I Mondialisti all'attacco del trono di Sua Maestà
di Mauro Bottarelli - tratto da "La Padania" 17 giugno 2003

La regina d'Inghilterra non può più essere a capo della Chiesa anglicana?
La proposta choc avanzata dalla potente Fabian Society, società para-massonica laburista per riformare in senso multiculturale la monarchia

Signore e signori, i grembiulini hanno deciso: la Regina Elisabetta non può più essere capo della Chiesa anglicana. 
Non importa che questa prerogativa sia propria dei monarchi britannici dal 1533, ovvero da quando Enrico VIII diede vita alla scisma con la Chiesa di Roma come reazione al diniego vaticano di sciogliere il suo matrimonio con Caterina D’Aragona: gli illuminati hanno deciso, con l’approvazione del vescovo di Woolwich, che nella moderna società multiculturale il ruolo religioso sia anacronistico e, soprattutto, che rischi di essere discriminante nei confronti dei sudditi di diverso credo da quello anglicano. A lanciare quella che si palesa come qualcosa di più serio e inquietante di una semplice proposta è stata la Fabian Society, l’influente e potentissima organizzazione della sinistra intellettuale britannica che è tra i fondatori storici del partito laburista. 
Gente non solo perbene, questa della Fabian Society, ma una vera e propria elite mondiale di banchieri, docenti universitari, economisti, con ramificazione e adepti anche in Italia. 
È noto, per esempio, quanto il professor Romano Prodi sia vicino, per formazione e rapporti, ad ambienti finanziari anglo-americani, in particolare alla London school of economics. Bene, questo prestigioso istituto di formazione finanziaria era nato, nell’alveo di un'altra organizzazione, la Fabian Society appunto, insieme alla Round Table. Alla stessa area di influenza può essere riportato anche un gruppo assai vicino a Prodi, quello del Mulino.
L'associazione bolognese di cultura, infatti, nel 1965 era stata tra i fondatori, con il centro studi Nord-Sud e la Fondazione Olivetti, dell’Istituto affari internazionali, promosso da Altiero Spinelli come filiazione italiana del Royal Institute of International Affaires (RIIA). 
L'idea del RIIA era nata a Parigi nel 1919, durante la Conferenza della pace, quando il colonnello Edward House, plenipotenziario del presidente Woodrow Wilson, aveva riunito all’Hotel Majestic un gruppo di delegati anglofoni suoi confratelli della Round Table. Tra loro, oltre a Bernhard Berenson, gran protettore di quel Markevic ritenuto da molti l’occulto intermediario del caso Moro, c’era anche lord Esme Howard, il dominus rector di quel Palazzo Caetani attorno al quale ruotano tutti gli enigmi riguardo il rapimento e l’uccisione dello statista democristiano. Principale credo della Fabian Society è la sinarchia, cioè l’idea di un Governo mondiale. Di questo pensiero si trovò una sistematica esposizione in un documento segreto venuto alla luce nel 1935: si intitolava Pacte Synarchique ed enunciava i principi e la strategia per diffondere, in tappe successive, l’Ordine nuovo in tutto il mondo. La gradualità come elemento decisivo per il compimento di un progetto così ambizioso e globale era stata messa a punto proprio dalla Fabian Society, che prese il nome da Quinto Fabio Massimo il Temporeggiatore e puntò molto sulla formazione: la già citata London school of economics fu una sua creazione e divenne modello per molte università, tra le quali la statunitense Harvard.
Una volta inquadrati i soggetti si capisce come la notizia, riportata ieri solo dal quotidiano La Stampa, assuma una valenza che trascende i limiti del mero studio politico-sociologico. Il dossier di imminente pubblicazione, intitolato “Il futuro della monarchia”, infatti, va a colpire una questione cardine: l’idea che non possano più avere diritto di cittadinanza, nel mondo del nuovo ordine mondiale, concetti come tradizione e identità. 
Lungi da noi il voler difendere prerogative teocratico-nobiliari o l’istituzione stessa della monarchia, britannica o meno, appare però chiaro che la Fabian Society abbia atteso il momento giusto per lanciare un sasso nello stagno già agitato dalle aperture liberali proprio del principe Carlo che nel 1994 aveva promesso che avrebbe cambiato il giuramento tradizionale pronunciato dal monarca al momento dell’incoronazione: “Difensore delle fedi, anziché difensore della fede”, cioè del cristianesimo. Di più, ai suoi fidi aiutanti l’erede al trono degli Windsor ha detto che vorrebbe essere incoronato nel corso di una cerimonia multi-religiosa, in contrasto con l’incoronazione inequivocabilmente anglicana scelta da sua madre cinquant’anni fa. Non stupisce, alla luce di tutto questo, il fatto che la regina punti per la sua diretta successione all’incoronazione del primogenito di Carlo, William, al trono di Inghilterra al posto del padre, tra l’altro compromesso a livello di protocollo dalla relazione con Camilla Parker Bowles. Un progetto come quello della Fabian Society significherebbe, nei fatti, spianare la strada al trono britannico ad appartenenti a qualsiasi fede o anche a non credenti: significa, in una parola, distruggere secoli di storia, l’intero impianto della società britannica fondato sull’establishment. Oltretutto in un momento in cui l’uomo in cui la Fabian Society aveva creduto per il riscatto del Labour, ovvero il premier Tony Blair, sta varando una politica restrittiva e di tolleranza zero verso l’immigrazione clandestina, arrivando a chiedere l’istituzione di centri di raccolta al di fuori dei confini dell’Ue e disincentivando l’arrivo di nuovi profughi con normative draconiane.
“Disestablishment”, ecco la parola d’ordine dei fabiani: ovvero muoversi nell’ottica di un riallineamento delle percezioni sociali e dei valori da parte dell’opinione pubblica, una campagna alla base della quale è sottesa l’argomentazione di un livellamento al ribasso dei cardini della società mascherata invece da ampliamento egualitaristico della rappresentanza. 
In una parola, nel fatto specifico, far giungere al popolo britannico il messaggio che la religione non conta più, divenendo orpello, inclinazione, alla stregua delle scelte nel vestire o nel mangiare: il re o la regina di Inghilterra potranno essere musulmani, ebrei, sikh o induisti esattamente come potranno essere astemi o vegetariani o miopi. Un progetto chiaro che corre di pari passo con la limitazione, in attesa della totale eliminazione, delle sovranità nazionali in nome di un governo superiore, transnazionale e fondato su ideali che rompono con la tradizione: in primis quella religiosa, destinata a essere soppiantata da un sincretismo omologatore figlio legittimo della sinarchia fabiana e di questa relazione sul futuro della monarchia. 
Un futuro che ci riguarda, tutti, più di quanto sembri leggendo distrattamente la pagina di esteri di un quotidiano.

 
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