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UNA persona OGGI detiene
il controllo assoluto della televisione di stato e pubblica!
UNA persona OGGI controlla la totalità della pubblicità nazionale!
Vende cioè i suoi prodotti, pubblicizza le proprie aziende, in parole
povere decide cosa gli italiani devono comperare.
UNA persona OGGI controlla la totalità dell'informazione nazionale! E'
lecito allora domandarsi se suoi canali, i suoi programmi, i suoi
tiggì, potranno mai essere totalmente indipendenti, ricordando chi paga
lo stipendio a fine mese?
Questa persona tra le altre cose è anche il Presidente del Consiglio...
In una simile situazione si può ancora parlare di democrazia?
Legge
Gasparri, tribale e incostituzionale
Intervista
a Vittorio Dotti ex avvocato di Berlusconi ed ex capogruppo di Forza
Italia
di B. PE - "Il Manifesto" 3 dicembre 2003
Ex avvocato di Silvio
Berlusconi ed ex capogruppo di Forza Italia, l'avvocato Vittorio Dotti
guarda al suo passato e al presente berlusconiano con occhi critici, con
lo sguardo di chi conosce bene il Cavaliere di Arcore, sa di che pasta
è fatto e sa anche ciò di cui è capace in nome dei suoi affari. Dotti
oggi è impegnato politicamente nella direzione nazionale del movimento
dei repubblicani europei, uno dei quattro componenti della lista unica
proposta da Romano Prodi. A proposito del suo ex amico Silvio,
preferirebbe non cadere in personalismi, ma sul conflitto di interessi
che ammorba tutta la politica italiana e prima di tutto il governo è
severissimo. Così come è durissimo il suo verdetto sulla legge
Gasparri: «E' viziata di incostituzionalità e credo che difficilmente
il presidente della Repubblica possa sottoscriverla».
D: Partiamo proprio dalla legge Gasparri. Perché lei è così
contrario?
R: La legge si segnala per un suo nucleo centrale che è
quello di assicurare il mantenimento dell'assetto radiotelevisivo
attuale, anziché provvedere a introdurre una normativa idonea a
consentire l'ingresso di nuovi soggetti.
D: E' una critica che ha spinto anche settori dell'imprenditoria
italiana a battersi per modificarla. Gli editori, ad esempio, per bocca
della Fieg e del presidente della federazione editori, Luca Cordero di
Montezemolo, hanno sparato a zero sulla Gasparri.
R: Non poteva essere diversamente. L'espediente a cui ricorre la legge
è terribile, è quello di identificare un mercato rilevante, di
proporzioni talmente enormi che le quote da cui ciascun operatore può
attingere sono altissime e quindi prosciugano tutte le risorse che ci
possono essere sul mercato, impedendo che soggetti terzi possano
entrarci. La gravità sta proprio in questo meccanismo perverso: se i
tetti vengono fissati su un mercato così largo sarà difficile che, ad
esempio, gli editori della carta stampata non siano penalizzati. Con
questo scherzetto viene in sostanza preclusa ogni forma di pluralismo a
favore di interessi di parte.
D: Secondo molti osservatori sulla legge Gasparri incombe come un
fantasma il conflitto d'interesse del capo del governo. Lei è
d'accordo?
R: E come si può non essere d'accordo. In questo caso il conflitto
d'interesse è plateale e anche un po' vergognoso. Un caso che si
dovrebbe studiare a scuola ma difficilmente immaginabile in una
democrazia che si dice tale. Quello che sta avvenendo è preoccupante ma
piuttosto semplice: c'è un governo presieduto da un imprenditore
oligopolista nel campo radiotelevisivo che concorre con tutte le sue
forze ad aggravare una situazione in cui vi è carenza di pluralismo. Un
governo serio, non ammalato di conflitti d'interesse, che cosa avrebbe
dovuto fare? Avrebbe dovuto fare delle leggi in grado di smembrare gli
aggregati oligopolisti così da garantire l'interesse generale. E invece
che cosa fa il governo Berlusconi? Fa una legge che fotografa e
legittima l'esistente, aggravando ancora di più il conflitto
d'interessi. Anzi, direi che la Gasparri ha il demerito storico di
fornire al conflitto d'interesse un crisma legislativo. Peggio di così
non poteva andare.
D: L'opposizione e molti giuristi non di parte hanno parlato di vizio
di incostituzionalità.
R: Sono pienamente d'accordo. E' una legge contro l'interesse pubblico e
dunque viziata di incostituzionalità. Qualcuno si dimentica o forse non
ha mai saputo che il pluralismo è la linfa della democrazia.
D: In questi giorni molti osservatori hanno sostenuto che la legge
Gasparri potrebbe trovare l'opposizione del Quirinale. Lei cosa ne
pensa?
R: Senza voler invadere campi che non sono miei, io penso che
difficilmente il presidente della repubblica possa sottoscrivere una
legge come questa. Per due ordini di motivi. Intanto la legge contrasta
con diversi principi costituzionali, primo fra tutti l'articolo 21,
relativamente alla libertà di informazione. In secondo luogo la legge
Gasparri entra in rotta di collisione con il discorso che lo stesso capo
dello Stato tenne nel luglio del 2002 in un messaggio alle Camere sul
pluralismo. Inoltre, se volessimo addentrarci nel dettato
costituzionale, potremmo dire che la legge Gasparri contrasta anche con
l'articolo 117 della costituzione in materia di separazione tra i poteri
dello Stato e poteri delle Regioni. Tra l'altro, nella politica del
presidente del consiglio ci sono non poche incoerenze...
D: A quale delle tante incoerenze si riferisce?
R: Come lei saprà nella convenzione europea e nella carta di Nizza il
tema del pluralismo è molto presente. La cosa singolare a cui
assistiamo è che il nostro capo del governo quando è in Europa si
batte per la Convenzione e quando è in Italia vara principi contro la
carta di Nizza.
D: E l'altra incoerenza quale sarebbe?
R: Per risponderle dovrei tornare al passato. Glielo spiegherò con una
battuta: una volta era la Fininvest che invocava il pluralismo per farsi
spazio nel mercato televisivo. Oggi che di spazi ne ha fin troppi
preferisce la strada dell'involuzione.