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Da
Marcello Dell’Utri alla destra eversiva
Andrea
Cinquegrani – “La Voce della Campania”
www.lavocedellacampania.it
Tutto cominciò con un inciucio. Per la precisione, un’inciucessa, dal momento che in primo piano ci sono due donne. E’ alla loro stretta amicizia che si deve, probabilmente, la brusca virata verso l’estrema destra in atto nel governo italiano e, in modo ancor più marcato, dentro Forza Italia. Le due amiche in questione sono la prorompente Maria Pia La Malfa Dell’Utri (moglie del gemello Alberto e perciò cognata di Marcello Dell’Utri) e Maria Scicolone, sorella ovunque di Sophia Loren nonché mamma mammona di Alessandra Mussolini. A spingere l’affascinante ducetta verso le formazioni di stampo nazista, dopo la clamorosa uscita da An con tanto di porte sbattute in faccia al neo-moderato Gianfranco Fini, sarebbero stati proprio i “preziosi” consigli di mamma Maria e dell’amico di famiglia Marcello, in fase di gran ritorno nell’agone politico nazionale attraverso il rilancio dei suoi oltre 90 Circoli culturali sparsi lungo tutta la penisola (ultima kermesse in ordine di tempo, la tre giorni di Sorrento a fine ottobre) e del quotidiano Il Domenicale, diretto dal fido Angelo Lorenzo Crespi. Un legame di vecchia data, quello fra le due attempate primedonne del jet set capitolino. Un esempio su tutti: le dichiarazioni rese nel 2002 da Maria Pia al processo di Palermo che vede imputato Marcello Dell’Utri di concorso in associazione mafiosa (giunto proprio in questi giorni alle battute finali del primo grado): "Rapisarda (Filippo Alberto Rapisarda, ex socio di Dell’Utri, ndr) era sconvolto, diceva che non ce la faceva più e che voleva ritrattare le accuse a Marcello Dell' Utri e Silvio Berlusconi. Affermava che era stato costretto ad inventarsi tutto per sfuggire all' arresto". Ex dipendente del Pri e poi della Fininvest, lady Dell’Utri ha spiegato ai giudici palermitani che Rapisarda avrebbe fatto quella rivelazione nel corso di un incontro svoltosi a giugno ‘98 in un ristorante della capitale. "Erano presenti - ha aggiunto - i deputati Amedeo Matacena e Nicola Rivelli di Forza Italia, l’avvocato Paola Cantile, il professor Demetrio De Luca e Maria Scicolone".
ALESSANDRA NAZI
Dicembre 2003. Dopo il viaggio
di Fini in Israele e le sortite sul voto agli immigrati, Alessandra
Mussolini consuma lo strappo col suo partito. Ad accoglierla ci sono
tutti gli umori dell’estrema destra delusa dalla svolta finiana: non
solo le formazioni storiche del neofascismo, ma anche i vasti settori di
Forza Italia che, sotto l’abile regia di Marcello Dell’Utri, da
tempo puntavano ad intercettare l’elettorato filofascista deluso dalla
svolta “democratica” di An. Dietro il paravento di Alternativa
Sociale, che vede in pista la bionda Alessandra coi leader di Forza
Nuova Roberto Fiore ed Alessandro Tilgher e con Luca Romagnoli, eletto
all’europarlamento nel 2004, ci sarebbe dunque la sapiente regia di
Marcello Dell’Utri, che da sempre vagheggia quel partito leggero
capace di abbracciare la vasta area “lib” compresa tra la fondazione
di Ferdinando Adornato e i fascisti di Roberto Fiore (vedi box). Lo dice
la storia stessa del senatore palermitano. Lo dice l’impressionante
elenco dei partecipanti agli incontri politico-letterari organizzati
negli ultimi anni nei suoi Circoli liberali: dal direttore di Limes
Lucio Caracciolo allo storico Giano Accame, da Fabrizio Del Noce al
magistrato Carlo Nordio, da Mauro Mazza a Paolo Mieli, da Nicola Piepoli
a Renato Brunetta, fino, appunto, a un estremista di destra come Fiore.
QUELL’EUROPA
NERA
Una nuova anima neocons,
dunque, si accinge a conquistare il Paese, in perfetta sintonia con
l’analogo movimento politico e di pensiero già solidamente radicato
negli Stati Uniti (vecchi e nuovi sostenitori del partito di Bush) ed
emergente in diverse parti d’Europa. Sottesa alla rete dei
neoconservatori - molti dei quali giunti alla “conversione” dopo
l’11 settembre - cresce l’alleanza tra le forze europee di estrema
destra, riunificate sotto la bandiera comune di Euronat, cui aderiscono,
oltre al gruppo italiano Forza Nuova, il Partito Nazionalista Slovacco,
il Vlaas Block belga, il Fronte Ellenico e la spagnola Democracia
Nacional. Del circuito “nero” fanno parte anche il Movimento
Patriottico Popolare Finlandese, il Partito della Grande Romania, il
Partito Svedese Democratico, Aliancia Nacional portoghese, il Deutsche
Volksunion e il Partito Nazionalista serbo. In Francia a mantenere i più
forti legami con questa rete é il Front National di Jean Marie Le Pen,
che finanzia gruppi dell’ultra destra in tutta Europa. Ma a reggere le
sorti economiche dell’intera rete provvederebbe anche Roberto Fiore,
forte dell’ingente patrimonio accumulato durante la lunga latitanza
londinese. "Non va sottovalutata - osserva il giornalista Claudio
Celani, corrispondente di numerose testate dalla Germania - la
pericolosità del movimento neocons in Europa e soprattutto in Italia,
dove l’asse Mussolini-Dell’Utri potrebbe far confluire sul Polo la
massa di consensi provenienti dalla destra neonazista. Senza contare il
fatto che talune di queste formazioni si rivolgono anche a frange
dell’elettorato scontento di centrosinistra". Basti pensare che
il fronte rappresentato dall’alleanza tra Forza Nuova e Democracia
National si batte apertamente contro la globalizzazione. La alternativa
a la mundializacion. Bases políticas contra el pensamiento único é
una fra le più recenti pubblicazioni realizzate dal neo-gemellaggio
“nero”. Erede della Falange spagnola, fondata nel 1995 da Juan
Peligro, Democracia National propone un programma politico all’insegna
dei "valori" fondanti di Euronat, affiancati dall'interesse
per l'ambiente e l'ecologia. "Il fantasma che nel XXI secolo si
aggira per l'Europa - scrive Paolo Virtuani sul Corriere della Sera -
non è più il comunismo, come dicevano Marx ed Engels oltre 150 anni
fa. Ma è lo spettro dell'immigrato extracomunitario e della massa di
chi fugge dalla miseria di tutti i Sud del mondo e cerca asilo nel ricco
continente. È questo il collante (unito ai comuni sentimenti
anti-Europa) che unisce i partiti della destra estrema europea".
Che ora, dopo il superamento dell’aspra dialettica interna fra Jean
Marie Le Pen e Jorg Haider, trova nuovi argomenti comuni di facile presa
populista nella lotta all’euro “che affama”, o nella rivolta
fiscale. Coinvolgendo in qualche modo forze centriste di governo e
perfino maggioranze improntate a forme dittatoriali del comunismo.
"Non vanno infatti dimenticate - conclude Virtuani - la stretta di
mano tra Umberto Bossi e Slobodan Milosevic durante la guerra in Kosovo,
il sostegno incondizionato di Zhirinovski e dell'estrema destra greca al
regime serbo, la visita di Haider in Iraq a Saddam Hussein, il quale è
stato considerato "un patriota" anche da Le Pen".
LO SPETTRO
NEOCONS IN ITALIA
Le tante teste cadute in Forza
Italia dal 2001 ad oggi (da Renato Ruggiero a Claudio Scajola, fino a
quella recentissima di Giulio Tremonti, per citare solo gli esempi più
noti) altro non sono, secondo questa nuova schematizzazione della destra
transnazionale, se non gli esiti di uno scontro che vede ormai
fronteggiarsi apertamente le due anime dei forzisti. Un braccio di ferro
emerso sempre più netto in seguito alle ripetute sconfitte elettorali
del Polo nel 2004. Che hanno messo in luce - se ce ne fosse stato
bisogno - il ruolo chiave svolto nella conta delle preferenze dalle
formazioni di estrema destra, cui guarda con attenzione l’anima
neocons guidata da Marcello Dell’Utri. "Si tratta, al momento -
spiegano alcuni osservatori esterni - dell’ala dominante,
rappresentata dai due coordinatori nazionali Sandro Bondi e Fabrizio
Cicchitto. Ma dopo le batoste elettorali, oggi sono in tanti a chiedere
la loro testa. E ad invocare il gran ritorno di Claudio Scajola, da
sempre fautore di un partito maggiormente strutturato, contro il
“movimento leggero” basato sui Circoli culturali e sui giovani di
Publitalia, teorizzato da Dell’Utri e portato avanti da Bondi e
Cicchitto". 56 anni, ex sindaco democristiano di Imperia, negli
anni ottanta Scajola viene arrestato e poi scagionato nell’ambito
dell’inchiesta giudiziaria sui Casinò. Tornato a far politica, nel
'95 é a capo di una lista civica che sconfigge il Polo, poi diventa uno
dei più stretti collaboratori di Silvio Berlusconi. A lui il leader
affida la prima trasformazione del partito “di plastica”, che
Scajola a fine anni novanta comincia a traghettare dal modello leggero
dei club agli assetti “pesanti” di una tradizionale compagine
partitica. Nel ‘97 presenta lo statuto del nuovo partito. Ad aprile
’98 si svolge il primo congresso nazionale di Forza Italia. Un
cambiamento organizzativo cui fanno seguito i successi elettorali di
quegli anni, fino alla vittoria delle politiche del 2001. La macchina di
consenso messa in piedi da Scajola ricalcava, sostanzialmente, gli
schemi interclassisti tipici della vecchia Dc, associati però ai nuovi
simboli del berlusconismo montante: era stato proprio lui, il
parlamentare di Imperia, ad inventare il famoso “kit del candidato”,
con cravatta, penna e orologio d'ordinanza. Uno strapotere, quello di
Scajola, che trova facile strada a fine anni novanta, quando Dell’Utri
viene prudentemente allontanato dalla scena politica nazionale per
l’impressionante catena di problemi giudiziari che lo investono ad
opera di diverse Procure italiane. Marcello e i suoi, saggiamente, si
dispongono lungo la riva del fiume. E non dovranno aspettare neppure
molto tempo per veder passare lo “scalpo” dell’avversario. Nel
2001, dopo aver guidato la militarizzazione del G8 di Genova da ministro
degli Interni, l’ex democristiano ligure é costretto alle dimissioni
in seguito ad un’infelice uscita pubblica su Marco Biagi, il
professore assassinato dalle Brigate Rosse. Al Viminale Berlusconi
chiama il fido Beppe Pisanu, altro democristiano, questa volta sardo,
antico frequentatore di quell’Armando Corona che diventerà Gran
Maestro della massoneria. E’ il segno di un cambiamento epocale ai
vertici di Forza Italia e di un ritorno alle origini nel segno di
Marcello Dell’Utri, che durerà - con Cicchitto e Bondi in prima fila
- fino agli esiti negativi delle campagne elettorali 2004. Quando torna
prepotentemente sulla scena proprio lui, Claudio Scajola.
CARO BERLUSCONI
TI SCRIVO
In pieno agosto esplode il caso
della lettera al vetriolo: ben 80 parlamentari forzisti invocano con
forza un cambio al vertice, mettendo in discussione la leadership di
Bondi e Cicchitto e gli assetti monolitici di un partito in cui, dicono,
é precluso ogni dialogo. E’ il segno della spaccatura, netta, che si
va ufficializzando fra le due anime. Al congresso estivo di Gubbio é
guerra aperta: i giornali già titolano “Sfida all’OK Corral” in
riferimento allo scontro fra le due mozioni. Claudio Scajola, nominato
nel frattempo ministro per l’attuazione del programma, é il convitato
di pietra, ma decide alla fine di disertare l’incontro. E affida il
suo sfogo all’Espresso, ribadendo l’anatema contro i fautori di
"un partito seduto" e difendendo gli 80 “maldipancisti”
firmatari del documento anti-Bondi: "non sono affatto carbonari, ma
gente che ama Forza Italia". Ma chi sono veramente gli 80
firmatari? L’interrogativo circola anche all’interno dello stesso
partito, dal momento che, ufficialmente, l’elenco completo non é mai
stato reso noto. "Sono venuti fuori solo sei o sette nomi -
dichiara a Panorama Roberto Formigoni, dissidente in Lombardia dopo la
bruciante sconfitta di Ombretta Colli, ma sul piano nazionale rimasto
probabilmente vicino alla linea Bondi-Cicchitto - e invece dicevano che
c'erano 80 firme. Chi sono gli altri? Invece d'uscire orgogliosamente
alla ribalta e dire: "Anch'io ho firmato", stanno
nascosti". Poche le conferme, ma non per questo meno indicative di
un malessere diffuso. In primis Paolo Romani, il coordinatore della
Lombardia, la cui testa era stata chiesta dagli stessi Formigoni, Colli
e Gabriele Albertini dopo la disfatta delle amministrative. E poi la
tanto leggiadra quanto inconsapevole Gabriella Carlucci: "Non
capisco - diceva in Transatlantico - come si possa aver equivocato la
mia firma in calce a un documento che tutto intendeva essere, almeno
nelle mie intenzioni, fuorché una critica diretta ai vertici del
movimento". Assai meno titubante il sottosegretario alla Giustizia
Jole Santelli: "La lettera era un segnale a Berlusconi per
migliorare il partito, come fate a non capirlo?", diceva
rispondendo alle reprimenda dell’ex democristiano lucano di lungo
corso Angelo Sanza, che le rimproverava l’affondo contro il duo
Bondi-Cicchitto.
ANTONIO CONTRO
TUTTI
In Campania, dove Forza
Italia ha perso tutti i Comuni, la rottura era già cristallizzata fin
dal voto di maggio, quando addirittura le due componenti diedero vita a
due chiusure della campagna elettorale contemporanee, guardandosi in
cagnesco. Stesso giorno, stessa ora: una con Antonio Martusciello e
Renato Schifani, l'altra con Scajola, Paolo Russo e Riccardo Ventre. E
mentre il partito cala in zona dal 34 al 19 per cento, é proprio un
leader della dissidenza interna, il presidente della Provincia di
Caserta Ventre, a spuntarla per le Europee: oggi siede nei banchi di
Strasburgo forte di un ampio suffragio popolare. E rilancia. A metà
ottobre annuncia che presenterà una propria lista alle prossime
provinciali, ribadendo che si tratta di un’iniziativa
"sollecitata da più parti dello schieramento" e criticando i
ritardi del Polo "nell'elaborazione del programma e nella scelta
dei candidati". Aperta, dunque, la contestazione al coordinatore
campano Antonio Martusciello, mentre a ricucire lo strappo prova il
sindaco di Caserta, il forzista Luigi Falco, auspicando "un rapido
chiarimento all' interno di Forza Italia e della casa delle Libertà".
Altro leader della fronda interna campana é Paolo Russo, presidente
della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle ecomafie,
proveniente dalla Dc del nolano e sceso in campo, fra l’altro, per
contrastare l’asse Bassolino-Berlusconi sulla costruzione del
termovalorizzatore di Acerra che sta infiammando da mesi le popolazioni
locali. Va ricordato che il generale Carlo Jean, plenipotenziario
dell’affaire mega-inceneritore, risulta nel lungo elenco dei
frequentatori del salotto Dell’Utri. Difficile, dall’esterno,
riuscire ad individuare uno per uno i forzisti campani trasmigrati negli
opposti fronti, anche se nella sede del partito in Galleria Umberto, a
Napoli, ogni giorno si aggiorna la conta di coloro che vanno e di quelli
che restano (con Martusciello). Qualcuno ricorda il tentativo fallito di
fronda capitanato nel 2003 da Alfredo Vito (oggi rientrato nei ranghi,
come dimostrerebbe la sua presenza alla convention sorrentina di Dell’Utri
al fianco di Antonio Martusciello), mentre segnali di fumo arrivano
dalla pattuglia degli azzurri che restano in bilico. Qualcuno ricorda,
per esempio, quali sono gli amici che Paolo Russo elenca in apertura nel
suo sito internet. Come i consiglieri regionali campani Ermanno Russo e,
a sorpresa, Fulvio Martusciello, fratello di Antonio. O come Giuseppe
Gargani, l’eurodeputato ed ex dc a capo della fronda in provincia di
Avellino che può contare, in zona, sui forzisti Enzo Lucido, Elio
Iannuzzi, Antonio Di Mizio e Roberto Castelluccio, tutti pronti a
fronteggiare il gruppo guidato dal consigliere regionale Cosimo Sibilia.
Nel Sannio il Verbo del Cavaliere é incarnato da Antonio Barbieri da
Cerreto Sannita divenuto lo scorso anno, dopo qualche esitazione, perno
locale della corrente maggioritaria Martusciello-Dell’Utri-Bondi-Cicchitto.
Tornando a Napoli, in orbita Scajola ruoterebbe invece il deputato
azzurro Salvatore Lauro, fra gli artefici del sito casadellelibertà.net,
dove viene pubblicata la famosa lettera degli 80 protestatari, al fine
di "sgombrare il campo da allusioni e speculazioni che sono state
fatte sulla vicenda da alcuni rappresentanti di Forza Italia, per
cercare di capire meglio quel che sta succedendo realmente in Forza
Italia". Al punto che proprio questo sito potrebbe rappresentare un
autentico “manifesto in movimento” della nuova aggregazione politica
nata all’interno di Forza Italia. Un link rimanda infatti al Movimento
Politico Europa Mediterranea, rappresentato al senato da Salvatore Lauro
e alla Camera dai deputati Sergio Iannuccilli, Antonio Oricchio e, per
l’appunto, Paolo Russo. Nemmeno troppo velato, l’attacco al gruppo
di vertice locale capitanato da Martusciello, nel sondaggio che il sito
sponsorizzato da Lauro lancia in questi giorni: “La cdl in Campania fa
un’opposizione trasparente e corretta, o é consociativa?”. Il
riferimento, oltre che al caso Acerra, é probabilmente alle tante
questioni che - secondo buona parte degli iscritti - vedrebbero
l’inedita convergenza politica tra il premier Berlusconi e il
governatore della Campania Antonio Bassolino. A cominciare da un
ennesimo bubbone. Che si chiama Istituto per i Tumori Pascale e che ha
visto già lo scorso anno consumarsi la più aperta e clamorosa guerra
“Forza Italia contro Forza Italia”.
DA FLORIO A
PERRONE
Tra due fuochi era venuto
infatti a trovarsi nei primi mesi di quest’anno il manager
dell’Istituto prescelto dal vertice nazionale azzurro, Sergio Florio,
"”reo” probabilmente - sibilano al Pascale - di aver messo mano
ad una rigorosa razionalizzazione di antichi sprechi e disservizi".
Entrato in rotta di collisione con Bassolino per la mancata erogazione
di fondi da parte della Regione, Florio avrebbe dovuto in seguito fare i
conti con una sorta di “sbilanciamento” degli equilibri in Forza
Italia. "Il ritorno sulla scena di Claudio Scajola- spiegano alcuni
osservatori in Istituto - ha provocato l’improvvisa sostituzione di
Florio con Raffaele Perrone Donnorso, fedelissimo del ministro Girolamo
Sirchia". Il quale sarebbe dunque, secondo questa interpretazione,
esponente di punta (anche se non sotto i riflettori) di quella
dissidenza già pronta a riprendersi la guida del partito, in Campania
non meno che nel Paese. Del resto, che non corra proprio buon sangue fra
il ministro della Salute ed il vertice attuale del partito lo dimostra
la recente sortita di Sirchia sull’aborto (dichiaratosi disponibile a
rivedere la legge 194) e l’immediato richiamo all’ordine lanciato da
Fabrizio Cicchitto: "Nei limiti delle sue competenze, che non sono
straordinarie, visto il ruolo svolto in materia dalle Regioni, è
auspicabile che il ministro Sirchia si impegni a recuperare consenso nel
mondo della sanità, ma non a realizzare una revisione della legge
sull'aborto di cui non si sente la necessità", é stata la secca
dichiarazione che ha messo fine alla vicenda. Senza contare il fatto
che, al primo odor di rimpasto, la prima testa pronta a saltare doveva
essere, a giugno scorso, proprio quella di Sirchia. Una traccia
dell’intesa Scajola-Sirchia, infine, si troverebbe in quella proposta
di legge sui diritti religiosi dei musulmeni in Italia firmata da
entrambi insieme al premier Berlusconi. Pace fatta, intanto, al Pascale,
dopo l’andirivieni del superbassoliniano Giuseppe Petrella, il
deputato ds chiamato ad affiancare la guida di Perrone Donnorso.
"Solo una tregua - spiegano in Istituto - attuata dopo le aspre
polemiche sulla trasformazione dell’ospedale in fondazione
privata". Un progetto temporaneamente accantonato, benché fosse
visto di buon occhio tanto da Bassolino quanto dal governo nazionale.
"Piuttosto - concludono al nosocomio collinare - la dirigenza é
ora impegnata ad allestire le consistenti gare d’appalto per opere
edili, a partire dalla realizzazione della palazzina scientifica, per la
quale si parla di oltre 50 miliardi di vecchie lire, fino ai lavori per
i mega parcheggi sotterranei". Per prudenza, comunque, Perrone
Donnorso continua a girare in istituto circondato da un nutrito stuolo
di body guard. "Sembra di stare in Iraq...", commenta
qualcuno. Mentre altri fanno sapere che quel personale
superspecializzato potrebbe essere alle dipendenze del Viminale. Un’
“alta sorveglianza” su cui ci s’interroga. Anche perché, nel
frattempo, é terminato l’incarico ricoperto da Perrone Donnorso
durante l’emergenza Sars come esponente nazionale del Centro per il
bioterrorismo.
TUTTI CASA E
OPUS DEI
Schivate
grazie ad una lunga serie di leggi ad hoc, varate prima dai governi di
centrosinistra, poi dalla maggioranza del Polo, le tante imputazioni che
lo avevano colpito nel corso degli ultimi dieci anni (dalla bancarotta
fraudolenta per il crac Bresciano di Filippo Alberto Rapisarda ai fondi
neri di Publitalia), Marcello Dell’Utri é dal 2001 senatore della
repubblica. A Palermo giunge intanto alle battute finali il primo grado
del processo che lo vede accusato di concorso esterno nell'associazione
mafiosa Cosa nostra. Dopo oltre sette anni i giudici della seconda
sezione penale presieduta da Leonardo Guarnotta si riuniranno in camera
di consiglio a fine novembre: la sentenza é attesa per inizio dicembre
(il senatore di Forza Italia ha preso 9 anni di reclusione).
A giugno i pm Antonio Ingroia e Domenico Gozzo avevano chiesto la
condanna a undici anni di carcere per Marcello Dell'Utri e nove per il
coimputato Gaetano Cinà. Secondo i rappresentanti dell'accusa i
rapporti di Dell'Utri e Cosa nostra, iniziati negli anni sessanta,
sarebbero proseguiti "in forma non contingente ed occasionale"
fino al '95. "Per la Dda di Palermo Dell'Utri sarebbe stato un
''canale di collegamento'' tra Cosa nostra, il mondo economico milanese
e il sistema istituzionale", scrive l’Adn Kronos. Ferme e
sdegnate le smentite del senatore. Il quale rimanda piuttosto,
nell’autobiografia, ai suoi trascorsi cattolici nell’Opus Dei dove,
ai tempi dell’università, conobbe sul campo di calcetto i fratelli
Silvio e Paolo Berlusconi, altri giovani di belle speranze interni alla
residenza milanese Torrescalla. "Dopo un periodo dedicato allo
sport fondando e dirigendo una Scuola di formazione sportiva dell'Opus
Dei (il Centro Elis a Roma), ritorna a Palermo - si legge ancora nelle
note autobiografiche - dove lavora alla Cassa di Risparmio di Sicilia.
Nel 1973, Silvio Berlusconi lo richiama a Milano per lavorare con lui
all'Edilnord in qualità di assistente". E proprio il modello dei
Centri Elis di opusdeiana memoria viene oggi richiamato con forza da
Dell’Utri per contrastare i fendenti dell’opposizione targata
Scajola e difendere la linea dei Club. Che non disdegnano alleanze
“nere”, come quelle con Alessandra Mussolini e Roberto Fiore.