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Malattia
e libertà di scelta terapeutica
Marcello Pamio
– 25 settembre 2007
Oggi
in Italia esiste la libertà di scelta terapeutica?
Una persona è libera di intraprendere una strada terapeutica piuttosto
che un’altra, e soprattutto un medico, in scienza e coscienza può -
per aiutare il suo assistito - decidere la cura migliore, anche se non
riconosciuta e se va contro gli interessi delle lobbies del farmaco?
La risposta a tutte queste domande purtroppo è NO!
A cosa serve allora riempirsi la bocca di belle parole
come: libertà, costituzione, diritti, se e quando una persona malata di
tumore, per esempio, può solamente ‘scegliere’ tra chemioterapia,
radioterapia e chirurgia?
Un medico del terzo millennio, nonostante il giuramento di Ippocrate
(“primo non nuocere”: la
chemio è non è un veleno mortale?) e nonostante
Quando dico che un medico NON può scegliere intendo dire
che se non si adegua, non si piega ai dettami della medicina ortodossa
(al paradigma vigente) rischia prima di tutto la professione (radiazione
dall’albo professionale) e poi anche la galera! Sono numerosissimi i
medici che hanno toccato con mano la pesante scure dell’inquisizione
moderna, che è passata dalla croce con gli abiti neri, al caduceo con
il camice bianco!
Personaggi come Geerd
Ryke Hamer (radiato e incarcerato), Tullio
Simoncini (radiato), Liborio
Bonifacio, Aldo Alessiani, Rudolf
Breuss, Luigi Di Bella, Gianfranco Valsé Pantellini, Romano
Zago, Giuseppe Zora, e
moltissimi altri, hanno avuto il coraggio o l’incoscienza di mettere
davanti agli interessi economici, la salute delle persone. Cosa questa
estremamente pericolosa per l’establishment medico-scientifico, che
mette invece il dio-denaro
dinnanzi ai pellegrini-malati.
L’ultimo in termini di tempo è il dottor Paolo
Rossaro di Padova, indagato addirittura per “omicidio
colposo”, perché avrebbe utilizzato metodologie non
convenzionali, oltre a quelle ufficiali, in cure oncologiche e
nonostante il paziente purtroppo deceduto (uno su migliaia di casi)
avesse firmato il consenso informato (quindi era pienamente
consapevole)!
Sarebbe molto interessante se tale metro di giudizio, usato
indiscriminatamente nei confronti del dottor Rossaro, venisse adoperato
anche per tutte le centinaia di migliaia di morti ogni anno in Italia:
tutti gli oncologi finirebbero in galera!
Oggi se una persona muore dopo (o a causa della) chemioterapia è tutto
ok, ma se muore perché non ha voluto farla (in libertà di coscienza)
non va bene e bisogna indagare il medico.
L’attuale paradigma nel caso del cancro, anche se si può estendere a
tutta la medicina allopatica, impone come cura: la chemioterapia, la
radioterapia e la chirurgia. Null’altro.
Si potrebbe pensare a questo punto che i risultati di
queste terapie siano così
straordinari, da imporli per legge! Ma non è così: basta leggere i
dati sulla mortalità per tumore - previa cura ufficiale ovviamente -
per comprendere che queste terapie sono un fallimento su tutta la
linea: centinaia di migliaia di persone ogni anno in Italia muoiono
nonostante i protocolli scientifici e nonostante le belle e
incoraggianti parole dei luminari della scienza (gli stessi che poi
fatturano nello loro cliniche private migliaia di euro per una visita e
una pseudo-cura).
D’altronde è risaputo che la guerra al cancro iniziata da Nixon negli
anni ’70, e che ha prosciugato investimenti per centinaia di miliardi
di dollari, è un fallimento globale su tutta la linea!
Eppure si continua perseverando su quella strada. Come mai?
La risposta può essere di tipo culturale ed economico, anche se la
seconda comprende e condiziona la prima.
1) l’uomo viene considerato dalla medicina ortodossa come
una semplice macchina proteica composta da cellule, ormoni e organi e
altro materiale biologico (anche di scarto, vedi DNA
spazzatura)
In questa semplicistica e molto riduttiva visione il cancro è una
incontrollata proliferazione cellulare che porta alla morte prima
l’organo o l’apparato e poi l’organismo umano! La cura si basa
sull’estirpazione mediante bisturi, sul bombardamento con radiazioni o
con la chimica di sintesi, di quella massa anomala
che si è formata ‘casualmente’
o per ‘difetti’ genetici.
Possiamo chiamare questa scienza? Una persona col tumore è sfortunata
(casualità), oppure è difettosa
dalla nascita (errori genetici)!
2) la medicina moderna è tutta nelle mani delle
corporation chimico-farmaceutiche, dalla ricerca vera e propria, alla
produzione di medicine: quindi dallo studio delle malattie alla cura
fisica delle stesse.
Se una multinazionale – società per azioni non certo filantropa -
spende milioni di dollari e anni di lavoro in un prodotto, questi soldi
devono tornare indietro eccome, e con gli interessi: è una legge
economica.
Sempre in un’ottica economica: non può esistere un rimedio
definitivo, perché se esistesse, le persone finirebbero per curarsi, e
non produrrebbero più utili? Chiuderebbero in pratica tutte le società
SpM, cioè le Società per
Ecco perché vengono scoperte e/o rispolverate malattie,
oppure inventate di sana pianta, il tutto per allargare il bacino di
pazienti che inconsciamente e spesso ignorantemente (ignorare significa
non conoscere) cadono nelle maglie economiche di queste corporations.
La pistola fumante che conferma questo, apparentemente cinico discorso,
sono le malattie rare. Appunto perché toccano una percentuale
bassissima della popolazione, nessuno investe denari! Se la medicina
fosse PER l’uomo e NON per il dio-denaro, non dovrebbe esserci alcuna
differenza tra una malattia che colpisce 5 persone su 10mila
(definizione ufficiale di malattia rara) e quella che invece colpisce il
30% della popolazione!
Avete mai sentito parlare di Antrasferrinemia congenita, Agammaglobulinemia,
Disfagocitosi erpetiforme, Xantinuria?
Queste 4 delle 581 “malattie rare” elencate nel sito dell’Istituto
Sanitario italiano sono totalmente sconosciute, mentre tutti conosciamo
bene il “cancro”, le “malattie
cardiovascolari”, il “diabete”,
ecc.
Se una malattia è mortale il discorso cambia eccome, perché più una
malattia ha una percentuale bassa di guarigione più soldi pubblici e
privati vengono investiti e quindi fagocitati dalle lobbies, ma non con
l’obiettivo della cura definitiva, altrimenti come ho spiegato prima,
chiuderebbero i battenti. Infatti nonostante tutte le ricerche, si
continua a morire di cancro, di problemi cardiovascolari, per fare due
esempi, più di prima.
Tornando invece al primo punto di tipo culturale: vogliamo
veramente credere che l’essere umano sia un piccolo ammasso
sanguinolento formato da miliardi di cellule, e il tumore una massa
informe che cresce e si sviluppa dentro per un motivo sconosciuto o
casuale?
L’essere umano certamente ha un corpo fisico (cellule, organi, ecc.)
ma è anche dell’altro.
Si tratta infatti di un essere spirituale incarnato la cui anima funge
da ponte di comunicazione tra il mondo materiale e quello immateriale.
Si può affermare che l’essenza spirituale ‘indossa’ un corpo fisico per fare esperienza, cioè conoscenza
(quindi coscienza), e l’anima ne permette tale scambio!
Cosa fa funzionare il cuore con tutta la sua circolazione sanguigna, se
non la scintilla divina? Possiamo pensare che siano le correnti
elettriche cardiache a mettere in moto un meccanismo così perfetto e
altrettanto delicato? E se fosse così: cosa attiva queste correnti
elettriche: il caso, una pila o dell’altro?
Quale magico impulso dona la vita ad un ammasso di cellule?
In questa visione molto più completa (e responsabile), il cancro assume
un aspetto decisamente differente: da massa che cresce caoticamente e casualmente, diventa una parte
di noi che si ‘ribella‘
all’ordinamento assumendo una forma e una sua vita autonoma.
Ha senso allora distruggere con la chimica o con le radiazioni una parte
di noi, se tutto poi è collegato? Bombardando con radiazioni o con
chemioterapici un fegato canceroso, uccido anche tutte le altre cellule
che non c’entrano nulla, debilito fortemente l’organismo e distruggo
quel fondamentale terreno biologico del corpo umano, nel quale avvengono
tutte le reazioni e trasformazioni cellulari di vitale importanza,
predisponendo (il corpo) alle infezioni, e ad altre malattie.
Estirpando un tumore con la chirurgia, ad eccezione di
alcune situazioni, viene certamente tolta la parte cosiddetta malata, ma
vado all’origine del problema?
La matrice che ha originato e/o innescato tale crescita cellulare viene
eliminata con la rimozione delle cellule oncologiche?
Assolutamente NO, e i dati ufficiali delle recidive e della mortalità
parlano da soli.
La sopravvivenza a 5 anni dalla chemioterapia è intorno al 2%.
Significa che gli strumenti riconosciuti come validi e adoperati dalla
medicina allopatica tutta, sono pericolosi per la salute stessa dei
malati.
Ma se anche la chemio funzionasse (cosa che non è), non potrebbe mai e
poi mai risolvere o portare alla cosiddetta guarigione, perché la
guarigione non può avvenire dall’esterno, ma solo dall’interno.
Dall’esterno è possibile soltanto aiutare l’organismo
a ripristinare alcune funzioni, a proteggere e rinforzare il corpo
fisico, ma MAI guarire, perché la guarigione contempla l’equilibrio
della triarticolazione dell’essere umano: corpo, anima e spirito.
La medicina ufficiale, come anche parte di quella alternativa, invece
contempla SOLO l’aspetto fisico (sintomatologico, allopatico),
tralasciando le altre due importantissime parti: l’aspetto emozionale
e quello spirituale!
Basandosi solo sulla materia, (a cosa le lobbie mirano se non alla cosa
più materiale che esista: il denaro?) e abbandonando gli aspetti
sottili dell’essere, la medicina smembra e separa l’Uomo.
Come può allora curare una medicina materialista che crea solo
separazione?
Da quando il filosofo matematico francese René
Descartes (XVII° secolo) meglio conosciuto come Cartesio,
ha spinto l’uomo occidentale a identificarsi con la propria mente
invece che con l’intero organismo (Cogito
Ergo Sum) possiamo dire che ha dato origine alla “separazione”,
alla “divisione” dell’uomo che nel corso dei secoli ha portato alle
specializzazioni mediche.
Prima il Medico era UNO e sapeva tutto o quasi (rispetto ai tempi ovviamente),
poi è diventato specialista (cardiologo, urologo, ginecologo,
pneumologo, ecc.) perdendo la visione totale. Tale frammentazione cartesiana
assieme alla concezione meccanicistica ha portato a quello che oggi
possiamo assistere ogni giorno in ogni ambulatorio: il cardiologo che
non sa nulla della prostata e l’urologo che non sa nulla del cuore; il
dermatologo che conosce solo la pelle e il ginecologo solo gli organi
sessuali.
Possiamo chiamarla scienza?
Se allora in un contesto più ampio e globale, si tiene in seria
considerazione oltre alla parte fisica (certamente importante)
soprattutto la parte emozionale (corpo animico) e quella spirituale
(l’essenza divina) potremo seriamente “rischiare” di guarire,
mettendo in crisi le lobbies del farmaco.
Il tumore (ad eccezione dei bambini, che tocca aspetti molto più
esoterici ed occulti) è una parte di noi che ci sta segnalando - anche
a rischio della propria vita - attraverso il corpo fisico, un qualcosa
che abbiamo perduto (equilibrio) o che ci siamo dimenticati, o che non
vogliamo vedere e affrontare.
Ma non ci sono alterative: quando fa la sua comparsa una massa cellulare
dobbiamo CAMBIARE qualcosa (l’aspetto emozionale, lo stile di vita, i
rapporti famigliari e interpersonali, l’alimentazione, ecc.). La
guarigione è sempre e solo cambiamento, mentre la stasi è la morte!
La malattia in generale ci da l’opportunità di cambiare
qualcosa di noi, dentro di noi ed esternamente nei rapporti con
l’altro (il fuori). Sta a noi comprenderlo oppure no.
Certamente è più facile seguire i dettami dell’‘esperto’
di turno, cioè il medico, ma purtroppo o per fortuna, non è il medico
che sta vivendo la malattia, non è il medico che rischia di morire,
come non è il medico che DEVE capire qualcosa e cambiare.
La funzione principale del medico dovrebbe essere quella di accompagnare
l’assistito aiutandolo nella maniera più congeniale e consona al suo
essere: dare una dieta sana, aiutare a rinforzare il sistema
immunitario, ovviamente assistere in caso di pericolo, e se
all’occorrenza prescrivere una cura di emergenza, ecc.
Oggi tutto questo rappresenta un’utopia: il medico è
quello che prescrive farmaci (spesso pure sbagliando) da mattina a sera,
parla con gli informatori medici (i très
d’union con le lobbies) più che con le persone che ne avrebbero
veramente bisogno, ascoltando i loro problemi come un vero e proprio
confessore, e manda infine dallo specialista per quello o per quell’altro
problema, perché non rientra nel suo campo di azione.
In una simile situazione di separazione e di totale assenza di Amore,
pretendiamo veramente di guarire?
Certamente no, e infatti la malattia (questo disagio dell’anima) è
sempre più presente nella nostra società moderna.
Cosa fare allora? Ovviamente non può esistere un decalogo
che vada bene per tutti, questo perché ognuno di noi è una
individualità (essenza spirituale) unica e irripetibile, eppure ci sono
delle cose che certamente possono aiutare, sia nella prevenzione che nel
miglioramento dello stato generale dell’organismo.
Partendo dal fisico, è di fondamentale importanza
l’alimentazione.
Essendo fatti da ciò che mangiamo, il cibo assume un ruolo di vitale
importanza: alimenti sani, vivi (cioè con tutta l’energia della
pianta), biologici o meglio ancora biodinamici, privi di additivi e
sostanze chimiche di sintesi.
L’acqua è la fonte primaria di vita, assieme alla luce e al calore,
che permette tutte le reazioni organiche, per cui è necessario bere
molta acqua pura (non di bottiglia) ogni giorno e lontano dai pasti.
Secondo le ricerche dell’ingegner francese Louis-Claude Vincent
un’acqua ottima dev’essere leggermente acida (più o meno pH 6) e
con pochissimi sali minerali sciolti. Se qualcuno pensa che i sali
minerali dell’acqua siano utili sta sbagliando di grosso, perché
l’organismo non è in grado di assimilare se non l’1% dei minerali,
il resto si deposita nelle articolazioni, nel fegato, reni, ecc.
Gli unici sali minerali organici (cioè biocompatibili) assimilabili
dall’uomo, sono quelli che sono stati prima vegetalizzati, cioè sono passati attraverso le radici di una pianta
(frutta, verdura, ecc).
Un’acqua pura bevuta spesso nell’arco della giornata permette lo
scambio e le reazioni cellulari, agevolando l’emissione delle tossine
che si depositano.
Il corpo animico invece, altrettanto importante di quello
fisico, riguarda l’aspetto emozionale.
Una emozione negativa mal vissuta o vissuta fortemente e
nell’isolamento è causa di notevoli e gravissime (alle volte mortali)
problematiche.
Ecco perché è di notevole importanza come noi esprimiamo e viviamo le
esperienze che ci vengono incontro (dalle più banali agli shock più
intensi).
Le conoscenze iniziatiche del passato possono essere d’aiuto: liberare
le emozioni, pensare fino in fondo e mantenere in equilibrio pensare,
sentire e volere (i tre aspetti dell’anima), e soprattutto da non
sottovalutare, la potenza della ‘benedizione’.
La liberazione emozionale può avvenire attraverso l’arte, sotto ogni
forma (arte, pittura, musica, recitazione, ecc.), il cambiare il modo di
pensare è invece un passaggio lento e comporta esercizi costanti che
poi divengono automatici, come pure l’equilibrio della
triarticolazione animica.
Per la benedizione
si possono citare le ricerche scientifiche moderne che hanno dimostrato
come il DNA e le cellule umane sono in diretta comunicazione con le
emozioni che proviamo: per ogni emozione (non fisica), il corpo (fisico)
crea una risposta chimica corrispondente: se l’emozione è negativa la
risposta chimica sarà negativa e viceversa.
La benedizione (benedire à
bene-dire, dire-bene) è una qualità di pensiero/emozione/sentimento
che permette di ridefinire (dare il giusto valore) quello che proviamo rispetto a
qualcosa che ci sta facendo soffrire o che ci ha fatto soffrire.
La vera benedizione
apre un canale attraverso il quale le influenze del Cielo possono
scendere sulla terra, cioè l’invisibile si fa visibile! Si tratta di
conoscenze gnostiche, di magia bianca, e l’efficacia in questo caso è
tanto più forte quanto l’essere umano che la compie è disinteressato
e puro, padrone di sé stesso.
Per rilasciare le nostre emozioni, per farle perdere di forza, dobbiamo riconoscere
(bene-dire) tutti gli aspetti della sofferenza (chi la genera e chi la
subisce, per esempio noi stessi in caso di malattia). Il suo ruolo
centrale è di liberare le esperienze dolorose, qualsiasi esse siano, e
soprattutto di assumere il potere (responsabilità) di lasciare andare
le ferite più profonde e i sentimenti non risolti.
Io
benedico______________________
(nome della
persona, della causa della sofferenza, di noi stessi, ecc.)
Troppo semplice? Forse, ma come dice Gregg Braden nel suo
libro “La scienza perduta della
preghiera”: «uno strumento può essere facile o difficile a seconda di come noi lo
concepiamo», e come lo realizziamo.
Quando nella nostra esperienza di vita riusciamo ad andare oltre il
concetto di giusto o sbagliato, di bene e male, ritroveremo il nostro
massimo potere di elevarci al di sopra di ciò che ci ha feriti!
«Se porterete alla luce quello che è dentro di voi, quello che
porterete alla luce vi salverà. Se non porterete alla luce quello che
è dentro di voi, quello che non porterete alla luce vi distruggerà». Vangelo
di Tommaso
Il corpo spirituale, l’essenza divina, è ovviamente
inattaccabile dall’esterno, ma certamente può essere accarezzato,
coccolato da pensieri, comportamenti e azioni di tipo spirituale.
Sta quindi a noi, nel caso di una malattia, rifiutarla facendo finta di
non vederla, curarla con le metodologia della medicina allopatica
(eliminando il sintomo) o prendere in mano la nostra vita effettuando un
CAMBIAMENTO interiore.
Il 7 ottobre 2007 dalle 14:00 in poi, a Padova si terrà il convegno sulla "Libertà di scelta terapeutica"