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Made in Italy – crisi economica
Di Savino Frigiola - agosto 2005

In questi ultimi giorni stampa e televisioni scoprono improvvisamente quanto era largamente prevedibile oltre un anno e mezzo fa. Per quanto riguarda l’economia l’Italia è diventato il peggior paese al mondo, si è inceppato il meccanismo produttivo, “si è inceppato il Made in Italy”, arretra anche l’industria del turismo. Rispetto ai numeri dello scorso anno, oltre sei milioni solo d’italiani quest’anno hanno saltato la villeggiatura, Quindi alla crisi dell’apparato produttivo si accoda pesantemente anche quella del settore turistico che registra contrazioni ancora più marcate nei flussi esteri. La cosa non è di poco conto giacché negli anni passati la bolletta energetica nazionale veniva saldata con gli introiti valutari proprio del turismo internazionale. Senza essere chiaroveggenti né possessori della palla di vetro, le manovre intorno all’€uro avrebbero dovuto allertare immediatamente i nostri politici ed i loro consiglieri economici, se non altro perché dispongono un osservatorio più immediato ed efficiente del nostro. I nostri Tremonti, Armani, Brunetta, solo quelli più accreditati in area di governo, hanno fatto cilecca; né è possibile considerarli meno responsabili quelli dell’opposizione, con Prodi in testa.  La progressiva e forsennata rivalutazione dell’Euro rispetto al dollaro, oltre il 40 % da quando entrato in vigore, la sistematica e prolungata  riduzione del TUS americano, risalito solo in quest’ultimo periodo, la sistematica riduzione della circolazione monetaria interna, nel pur vasto mercato europeo, doveva far comprendere immediatamente ai nostri fini politici e brillanti consiglieri economici, sia di maggioranza che d’opposizione, che contro l’Europa si stava scatenando, ad opera dei soliti banchieri, la stessa manovra inflitta all’Italia con la famosa “Quota Novanta”. Gli effetti di questa terapia, gestita dalla BCE, l’unica ad avere competenza e capacità decisionali in materia monetaria,  grazie all’insipienza ed alla connivenza delle forze politiche europee e nostrane, colposamente responsabili della sottoscrizione del trattato di Maastricht, si sono puntualmente verificati: improvvisa perdita di competitività sui mercati internazionali, Made in Italy in particolare, crollo dei flussi turistici internazionali, fuga delle aziende produttive dal nostro territorio. ( la Fiat ha trasferito tutta la produzione dei motori in Argentina, la Volkwagen va a produrre le macchine negli USA). Le aziende vanno, si delocalizzano, si trasferiscono all’estero e gli operai restano .. a casa.

Tutti zitti, nessuno ne deve parlare. Le schiene incurvate dei nostri media, criticate anche dal nostro Presidente della Repubblica sono allineate e coperte su queste posizioni, ma anche nel sottacere gli inviti rivolti ai nostri industriali, proprio dal nostro Presidente, di trasferire le produzioni in India, Cina, Bulgheria, ecc. Il motivo ufficiale è ricorrente: abbattere i costi per essere competitivi.
    Orbene, se con la valuta si ritorna ai valori di partenza, svalutando l’attuale moneta del 40 % e si riduce drasticamente la tassazione inflitta alle aziende ed al mercato, in genere, come è possibile effettuare con il recupero del signoraggio, sciaguratamente ceduto dai nostri politici alla consorteria delle banche private, i costi della nostra produzione risultano competitivi con quelli internazionali, con la buona pace di tutti, senza le inutili tensioni sociali,  senza le mortificazioni inflitte alle nostre famiglie ed alla stragrande moltitudine di cittadini, succubi e vittime di strategie puramente monetarie, calate dall’alto sulle loro teste.
   
Di tutto ciò nessuno ne parla e pare che nessuno ne debba o ne possa parlare, almeno queste sono le constatazioni, osservando gli atteggiamenti dei due poli sia di destra che di sinistra.
   
Vietato affrontare il problema del “signoraggio” e quello della diminuzione del Tasso Ufficiale di Sconto, le attività produttive devono essere spellate vive per pagare il pizzo alle private banche d’emissione che si sono arrogate il diritto di monetizzare il mercato e fissare le relative regole a loro uso e consumo; incombe Basilea 2, la manovra a tenaglia è perfetta: la produzione deve inventarsi gli utili, da prospettare ai banchieri, sui quali  poi pagare le tasse, nella speranza, forse, di ottenere più credito. Il debito deve ancora crescere, i  banchieri ancora non sono soddisfatti, questa è la prospettiva.

Tutto ciò sta’ avvenendo nella più assoluta indifferenza delle forze politiche, sia di destra che di sinistra, delle Associazioni imprenditoriali e dei sindacati di ogni colore.
Qualche voce fuori dal coro, quelle sussurrate da Montezemolo e Berlusconi; flebili e tardive, più che altro a discolpa di quello che non fanno e di ciò che preferiscono non dire. Gli unici che da tempo lanciano segnali d’insofferenza, operando a vari livelli, sono le associazione a difesa dei consumatori. Siamo giunti al paradosso: le associazioni private, per il buon governo, si stanno surrogando a quelle pubbliche e politiche di ogni colore; almeno questo è l’atteggiamento della base, ora osserveremo se coincideranno e saranno di conseguenza i comportamenti dei relativi presidenti. 
   
La politica pertanto, se vuole mantenere quel po’ di credibilità residua e conservare il ruolo che le compete, non solo deve agire con risoluzione per trasferire allo Stato i proventi del “signoraggio”, in nome e per conto dei cittadini, ma si deve anche riappropriare contestualmente di tutte le leve economiche e monetarie per consentire alla formazione di governo, di qualunque colore essa sia, di poter esercitare la propria attività in funzione degli obbiettivi per i quali ha ottenuto il consenso dai propri elettori. In difetto di ciò il persistere della sceneggiata elettorale non ha più alcun senso.

L’invito del Presidente Ciampi rivolto ai giornalisti di mantenere la schiena eretta deve essere esteso anche ai politici quando agiscono in nome e per conto dei cittadini. Altrimenti la loro funzione più che inutile diventa nociva e dannosa per i cittadini.
   
In una siffatta situazione la nostra grande stampa non trova di meglio che riportare con grande enfasi le dichiarazioni di Monti: “occorre più centro”. Ma più centro per fare cosa? Il centro che intende, di Tabacci o quello di Casini Dal momento che ormai affiorano palesemente le responsabilità di natura bancarie e monetarie, per quanto riguarda la strangolatura del mercato e per quanto attiene alla formazione del mastodontico debito pubblico, il centro e i due poli cosa intendono fare, continuare a far finta di nulla ??? 
   
O i politici, di governo e d’opposizione, ritornano ad operare per il bene comune, di tutti e di ciascuno, a salvaguardia del lavoro e della produzione italiana, compresa quella dell’ingegno, oppure il solco già vistoso con gli elettori è destinato ad approfondirsi ulteriormente. Chi non saprà o non vorrà ritornare all’espletamento corretto del mandato parlamentare è destinato, dai cittadini ancor prima che dalla storia, ad essere accantonato. Le sceneggiate e le baruffe, spesso orchestrate e finanziate dalle stesse centrali, della destra contro la sinistra e viceversa, non fanno più proseliti e non interessano più alcuno.

Considerando già iniziata la campagna elettorale per le prossime elezioni nazionali, è da ritenersi truffaldine tutte le formazioni politiche che pretendono di rappresentare il nuovo e l’alternativa ai due poli,  senza affrontare il problema monetario relativo al recupero del signoraggio da parte dello Stato in nome e per conto dei cittadini.
   
Buon segno di buona volontà nello scorcio di legislatura, sarebbe quello di isolare i “fazisti” della prima ora e gli antifazisti della seconda ora, solo apparentemente divisi, annidati in tutte le formazioni partitiche, e procedere alla divulgazione del “decreto salva risparmio”, cominciando a togliere a Banchitalia tutte le funzioni divenute incompatibili con la sua appartenenza al sistema bancario privato. Il problema non è Fazio, forse il meno peggio degli ultimi governatori, ma l’istituzione che rappresenta , grazie alle prerogative ad essa affidate dai nostri svampiti politici. Il trasferimento, come si stà sussurrando, della proprietà di Banchitalia allo Stato, sotto la diretta responsabilità del Ministero del Tesoro, oltre a sanare una situazione insanabile diversamente, forse eviterebbe anche la necessità di dover dare regolare disdetta preventiva, come impone la convenzione, Stato – Banchitalia, a riguardo dell’incarico del servizio di tesoreria per conto dello Stato, cinque anni prima della prossima scadenza, che per l’appunto avverrà tra cinque anni.
    Se per realizzare tutto ciò è necessario uscire dal trattato di Maastricht, meglio prepararci, da subito, senza inutili ed ancora più costosi tentennamenti.                                                                                                    

Savino Frigiola

 
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