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«Sono
pronto a resistere con qualsiasi mezzo, anche a costo della mia vita,
così che questo possa servire di lezione riguardo la vergognosa storia
di quelli che usano la forza e non la ragione».
Salvador
Allende, nel suo ultimo messaggio dalla radio al popolo cileno, 8.30 del
mattino dell'11 settembre 1973.
Martedì
11 settembre 1973, Henry Alfred Kissinger (Heinz
Alfred Kissinger, famiglia ebraica di origine tedesca), controllore
del presidente Richard Milhous
Nixon, pensò, organizzò e attuò un criminale colpo di stato in
Cile. Grazie all’esercito e ai servizi segreti statunitensi, Salvadore Allende, il presidente democraticamente eletto, venne
assassinato, per far posto all’amico-dittatore Augusto Pinochet. Da quel triste giorno e per ben diciassette lunghi
anni, Pinochet, protetto dal suo esercito della morte e da quello
americano, procurò la morte di almeno 30 mila e la tortura di 600.000
cileni, l’esilio di centinaia di migliaia di persone e la distruzione
sistematica di tutte le istituzioni democratiche del paese!
Martedì
11 settembre 1973
La vera
morte di un Presidente
di Gabriel Garcia Marquez - Patria Grande
www.informationguerrilla.org/11_settembre_1973.htm
Nell'ora
della battaglia finale, con il paese alla mercé delle forze della
sovversione, Salvador Allende continuò afferrato alla legalità.
La
contraddizione più drammatica della sua vita fu quella di essere,
contemporaneamente, nemico della violenza ed appassionato
rivoluzionario, e credeva di averla risolta con l'ipotesi che le
condizioni del Cile consentivano una evoluzione pacifica verso il
socialismo, all'interno della legalità borghese.
L'esperienza gli insegnò troppo tardi che non si può cambiare un
sistema dal governo, ma dal potere.
Questa tardiva constatazione forse fu la forza che lo spinse a resistere
fino alla morte, tra le macerie fumanti di una casa che non era nemmeno
sua, una residenza costruita da un architetto italiano destinata alla
zecca dello Stato, e terminò convertita in un rifugio per un Presidente
senza potere.
Resistette
per sei ore, impugnando il mitra che gli aveva regalato Fidel
Castro, fu la prima arma che Salvador Allende usò in vita sua.
Il giornalista Augusto Olivares
che rimase al suo fianco sino alla fine, ricevette numerose ferite e morì
dissanguato in un ambulatorio pubblico.
Verso le quattro del pomeriggio, il generale di divisione Javier
Palacio, riuscì ad occupare il secondo piano, con il suo aiutante
capitano Gallardo e un gruppo di ufficiali. Lì, tra le poltrone finto Luigi
XV, il vasellame di dragoni cinesi e i quadri di Rugenda del salone rosso, Salvador Allende stava aspettandoli. Aveva
un casco da minatore, stava in maniche di camicia, senza cravatta e con
i vestiti macchiati di sangue. Impugnava il mitra.
Allende
conosceva il generale Palacio. Pochi giorni prima aveva detto ad Augusto
Olivares che quello era un uomo pericoloso, perché manteneva stretti
contatti con l'ambasciata degli Stati Uniti. Come lo vide apparire dalla
scalinata, Allende gridò: "Traditore!" e gli riuscì di
ferirlo ad una mano.
Allende morì a seguito dello scambio di raffiche con questa pattuglia.
Poi, tutti gli ufficiali, quasi seguendo un rito di casta, spararono sul
suo corpo. Alla fine, un ufficiale lo sfigurò con il calcio di un
fucile. Esiste una fotografia: la scattò il fotografo Juan Enrique Lira, del giornale El Mercurio, l'unico autorizzato a
fotografare il cadavere. Era tanto sfigurato che, alla signora Hortensia,
sua moglie, mostrarono il corpo solo quando stava nella bara. E non
permisero che scoprisse il volto.
Allende
aveva compiuto 64 anni in luglio, era un Leone tipico: tenace, deciso e
imprevedibile. Quel che pensa Allende lo sa solo Allende, mi disse una
volta un suo ministro. Amava la vita, amava i fiori e i cani, era di
modi galanti come si usava in altri tempi.
La sua maggiore virtù fu quella di essere conseguente, però il destino
gli riservò la rara e tragica grandezza di morire difendendo con le
armi l'anacronistico diritto borghese; difendendo una Corte Suprema che
lo aveva ripudiato e che poi legittimò i suoi assassini; difese un
miserevole Parlamento che aveva contestato la sua legittimità e che poi
finì per arrendersi agli usurpatori; difendendo i partiti
dell'opposizione che avevano già venduto la loro anima al fascismo;
difendendo tutti gli ammennicoli di un sistema tarlato che si era
impegnato ad annichilire senza sparare una sola pallottola.
Il
dramma accadde in Cile, per disgrazia dei cileni, però passerà alla
storia come qualcosa che irrimediabilmente coinvolse tutti gli uomini
del tempo, destinato a rimanere per sempre nelle nostre vite.