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Libertà di scelta
terapeutica e il caso del dottor Rossaro
Marcello
Pamio - 18 aprile 2012
Un altro colpo è
stato inferto alla libertà di cura e di scelta terapeutica, che proprio
in questi giorni hanno subìto l’ennesimo affossamento.
Il dottor Paolo Rossaro, medico di famiglia di Padova, è stato
condannato dal Tribunale patavino a 3 anni di reclusione per omicidio
colposo; all’ammenda di oltre 565.000 euro, e rischia pure la radiazione
dall’albo professionale!
Qual è il motivo
per il quale il dottor Rossaro, merita una simile condanna giudiziaria?
Secondo l’accusa (che aveva chiesto ben 6 anni di reclusione e 2 milioni
di euro) il dottor Rossaro sarebbe colpevole della morte di due
persone colpite da tumore, che si affidarono alle sue cure mediche.
Stando alla perizia dei medici legali, queste due persone, oggi
sarebbero ancora in vita se avessero seguito i protocolli ufficiali
offerti dalla medicina ortodossa: chemio e radioterapia.
I due pazienti, dicono gli atti: “non sono stati adeguatamente
informati” dal medico curante, e questa mancanza d’informazione,
sarebbe la causa della loro prematura morte.
Se questo metro di
giudizio venisse applicato a tutti i medici oncologi del mondo,
probabilmente ci sarebbe necessità di riaprire la base di Guantanamo a
Cuba, e forse non basterebbe...
E’ possibile affermare questo perché, nonostante i pareri dei medici
legali dell’accusa, i dati ufficiali della sopravvivenza alla chemio,
parlano da soli.
Lo studio effettuato dai ricercatori Graeme Morgan (Professore
associato, radiologo del Royal North Shore Hospital di Sydney),
Robyn Ward (Professore e oncologo all’University of New South Wales)
e Michael Barton (Radiologo membro del
Collaboration for Cancer Outcomes Research and Evaluation, Liverpool
Health Service, Sydney), è
stato pubblicato sulla rivista “Clinical Oncology” nel 2004 e
messo on-line nel più importante database governativo del mondo
www.pubmed.gov.
Il titolo è: “Contributo
della chemioterapia citotossica sulla sopravvivenza a 5 anni, in adulti
americani” (“Impact of cytotoxic chemotherapy on 5-year survival
in American adult”).
I ricercatori hanno esaminato tutte le statistiche per un tempo di 15
anni, riguardanti le 22 neoplasie più maligne e calcolato il beneficio
nel tempo sia negli USA che in Australia.
Risultato: “in questa analisi basata sull’evidenza, abbiamo stimato
che la contribuzione della terapia citotossica curativa ed adiuvante
alla sopravvivenza negli adulti è 2,3% in Australia e 2,1% in USA”.
Se la
chemioterapia citotossica contribuisce alla sopravvivenza solamente nel
2% (media aritmetica) delle persone malate di tumore: cosa fa al rimanente 98%?
Lo studio continua specificando che: “due revisioni sistematiche di
chemioterapia nel cancro al seno, metastatico o ricorrente, non sono
stati capaci di dimostrare alcun beneficio di sopravvivenza”.
I ricercatori hanno concluso la ricerca affermando che: “in
considerazione del minimo impatto della chemioterapia citotossica sulla
sopravvivenza a 5 anni e la mancanza di un progresso importante negli
ultimi 20 anni, segue che il maggior ruolo nella terapia citotossica è
palliativa”.
Non è possibile
riproporre tutti i dati pubblicati, ma il documento in originale è
allegato al presente articolo.
Quello che interessa il caso del dottor Rossaro è il seguente:
- tumore al seno: lo studio ha analizzato 31.133 casi di persone e dopo
5 anni il numero di sopravvissuti, causa chemioterapia, era di 446 persone. Una percentuale di
sopravvivenza pari a 1,4%!
- linfoma di Hodgkin, il numero dei casi studiati sono state 846, e dopo
5 anni i sopravvissuti, causa chemioterapia, erano 341. Con una
percentuale statistica di sopravvivenza del 40,3%.
Stando a questi
dati, le parole dei medici dell’accusa, secondo le quali le due persone
con tumore al seno e linfoma H. avrebbero avuto "certezza assoluta" di
guarigione, se solo si fossero rivolte alla medicina ortodossa, perdono
completamente di significato, perché smentite dagli stessi dati
ufficiali.
Ma il punto cruciale non è tanto la sopravvivenza o meno di una cura, la
morbilità o mortalità, i dati statistici (facilmente manipolabili),
ecc., il punto è: dove sta la libertà di scelta terapeutica da parte
delle persone? da parte dei pazienti?
Può una persona,
in grado di intendere e di volere, firmare il consenso informato (come
nei casi del dottor Rossaro) ed essere libera di scegliere un percorso
terapeutico piuttosto che un altro? Siamo o non siamo liberi come cita
la Costituzione italiana?
NO! Stando alla sentenza di primo grado del Tribunale di Padova, questo
non è possibile.
Bloccando le
mani e l'operato di un medico, bloccano ovviamente la nostra libertà di
essere seguiti in un percorso terapeutico!
I pazienti sono
schiavi di un dogma scientifico, di un paradigma che non permette di
scegliere, non permette una vera libertà di scelta terapeutica.
Entrambe le persone, purtroppo decedute, avevano scelto volontariamente
di non intraprendere i protocolli ufficiali, e per questo avevano
firmato il “consenso informato” (quello stesso che viene fatto
firmare in tutti gli ospedali del mondo, togliendo la responsabilità
agli operatori sanitari da eventuali danni e anche dalla morte causate
da pratiche allopatiche errate: le cause iatrogene).
Addirittura uno dei due pazienti, oltre al consenso, aveva firmato di
proprio pugno anche la dichiarazione (messa agli atti) di NON voler
essere operata chirurgicamente! Ma questi documenti non valgono nulla per la
legge italiana.
L’enorme e
abissale differenza che c’è tra un medico che segue ed esegue i dettami
delle case farmaceutiche, prescrivendo per il cancro i famosi
protocolli: chemio e radioterapia, è che se il paziente muore (e vedremo
che ogni anno sono centinaia di migliaia le vittime di questo sistema),
va tutto bene, è tutto nella norma; se disgraziatamente, muore un
paziente che NON ha voluto seguire tali protocolli, allora il medico che
lo ha accompagnato, viene incriminato per omicidio colposo!
Dov’è la giustizia in tutto questo? dov’è il rispetto della volontà
individuale e personale? dov’è la libertà del medico?
Ogni anno in
Italia, oltre 255.000 persone vengono colpite dal tumore e ne muoiono,
sempre ogni anno, circa 140-160.000.
Tutte queste persone ovviamente sono state seguite da un bravo
medico oncologo e hanno fatto tutti i trattamenti ufficiali del caso.
Le parole rincuoranti e rassicuranti degli oncologi televisivi, che
vanno dicendo che il cancro è stato sconfitto e debellato, che oggi si
vive di più, sono facilmente smentibili dai dati epidemiologici. Oggi si
continua a morire di cancro ogni giorno e più di prima!
L’incidenza del cancro infatti non lascia spazio a dubbi: si è passati
da una persona su tre e stiamo andando verso una persona su due.
La domanda sorge
spontanea: dov’è la “provata scientificità delle cure mediche”,
tanto osannata da tutti i paladini della medicina, e decantata
dall’accusa nei confronti del dottor Rossaro?
Dov’è la “provata scientificità” delle cure mediche ufficiali di
fronte a 160.000 persone che muoiono ogni anno con atroci sofferenze
nonostante, o forse per colpa, delle cure mediche stesse?
Forse questi 160.000 morti all’anno sono agnelli sacrificali usati
nell’altare del paradigma vigente, totalmente gestito e controllato
dalle case farmaceutiche, e in quanto tali, ammessi dalla scienza?
Nei trattamenti
oncologici, le case farmaceutiche infatti giocano un ruolo fondamentale,
perché i protocolli sono i trattamenti più costosi che esistano in tutto
l’ambito medico.
Si riportano alcuni dati (Farmadati 2007) sui prezzi dei chemioterapici,
quasi in toto pagati dal Sistema nazionale sanitario, e quindi dai
cittadini con le tasse:
- SORAFENIB della Bayer, 112 compresse costano 5.305 euro;
- ERLOTINIB della Roche, 30 compresse costano 3.239 euro;
- SUNITINIB della Pfizer, 30 compresse da 50 mg costano 8.714 euro.
- PEMETREXED della Elli Lilly, 1 fiala endovena, costa 2.384 euro.
L’elenco è lunghissimo e questi farmaci vengono usati in cocktail, quindi un mix tra di loro, facendo lievitare il costo di un SOLO ciclo chemioterapico da circa 50.000 a 200.000 euro al mese per ogni singolo paziente!
I farmaci usati in
oncologia, oltre essere i più costosi sono anche i più pericolosi per la
salute umana. Lo dicono gli stessi enti ufficiali, come il Ministero
della salute e l’Istituto superiore di sanità.
Quest’ultimo per esempio definendo uno dei chemioterapici usati, la
Procarbazina, dichiara che è: “cancerogena, mutagena e teratogena
(malformazione nei feti) e il suo impiego è associato a un rischio del
5-10% di leucemia acuta, che aumenta per i soggetti trattati anche con
terapia radiante”.
Non solo, ma “numerosi chemioterapici antiblastici sono stati
riconosciuti dalla I.A.R.C. (International Agency for Research on Cancer)
come sostanze sicuramente cancerogene”.
Forse è questo il
motivo per cui la maggior parte degli oncologi non si farebbe la
chemioterapia?
Nel marzo
2005 al Senato australiano è stata presentata una “Inchiesta sui
servizi e sulle opzioni di trattamento di persone con cancro”,
prodotta dal Cancer Information & Support Society, del St.
Leonards di Sydney [1].
Alcuni
scienziati del McGill Cancer Center di Montreal in Canada,
inviarono a 118 medici, esperti di cancro ai polmoni, un questionario
per determinare quale grado di fiducia nutrissero nelle terapie da loro
applicate, nel caso essi stessi avessero sviluppato la malattia.
Il risultato fu a dir poco eclatante: l’81% degli oncologi che hanno
risposto, in caso di tumore non si farebbero somministrare un
chemioterapico, e addirittura il 73% di loro reputano le “terapie
sperimentali inaccettabili per l’elevato grado di tossicità”!
Ognuno tragga le proprie conclusioni…
Detto questo,
però, tutti i medici al mondo che usano farmaci che possono indurre
cancro e leucemia e provocare la morte stessa dei pazienti, sono
assolutamente in regola, ma se un medico in Scienza e Coscienza
utilizza, esclusivamente per volontà unica dei pazienti, altre
procedure, meno tossiche, meno invalidanti e meno cancerogene, rischia
la galera e la radiazione dall’albo.
Il mondo sta andando alla rovescia!
“Non più morte, non più sofferenza a causa del cancro entro dieci anni. Ora siamo sicuri che entro il 2015 il cancro diventerà una malattia cronica”.
Concludo con le parole del dottor Andrew Von Eschenbach, direttore del National Cancer Institute, uno dei più importanti centri al mondo per la ricerca sul cancro. Parole dalle quali si evince che l’obiettivo (forse?) non è quello di sconfiggere il cancro, ma farlo diventare una malattia cronica, da curare con farmaci per tutta la vita. Per la gioia dei padroni.
Chiaramente il dottor
Paolo Rossaro è il capro espiatorio di un sistema, un establishment
potentissimo, che vuole denigrare, spaventare e intimidire,
soggiogandoli ai dettami delle corporation della chimica e farmaceutica,
tutti quei medici coraggiosi e coscienziosi che mettono la salute delle
persone prima degli interessi economici.
Colpisci uno per educarne cento, è il loro motto!
E allora
dieci,
cento, mille Uomini e Medici come Paolo Rossaro, liberi di seguire in
Scienza e Coscienza la vera Ars Medica: l’Arte Medica,
iniziata dal grandissimo Ippocrate venticinque secoli fa. L’Arte
di seguire le volontà delle persone, accompagnandole amorevolmente per
mano, in un percorso terapeutico adatto e idoneo, rispettando la natura
e le volontà dell’uomo, e soprattutto ricordando il precetto ippocratico
per eccellenza, quello purtroppo più dimenticato dalla medicina
ortodossa: “Primum Non Nocere”.
Documento originale Clinical Oncology (formato Pdf)
[1] “Inchiesta sui servizi e nelle opzioni di trattamento di persone con cancro”, Cancer Information & Support Society, del St Leonards di Sydney. www.aph.gov.au/Senate/committee/clac_ctte/completed_inquiries/2004-07/cancer/submissions/sub15.pdf. Parliament of Australia.
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Giuramento di Ippocrate
(versione antica)
"Giuro
per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi
tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò,
secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo
impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come
mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha
bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò
quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi
dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina
i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da
un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun
altro.
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie
forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e
offesa.
Non somministrerò ad alcuno,
neppure se richiesto, un farmaco mortale,
nè suggerirò un tale consiglio;
similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.
Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte.
Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi
rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei
malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra
l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli
uomini, liberi e schiavi.
Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o
anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò
che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto
cose simili.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo
calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato
degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo
violo e se spergiuro".