all’importanza del così detto “problema
monetario”. Nell’ultimo anno si è verificato un forte interesse
intorno alla questione monetaria; a riprova di ciò, anche se il sistema
può essere considerato empirico, basta osservare su internet la
differenza di link riscontrati sul termine signoraggio: dai 1000 –
1500 dell’inizio del 2005 agli oltre 250.000 degli attuali; possiamo
affermare, anche osservando altri segnali provenienti da altre direzioni
che attualmente è in corso un vero e proprio boom nell’interesse
monetario.
Quella cattiva è che la funzione monetaria, utilizzata
come strumento di dominazione, si sta’ rivelando efficacissima ai fini
del controllo del mercato e delle singole persone fisiche.
Questi sono i punti che cercherò di affrontare. Il Prof.
D’Amico ci ha illustrato l’impianto filosofico e culturale
mediante il quale si realizza la costruzione dell’uomo, ha usato
esattamente questo termine, poiché non si può condizionare una società
se non si riesce a condizionare e dominare l’uomo a proprio
piacimento. Ovviamente il condizionamento dell’uomo avviene attraverso
il ferreo controllo dei mezzi produttivi capaci di soddisfarne i suoi
bisogni primari, posto che le società moderne non hanno più la capacità
di produrre singolarmente i prodotti capaci di coprire l’intero loro
fabbisogno.
Alcuni Paesi producono dei beni, altri beni diversi, tutti
prodotti che debbono essere scambiati tra loro. Tramontato il periodo in
cui era possibile effettuare il baratto, inconcepibile nell’economia
moderna, l’unico strumento che consente non solo lo scambio dei beni
ma anche la loro produzione è il denaro. Chi controlla il denaro e la
funzione monetaria di fatto controlla la possibilità di poter scambiare
tutti i beni che le monete rappresentano e per logica conseguenza anche
tutti i mezzi produttivi. Rarefacendo la quantità di moneta sul mercato
e rallentando la circolazione monetaria, di fatto si riduce la quantità
di denaro nelle tasche dei cittadini, i quali incontrano sempre più
difficoltà a procurarsi ciò di cui abbisognano. I singoli soggetti
finiscono per sentirsi sempre più condizionati ed avviliti e sempre più
spinti nelle avide braccia dell’usura bancaria, come dimostrato
dall’espandersi del piccolo credito al consumo.
Tutto ciò è esattamente il braccio armato ed operativo
del progetto culturale e filosofico del quale abbiamo avuto notizia poco
fa.
Tutto ciò si è sviluppato lentamente nel tempo, con piccoli passaggi
successivi, come per l’appunto ci ha illustrato Don Floriano, ma tutti
inesorabilmente finalizzati a creare le condizioni per raggiungere,
attraverso il controllo della funzione monetaria, il controllo
dell’intera Società come oggi avviene. Volendo effettuare una rapida
carrellata per esaminare come tutto ciò sia potuto accadere, occorre
esaminare le cause e le condizioni che hanno reso possibile la nascita
della banca moderna. La banca moderna, prima fra tutte
L’altro motivo non meno importante fu che i banchieri,
all’insaputa dell’intero mercato, poterono emettere valori di
cartamoneta in misura più che proporzionale al valore dell’oro
posseduto.
A ciò si deve l’invenzione della cartamoneta, la quale circolazione
si sviluppò e si accreditò pian piano nell’arco di circa trecento
anni. Ben presto si verificò il fenomeno dell’inflazione, che altro
non era, per gli “economisti” del tempo, se non la modifica del
rapporto tra oro e quantità di cartamoneta emessa, la quale continuava
ad essere prodotta ed immessa sui mercati dai banchieri, sempre in
misura più che proporzionale all’oro posseduto. Il tutto si sviluppò,
con alterne vicende, sino ai giorni nostri in quasi tutti i Paesi del
mondo, moltissimi dei quali, proprio per l’eccessiva emissione
monetaria effettuata, sospesero per legge la convertibilità della
cartamoneta con l’oro suscitando gravi malesseri e disordini economici
e finanziari.
Per ridare un po’ d’ordine al trambusto generale in
campo internazionale, con i patti di Bretton Woods si stabilì che
l’unica cartamoneta convertibile con l’oro doveva restare il Dollaro
al rapporto fissato di 35 $ per oncia. Ben presto saltò anche questa
convertibilità poiché il Presidente Nixon,
incalzato dalle manovre di De
Gaulle e Pompidou, i quali a fronte di aeroplani carichi di dollari portavano
a casa navi cariche d’oro, il 15 agosto 1971 dovette dichiarare
l’inconvertibilità della propria moneta poiché le riserve auree di
forte Knox si stavano esaurendo.
Fu un vero e proprio atto di guerra da parte degli americani, ma servì a confermare finalmente la teoria scientifica del valore indotto della moneta, enunciata dal Prof. Giacinto Auriti, poiché se così non fosse stato, se il valore della carta moneta doveva dipendere unicamente dalla quantità d’oro rappresentata, all’indomani della denuncia dei patti di Bretton Woods, il dollaro doveva perdere ogni suo valore. Ciò non si verificò e, come enunciato dallo stesso Nixon, si comprese definitivamente che il valore della cartamoneta non dipendeva dall’oro che rappresentava ma dai beni e strumenti che era in grado di misurare e quindi acquisire; si noti che quando gli spagnoli, alcuni secoli fa, importarono dalle americhe ingentissime quantità d’oro che immisero frettolosamente sul mercato determinarono anche in questo caso forti aumenti dei prezzi, semplicemente perché i beni non avevano avuto il tempo di adeguarsi alla nuova domanda maggiorata.
Con la denuncia dei patti di Bretton Woods si comprese altresì che in definitiva il valore della cartamoneta non è conferito da chi la stampa ma dall’intero mercato che l’accetta come mezzo di pagamento. Venne a modificarsi il concetto d’inflazione poiché il rapporto non era più cartamoneta / oro ma cartamoneta / beni esistenti. Pertanto il rapporto che determina inflazione o deflazione non riguarda più l’oro ma deve essere rivolto a considerare la quantità di moneta esistente rispetto ai beni ed ai valori da misurare. Questo nuovo e sacrosanto concetto è stato completamente stravolto dalla scuola economica imperante, interessata a sostenere che ci troviamo in una situazione di cronica e perenne inflazione, mentre è vero esattamente il contrario.
Tutto ciò viene strombazzato con tutti i mezzi possibili
per convincerci della necessità di ridurre ulteriormente la
circolazione monetaria. Artatamente si è voluto confondere aumento dei prezzi per inflazione
mentre sono due fenomeni completamente diversi; anzi, l’aumento dei
prezzi, come regolarmente avviene, provoca per conseguenza proprio
deflazione, nel suo vero significato del termine. Un fatto è certo: i
beni ci sono, spesso marciscono o giacciono invenduti nei magazzini
poiché ciò che manca sono proprio i soldi. Manca al mercato la quantità
adeguata e corrispondente degli strumenti di misura dei valori per poter
accedere ai beni.
Questa è esattamente la tecnica che viene utilizzata per
realizzare l’enunciata strategia di dominazione. Sino a quando non si
sarà compreso, nelle sue molteplici sfaccettature, questa tecnica
perversa, non si potranno comprendere i fenomeni economici in atto.
Questa situazione di perenne deflazione provoca per l’appunto il
malessere generalizzato della società che sfocia nell’abbattimento
fisico e morale delle persone, sino ad alimentare la lotta di classe,
secondo la più classica situazione della coperta corta, la quale a
seconda di chi tira più forte finisce per coprire o la testa o i piedi.
Questa situazione di perenne squilibrio viene mantenuta con la
ripetitiva manovra di emettere moneta con la tecnica di generare debito
al momento dell’emissione, per poi ritirarla dal mercato con le più
svariate operazioni, lasciando in essere il debito generato. A ciò si
deve la ragione per cui siamo tutti indebitati, persone fisiche, aziende
persone giuridiche pubbliche amministrazioni, primo fra tutte lo Stato
che risulta proprio il più indebitato; il bambino appena nato è già
gravato di debito.
Occorre cominciare a comprendere come riuscire ad
affrancarsi da questa situazione perversa. Giova a questo punto fare un
passo indietro ed analizzare freddamente comportamenti ed azioni che si
sono sino ad oggi susseguite.
Nel passato il banchiere centrale emetteva cartamoneta secondo l’aspetto giuridico della fede di deposito, poiché rappresentava l’oro custodito nei suoi forzieri, ponendo giustamente nelle proprie scritture contabili, all’attivo, l’oro che disponeva ed al passivo il valore della moneta emessa. Il motivo era giustificato dal fatto che la cartamoneta rappresentava un debito poiché al portatore della medesima si doveva corrispondere, a semplice richiesta, l’oro che la cartamoneta rappresentava. Con l’andare del tempo questa situazione pian piano si modificò, prima lentamente poi con sempre più evidenza, poiché constatato che ricorrevano alla convertibilità una percentuale sempre più bassa di utilizzatori di cartamoneta, i banchieri incrementarono l’emissione monetaria sino a far saltare il sistema, come per l’appunto si verificò con la denuncia dei patti di Bretton Woods.
Nonostante ciò, nonostante che da allora nessuna moneta al mondo risulta più convertibile in oro, la tecnica delle scritturazioni contabili non è stata modificata dalle banche d’emissione. Ciò comporta, come ora tuttora avviene, che la banca d’emissione crea valore monetario al puro costo tipografico, conferisce la moneta allo Stato ottenendo in contropartita titoli del debito pubblico che vengono iscritti nelle proprie partite contabili all’attivo, continuando ad iscrivere al passivo il controvalore dell’emissione monetaria. Ciò fa sì che il bilancio della banca d’emissione sia per lo meno in pareggio, se non passivo, poiché la stessa cifra viene iscritta contemporaneamente all’attivo ed al passivo.
Iscrivere a bilancio una posta passiva senza averne subiti
i relativi costi, equivale da parte di una azienda ad iscrivere nella
propria contabilità fatture false. Con questa operazione l’azienda
abbatte gli utili e quindi non paga le tasse ed ottiene anche il
risultato di realizzare somme in nero che finiscono per essere intascate
dagli amministratori.
Con queste tecniche operative la banca d’emissione si
appropria di cifre immense a danno dell’intero mercato e continua ad
accrescere, a proprio vantaggio, il debito pubblico che nessuno sarà
mai in grado di poter pagare; finendo poi per impossessarsi dei beni e
dei mezzi produttivi del mercato. Anche se questa affermazione può
apparire pesante, un semplice esempio è in grado di far comprendere la
gravità della situazione:
Non a caso nell’ultima legge bancaria è stato rimosso il
divieto alle aziende bancarie di possedere partecipazioni di aziende
produttive. Questo è quanto attualmente avviene; si procede nella
stessa maniera sia per le piccole partite che nelle grandi operazioni.
Del tutto inutile fornire esempi, gli operatori del mercato sanno
benissimo ciò che accade e quali sono le cause quando aziende anche
floride passano di mano. Molti hanno subìto questa tecnica sulla
propria pelle. L’abilità del sistema bancario è stata proprio quella
di scaricare sulle spalle della vittima di turno le cause del suo
dissesto: non è stato capace, non era attento, ha sbagliato la scelta
produttiva ecc. ecc.
Tutto ciò lo si comprende agevolmente se si considerano
gli effetti perversi generati dall’attività finanziaria,
perfettamente identici all’esempio delle cento palline.
Inoltre i banchieri centrali sono riusciti ad introdurre, nell’attuale
dottrina economica e nelle opinioni pubbliche degli Stati europei, l’erratissimo
concetto di non concentrare nelle mani del soggetto politico, quale
potrebbe essere l'autorità di governo, il potere di creare moneta, onde
impedire che la moneta diventi strumento di lotta politica; tale
assurdità ha trovato esplicito riconoscimento giuridico nel trattato di
Maastricht e nella costituzione europea, che sanciscono il principio
cardine dell'autonomia delle banche centrali dalle autorità governative
statali, affidando in via esclusiva alle prime le funzioni monetarie e
lasciando invece alle seconde la cura della politica fiscale e di
bilancio. Ezra Pound aveva
sintetizzato magistralmente tutto ciò dicendo: “i politici sono i
camerieri dei banchieri.”
Vien da chiedersi a chi debba rispondere del proprio
operato il banchiere centrale!?
E’ tempo di cominciare a pensare sul come spezzare questa spirale
perversa, causa d’infinite ansie e sofferenze su larghi strati della
popolazione. Pensate che siamo arrivati al punto che il suicidio per
insolvenza ormai non fa’ più notizia.
In questa situazione, sicuramente pesante, l’unica
speranza deriva dal fatto che l’interesse al riguardo di queste
tematiche, nell’ultimo periodo, è cresciuto a livelli inimmaginabili,
segno inequivocabile che un numero sempre crescente di persone comincia
a rendersi conto che i conti non tornano; più si lavora, più ci
indebitiamo; più beni e servizi produciamo più cresce il debito.
Cominciano a comprendere che tutto ciò può essere superato e risolto
con un piccolo ma significativo cambiamento: lo Stato in nome e per
conto dei cittadini deve battere la propria moneta incamerandone il
signoraggio, non solo per abbattere il debito pubblico ed attenuare la
pressione fiscale, quanto per poter impostare la propria politica
monetaria finalizzata al benessere ed allo sviluppo.
Solo attraverso questa impostazione l’uomo potrà riacquistare la
propria dignità di soggetto giuridico libero, non più oggetto delle
angherie del sistema bancario e monetario.