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Altro mirabile esempio di
censura all'italiana. La tivù di stato, o più precisamente, la tivù
di regime, vieta a Massimo Fini di condurre una trasmissione di costume,
che va in onda alle 1:30 di notte, per un veto da parte di un grosso
personaggio politico!
Il nome di questo personaggio non è dato saperlo. Forse è la stessa
figura che ha boicottato Biagi, Santoro e Luttazzi. Forse no.
Comunque sia, mi si "consenta" di essere indignato!
Ordine
dall’alto: a te in Rai non ti vogliamo
Lettera
di Massimo Fini
Caro
direttore,
ieri sera, all’una di notte, doveva andare in onda un nuovo programma
di Rai Due, Cyrano, dove io avrei vestito i panni del celebre
spadaccino di Rostand. L’idea del format era venuta qualche mese fa a
Edoardo Fiorillo, producer di Match Music, un gruppo di giovani, bravi
ed entusiasti che si erano occupati finora prevalentemente di programmi
musicali ma che intendevano fare il salto verso un tipo di televisione
più impegnata e avevano individuato in me la persona più adatta per la
parte di Cyrano, un osservatore della vita un po’ trasognato e
fuori dagli schemi il cui compito era quello di commentare, a modo suo,
i temi e i servizi della trasmissione, in genere di costume (la prima
puntata, intitolata «Morire prima, morire tutti», era sarcasticamente
dedicata all’incapacità, tutta moderna, di accettare la vecchiaia e
la morte).
Fiorillo ha proposto il programma ad Antonio Marano, direttore di Rai
Due, che l’ha accettata in blocco, compresa la mia partecipazione.
Abbiamo firmato i contratti, fatto le prove in corso Sempione,
l’ufficio stampa Rai ha emesso un comunicato in cui si dava notizia
del nuovo format, che si sarebbe articolato in 15 puntate, e del fatto
che Cyrano sarebbe stato Massimo Fini, è uscita un Ansa in
proposito, molti giornali ne hanno parlato e Tv Sette, nella sua
consueta rubrica ha segnalato il programma, corredandolo con una mia
fotografia, fra quelli da vedere, cosa, mi dicono, rarissima e forse
unica per una trasmissione in onda a quell’ora.
Infine, il 24 settembre, abbiamo registrato la prima puntata. Ma quello
stesso giorno – e prima di poter vedere la puntata, che andava
comunque montata – Edoardo Fiorillo è stato convocato da Marano che
gli ha comunicato che c’erano delle grosse difficoltà, dei veti. «Sul
programma?» ha chiesto Fiorillo. «No, sulla persona, su Massimo
Fini» ha risposto Marano che quindi ha proposto al producer di fare
ugualmente la trasmissione, ma togliendomi di mezzo.
Fiorillo ha replicato: «Non è possibile: Fini è coautore del
programma e inoltre il personaggio di Cyrano è stato pensato e tagliato
su di lui». Una risposta coraggiosa perché Fiorillo sapeva di
giocarsi in questo modo due mesi di lavoro, un programma su cui aveva
investito molto dal punto di vista professionale ed emotivo e,
probabilmente, ogni futuro rapporto con la Rai.
L’altro ieri, 20 settembre, mi sono visto con Antonio Marano nel suo
ufficio di corso Sempione, alla presenza di un suo collaboratore,
Michele Bovi, e di Edoardo Fiorillo. Il direttore di Rai Due mi ha
tenuto il seguente discorso: «Voglio essere franco con lei. Potrei
salvarmi dicendo che la trasmissione non va bene, che ha bisogno di
aggiustamenti. Ma non sarebbe giusto. La puntata che ho visto funziona
benissimo. Il fatto è che c’è un veto su di lei, un veto politico e
aziendale, da parte di una persona cui non possiamo resistere. Chi
sia questa persona non intendo dirglielo, lo farò il primo gennaio».
Quindi mi ha proposto, come mediazione, di rimanere come autore ma di
sparire dal video. Ho risposto: «Non so se vi rendete conto della
violenza che mi state usando. Mi avete avvicinato a voi, mi avete
contrattualizzato, poiché si trattava di quindici puntate, ho dovuto
modificare i miei programmi,, rinunciare a lavori. Facciamo le prove, le
facciamo in Rai, l’ufficio stampa Rai manda fuori un comunicato in cui
si dice che Massimo Fini sarà Cyrano, i giornali ne parlano, facciamo
la prima puntata e senza neanche vederla, senza nemmeno entrare nel
merito, mi si dice: no, tu non puoi lavorare. Cioè, io non posso
lavorare in questo Paese?»
Marano:
«No, no, lei può lavorare…»
Io:
«Sarò più preciso: ci sono lavori che io, cittadino di questo
Paese, non posso fare perché qualche federale me lo vieta».
Marano: «Ecco. E’ così»
Adesso
Marano, rispondendo ai giornalisti che lo interrogano sul caso che si è
creato, si difende dicendo che la trasmissione andava messa a punto, che
era deboluccia. Lo capisco. Non può dire pubblicamente ciò che ha
detto a me. E mi dispiace anche tirarlo così pesantemente in mezzo
perché mi è sembrato, tutto sommato, un brav’uomo, il diavolo meno
brutto della compagnia, schiacciato da forze troppo potenti di lui. Ma
la verità è quella che ho scritto io, qui, e ho tutte le possibilità
di dimostrarlo perché, a parte la testimonianza di Fiorillo, quella
conversazione è registrata.
Chi ha posto il veto? Marano non l’ha detto e io non gliel’ho
chiesto. Posso solo fare delle deduzioni. Le sinistre non perché
attualmente non hanno questo potere in Rai. La Lega no, perché Marano
è leghista ed è lui che sponsorizzato Cyrano. In quanto ad An,
uno dei collaboratori di Marano, Spoto ha fatto un sondaggio presso il
ministero delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, il quale ha risposto
che non mi vede certo di buon occhio ma che comunque non c’erano
pregiudiziali
Le correnti di An però oggi sono tante. Gasparri, poniamo, non è La
Russa. La mia impressione è comunque che si tratti di un berlusconiano,
di Forza Italia, di An, di Comunione e Liberazione, non importa, molto
potente per costringere un direttore di Rete come Marano a fare la
figuraccia che ha fatto, un berlusconiano forse più realista del Re al
quale le mie critiche non sono mai andate giù, non perché, ovviamente,
abbiano chissà quale risonanza, ma perché sono comunque fastidiose
dato che non è facile gabellarmi per «comunista».
Di chiunque sia, un veto c’è stato. Politico e, oserei dire, quasi
antropologico. Non essendo iscritto ad alcun partito, non essendo
riferibili ad alcuna area politica, non essendo intruppato in alcuna
lobby sono abituato, da un quarto di secolo, ad essere emarginato, non
pensavo però di diventare addirittura un appestato. Ma se a 58 anni
suonati, in cui, caso, credo, quasi unico, non ho mai lavorato né per
la Rai né per Mediaste, neppure con una consulenza piccina piccina,
non posso nemmeno avere una parte in una trasmissione di costume che va
in onda all’una e mezza di notte, cosa devo pensare?
Che cosa dobbiamo fare? Ci dicano dove possiamo lavorare. Abbiano almeno
il coraggio di dirci apertamente che ci sono dei cittadini che non
possono fare certi lavori. Promulghino delle leggi, come ai bei dì.
Sarebbe una situazione più chiara e eviterebbe perlomeno a dei
disgraziati, come Fiorillo, ma anche come Marano, di entrare in contatto
con degli appestati senza poter sapere che sono tali.
Caro direttore, perdona lo sfogo, il lungo sfogo. Ma è particolarmente
deprimente vivere in un Paese dove ogni santo giorno le più alte
cariche dello Stato tuonano contro il fascismo che fu, facendo finta di
non accorgersi del fascismo che è.
Quanto a me mi appunterò, da ora, una stella gialla a petto, come
medaglia al merito.
Massimo
Fini
Lettera pubblicata su «l’Unità» di mercoledì 1 ottobre 2003