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La
mercificazione della donna
Violenze
e discriminazioni contro le donne nel mondo contemporaneo
di
Antonella Randazzo per www.disinformazione.it
Autrice del libro: "DITTATURE: la
storia occulta"
Le autorità occidentali, attraverso i media, denunciano
spesso i comportamenti discriminanti e vessatori, contro la donna,
presenti all'interno della cultura islamica. Queste denunce danno ad
intendere che la cultura occidentale tutela i diritti delle donne. Ma
siamo davvero sicuri che le donne siano rispettate nella cultura
occidentale? Dai fatti sembrerebbe proprio di no.
Nelle zone occupate dalle truppe occidentali, il livello di disprezzo e
di violenza contro le donne è massimo. L’arrivo degli eserciti
occidentali (peacekeepers o Caschi Blu, missioni Nato ecc.) produce
sempre, oltre allo sfruttamento economico e sociale dei popoli occupati,
anche sfruttamento sessuale di donne e bambini. Quasi mai i soldati
subiscono processi per questi reati, nemmeno quando il crimine viene
denunciato e provato. La violenza contro le donne e i bambini sembra
fare parte della "missione" delle truppe occidentali.
Nei paesi del Terzo Mondo, molte donne e bambini vengono
ridotti in schiavitù a scopo di sfruttamento sessuale o lavorativo. Le
violenze vengono perpetrate direttamente dai soldati occidentali, oppure
dalle truppe mercenarie pagate dai governi. I gruppi di guerriglia in
Congo, in Somalia, in Etiopia, in Nigeria, in Liberia e in molti altri
paesi africani, pagati dagli Usa, quotidianamente attuano stupri e
violenze di ogni genere contro le donne, come se ciò facesse parte
dell'ingaggio.
Nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc), in particolare nella
provincia del Nord Kivu, la guerriglia al soldo degli Stati Uniti
pratica impunemente lo stupro da alcuni anni. Le organizzazioni
umanitarie hanno rilevato, nel 2005, almeno 1292 casi di violenza
sessuale e altrettanti casi nei primi mesi del 2006.
Le violenze contro le donne, insieme ad altri numerosi crimini, vengono
utilizzate per distruggere psicologicamente la popolazione, e spezzare
ogni resistenza. Racconta l'organizzazione di Medici senza Frontiere che
opera in Congo:
Lo stupro è usato come un mezzo per terrorizzare la popolazione, e il
numero di casi aumenta con ogni nuovo scoppio di combattimenti e
attacchi. Se le giovani sotto i 18 anni sono particolarmente esposte
(quasi il 40% dei casi), il gruppo più colpito è quello delle donne
tra i 19 e i 45 anni (53,6%). Queste sono le donne che lavorano nei
campi per potere mantenere le loro famiglie. Gli atti di aggressione
contro di loro hanno luogo principalmente in campi isolati ma anche
lungo le strade percorse per arrivarvi. Di conseguenza, le donne
limitano i loro spostamenti e nei centri nutrizionali nella missione di
Kayna le madri preferiscono alloggiare nelle immediate vicinanze invece
di tornare ogni settimana per prendere le razioni per i loro bambini.[1]
In Africa, come in Asia e in Medio Oriente, sono in aumento
le violenze contro bambine e donne. Un rapporto di Human Rights Watch (Hrw),
del 2005, riporta casi agghiaccianti di violenze sessuali contro donne e
bambine praticate da "peacekeepers" dell'Onu. Una ricercatrice
di Hrw, Anneke Van Woudenberg, spiega: "Vediamo
che nelle zone di conflitto lo stupro è usato sempre di più come
un'arma da guerra... Non si tratta di occasionali voglie di sesso dei
soldati. Lo stupro sta diventando parte della condotta normale di guerra".[2]
Il rapporto di Hrw sostiene che le violenze sono utilizzate
per indebolire le comunità e sottometterle con più facilità. Soltanto
nella città di Bunia (Ituri), 40 donne
e ragazze, ogni settimana, in seguito alle violenze subite, si rivolgono
a Hrw per essere aiutate.
Le truppe dell'Onu in Congo, chiamate con la sigla Monuc,
sono state accusate di numerosi casi di violenza sessuale e di
prostituzione infantile. La responsabile di Hrw in Congo, Jane Rasmussen,
racconta: "I posti in cui
sono accaduti i peggiori episodi di violenze sessuali sono gli stessi da
cui abbiamo ricevuto le denunce peggiori sul comportamento dei
peacekeepers... Il fatto è che le donne sono in una condizione di tale
degrado che la cosa appare loro quasi normale. Una ragazza mi ha detto,
in lacrime, che almeno quelli del Monuc pagano".[3]
La stessa Onu ha ammesso: "Vi e un modulo di sfruttamento sessuale praticato dai peacekeepers che
è del tutto contrario agli standard fissati dal Dipartimento per le
operazioni di peacekeeping".[4]
Le truppe occidentali, o i gruppi di guerriglia al soldo
delle corporation e delle banche occidentali, in molti paesi, hanno
creato una situazione talmente grave e criminale, che nel contesto gli
stupri appaiono il male minore. La fame, le malattie, la denutrizione e
il terrore in cui versa la popolazione, trasformano la realtà in un
incubo. In Congo muoiono 31.000 persone al giorno, per la guerra e la
fame, la maggior parte delle quali sono bambini. Secondo l'International
Rescue Committee, dall'agosto del 1998, sono morte circa quattro milioni
di persone. Sheila Sisulu, vicedirettore esecutivo del Programma
Alimentare Mondiale, racconta episodi di "ordinaria" violenza:
La vita di Annie era serena. Aveva studiato Agraria all'università e
suo marito aveva un ottimo lavoro. Vivevano con i loro figli in una casa
di quattro stanze a Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo. Poi
un giorno suo marito dovette scappare per mettere in salvo la pelle.
Cinque soldati governativi, venuti a cercarlo, violentarono Annie e le
dissero che sarebbero tornati ad ucciderla. Annie non perse tempo. Prese
i suoi figli e se ne andò in cerca di un pò di pace. Nella sua fuga fu
fermata dai ribelli che la violentarono a loro volta usando anche delle
bottiglie. Solo dopo molto, riuscì a raggiungere un campo profughi.
Viveva in una casa di fango con i suoi nove figli. La storia di Annie è
abbastanza comune... Nei 14 anni della guerra civile liberiana, il 40
per cento delle donne ha subito violenze. Metà di loro porta ancora i
segni psichici e fisici di quell'esperienza. Molte, allontanate dalla
propria comunità, sono costrette oggi a prostituirsi per sopravvivere
il che le espone ancora di più a abusi e malattie sessualmente
trasmittibili come l'HIV/AIDS. Stupri sistematici, torture, schiavitù
sessuale sono stati usati per terrorizzare e destabilizzare le comunità
di tutto il mondo, da Haiti alla Repubblica Democratica del Congo a
Myanmar. Durante la lunga e sanguinosa guerra civile in Sierra Leone,
migliaia di donne e ragazze, talvolta bambine di appena sette anni, sono
state rapite e ridotte in schiavitù per essere usate sessualmente o
come combattenti, obbligate a uccidere.[5]
Le aree di guerra e le basi militari diventano luoghi di
sfruttamento e di schiavitù sessuale. In seguito alla creazione di una
base militare, si registra l'aumento della prostituzione e delle
violenze contro le donne. Nelle zone limitrofe alle basi americane si
concentra l'offerta sessuale, perché c'è la domanda. Oltre alla
prostituzione, i soldati americani praticano anche diverse forme di
violenza e prepotenza contro le prostitute e le donne in genere. A
Pordenone si formò un comitato per denunciare tali comportamenti.
Racconta Carla Corso: "Il
Comitato è nato perché eravamo semplicemente stufe di quello che
succedeva a Pordenone, di tutta la prepotenza nei confronti delle
prostitute, soprattutto da parte degli americani".[6]
Durante
Nel periodo che va dal 1932 al 1945, circa 100.000 donne (l'80% erano
coreane) furono ridotte in schiavitù dalle truppe giapponesi. Alcune di
queste donne raccontarono cose agghiaccianti, che esprimono un livello
di disumanità atroce. Ad esempio, una donna filippina raccontò:
Dodici soldati mi violentarono uno dopo l’altro, dopo di che mi venne
data un’ora di pausa. Poi seguirono altri dodici soldati. Erano tutti
allineati fuori dalla stanza aspettando il loro turno. Sanguinavo e
provavo così tanto dolore che non mi reggevo in piedi. Il mattino
seguente ero troppo debole per alzarmi… non riuscivo a mangiare.
Provavo molto dolore e la mia vagina era gonfia. Piangevo e piangevo,
chiamando mia madre. Non potevo oppormi ai soldati perché mi avrebbero
uccisa. Che altro potevo fare? Ogni giorno, dalle 2 del pomeriggio alle
10 di sera, i soldati si allineavano fuori dalla mia stanza e dalle
stanze delle altre sei donne che c’erano. Non avevo neanche il tempo
di lavarmi al termine di ogni assalto. Di sera riuscivo solo a chiudere
gli occhi e a piangere. Il mio vestito strappato si sarebbe sbriciolato
a causa della crosta formata dal seme secco dei soldati. Mi lavavo con
acqua calda e pezzi di vestito per essere pulita. Tenevo premuto il
vestito sulla mia vagina come un impacco per alleviare quel dolore e il
gonfiore.[7]
Negli anni Sessanta, si ebbe una massiccia presenza
militare americana nel Sud est Asiatico, in particolare in Thailandia,
Cambogia, Laos, Vietnam e Birmania. Dopo pochi mesi dall'installazione
delle basi Usa, si ebbe una crescita vertiginosa della prostituzione,
dei locali notturni e dei luoghi di intrattenimento. I governi locali
appoggiarono il fenomeno, permisero l'aumento della prostituzione e non
intervenivano in alcun modo nemmeno di fronte a evidenti casi di
violenza e maltrattamento. In Thailandia, nel 1950, c'erano 20.000
prostitute, ma dopo la costruzione delle basi americane diventarono
400.000 soltanto a Bangkok. La presenza delle truppe americane e dell'Onu,
rese la zona del Sud est Asiatico un luogo di sfruttamento sessuale,
anche minorile. In Thailandia, il 30% dello sfruttamento sessuale
riguardava bambini. Le bambine thailandesi venivano violentate dai
soldati americani, e poi inserite nel "mercato del sesso". I
soldati si valsero persino delle "ristrutturazioni" economiche
imposte da Washington per pagare le prostitute soltanto pochi spiccioli.
Nel 1997, pagavano sessanta dollari per andare con una prostituta
thailandese, ma dopo le "riforme", i soldati pagavano pochi
dollari, avvantaggiandosi della svalutazione del bath thailandese.
Alla fine della guerra del Vietnam, a Saigon c'erano circa
500.000 prostitute. Racconta la studiosa Paola Benevene: "Le
basi militari hanno fatto sviluppare le città asiatiche o ne hanno
fatto addirittura sorgere di nuove, semplicemente promuovendo la
creazione di locali pubblici provvisti di prostitute".[8]
In Cambogia, nel 1991, dopo la firma degli accordi di pace,
giunsero 100.000 soldati, oltre a funzionari delle Nazioni Unite e di
altre istituzioni internazionali. Immediatamente il numero delle
prostitute aumentò, e nel giro di due anni le donne sfruttate
sessualmente salirono da
Negli anni Sessanta, venne creata la più grande base Usa
nella città di Olongapo, a Nord di Manila. Dopo pochi anni, la città
divenne un enorme bordello. Su una popolazione di 200.000 abitanti,
60.000 donne e bambini vennero ridotti in schiavi sessuali dei soldati
americani. Quando gli americani andarono via, nel 1992, molti soldati in
pensione ritornarono a Olongapo per "fare affari", continuando
a sfruttare le donne e i bambini all'interno del giro di prostituzione
creato anni prima.
Ovunque sorgono basi militari Usa, cresce a dismisura la prostituzione,
e in molte zone viene creato dal nulla un giro di sfruttamento sessuale
di donne e bambini. Anche nei territori della ex Jugoslavia, le truppe
americane hanno creato un giro di prostituzione e di schiavitù
sessuale. In Bosnia, nel 1992, durante i primi mesi di guerra, si stima
una quantità di 20.000/50.000 donne stuprate dalle truppe occidentali.
Nonostante le denunce avessero prodotto molta indignazione
e sollevato un'inchiesta,
In Iraq e in Afghanistan, moltissime donne vengono
quotidianamente violentate da soldati americani e britannici. I casi di
violenza vengono in gran parte occultati, ma alcune donne hanno avuto il
coraggio di raccontare fatti agghiaccianti: torture, maltrattamenti e
violenze subite in seguito all'arresto arbitrario da parte delle truppe
d'occupazione. Le organizzazioni che si battono contro le violenze alle
donne, Women Against Rape (Donne
Contro lo Stupro) e Women's Rape Action Project
(Progetto d’Azione Contro lo Stupro delle Donne Nere),
raccontano:
Le donne irachene ci hanno detto che le donne sono in prigione per
essere interrogate e torturate perché rivelino informazioni sugli
uomini loro parenti. Per le donne la tortura comincia quasi sempre con
la tortura dello stupro, spesso stupro da più uomini... Una donna
dell'Università di Baghdad che lavora per Amnesty International ha
descritto gli abusi sessuali a cui è stata personalmente sottoposta a
un posto di blocco e quello che ha saputo da altre donne. "Mi ha
puntato la luce laser direttamente in mezzo al petto e poi ha indicato
il suo pene. Mi ha detto 'Vieni qua, puttana, che ti scopo'".[10]
Le donne rinchiuse nelle prigioni irachene sono
regolarmente maltrattate e umiliate. Abdel Bassat Turki, ministro
dimissionario per i diritti umani, spiega: "Venivano
loro negate le cure mediche. Non avevano veri gabinetti. Ricevevano solo
una coperta anche se era inverno. E le loro famiglie non potevano
visitarle".[11]
Molte donne irachene e afghane non raccontano le violenze subite per
vergogna, per paura o perché traumatizzate. Un avvocato iracheno ha
raccontato che una donna, ex-prigioniera di Abu Ghraib, "svenne
prima di fornire maggiori dettagli dello stupro e delle coltellate
subite da parte dei soldati americani".[12]
Altre ex-detenute si vergognano a raccontare quello che hanno subito, e
non ne parlano, anche per nasconderlo alle famiglie.
Women Against Rape ha denunciato che alcuni soldati inglesi
hanno scattato foto di stupri e violenze, che poi hanno fatto circolare
come materiale pornografico. Le truppe americane e britanniche praticano
violenze sessuali anche su bambini, come è stato denunciato da numerose
associazioni umanitarie. Esistono foto e video che documentano queste
atrocità, e sono stati visionati anche da alcune autorità
anglo-americane, come il vicepresidente americano Dick Cheney, che hanno
fatto finta di non aver visto.
Le violenze riguardano anche le stesse donne soldato dell'esercito
statunitense. Dorothy Mackey, ex-capitano di aviazione, in seguito alle
violenze sessuali da lei stessa subite, si è messa in contatto con
molte altre donne dell'esercito vittime di stupri e violenze. Queste
donne raccontano che gli abusi sessuali, quasi sempre, non vengono
puniti dalla gerarchia militare, che non li considera reati.
La "globalizzazione", impoverendo molti paesi, ha
prodotto il fenomeno della tratta e riduzione in schiavitù delle donne.
Molte donne, spesso giovanissime, vengono adescate con la promessa di un
posto di lavoro, ma una volta uscite dal loro paese vengono violentate,
schiavizzate e costrette a un'esistenza da incubo. Queste donne vengono
inserite nel giro di prostituzione di molti paesi europei. Ad esempio,
in Belgio, almeno il 15% delle prostitute sono state ridotte in schiavitù
dopo aver lasciato il loro paese. La maggior parte di esse proviene
dall’Europa orientale, dalla Colombia, dal Perù e dalla Nigeria.
Anche in Svizzera, ogni anno, vengono introdotte 1500/3000 donne
schiavizzate.
Il traffico degli esseri umani è gestito e coordinato
dalle stesse reti mafiose che si occupano del mercato della droga e
delle armi. Ogni anno, almeno
800.000/900.000 persone sono vittime della tratta, l'80% di esse sono
bambini e donne. Mentre l'immigrazione illegale viene controllata e
severamente perseguita da leggi gravemente discriminatorie, il traffico
umano viene occultato attraverso passaggi illegali che permettono ai
trafficanti dell'Europa dell'est o africani, di portare in Italia o in
altri paesi, gruppi di ragazze da inserire nella rete della
prostituzione. Il commercio degli esseri umani, specie donne e bambini,
è oggi più che mai fiorente, e interessa sia lo sfruttamento sessuale
e lavorativo, sia l'accattonaggio ed il traffico di organi umani.
La tratta degli esseri umani è aumentata a dismisura in
seguito all'impoverimento dei paesi dell'est europeo, della ex
Jugoslavia e della ex Unione Sovietica. Dall'inizio degli anni Novanta,
Alcune di esse, per la miseria, hanno accettato di entrare
in un giro di prostituzione che si basa su cataloghi o su foto
pubblicate su alcuni siti internet, attraverso i quali,
"l'utente" occidentale può "valutare la merce" e
"acquistarla". L'offerta è in aumento perché è in crescita
la domanda di molti uomini europei, che pur sapendo che si tratta di un
traffico basato sulla miseria e sulla disperazione, chiedono di fare
sesso con queste donne.
Tutti questi fenomeni criminali non vengono seriamente contrastati dai
governi, che si limitano di tanto in tanto a fare qualche indagine, ma
non mettono in pratica efficaci strategie per impedire che le immigrate
vengano costrette a prostituirsi.
Le donne schiavizzate sono tenute sotto minaccia, e
talvolta torturate con sigarette spente sulla pelle o violenze fisiche e
psicologiche di vario genere. La situazione di schiavitù delle donne
straniere costrette a prostituirsi, è ormai nota a tutti, eppure una
grande quantità di uomini europei vanno con queste donne, rendendosi
complici di crimini gravissimi. La responsabilità di questi uomini è
assai grave, perché se non ci fosse la domanda non ci sarebbe nemmeno
l'offerta.
Anche nelle zone dove non c'è guerra, la violenza contro le donne può
essere elevata. Nel mondo, secondo le stime dell'United Nations
Development Fund for Women (Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per le
donne, Unifem), una donna su tre è stata picchiata, violentata o
abusata almeno una volta nella vita. Le percentuali variano da paese in
paese: in Canada il 29 %, in Nicaragua il 28 %, in Australia il 23%, in
Cambogia il 16 %, ecc. Nel 70% dei casi di assassinio di donne, il
colpevole è il coniuge.
Nei paesi poveri, spesso le violenze determinano l'entrata
nel giro delle prostituzione. In India, ogni anno quasi 2 milioni di
bambine, tra i 5 e i 15 anni, vengono avviate alla prostituzione, mentre
in Bangladesh, negli anni Novanta, sono state schiavizzate oltre 200.000
donne, molte delle quali giovanissime.
L'Italia, fra i paesi europei, ha il triste primato del turismo
sessuale. Ogni anno circa 80.000 uomini italiani vanno all'estero per
avere rapporti sessuali con ragazzine più giovani delle loro figlie.
Questi uomini, non avendo integrato gli aspetti femminili della loro
personalità, che la nostra cultura svaluta e reprime, esprimono tutto
il loro disprezzo verso il femminile facendo sesso con bambine che
ricevono in cambio pochi spiccioli per comprare l'acqua e una scodella
di riso. Come se quelle bambine non dovessero avere gli stessi diritti
delle loro figlie.
Su questo sconcertante fenomeno, scriveva Enzo Baldoni:
"Ma non sono quasi tutti
mariti, quasi tutti padri i milioni di tedeschi, italiani, inglesi,
americani che ogni anno affollano i bordelli della Thailandia (o del
Brasile) per montare addosso a bambine di dieci, otto perfino quattro
anni?"[13]
Anche nel mondo ricco molte donne subiscono
discriminazioni, violenze e maltrattamenti. Negli Stati Uniti, ogni anno
700.000 donne vengono violentate o aggredite, mentre in Francia,
50.000/90.000 donne subiscono violenza sessuale, e la maggior parte di
esse non sporge alcuna denuncia.
Tutte le religioni tradizionali discriminano le donne,
impedendo l'amministrazione del culto e imponendo dottrine che le
penalizzano. Il mondo ricco non tratta la donna al pari dell'uomo, ma la
relega nelle mansioni più umili e la considera per il suo aspetto
estetico, all'interno di un sistema mediatico che esalta la sessualità
nei suoi aspetti più istintivi.
La propaganda mediatica, punta a convincere che la donna occidentale
gode degli stessi diritti dell'uomo, per scoraggiare ogni lotta per
un'effettiva parità. Negli anni Settanta si parlava di femminismo e di
lotte per la parità, ma oggi ciò appare come ridicolo e obsoleto, e
questo sancisce la reale condizione di inferiorità della donna,
spacciata per parità.
Mentre la cultura islamica nasconde la donna o la isola
socialmente, la cultura occidentale tende a denigrarla, e a farla
apparire come oggetto sessuale o merce. In entrambi i casi si tratta di
culture maschili e maschiliste, che temono gli aspetti femminili
dell'essere umano, come l'intuito, la crescita emotiva e la creatività,
e per sopperire a questo, alimentano gli aspetti del maschile che non
sono costruttivi né creativi, come il militarismo e il machismo.
Le donne del mondo ricco sono esposte al martellamento mediatico
denigrante e mercificante, che le destabilizza e in molti casi provoca
disturbi alimentari o scompensi di vario genere. Il martellamento punta
a farle sentire fisicamente inadeguate, attraverso modelli perfetti,
dotati di magrezza non naturale o di caratteristiche fisiche non comuni.
In Italia 3 milioni di persone soffrono di anoressia o
bulimia, e nel 95% dei casi si tratta di donne. Queste patologie
emergono soprattutto nella fascia d'età che va dai 12 ai 25 anni. La
bambina, fin da piccola, apprende che l'avvenenza sessuale è la cosa più
importante richiesta alla donna, e che i modelli estetici proposti dai
media sono praticamente irraggiungibili. Una ricerca della Società
Italiana di Pediatria ha fatto emergere che già le ragazzine delle
scuole medie, per il 60,4%, sono preoccupate per il loro peso, e
vorrebbero diventare più magre. Molte di esse, per adeguarsi al modello
estetico proposto dai media, intraprenderanno diete che potranno dare
inizio a problemi nell'alimentazione.
Le modelle delle passerelle o le ragazze delle copertine
delle riviste, spesso hanno un corpo sottopeso, e non godono di salute
fisica come dovrebbero, essendo sottoposte a diete non salutari. Esse
stesse sono vittime del modello imposto nel mondo della moda e della
pubblicità, e possono avere conseguenze gravi per la loro salute.
Alcune di esse giungono alla morte.
Per uscire dalle patologie alimentari occorrono spesso lunghe cure
psicoterapiche, che operino in senso contrario rispetto alla
destabilizzazione psicologica dei media, facendo acquisire alle ragazze
sicurezza in se stesse e recuperare la loro interezza di persone.
In Italia non c'è alcuna parità fra uomo e donna. Le
donne sono discriminate nel lavoro, nella società e talvolta anche in
famiglia. Esse lavorano con salari più bassi e meno possibilità di
carriera. Negli ordini professionali o nei posti di comando le donne
sono pochissime, così come nel settore della politica e della
burocrazia. Le donne lavorano in quelle mansioni che richiedono bella
presenza, come la commessa, oppure nelle mansioni più umili o poco
qualificati, come nelle pulizie o nell'assistenza agli anziani. Nel
resto dell'Europa e negli Usa c'è una situazione analoga, anche se
l'occupazione femminile è più elevata e ci sono più donne nelle
posizioni di prestigio.
In Italia proliferano i concorsi di bellezza, e persino
Nel 2005, noi italiani abbiamo ricevuto alcuni consigli da
uno speciale comitato dell'Onu (il Comitato per l'eliminazione della
discriminazione contro le donne), che denunciava la tendenza, in Italia,
a mercificare il corpo femminile nei media (TV, pubblicità) e a
relegare la donna in ruoli subalterni. Il comitato dell'Onu osservava
che "tali atteggiamenti sono
la causa della posizione svantaggiata delle donne sul lavoro e nella
politica", e consigliava di "promuovere
un'immagine delle donne alla pari in tutte le sfere della vita".[14]
Negli ultimi decenni, in Italia, la qualità dei programmi
TV si è talmente abbassata da ridursi quasi esclusivamente a spettacoli
scadenti, volgari o sgradevoli, che mettono in ridicolo o umiliano la
figura femminile. Ad esempio, qualche tempo fa, in una puntata di
"Porta a Porta", il conduttore Bruno Vespa ospitava una donna
che doveva mostrare i suoi seni prorompenti, come se ciò fosse
indispensabile per consentire agli ospiti di trattare il problema della
chirurgia del seno.
In questi giorni, l’Istat ha notificato un'indagine sulla
condizione femminile nel nostro paese, rilevando un livello altissimo di
violenza contro le donne. I comportamenti di minaccia o persecutori di
ex partner riguarderebbero almeno 2.077.000 donne. Le vittime di
violenze fisiche o sessuali sono 6.743.000, mentre le donne che hanno
subito violenze psicologiche dal partner sono 7.134.000. Negli ultimi 12
mesi, oltre un milione e mezzo di donne sono state vittime di violenza
sessuale o fisica. Gli stupri spesso non sono denunciati, e molte donne
non parlano con nessuno delle violenze subite. Dall'indagine emerge che
ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo. Nel 2005 le donne
uccise dagli ex partner sono state 134, e 112 nel 2006.
Nel
La cultura occidentale, dominata dal maschile, teme la donna a tal punto
da avvilire la sua personalità ponendo limiti al suo rappresentare se
stessa. Tale cultura ha creato numerosi stereotipi negativi sulla donna.
Ad esempio, c'è lo stereotipo della segretaria che siede sulla gambe
del "capo", ad intendere di essere sottomessa al suo prestigio
e potere; c'è la donna bella e poco intelligente che si comporta da
ochetta, e c'è la donna brutta e occhialuta che è intelligente. Come
se una donna bella non potesse essere un'intellettuale. C'è anche lo
stereotipo della "malafemmina", cioè la donna che imbriglia
l'uomo con la seduzione. Questi stereotipi puntano a condizionare la
personalità femminile o a porla in ambiti ristretti.
Nella cultura occidentale, il modello di successo femminile
non viene collegato a meriti o a talenti della donna, ma al matrimonio
che essa contrae. Il modello femminile tradizionale è quello della
donna che realizza se stessa con un buon matrimonio, cioè sposando un
uomo di buon livello socio-economico.
Negli ultimi anni, gli stereotipi e i modelli femminili offerti dai
media hanno acquisito caratteristiche ancora più negative, attraverso i
personaggi proposti dalla TV, come le veline e le vallette. Si tratta di
donne giovani che non fanno nulla, ma si limitano a mostrare parti del
loro corpo muovendosi in modo seduttivo. Molte ragazze vorrebbero
assumere quei ruoli, e per questo alcune di esse sono disposte anche ad
offrire "prestazioni sessuali", come i recenti scandali hanno
rivelato. Queste ragazze sono cresciute vedendo pubblicità seduttive e
TV spazzatura, e sono state condizionate a tal punto da non essere in
grado di assumere l'integrità della loro persona come valore
fondamentale.
La cultura occidentale illude la donna di essere libera
sessualmente, ma "mercificare" non significa liberare. Nelle
civiltà dominate dal maschile è l'uomo che vuole stabilire quale debba
essere la personalità e la sessualità femminile, attuando un controllo
che tende ad alterare ciò che il femminile originariamente è o può
essere.
Negli ultimi decenni, i media occidentali puntano a fare in modo che la
donna abbassi il concetto che ha di se stessa, fino a ritenere di valere
soltanto per le sue qualità estetiche. Sempre più programmi televisivi
parlano di interventi chirurgici per modellare il corpo o per eliminare
le rughe. L'invasione massiccia di questi programmi e delle pubblicità
di prodotti per la bellezza o per il trucco, rischiano di farci perdere
di vista che prima ancora di essere donne o uomini, siamo persone, e
come tali abbiamo diritto al rispetto del nostro corpo e della nostra
dignità di esseri umani. Le risorse dell'uomo sono sia
"maschili" che "femminili", e risulta impossibile un
vero progresso culturale e umano se non si integrano tutti gli aspetti,
e se non si diventa capaci di rispettare ogni essere umano nel suo
valore di persona.
Antonella Randazzo ha scritto Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943, (Kaos
Edizioni, 2006);
Se vuoi lasciare un commento agli articoli o ai libri di Antonella
Randazzo vai a http://antonellarandazzo.blogspot.com/
Note:
[1]
http://www.ecn.org/reds/donne/mondo/mondo0609congo.html
[2]
http://www.ecn.org/reds/donne/mondo/mondo0504Congo.html
[3]
http://www.ecn.org/reds/donne/mondo/mondo0504Congo.html
[4]
http://www.ecn.org/reds/donne/mondo/mondo0504Congo.html
[5]
http://www.wfp.org/italia/?m=92&k=1109
[6]
Carla Corso, Sandra Landi, Ritratto a Tinte forti, Astrea, Giunti, Firenze 1991, p. 173.
[7]
Maria Rosa Henson, Comfort
women: a Filipina's story of prostitution and slavery under the
Japanese military, Rowaman&littlefield, Maryland.1999, pp.
36-37.
[8]
http://www.annaliistruzione.it/riviste/annali/pdf/030498/030498ar12.pdf.
[9]
http://www.resistenze.org/sito/te/po/yu/poyu2n01.htm
[10]
http://www.ecn.org/reds/donne/mondo/mondo0406stupriIraq.html
[11]
The Guardian, 12 maggio
2004.
[12]
Los Angeles Times, 12
maggio 2004.
[13]
http://www.touristime.it/index.php?method=section&action=zoom&id=616
[14]