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Massimino
scopre l’acqua calda
di Carlo Bertani – 10 ottobre
2006
“Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso”
Serafico,
ponderato, tranquillo: allo scoppio dell’atomica coreana, il Ministro
degli Esteri D’Alema risponde con una deflagrazione di savoir faire, d’equilibrata compostezza e di partecipe empatia nei
confronti dei telespettatori inorriditi.
Sì, inorriditi ed allarmati per quelle immagini di tregenda che
giungono dalla Corea del Nord: tornano gli incubi delle “Piazze
Rosse” dove sfilano argentei cilindri appuntiti, pronti a scatenare
l’inferno nucleare sulla testa dei nostri figli.
Con inguaribile gusto retrò, passano in sottofondo alla breve intervista immagini in bianco e nero di giovani americani che si nascondono sotto i banchi di scuola (sic!) per proteggersi dall’olocausto nucleare. Vengono alla mente le mascherine di carta per proteggersi dall’epidemia d’antrace del 2001, che poteva provenire soltanto dalla fialetta (di acqua distillata, probabilmente) che Powell si portò all’ONU. Una delle peggiori pièce teatrali del secolo, insieme ad Eltsin che balla – ubriaco – al suono dell’inno nazionale tedesco ed al povero Mario Cecchi Gori il quale – appena ricevuto un piatto come premio per la sua attività cinematografica – gli casca e si frantuma in mille pezzi in diretta TV. Roba da Blob.
L’atomica
coreana è il Blob delle atomiche – questo tutti lo sanno – e ne è
perfettamente al corrente anche Massimo D’Alema, che è persona
intelligentissima: proprio per questa ragione sa recitare come i grandi
attori, improvvisando in un attimo una parte già evidentemente
studiata, preparata con cura nel suo ufficio alla Farnesina.
«Ministro, ha già pensato all’atomica coreana?» «Sì, facciamo una
ripresa di tre quarti vicino ad un pannello colorato…il vestito grigio
chiaro va bene…» «Ministro, mi riferivo al testo…» «Il testo? Ma
cosa vuole che ci sia da dire sull’atomica coreana!»
Sull’atomica
coreana c’è così poco e così tanto da dire da riempire un jingle
pubblicitario di 26 secondi oppure un dibattito di tre ore, dipende da
cosa si vuole veramente raccontare.
Se ci fermiamo al jingle di 26 secondi è tutto chiaro: i coreani sono
dei pezzenti, il dittatore Kim–Jo–Il è un pazzo, con quel terribile
ordigno vogliono radere al suolo
Già, fermarli.
Massimino
– con molto far play, bisogna riconoscerlo – afferma che il regime
di Pyongyang non è fra i più “democratici” e che, quindi, quella
bomba rappresenta un pericolo.
Qui dovrebbe finire il jingle pubblicitario, ma D’Alema è furbo e si
para il sederino dai possibili attacchi da sinistra: «C’è un
problema di proliferazione nucleare, un problema che le grandi potenze
non hanno saputo governare…»
Già, governare sulle bombe atomiche, vegliare sulle spolette
all’Uranio: mica facile – sottintende il buon Massimo – ci voleva
maggior attenzione, più impegno. “Concertazione”, verrebbe quasi da
dire, facciamo un bel “tavolo” sulle bombe atomiche, ci tagliamo due
fette di Plutonio per fare un panino e ce lo mangiamo mentre ascoltiamo
il “concerto” del jazz-ensemble di Hiroshima.
Sembra
quasi che la colpa della proliferazione nucleare sia tutta dei coreani e
degli iraniani: maledetti questi orientali che scopano in modo così
esplosivo, e proliferano.
Massimino pare dimenticarsi che – al termine della Seconda Guerra
Mondiale – una sola nazione possedeva l’atomica, gli USA, e dopo
poco l’ebbe anche l’URSS.
La prima “proliferazione” riguardò le altre potenze vincitrici:
Gran Bretagna, Francia e Cina reclamarono la loro parte di radiazioni
concentrate e custodite, all’evenienza, per il domani. Come facciamo
noi quando risparmiamo un buono postale per il futuro dei nostri figli.
Guarda a caso, le cinque nazioni erano le stesse che avevano diritto di
veto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che funziona in questo modo:
l’Assemblea dell’ONU discute per mesi, s’accapiglia, si confronta,
s’accorda, vota.
Al
termine di tanto trambusto, la proposta giunge in Consiglio di
Sicurezza: anche lì si discute, ci si accapiglia, si vota. Piccolo
particolare: durante la votazione uno dei cinque tira fuori il jolly,
alza la paletta – come ad un gioco di Mike Bongiorno – ed esprime il
veto. Di tutto quello che si è discusso per mesi non me ne frega un
accidente: io metto il veto e la cosa è chiusa. Se non vi piace,
ricordate che – proprio in questo istante – ho un sottomarino con 24
missili – ciascuno dei quali porta tre testate – che incrocia a
cinquanta miglia dalle coste di quel paese…come si chiama…Patacchistan,
Kafirius, Repubblica Democratica del Mais Verdeggiante…va beh, non me
lo ricordo, però tenete sempre a mente quel mostro d’acciaio con le
sue 72 bombe nucleari pronte. Basta schiacciare un bottone: chiaro?
Sui
danni prodotti dal diritto di veto piangono ancora oggi milioni di
palestinesi – per le risoluzioni 242 e 338 che Israele non rispettò
mai perché viziate da “artifizi linguistici” voluti dagli USA
(altrimenti era pronto il veto) – ma anche gli ungheresi ed i
cecoslovacchi ricordano ancora i “sonori” veti posti da Kruscev e da
Breznev per i massacri perpetrati dai russi nei loro paesi. Tutti hanno
qualcosa da rimostrare per i vari veti, dagli armeni ai curdi, fino
all’ultimo paese dimenticato dell’Africa nera.
Il diritto di veto, però, non sarebbe nulla se non fosse appoggiato da
qualcosa di più solido di una mano alzata in una riunione, se non ci
fosse quel sottomarino che aspetta – silenzioso –
«Il
potere passa attraverso la canna del fucile» affermava Mao Tze Dong, e
Mao era un contadino che raccontava le cose come stavano: non mi venite
a raccontar le balle delle mani alzate e delle palette colorate. Se
dietro alla schiena non avverto il gelido contatto di un fucile puntato,
col cavolo che mi lascio impressionare da una paletta: quella roba serve
solo nei giochetti di Mike.
Succede
poi che qualcuno – che può vantare buone amicizie in alto loco –
riesce ad ottenere un po’ di quelle micidiali bombette: non importa
chi compra e chi vende – francesi, russi, inglesi, cinesi od americani
– l’importante è l’assenso a possedere qualche chilo d’uranio
confezionato e “pronto a muovere”.
I primi ad ottenerlo sono gli israeliani – si sa che a Washington
contano buone amicizie – ma nel gran balletto delle atomiche danzanti
si procede a coppie: ecco che la maestosa URSS si degna di concedere
l’atomica alla grande “amica” India.
Eh
sì, perché c’è l’equilibrio nucleare dei ricchi e quello dei
poveri, soltanto che queste cose Massimino non le racconta: come faccio
in un jingle di 26 secondi? Beh, puoi sempre chiedere a mamma RAI di
fare una bella trasmissione d’approfondimento, dove saranno invitati
tutti i vari “esperti” di regime – direttore di qui…presidente
di là…rettore dell’Università dell’Acqua Santa…coordinatore
del comitato per la “buona” bomba atomica – come hai fatto durante
la guerra in Libano. Come dici? Non lo hai fatto? E’ vero: scusa mi
sbagliavo, durante la guerra in Libano nessuno è venuto a spiegarci
perché si lasciava ad Israele campo libero per bombardare i quartieri
civili di Beirut sud. Come dici? Scusa, non ho sentito bene…erano
tutti in Costa Smeralda e non avevi i loro numeri telefonici?
Ma,
suvvia Massimino: potevi chiederli a Telecom! Lo sai che Telecom sa
anche quanti pennarelli ci sono – in questo preciso istante – sulla
mia scrivania? Sono efficientissimi: un servizio d’alto profilo reso
alla collettività per la circolazione dell’informazione. Basta
chiamare un numero verde (riservato) e, se hai pagato la tassa detta
“dello spione”, ti raccontano anche quanta cocaina è entrata oggi a
Montecitorio. Se non te lo dicono, chiedilo a quelli delle “Iene”,
il tampone che hanno eseguito all’insaputa dei nostri politici non
sbaglia[1].
Se la notizia della droga che circola a Montecitorio è una “bomba”
risaputa, può fare il paio con la vera bomba, quella coreana. Solo che
la prima è la “bomba” dei ricchi, l’altra quella dei poveri.
Se
i due primi parvenu che
giunsero all’atomica furono – oggi, diremmo per “par condicio”
– Israele e l’India, qualcuno pensò di mettersi “in fila”. Oh,
vuoi vedere che rimanendo per anni sotto le finestre di quella gente –
prima o dopo – gettano via qualche bomba di vecchio tipo, un po’
d’Uranio oramai datato, qualche spoletta da riciclare?
Mentre la fila iniziava ad ingrossarsi, avvenne la “crisi cubana”
fra Israele e l’India, soltanto che quasi nessuno se n’accorse.
Correva l’anno 1991, e l’antica Mesopotamia era percorsa da un nuovo
fremito di fuoco e d’acciaio: una vera Tempesta del Deserto,
Mentre
i B-52 USA bombardavano Baghdad, Saddam rispondeva con i vecchi Scud
lanciandoli su Israele: erano missili decrepiti, ma il tanto osannato
sistema Patriot non riusciva a “beccarli”, e quando li “beccava” era
ancora peggio, perché cadevano sulla testa della gente i resti dello Scud
e del Patriot. Nessuno ci fece troppo caso…miglioreremo i missili…fino
alle fregate israeliane sulle quali Hezbollah
ha fatto il tiro al bersaglio.
In mezzo a tanto clamore, Tel Aviv era stufa di ricevere missili sulla
testa – che causarono circa 150 vittime civili – ed iniziò a
spazientirsi: c’era da capirli.
Quando
l’incazzatura traboccò, Israele iniziò a meditare d’inviare i
propri aerei a rendere la pariglia a Saddam, ma gli americani
s’opposero: se intervenite ci mandate all’aria la grande coalizione
che abbiamo creato per sconfiggere quell’idiota. Evidentemente,
“Egitto ed Israele uniti nella lotta” non funziona, e non funzionerà
mai.
Gli israeliani insistettero e gli americani risposero con una di quelle
argomentazioni che non concedono scampo: se volete intervenire fatelo
pure, ma noi non vi daremo i codici d’accesso per i vostri velivoli.
Risultato: un qualsiasi caccia israeliano che fosse entrato nello spazio
aereo iracheno sarebbe stato considerato alla stregua di un velivolo
“sconosciuto”, e quindi da abbattere. Porta chiusa.
Tel
Aviv, allora, gettò la spada sulla bilancia: se Saddam ci manda un
altro Scud rispondiamo con le
armi nucleari. Quella era una minaccia seria, e gli USA non avevano
argomentazioni né mezzi da opporre – salvo la forza – opzione
ovviamente improponibile.
“USA ed URSS unite nella lotta” invece ha funzionato a lungo, più
di quello che si creda.
Si fa avanti Rajiv Ghandi – premier indiano (vicino a Mosca) – ed
afferma candidamente che i missili indiani sono in grado di
“ombreggiare” Israele, termine tecnico per chiarire che l’India
potrebbe rispondere al lancio di un’atomica su Baghdad con un’altra
su Tel Aviv. Fine della storia, salvo per un piccolo particolare: Rajiv
Ghandi viene assassinato pochi mesi dopo da un estremista Sikh, con una
corona di fiori imbottita d’esplosivo. Che caso. Si sa, i Sikh sono
sempre incazzati…
Quello
citato è un classico esempio di’equilibrio nucleare portato avanti
mediante medie potenze, ma gestito direttamente dalle grandi.
In questo bailamme
d’esternazioni inorridite nei confronti della Corea del Nord, stupisce
osservare l’ovattato silenzio che circonda l’atomica pakistana:
furbacchioni ‘sti pakistani – sembrano sussurrare tutti scotendo la
testa – si sono “fatti” l’atomica senza dire niente a nessuno…
Vogliamo continuare con i segreti di Pulcinella? Vogliamo farci – per
una volta – raccontare la verità dai Soloni dell’informazione di
regime? Tacciono. Va beh, facciamolo noi per l’ennesima volta…
L’atomica
pakistana – per la realizzazione della quale c’è stato
probabilmente anche un intervento nord-coreano – è la figlia del Dio
minore che siede in Consiglio di Sicurezza: senza
Ci sono già un po’ troppe cose che il Pentagono e
Magari
qualcosa sapevano ma hanno preferito non urlarla ai quattro venti: «Dio
quanto è “macho” Musharraf» – probabilmente sussurra Bush mentre
passeggia nello Studio Ovale – «quello il pilota lo ha fatto per
davvero…mica come me che scappavo a bere nel ranch di Crawford…anche
Laura a volte s’incazza e me lo ricorda…se avessi fatto il
militare…a volte mi sento così di merda quando devo recitare la parte
del comandante in capo…»
Democrazia? “Chi era costui”, pare affermare Bush II Il Giovane
parafrasando il miglior Don Abbondio, perché mai dovremmo considerare
la democrazia come un ingrediente necessario per avere l’atomica?
Non
si può chiedere troppo alla sua razza: si sa che, mentre in Grecia si
cercava di dare un senso a termini come “democrazia” ed “atomo”,
i suoi antenati mangiavano radici.
E così “ci scappa” l’atomica pakistana, che ha avuto come madrina
di battesimo
Batti e ribatti, continua a picchiare sul tasto che
I coreani sanno benissimo che gli USA hanno aperto il Vaso di Pandora e
vogliono fare i conti con tutti i paesi che reputano “ostili”: cosa
ci metterebbero ad inviare una decina di B-2 ed a radere al suolo
Pyongyang?
Non
c’è molto da radere al suolo in Corea del Nord: solo tanta fame e
povertà di un regime assurdo, che non riesce a seguire l’esempio
cinese in economia, ma non per questo è disposto a farsi bombardare.
Hanno una vecchia centrale nucleare, la riattivano, arricchiscono
l’Uranio e fabbricano l’atomica: per la “consegna” hanno i
missili Nodong, Taepodong 1 e 2, sufficienti come deterrente per
scoraggiare qualsiasi aggressione.
Veramente, qualcuno crede che Pyongyang desideri attaccare con
l’atomica gli USA? Cosa succederebbe il giorno dopo?
La
“terribile” novità dell’atomica coreana è che sfugge al
controllo “congiunto” delle grandi potenze: manda all’aria il loro
diritto di veto e le loro palette, così come lo sarebbe quella
iraniana.
Il problema non è quindi quello del possesso dell’arma nucleare, ma
del potere che essa contiene in termini politici: è giusto che tutte le
nazioni del pianeta debbano sottostare a cinque stati che più di 60
anni fa vinsero una guerra? Anche l’Ucraina (allora URSS), il Brasile,
Come si comportarono quelle nazioni per vincerla?
Il
più terribile crimine contro l’umanità rimane sempre il lancio delle
bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki – forse se la “giocano” con
Perché radere al suolo la città di Dresda – priva d’installazioni
militari, e questo quando
Gli abitanti di Dresda cercarono scampo nelle acque del fiume Elba, ma
le acque del fiume bollivano, a causa dello Sturm-Feuer
causato appositamente e morirono a decine di migliaia.
Un
vecchio amico della mia giovinezza – Franz Vogel – mi mostrò tutto
ciò che il padre, Hans (prigioniero in Italia), riuscì a recuperare
dalla vecchia casa di famiglia a Dresda: due piccoli carillon, ancora
parzialmente funzionanti, attaccati a minuscoli brandelli di legno
annerito. Era tutto quello che era rimasto dei loro parenti, della loro
casa, delle loro vite.
I pessimi maestri non sputino sentenze.
Carlo Bertani bertani137@libero.it www.carlobertani.it
[1]
Un onorevole su tre fa uso di
stupefacenti, prevalentemente cannabis ma anche cocaina: è
il risultato di un test eseguito, a loro insaputa, su
cinquanta deputati dalle Iene, che ne proporranno i
risultati nella prima puntata della nuova serie del programma, in
onda martedì 10 ottobre alle ore 21 su Italia Uno.
Il
test eseguito con uno stratagemma è il drug wipe, un
tampone frontale che, spiega Davide Parenti, capo-autore del
programma, “ha una percentuale di infallibilità del 100%”. Il
32% degli
‘intervistati’ è risultato positivo: di questo il 24%
(dodici persone) alla cannabis, e l’8% (quattro persone) alla
cocaina.
Naturalmente nel servizio-inchiesta non
si riconosceranno i volti dei deputati sottoposti al test. Fonte: Affari
Italiani – magazine di “Libero”.