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Le macerie nel cuore
di Carlo Bertani - 4 agosto 2006

“Che farai Pier da Morrone?
Sei venuto al paragone.
L’Ordine cardenalato, 
giunto è in basso stato…”
Jacopone da Todi

Non sappiamo come finirà questa ennesima avventura di sangue nella terra detta “Santa”: pessima abitudine degli uomini, santificare soltanto ciò che è inzuppato dal sangue. Non possiamo sapere se si riuscirà ancora una volta a metterci una pezza oppure se il Vicino Oriente salterà per aria. Non sappiamo se i missili israeliani, siriani ed iraniani rimarranno muti, nelle loro bare d’acciaio sotterranee, oppure se scivoleranno nel cielo per declamare alle genti il loro canto di morte. Non sappiamo e non possiamo conoscere il futuro ma il passato – perché anche ieri è oramai il passato – è già scritto.

Comunque andrà a finire, il Libano 2006 sarà ricordato come tutto quello che si sarebbe potuto evitare e non si è voluto scansare: è stato come aver dato un doppio clic sull’anteprima dell’Inferno.
I poveri, innocenti morti di Cana, grigi nella loro sporcizia di morte e di abbandono non sono solo stati l’ennesima insipiente tragedia, una nuova sfilza di pietre appuntite da seminare in un nuovo cimitero: quei morti non sono la nuova generazione di Sabra e Chatila, di Nablus, di Falluja. I visi di quei bambini riversi – come dormienti – fra le braccia di sporchi e rassegnati soccorritori stanno tracciando un solco terribile nelle coscienze, nei cuori, nelle menti, dal Tago all’Indo.
Qualcuno ci verrà a dire che tutto passa nel carnaio medio orientale, che una tragedia sposta la precedente un po’ più in là nell’autostrada della sventura, ed è innegabile che ciò avvenga. E’ però altrettanto vero che nulla di ciò che avviene ieri lascia immutato il domani.

Le prime vittime di questa vicenda – vittime illustri, altisonanti, blasonate – sono un povero vecchio di nome Mubarak, un “alleato” dell’Occidente che per “allearsi” ha dovuto riempire le galere d’oppositori politici, governare con la legge marziale, scatenare contro il proprio popolo una repressione di marca staliniana. Gli fa eco – migliaia di miglia ad est – un altro alleato degli USA, un certo Musharraf che sulla democrazia ha molto da insegnare. Entrambi sono ex ufficiali d’aviazione, a testimoniare che chi sa creare piccoli inferni come Cana senza sporcarsi le mani viene premiato, fa carriera.
L’altra vittima è un piccolo, piccolo, piccolissimo e tragicomico re giordano, un tipetto insignificante che ha ricevuto dal padre un regno che fu donato dagli inglesi al bisnonno, pegno dell’amicizia fra lo sceriffo della Mecca Hussein e Lawrence – Thomas Edward Lawrence, archeologo e spia, colonnello ed aviere, britannico e forse nazista – per il sangue versato dagli arabi contro i turchi nel nome del re inglese.

Entrambi – sicuramente – giocatori di poker, si sono visti privare delle carte da Israele: hanno dovuto mestamente passare la mano e non vedono l’ora che la mano finisca, che qualcuno vinca o perda – non importa – l’importante è che il mazzo torni al centro del tavolo e che qualcuno, in fretta, mescoli e tagli.
La loro fretta è giustificata, comprendiamo, perché in questa ennesima scena della tragedia medio orientale hanno conservato il potere ma hanno perso definitivamente la faccia, e perdere la faccia nel mondo musulmano non è un aspetto da sottovalutare.
“Il processo di pace è morto” – ha affermato Mubarak – ma è come pronunciare una condanna a morte contro sé stessi, visto che su quel calvario iniziato ad Oslo aveva puntato tutto. Il piccolo re giordano segue a ruota ed annuisce in silenzio: è giordano, è piccolo.

Anche i chierici del Faraone meditano in silenzio: non temono certo che s’apra per loro la porta della piramide, che un sarcofago vuoto si riempia, ma ricordano che il Faraone trascinava nella tomba migliaia di suoi schiavi.
Un servo del Faraone è giunto anche in Italia – memore dei molti precettori greci di Roma – ed ora occupa niente di meno che la poltrona di vice direttore del Corriere della Sera: strana e repentina glorificazione di un “esperto” giornalista orientale, come se bastasse avere i tratti egiziani per dettar sentenze. Nessuno di quelli che – a Natale – si vestono da Santa Claus ritengono d’essere esperti allevatori di renne.
Cosa ci racconterai domani, Magdi Allam? No, c’interessa assai poco dei sofismi che userai per riempire qualche colonna del “Corriere”, perché sei un levantino, e di Gorgia conosci anche i meandri. Ti farà eco – da Torino, da “ La Stampa ” – il tuo alter ego Igor Man, splendido trombone che si chiede sempre dove sia finita l’orchestra.

Nessuno capisce Magdi Allam perché è troppo “esperto”, troppo egiziano. Nessuno comprende Igor Man perché troppo “vissuto”, segnato dalle rughe e dal peso di un anello d’oro che ci ricorda quello di Salomone.
Caro Magdi, caro Igor: vorremmo che da domani ci spiegaste meglio perché dovremmo sentirci vicini ad Israele, agli USA, al Faraone con le ali sul petto e perché “le masse arabe non conteranno mai nulla”.
Anche noi siamo masse, masse occidentali, ed anche noi siamo chiamati a volte “popolo bue” se non votiamo seguendo i desideri del Palazzo, oppure “parco buoi” se recalcitriamo un poco prima di consegnare pazientemente nelle tasche del Tanzi di turno i risparmi di una vita.

Dobbiamo ringraziarvi perché – a differenza dei libanesi – siamo buoi da tiro e non da macello: per ora grazie.
Anche quelle persone che osserviamo urlare rabbia e disperazione nelle vie di Beirut – ad occhio e croce – ci sembrano buoi e non avvoltoi; pensate: quando ci presentano i loro palazzi sventrati – invece di lambiccarci sulle mete della “guerra infinita” – meditiamo sui sacrifici che avranno dovuto compiere per comprarsi quelle quattro mura e quegli orribili divani in pieno stile “Aiazzone”.
Noi, oggi, probabilmente sacramentiamo perché s’è rotto il tubo della lavastoviglie: loro, si domandano se domani notte troveranno un parco od un ponte per ripararsi e dormire. Un ponte no, meglio di no, si nota troppo dal seggiolino di un F-16.

Pensate, carissimi ed esperti giornalisti – dolci e celestiali voci che allietano le serate dell’Insetto – che quando ci hanno sparato sui teleschermi e sui monitor quei cadaveri grigi, piccoli e leggeri dei bambini libanesi con il rivolo di sangue alla bocca – invece d’esser colti da un ragionevole dubbio sull’utilità dei bombardamenti israeliani – abbiamo ricordato le tante volte che abbiamo preso in braccio i nostri figli addormentati, per portarli dall’auto al loro lettino.
Scusateci se – mettendo per un attimo da parte le vostre erudite sentenze – ci siamo chiesti quali potessero essere i sentimenti di quei padri e di quelle madri: vi chiediamo scusa, perché non riusciamo a capire che “le masse arabe non conteranno mai nulla”, non abbiamo sufficiente materia grigia per riflettere che l’obiettivo essenziale è “la guerra al terrorismo”. Siamo limitati ed anche un poco ignoranti: d’altronde, mica ci chiamano per esporre il real pensiero dal pulpito di “Porta a porta”.

Quel che sappiamo è poca cosa al vostro confronto, e proprio perché siamo solo polvere ci arrabattiamo per campare con mille euro il mese o poco di più: mica incameriamo i “gettoni” di presenza alla RAI come voi, non ne saremmo mai degni.
La nostra formazione è limitata, qualche vecchio testo scolastico o poco più, i “Bignami” della storia al confronto dell’Enciclopedia Britannica: come affermò Guccini, siamo “della razza, i primi che han studiato”.
Scorrendo i nostri vecchi e pasticciati testi scolastici, quelli che ancora recano impresse le nostre piccole debolezze – “Forza Inter” oppure “Amo Marisa” – ci siamo chiesti se è così vero che le “masse non contan nulla”, se i vari “parchi buoi” vanno sempre ordinatamente al macello.

Dobbiamo riconoscere che avete quasi sempre ragione voi, le masse vanno ordinatamente a farsi ammazzare in quei sabba meticolosamente preparati che chiamano “guerre”, e lo fanno con un ardore che talvolta ci sorprende: sacrificano la loro vita per salvare la Cittadella di Torino, e proteggere così il re Savoia dal cugino re di Francia.
Oppure s’azzannano a morte, frantumano le ossa con le baionette per il Kaiser e per lo Zar, che nel frattempo si scrivono appellandosi “Caro cugino…”.
Talvolta, però, le masse impazziscono e non seguono più ordinatamente il tratturo delle mandrie, s’imbizzarriscono, le coglie la rabbia e non ragionano più. Ah, ma allora le masse ragionano…

Sì, a volte lo fanno: forse prese dalla disperazione, forse esaltate da proclami dei soliti agitatori si ribellano e tutto travolgono. Non capita spesso, ma succede.
L’aspetto curioso della vicenda è che quando lo fanno mutano radicalmente il corso della storia, erigono in pochi attimi nuovi argini, inventano pianure, smuovono le colline.
Quando avviene? Non ci è dato saperlo. Sappiamo però che le grandi sollevazioni sono spesso precedute da periodi d’enormi sofferenze, associate – paradosso dei paradossi – ad una crescita dell’istruzione, ad un maggior accesso all’informazione.
Il povero Luigi Capeto fece molto per incrementare l’istruzione dei francesi – molto di più dei Luigi che lo precedettero – e quando i francesi capirono si comportarono di conseguenza.

Ecco, carissimi luminari del giornalismo, magnifici esperti delle vicende orientali, non vorremmo che quelle macerie e quei poveri morti – uguali a tanti altri che li hanno preceduti – siano moltiplicati a cento ed a mille dai nuovi, mille canali dell’informazione. Come dite? Su RAI 1, 2 e 3 e sui canali “privati” non avete notato niente di…
Sì, avete ragione, nemmeno noi abbiamo notato: anzi, ci ha stupito che per giorni e giorni nessun Solone di regime abbia pensato di programmare uno “speciale”; forse bastavano ed avanzavano i telegiornali per l’orrore che abbiamo dovuto sopportare, forse sono tutti in vacanza in Costa Smeralda ed hanno spento il telefonino. Abbiamo invece notato che anche nelle megalopoli orientali – accanto al suk ed al venditore di tè – sempre di più ci sono un Internet cafè ed un’antenna satellitare. Non parliamo poi dell’Occidente, dove quelle immagini giungono direttamente in salotto, sul monitor del PC.

Non vorremmo che la resistenza di poche migliaia di uomini – una sorta di milizia popolare – avesse messo in dubbio l’invincibilità di Israele, la sua capacità di risolvere in pochi giorni a suo favore qualsiasi battaglia. Noi siamo poco eruditi e non abbiamo certo accesso ai file segreti della CIA, ma ad occhio e croce così ci sembra che stiano andando le cose. Probabilmente – pur nel bel mezzo dell’inferno libanese – anche i libanesi sciiti, sunniti, cristiani e maroniti hanno avuto la medesima impressione, al punto che un pericoloso estremista rivoluzionario come il premier Siniora – un vero e proprio Fidel Castro medio orientale – ha ringraziato pubblicamente Nasrallah per la difesa del Libano. Da pochi giorni, alle vittime fra le fila di Hezbollah si sono aggiunte anche quelle dell’esercito regolare libanese: cosa vorrà mai dire? Forse che il Libano ha trovato un nuovo sentimento nazionale? Quale sarà, allora, il destino delle fazioni filo-israeliane in Libano? Mubarak dovrà – fra poco – imprigionare l’intero popolo egiziano? No, niente paura, dalle colonne de “ La Stampa ” ci penserà Igor Man a rassicurarlo: “le masse arabe non contan nulla”.

Anche tu, però, caro Magdi, credo che incontrerai qualche piccolo ostacolo a spiegare ai libanesi che tutto lo sconquasso che hanno subito – e che continuano a subire – è necessario per la “lotta al terrorismo”. Provaci, poi ci racconterai com’è andata a finire.
Come dici? Che tu non sei stato chiamato a spiegare queste cose ai libanesi ma agli italiani, che intrappolati dalla tua pelle olivastra si “bevono” tutto quello che racconti senza dire “beh”? Ah, già, sei un “esperto”…
Vedi, caro Magdi, quei morti di Cana hanno strapazzato anche le coscienze degli italiani – seppur in vacanza, sebbene alle prese con governi tremebondi – e sono sparite in un amen tutte le kippà dei solerti politici che s’inchinavano ad Oriente. Lo hai notato?

Purtroppo, sul Web si tornano ad ascoltare cose che non vorremmo mai che fossero tornate alla luce: “se gli ebrei si comportano così, allora era meglio se i tedeschi…” ed altre, orribili, dietrologie e revanscismi.
Il problema non sono gli idioti che propongono nuovi Olocausti per gli ebrei, il dilemma è comprendere come la prenderanno quelli che sentono da un lato queste campane a morto e dall’altro osservano la distruzione e la morte provocata da Israele in Libano. E non si venga qui a raccontare che la colpa è di Hezbollah: i primi a bombardare sono stati gli israeliani, dopo una scaramuccia di confine che era sanabile con degli accordi.
Fino a ieri eravamo abituati ad osservare gli ebrei che vivono in Italia come dei cittadini italiani con un loro credo religioso: niente di meno e niente di più. Oggi, dopo aver ascoltato l’incondizionato appoggio che queste persone forniscono ad Israele ed ai suoi bombardieri, come li vedrà il cittadino medio italiano? Come una colonia di Tel Aviv in terra europea?

Tu puoi raccontare quello che vuoi dalle colonne del “Corriere” – immagino che ne avrai un succoso tornaconto personale – ma queste persone dovranno chiarire qual è il loro pensiero. L’Europa intera è sulla posizione “due popoli, due stati”: loro, cittadini europei, come la pensano?
Già immaginiamo quale sarà la risposta: sarà l’Europa a “prendersi le sue responsabilità”, inviando in quel martoriato confine la sua “meglio gioventù” per difendere il Libano ed Israele. Bella trovata: prima s’aizzano i lupi gli uni contro gli altri, e dopo ci dovrebbero andare di mezzo i soldati europei a farsi ammazzare – per par condicio – una volta dai razzi di Hezbollah e la seguente dalle bombe di Tzahal?
Scusami, caro Magdi, se ora ti lascio perché c’è qualcosa da raccontare anche a Massimino Settebellezze, il nostro D’Alemino d’assalto intercambiabile, ieri bombardiere in Serbia e domani ricognitore in Libano, basta continuare a navigare su barche a vela da nababbo.

Nel bailamme di questa nuova tragedia abbiamo perso le tracce del nostro contingente in Iraq! Dove sono finiti, cosa fanno i nostri poveri fantaccini nel lontano Oriente?
Dovevano tornare a casa, questo era l’accordo con gli elettori: quando lo promise Zapatero, gli spagnoli fecero le valigie e basta. Come dici Massimino? I “tempi tecnici”?
Scusaci sai, noi non siamo avvezzi al mare come te, non sappiamo governate un ketch di diciassette metri nelle agitate acque della Sirte, però qualcuno di noi ha ancora prestato servizio militare – per carità, umile fuciliere o marinaio – oppure ha navigato come ufficiale sulle navi mercantili.
Ora, scusami l’azzardo, ma Nave San Giorgio e Nave San Marco – se inviate nel Golfo per riportare a casa i nostri soldati – in una ventina di giorni vanno e tornano: se hai qualche perplessità fatti confermare il calcolo dal Capo di Stato Maggiore della Marina, ma siamo certi che – vista la tua abilità di skipper – quei conti li conosci benissimo.

Mettiamoci una decina di giorni per organizzare il convoglio che deve trasferirsi da Nassirya fino ad Um-Ul-Kashr od in Kuwait e, come puoi constatare, in un mesetto a dir tanto i nostri ragazzi potrebbero essere a casa, al riparo dai più che prevedibili nuovi sconquassi che la vicenda libanese provocherà in tutto il Medio Oriente.
Massimino, siamo ad Agosto! Le elezioni sono avvenute in Aprile! Quando cazzo ce li riporti a casa quei soldati?
Non è, per caso, che ti è saltata in testa l’idea di risparmiare sui trasporti – si sa, muovere le navi della Marina costa – e di fare un semplice trasferimento dall’Iraq al Libano? No, diccelo subito, perché quando qualcuno cerca di mettercelo nel didietro ci piace saperlo subito, non ci va di perdere del tempo ad aspettare con le mutande abbassate.

Sai, Massimino, noi ci fidiamo di te, ma con prudenza, cum judicio. Sì, perché ci ricordiamo di qualcuno che inviò i nostri bombardieri a lanciar bombe sui serbi perché uccidevano i kossovari, in modo che – oggi – sono gli albanesi a massacrare i serbi in Kossovo. Una bella riuscita.
Come dici? Temi l’ostruzionismo della pattuglia di senatori della sinistra radicale? No, povero bimbo, non temere: sanno essere “responsabili” ed anche il buon Cacciari – dopo aver orgogliosamente presentato le dimissioni – le ha ritrattate perché non ci si dimette prima dei canonici due anni, sei mesi ed un giorno, quelli necessari per avere diritto alla pensione da parlamentare.
A noi avete tolto i vecchi “diciannove anni, sei mesi ed un giorno” degli statali perché erano “immondi” rispetto al trattamento dei dipendenti privati – grazie Bassanini – mentre per voi avete mantenuto un più sobrio “due anni, sei mesi ed un giorno” per tremila euro di pensione. Stai tranquillo, allora, e non t’inquietare per i voti del Parlamento: dicci invece quali machiavelliche alchimie ti ronzano in testa e, soprattutto, se hai una kippà ripiegata e pronta per l’uso nella tasca posteriore dei calzoni. La situazione è fluida, e bisogna essere preparati a tutto.

Carlo Bertani bertani137@libero.it  www.carlobertani.it 

 
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