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Dalla M.A.F.I.A. di Giuseppe Mazzini al generale Albert Pike
Tratto da “Chiesa Viva” - http://www.chiesaviva.com/conoscere%20massoneria.htm

«Nel secolo scorso, la finanza britannica, protetta dai cannoni inglesi, controllava il traffico mondiale di droga. I nomi di queste famiglie ed istituzioni sono noti a tutti gli studenti di storia: Matheson, Keswick, Swire, Dent, Baring e Rothschild; Jardine Matheson, Hongkong and Shanghai Bank, Charterer Bank, Peninsular and Orient Steam Navigation Company. (I poteri occulti) dirigono un’Anonima Assassini mondiale tramite le società segrete: l’Ordine di Sion, la Mafia di Mazzini, le Triadi (che significa: “Società dei tre puntini”), dette anche le “Società del Paradiso in Cina”».(1)
«Se analizziamo come la Mafia arrivò negli Stati Uniti, scopriamo che questa storia è inseparabile da quella dell’Ordine di Sion. Mazzini, il padrino della Mafia in Italia, rispondeva direttamente al più importante esponente del sionismo britannico: il Primo Ministro ebreo Benjamin Disraeli (l’uomo che era sfuggito alla prigione per debiti, grazie all’aiuto datogli dalla famiglia Rothschild), e veniva finanziato dai principali banchieri ebrei come i Rothschild e i Montefiore.

Mazzini, a sua volta, quando dovette mandare i suoi luogotenenti in America, dopo aver fatto esperienza all’interno della “Giovine Italia”, trovò la strada già spianata dal lavoro fatto da persone come l’ex generale sudista Albert Pike e l’Alta Massoneria ebraica dei B’nai B’rith» (2).
«I primi italiani che misero piede in America seguirono le orme dei commercianti di tessuti che avevano posizioni di primo piano all’interno dell’Alta Massoneria ebraica dei B’nai B’rith. Anche New Orleans, la prima base dei Lehman e dei Lazard, divenne il punto di raccolta dei “picciotti” di Mazzini. Durante il periodo delicato e caotico, che seguì la Guerra Civile americana, gli uomini legati a Mazzini agirono come veri e propri sabotatori del processo di pacificazione della repubblica americana.
Quest’opera di sabotaggio li vide impiegati nella guerriglia condotta dal generale Pike contro il Governo federale di Lincoln e costituì uno dei primi esempi di attività mafiosa negli Stati Uniti. Operazioni della malavita a New Orleans, per conto della mala palermitana, che facevano capo a Mazzini e, tramite lui, a Disraeli. Che dietro il crimine ci fossero persone al di sopra di ogni sospetto era di pubblico dominio.

La parola “M.A.F.I.A.”, infatti, era spiegata con l’acronimo (3):

M=Mazzini
A=Autorizza
F=Furti
I=Incendi
A=Attentati.

Le prime reti mazziniane cominciarono ad essere attive nel periodo precedente alla Guerra Civile (1860-1865). “I gruppi mafiosi di New Orleans, New York e Palermo erano società separate - scrive l’importante storico di quel periodo, D. L. Chandler - ma cooperavano strettamente. Un membro che riceveva adeguati appoggi poteva essere spostato da una città all’altra, da una famiglia all’altra” (4).

Verso la fine della Guerra Civile americana, la Mafia di Disraeli (e quindi di Mazzini - n.d.r.) era capeggiata da un certo Joseph Macheca, capo di una banda che, secondo testimonianze dell’epoca, svolgeva un’attività che era indistinguibile da quella del Ku Klux Klan (di cui uno dei fondatori fu proprio il generale Albert Pike - n.d.r.). Nel 1868, Macheca organizzò, a New Orleans, la campagna elettorale presidenziale a favore del candidato democratico Horatio Seymour contro il repubblicano Ulysses S. Grant, il generale che aveva portato alla vittoria il Nord e che divenne, poi, il Presidente degli USA. I fondi e le direttive politiche arrivavano a Seymour da August Belmont, colui che i Rothschild designarono come loro rappresentate ufficiale negli Stati Uniti.

Il giornale di New Orleans “Picayune” ci descrive la campagna elettorale nei seguenti termini: “Questo popolare e singolare gentiluomo (Macheca) aveva organizzato e dirigeva una compagnia formata da 150 siciliani, conosciuta col nome di Innocenti. La loro uniforme era costituita da un mantello bianco con una croce maltese sulla spalla sinistra. Giravano armati e quando marciavano per le strade sparavano ad ogni negro che vedevano. Si lasciavano dietro le spalle una scia di decine di negri uccisi. Il Generale James E. Steadman, che coordinava la campagna (elettorale di Seymour) vietò altre parate ed il gruppo fu sciolto”(5)» (6).

«Il gruppo finanziario dei Seligman, insieme ad altre banche sioniste di Wall Street, appoggiò come candidato presidenziale democratico, Seymor, quello scelto da August Belmont (l’uomo dei Rothschild negli Stati Uniti), e gli prepararono un programma in cui veniva richiesta l’abolizione del proclama di emancipazione di Lincoln con il quale era stata abolita la schiavitù»(7).

Sullo stesso libro, poche pagine prima, a proposito della famiglia Seligman, leggiamo: «... nel 1843, fu fondata l’Alta Massoneria Ebraica dei B’nai B’rith, chiamata anche “Gran Loggia Costituzionale dell’Ordine dei Figli del Patto d’Alleanza”, come branca riconosciuta dalla Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato, per gli ebrei negli Stati Uniti. Il B’nai B’rith ebbe quartier generale al numero 450 di Grand Street, a Manhattan, nella casa di Joseph Seligman, un ricco mercante “commerciante di tessuti”. Seligman è un nome che si incontra tuttora a Wall Street, insieme a quello dei suoi contemporanei, quali August Belmont, Loeb, Schiff e Lazard. (...). La funzione dell’Alta Massoneria dei B’nai B’rith era quella di fungere da copertura ad operazioni di spionaggio per conto dei Montefiore e dei Rothschild. L’organo americano di tale organizzazione, il “Menorah”, non poteva certo nascondere i suoi legami coi Rothschild e, quindi, preferì ostentarli: “In tutti i paesi, il nome dei Rothschild è sinonimo di onore e generosità e non ci sono altri nomi in Europa che godano di una così meritata e vasta popolarità...”» (8).

«Le stesse banche (associate ai Seligman) controllavano, poi, il generale Albert Pike ed i suoi tagliagole incappucciati, il Ku Klux Klan (che Macheca ed i suoi gangster si davano gran pena ad imitare, croce di Malta inclusa). Pike e Macheca e le loro unità irregolari scatenarono una tale ondata di violenza in tutto il Sud degli Stati Uniti da distruggere, pochi anni dopo il suo assassinio, tutto il programma di ricostruzione che Lincoln aveva messo a punto.
I dati storici mostrano che il gruppo di Macheca a New Orleans, che aveva cominciato la sua carriera sparando ai negri per conto delle banche filo-sudiste di New York, aveva dimostrato di che pasta era fatto. Egli divenne il punto di partenza per l’organizzazione della malavita negli Stati Uniti.

Fu Macheca che s’incaricò di preparare il terreno per Giuseppe Esposito, l’uomo che, per conto di Mazzini, diede la prima base organizzativa alla struttura della MAFIA negli USA. Molto legato a Mazzini, Esposito lasciò la Sicilia verso il 1870 ed arrivò a New Orleans, dove prese contatti con Macheca. Esposito fece un giro organizzativo in tutti gli Stati Uniti, riunendo gruppi di società segrete composte da italiani e creando, ex novo, reti di comunicazione tra gruppi di città diverse. Il risultato del viaggio di Esposito fu di trasformare le società segrete di siciliani in cellule del crimine organizzato.

Il rappresentante di Mazzini (Esposito) aveva un’autorità assoluta sui padrini locali, perfino sul capo dell’organizzazione madre di New Orleans (Macheca)» (9).
Secondo uno storico, “L’egemonia di Macheca sulla Mafia fu messa in ombra, per un breve periodo, dal 1879 al 1881, quando egli obbedì, temporaneamente, ad Esposito” (10)» (11).
Ma avvenne un fatto che impose una riorganizzazione della Mafia negli Stati Uniti: «“Macheca fu linciato dalla folla di New Orleans che lo strappò da una prigione, in cui era stato rinchiuso per l’assassinio di un poliziotto”6. Alla sua morte, le redini del comando furono prese dal suo braccio destro, Charles Matrenga. La scomparsa di Macheca suscitò un’impressione profonda sulle varie organizzazioni della Mafia e, forse, fu a questo punto che venne presa la decisione di “legalizzarsi”, e cioè di intraprendere attività legali come paravento, inaugurando una strategia che fu molto seguita da allora in poi.

Per poter portare a termine questa operazione, la banda di Matrenga si rivolse all’aristocrazia sionista.
Fu un ebreo rumeno, Samuel Zemurray, un immigrato proveniente dalla Bessarabia che, nel 1900, aiutò a trasformare le cosche di New Orleans in “affari puliti”. Zemurray riuscì ad ottenere un finanziamento dal solito gruppo di banche di New York e Boston, per acquistare una parte della flotta mercantile della banda di Macheca. Uno storico commenta: “La flotta di Macheca si fuse con altre quattro linee di navigazione per formare la “United Fruit Company”, che rimane una delle più grosse industrie di tutti gi Stati Uniti”(12).
La United Fruit - ridenominata recentemente United Brands Company - sceglie tradizionalmente i suoi dirigenti tra l’élite dei banchieri sionisti di New York. Nonostante tutto, la banda dei siciliani era ricordata con nostalgia. “Quando Charles Matrenga morì nel 1943, l’intero Consiglio di amministrazione della United Fruit presenziò ai funerali”(13)».

Mazzini e Albert Pike
Alla morte del capo internazionale della Massoneria, Lord Palmerston, avvenuta nel 1866, Mazzini prese contatti con uno strano personaggio, il generale sudista e schiavista Albert Pike.
Al pari di Mazzini, il Pike faceva parte della rete di Lord Palmerston e, nei decenni precedenti, si era conquistato la fama di massimo esperto, e sacerdote delle forme occulte più esoteriche e sataniche.
«Nato nel 1809 a Boston, Albert Pike divenne uno degli avvocati più famosi del Sud. Egli parlava e scriveva 16 lingue. Entrato in massoneria nel 1850, nel 1859 divenne Gran Maestro del Rito Scozzese Antico ed Accettato, e cioè il Capo supremo della Massoneria americana» (14).
«Albert Pike è uno degli individui fisicamente e moralmente più repellenti della storia americana. Orribilmente obeso (pesava più di 140 chili), Pike era conosciuto nel suo Stato dell’Arkansas come un professionista di satanismo. Le sue note tendenze sessuali includevano il sedersi a gambe divaricate su un trono fallico, eretto nel bosco, con intorno una masnada di prostitute, con le quali consumava cibo e liquori, fino a completo stordimento. (...).

Negli anni 1850, Pike entrò in politica diventando una delle voci più sguaiate e intolleranti della retorica razzista. (...). Nel 1858, infatti, Pike, insieme ad undici collaboratori, pubblicò una circolare che chiedeva l’espulsione di tutti i negri e i mulatti dall’Arkansas, citando “l’indolenza e bestialità della loro razza degradata”, “la loro immoralità, pigrizia e sudiciume” e chiamando l’africano un essere “insignificante e depravato simile ad un animale”.
Dal 1858 al 1860, Albert Pike creò un Supremo Consiglio del Rito Scozzese estendendolo, per la prima volta, su tutto il Sud degli Stati Uniti» (15).

Alcuni anni prima, nel 1854, uno stretto collaboratore di Albert Pike, un certo Judah Benjamin, creò i “Cavalieri del Circolo d’Oro” (“Knights of the Golden Circle”). Le prime operazioni di questi “Cavalieri” consistettero nell’addestramento paramilitare di terroristi in tutta l’America Centrale, con lo scopo di provocare una guerra tra gli Stati Uniti e la Spagna , che governava quella zona. La fase successiva fu l’organizzazione di un colpo di Stato negli Stati Uniti che doveva coincidere con l’elezione del presidente Abramo Lincoln, nel 1960.

Eletto Lincoln, Albert Pike, dalla sua posizione di Capo della Massoneria americana, diresse l’insurrezione del Sud che sfociò nella sanguinosa Guerra di Secessione americana (1860-1865).
« La Carolina del Sud, sede del Consiglio Supremo della Massoneria di Pike, dichiarò la secessione il 20 dicembre 1860, subito dopo l’elezione di Lincoln.
Lo stesso giorno, i leaders della “Giovane America” di Mazzini, del Mississippi, chiesero le elezioni e ottennero la secessione.
In Florida, il senatore David Yulee, esponente di spicco della “Giovane America” fece votare la secessione, il 22 dicembre.
In Alabama furono gli esponenti di spicco dei “Cavalieri del Circolo d’Oro” a dirigere la secessione del 24 dicembre.
In Georgia, la secessione del 2 gennaio 1861 fu pilotata da Robert Toombs, l’amico più caro di Albert Pike, divenuto poi membro del Consiglio Supremo.
In Louisiana, fu John Slidell, intimo di Judah Benjamin, creatore dei “Cavalieri del Circolo d’Oro” e Pierre Soulé della “Giovane America” a dirigere il voto di secessione del 7 gennaio 1861.
Nel Texas, il governatore Sam Houston rifiutò il voto di secessione dichiarandolo illegale. Allora, migliaia di “Cavalieri del Circolo d’Oro”, armati, deposero Houston e, in febbraio, fecero votare la secessione, con una partecipazione di meno di un decimo della popolazione.

Gli oppositori alla secessione riportarono vistose vittorie in Virginia, Carolina del Nord, Tennessee, Arkansas, Missouri, Kentucky, Maryland e Delaware.
La sconfitta dell’Arkansas creò un imbarazzo personale ad Albert Pike che, all’udire la notizia della sconfitta, si precipitò nello Stato per arringare i delegati: «Le cose sono giunte a tal punto che voi avete solo una possibilità: o voi uscite dall’Unione volontariamente, o sarete cacciati fuori. La Carolina del Sud vi trascinerà fuori...».
Pur avendo votato di rimanere nell’Unione, la Carolina del Nord, la Virginia , il Tennessee e l’Arkansas furono trascinati nella Guerra di secessione dagli uomini di Albert Pike» (16).

«Durante la Guerra di Secessione, Pike fu brigadiere generale delle truppe sudiste e comandava un esercito costituito da indiani di ben otto tribù. Al suo comando, queste truppe commisero massacri d’una crudeltà e ferocia tale che l’Inghilterra minacciò persino di intervenire “per ragioni umanitarie”. Il Presidente sudista Jefferson Davis, allora, fu costretto a prendere provvedimenti contro Albert Pike intimandogli di disperdere l’esercito indiano. Dopo la guerra, per i suoi crimini efferati, Pike fu giudicato colpevole di tradimento da una Corte Marziale e imprigionato. Il presidente americano Andrew Johnson, massone subordinato di Albert Pike, però, il 22 aprile 1866, lo graziò, mentre la stampa americana mantenne, per ben nove mesi, un silenzio totale su questa notizia» (17).

«Il generale Albert Pike passò sotto l’influenza di Mazzini dopo essere stato contrariato dal presidente sudista Jefferson Davies che disperse le sue truppe indiane, per le atrocità commesse sotto il pretesto di legittime azioni belliche. Pike accettò l’idea di un Govero Mondiale e, alla fine, divenne il capo del Clero Luciferiano. Tra il 1859 e il 1871, Pike elaborò i dettagli di un piano militare, che prevedeva tre guerre mondiali, e tre grandi rivoluzioni che egli riteneva indispensabili per promuovere il “piano” degli Illuminati e portarlo a compimento, verso la fine del secolo ventesimo» (18).

«L’assassinio di Abramo Lincoln fu perpetrato dall’estremista ebreo John Wilkes Booth (Botha), un massone del 33° grado, il 14 aprile 1865 in Washinglton D.C., solo cinque giorni dopo la fine della Guerra civile americana. (...). Izola Forrester, nipote di Booth, nel suo libro “This One Mad Act” (1937), scrisse che Booth apparteneva alla Loggia dei “Cavalieri del Circolo d’Oro” come pure al movimento rivoluzionario di Mazzini, “ La Giovane America ”. Izola Forrester rivelò, in dettaglio, che i massoni erano coinvolti nell’assassino del presidente. Il successivo assassinio di Wilkes Booth fu organizzato da Judah P. Benjamin, un massone di alto grado e agente dei Rothschild. Egli era il Capo dei Servizi segreti della Confederazione del Sud. Dopo l’assassinio, egli scappò in Inghilterra»(19).

Nel dicembre 1865, il generale Albert Pike, insieme al generale John J. Morgan e ad un ristretto gruppo di ufficiali sudisti, trasformava, nella cittadina di Pulaski del Tennessee, i “Cavalieri del Circolo d’Oro” nei “Cavalieri del Ku Klux Klan” (KKK), (in greco kuklox significa “cerchio” o “circolo”), i razzisti del Sud degli Stati Uniti, che conosciamo ancora oggi con i loro cappucci bianchi e le croci di fuoco.
«Albert Pike, che era chiamato “il Diavolo del XIX secolo”, era ossessionato dall’idea della supremazia mondiale. Quando divenne massone del 33° grado, e Capo degli Illuminati dell’Arkansas, egli ideò un piano per prendere il controllo del mondo attraverso tre Guerre mondiali ed altre grandi rivoluzioni» (20).
Anche Giuseppe Mazzini era ossessionato dall’idea di un potere mondiale.

Nel suo Manifesto del marzo 1848, Mazzini affermava: «Essendo l’Austria la più grande negatrice delle nazionalità europee, essa deve scomparire. Guerra contro l’Austria! L’iniziativa di questa rivoluzione europea mondiale, che deve portare alla nascita degli Stati Uniti d’Europa, appartiene al potere dell’Italia; pertanto è il dovere dell’Italia. “ La Roma dei Popoli” deve, nella sua fede repubblicana universale, unire l’Europa e L’America, e tutte le altre parti del mondo abitato, in un potere mondiale finale onnicomprensivo» (21).
Sin dall’età di 23 anni, come ci informa il massone Doria, Giuseppe Mazzini concepì il suo progetto di assassinare Sua Maestà l’Imperatore d’Austria e il Principe di Metternich, e nei primi anni di militanza nella Carboneria, egli frequentò assiduamente l’omicida Sgarzaro (che si era vantato di aver annegato ben 53 frati gettandoli, legati a due a due, nel mare aperto dalla sua nave), e il futuro assassino Argenti che aveva cercato di interessare la Carboneria al suo piano di assassinare il Principe di Metternich.

Mazzini e la dottrina dell’assassinio 
Sin dall’età di 23 anni, come ci informa il massone Doria, Giuseppe Mazzini concepì il suo progetto di assassinare Sua Maestà l’Imperatore d’Austria e il Principe di Metternich, e nei primi anni di militanza nella Carboneria, egli frequentò assiduamente l’omicida Sgarzaro (che si era vantato di aver annegato ben 53 frati gettandoli, legati a due a due, nel mare aperto dalla sua nave), e il futuro assassino Argenti che aveva cercato di interessare la Carboneria al suo piano di assassinare il Principe di Metternich.
Fu con la “Giovine Italia”, fondata nel 1831, che Giuseppe Mazzini, “nel suo stile magniloquente”, mise a punto la sua “dottrina dell’assassinio” politico, la quale colpiva, in modo spietato, non solo i traditori e chi non obbediva agli ordini: “dovranno essere uccisi sul posto”, “pugnalati senza alcuna pietà”, “abbattuti da una mano invisibile”, ma anche gli avversari politici, per i quali il titolo di “tiranno”, emesso da uno dei Tribunali segreti da lui controllati, era sufficiente “per far mettere a morte ogni persona colpita da anatema».
«Un gran numero di ispettori di polizia, generali e uomini politici furono assassinati su ordine di questi Tribunali, e le Logge massoniche fornivano la loro assistenza in questo lavoro»(24).

La “dottrina dell’assassinio” politico di Mazzini fu persino denigrata, nel 1838, dai capi occulti dell’Alta Vendita (il vertice della Carboneria) con queste parole: «A cosa serve un assassinio? (...) Un colpo di pugnale non significa niente, non fa nessun effetto. Che importa al popolo che il sangue di un operaio, di un artista, d’un gentiluomo o anche di un principe sia stato versato in forza di una sentenza di Mazzini o di alcuno dei suoi sicari che si divertono in questo modo?»(25).
Nel 1851, alla notizia del colpo di Stato di Napoleone III, Adriano Lemmi lasciò l’America, dove si trovava con Kossuth, per andare a Londra e diventare l’esecutore degli ordini di assassinio di Mazzini, decretati dal suo “Comitato Centrale Democratico Europeo”, titolo che Mazzini aveva dato alla “Giovane Europa”.

Lemmi si vantò sempre di essere il valido emissario di Mazzini in un gran numero di assassinii, tanto che Mazzini stesso lo chiamava: «Il mio piccolo giudeo che vale dieci buoni diavoli...».
In quegli anni, Mazzini e i capi di questo “Comitato Centrale Democratico Europeo”: Kossuth, A.A. Ledru Rollin, Felice Orsini, Alexander Herzen e Michele Bakunin furono accusati, insieme a Lemmi, di essere i responsabili della maggior parte delle sommosse e degli attentati terroristici che costellarono l’Europa in quel periodo.
Il 4 gennaio 1852, Mazzini e il suo “Comitato”, decretarono la condanna a morte del Duca di Parma Carlo III; il 26 marzo, Carlo III cadeva sotto i colpi del sicario di cui Lemmi aveva stimolato il fanatismo. A fine giugno dello stesso anno, sempre a Parma, Lemmi provocò la rivoluzione del 22 luglio.

Il 21 ottobre 1852, Lemmi ispirò il tentato assassinio del ministro Baldasseroli, presidente del Consiglio del Gran Duca di Toscana; fu sempre lui che spedì dalla Svizzera il proclama di Mazzini che provocò l’insurrezione di Milano del 6 febbraio 1853; fu lui, sempre su ordine di Mazzini, che armò il braccio del fanatico che attentò alla vita dell’Imperatore d’Austria, il 18 febbraio 1853.
Nel 1855, Lemmi si recò a Roma e, poco dopo, il 12 giugno, vi fu un tentato assassinio del cardinale Antonelli; il 30 giugno, Lemmi pubblicò a Genova un manifesto di Mazzini per spingere il popolo all’insurrezione; tornò, poi a Roma dove, il 9 luglio, ci fu un tentativo di assassinio su Padre Beckx, Generale dei Gesuiti.

Lo stesso anno, Lemmi e Orsini trasmisero le istruzioni di Mazzini al Comitato Rivoluzionario di Milano, per un’insurrezione che doveva inaugurarsi con la strage di tutti gli ufficiali del presidio.
Verso il settembre 1856, il “Comitato Centrale D. Europeo” di Mazzini decise di assassinare il re di Napoli, e di scatenare contemporaneamente una rivoluzione in Sicilia. Scoppiata la rivoluzione in Sicilia, Lemmi scelse il sicario: Agesilao Milano che, l’8 dicembre 1856, mentre re Ferdinando passava in rivista l’esercito, gli vibrò due violenti colpi di baionetta, senza però ucciderlo. Il sicario fu condannato a morte, mentre Mazzini gli fece coniare una medaglia commemorativa, qualificandolo come “martire”!
Per l’anno 1857, Mazzini e il suo “Comitato” decretarono e misero in atto, con Lemmi la triplice insurrezione di Genova del 29 giugno, di Livorno del 30 giugno, e di Napoli del 1° luglio
(…)

Note
1 K. Kalimtgis, D. Goldman, J. Steinberg, “Droga S.p.a.”, Edizioni Logos, Roma 1978, p. 12.
2 Idem, p. 41.
3 Charles William Heckethorn, “The Secret Societies of All Ages and Countries”, vol. I e II, 1875 (New York University Books Inc., 1965). Si veda anche: David Leon Chandler, “Brothers in Blood”, New York, E.P. Dutton Co. Inc., 1975, p. 31.
4 David Leon Chandler , op. cit.., p. 103.
5 Idem, p. 75.
6 Kalimtgis, Goldman, Steinberg, op. cit., pp. 42-43
7 K. Kalimtgis, D. Goldman, J. Steinberg, “Droga S.p.a.”, Edizioni Logos, Roma 1978, p. 43.
8 Cfr. Benjamin Peixotto, ed. “The Menorah”, organo ufficiale del B’nai B’rith, New York, 1° sett. 1886.
9 Kalimtgis, Goldman, Steinberg, op. cit., pp. 43-44.
10 Cfr. D. L. Chandler, “Brothers in blood”, p. 79.
11 Kalimtgis, Goldman, Steinberg, op. cit., p. 44.
12,13 Cfr. D. L. Chandler , op. cit., pp. 95-98.
13 Kalimtgis, Goldman, Steinberg, op. cit., pp. 44-45.
14 Cfr. Juri Lina, “Architects of deception”, Referent Publishing, Stoccolma 2004, p. 196.
15 Cfr. Anton Chaitkin, “Treason in America ”, New Benjamin Franklin House, New York 1985, pp. 234-235.
16 Idem, pp. 237-246.
17 Cfr. Juri Lina, “Architects of deception”, Referent Publishing, Stoccolma 2004, p. 196.
18 Cfr. W. Guy Carr, “Pawns In The Game”, Cpa Pubblisher, p. XV.
19 Cfr. Juri Lina, op. cit., p. 196.
20 Cfr. Juri Lina, op. cit., p. 197.
21 Cfr. G. Mazzini, “Opere” Volume XIII, Roma 1884, p. 179.
22 Cfr. Mons . G.E. Dillon, “Grand Orient, Freemasonry unmasked”, Christian Book Club of America, p. 104-105.
23 Cfr. “Lettera di Vindice al Nubius” del 9 agosto 1838.
24 Cfr. Mons . G.E. Dillon, “Grand Orient, Freemasonry unmasked”, Christian Book Club of America, p. 104-105.
25 Cfr. “Lettera di Vindice al Nubius” del 9 agosto 1838.


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