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Un
intronato alla Casa Bianca
di Michael Moore
14 aprile 2004
Traduzione a cura di Valerio Santoro
Amici,
io non ho mai visto finora una testa su un asino presidenziale (scusate
il mio Falluja) come quello che ho visto la notte scorsa alla
"conferenza informativa" data da George W. Bush. Lui ancora
sta parlando di trovare "armi della distruzione di massa" -
questa volta nell' "allevamento di tacchini" di Saddam.
Davvero, tacchini. Chiaramente la Casa Bianca crede ci siano abbastanza
idioti nei 17 stati indecisi che se la berranno. Io penso che avranno un
brusco risveglio.
Io sono sotterrato da settimane
nella stanza di montaggio a finire il mio film ("Fahrenheit
911"). Ecco perché non mi avete sentito ultimamente. Ma dopo
l'imitazione di Lyndon Johnson dalla Stanza Est dell'ultima notte -
promettendo essenzialmente di spedire altri soldati nel pantano iracheno
- dovevo scrivere a voi tutti un appunto.
Primo, possiamo fermare il linguaggio orwelliano ed iniziare ad usare i
nomi corretti per le cose? Quelli non sono "imprenditori" in
Iraq. Non vanno lì a riparare un tetto o versare calcestruzzo in un
passo carraio. Sono MERCENARI E SOLDATI DI VENTURA. Sono lì per i
soldi, ed i soldi sono ottimi se si vive abbastanza a lungo per
spenderli.
Halliburton non è una "società" che fa affari in Iraq. Sono
profittatori di guerra che stanno sfilando milioni dalle tasche
dell'americano medio. Nelle guerre passate sarebbero stati arrestati - o
peggio
Gli
iracheni che si sono ribellati all'occupazione non sono «rivoltosi» o
«terroristi» o «il nemico». Sono la rivoluzione, come i minutemen
americani, e il loro numero è destinato a crescere - e vinceranno. Ha
afferrato il concetto, signor Bush? Ha fatto chiudere un maledetto
settimanale, lei grande dispensatore di libertà e democrazia, e allora
si è scatenato l'inferno. Il giornale aveva 10.000 lettori in tutto!
Perché fa quel sorrisetto da furbo?
Un anno dopo aver pulito la faccia della statua di
Saddam con la bandiera americana prima di tirarla giù, siamo in una
situazione tale che è troppo pericoloso per un operatore
dell'informazione tornare oggi da solo in quella piazza e fare un
servizio sulla magnifica celebrazione del primo anniversario.
Naturalmente, non ci sono celebrazioni, e quei coraggiosi giornalisti embedded
con i loro capelli cotonati non possono neppure uscire dal recinto di
sicurezza del forte nel centro di Bagdad. In realtà loro non vedono mai
quello che sta accadendo in Iraq (la maggior parte delle immagini che
vediamo in televisione sono riprese dai media arabi o europei). Quando
guardate un servizio «dall'Iraq», quello che vedete è un comunicato
stampa fornito dalle forze d'occupazione Usa e rivenduto a voi come
notizia.
Al momento ci sono in Iraq due miei
cineoperatori/fotoreporter che lavorano per il mio film (all'insaputa
del nostro esercito). Parlano con i soldati e stanno raccogliendo i veri
sentimenti e le opinioni su ciò che sta veramente succedendo. Ogni
settimana mi spediscono a casa il metraggio via Federal Express. Avete
capito bene, Fed Ex, e chi ha detto che non abbiamo portato la libertà
in Iraq? La storia più buffa che i miei collaboratori mi hanno
raccontato è il fatto che quando scendono dal volo a Baghdad non devono
far vedere il passaporto o passare il controllo immigrazione. Perché
no? Perché loro non hanno viaggiato da un paese straniero a un altro -
loro stanno arrivando dall'America in America, un posto che ci
appartiene, un nuovo territorio americano chiamato Iraq.
Si parla tanto fra gli oppositori di Bush del fatto
che dovremmo consegnare questa guerra nelle mani delle Nazioni unite.
Perché gli altri paesi del mondo, paesi che hanno tentato di
dissuaderci da questa follia, dovrebbero ora rimettere ordine nel nostro
caos? Mi oppongo a che l'Onu, o chiunque altro, rischi la vita dei
propri cittadini per tirarci fuori dalla nostra debacle. Mi dispiace, ma
la maggioranza degli americani ha appoggiato questa guerra, una volta
iniziata, e, per quanto triste, quella maggioranza deve ora sacrificare
i propri figli finché sarà versato abbastanza sangue da far sì che
forse - proprio forse - Dio e il popolo iracheno possano infine
perdonarci. Fino a quel momento, godetevi la «pacificazione» di
Falluja, il «contenimento» di Sadr City e la prossima Offensiva del
Tet - oops, volevo dire, «l'attacco terrorista da parte di un
gruppuscolo di fedeli baathisti» (adoro scrivere queste parole, «fedeli
Baahtisti» fa tanto Peter Jennings) - seguite da una conferenza stampa
in cui ci si dirà che dobbiamo «mantenere la rotta» perché stiamo «conquistando
i cuori e le menti della gente».
Presto scriverò ancora. Non disperate. Ricordatevi che il popolo
americano non è poi così stupido. Certo, possiamo farci spaventare
tanto da farci portare in guerra, ma prima o poi ci riprendiamo sempre -
ciò per cui questo non è come il Vietnam è il fatto che non ci sono
voluti quattro lunghi anni per capire che ci avevano mentito.
Vostro,
Michael Moore
www.michaelmoore.com