|
Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
- Pagina
politica
- Pagina massoneria
Michael
Ledeen istruisce Prodi
Maurizio
Blondet- 24/04/2006 – Tratto da www.effedieffe.com
«Prodi
dovrà scegliere un ministro degli Esteri approvato e apprezzato dagli
Stati Uniti»:
così ingiunge una sinistra vecchia conoscenza, Michael Ledeen, in un
articolo sul Wall Street Journal (1).
E' un corsivo di cui vale la pena riportare i passi salienti, alcuni dei
quali suonano come implicite minacce.
Ai suoi lettori americani, Ledeen spiega che Prodi «ha vinto con un margine così esiguo che lo fa passare quasi per il
perdente, mentre Berlusconi, di cui tutti annunciavano la disfatta,
appare quasi come un vincitore»: stesso argomento molto
usato sul Foglio da Giuliano Ferrara, grande amico di Ledeen.
Se lo devono essere detto a vicenda.
Prodi,
aggiunge Ledeen, arriva al potere «con
tre tipi di comunisti: i vecchi comunisti che non lo sono più, i vecchi
comunisti che dicono di esserlo ancora ma non lo sono più,e dei veri
comunisti che non sono per niente neoconservatori».
Per fortuna, nota l'amico americano, nella coalizione vincente ci sono
due partiti super-americani, «di politica estera neoconservatrice»: i
radicali e (ci rivela) i Verdi.
Nell'insieme però - dice Ledeen - i comunisti «che odiano il capitalismo, l'America e George W. Bush, spingeranno
Prodi ad adottare una linea alla Jacques Chirac o alla Zapatero».
Per i neocon ebraici, Chirac e
Zapatero sono nemici allo stesso titolo «ma non è questo che vogliono
gli italiani», informa Ledeen.
E
qui la frase minacciosa: «Prodi dovrà
scegliere un ministro degli Esteri noto e apprezzato dagli Stati Uniti.
E questa dovrà essere la prima decisione di mister Prodi, prima di ogni
altra nomina di governo».
In una parola, Ledeen esige una garanzia anticipata e incondizionata: e
lo fa a nome dell'American Enterprise, il think-tank israelita che ha
scatenato la guerra all'Iraq.
Le sue minacce non vanno perciò sottovalutate, nota il sito (vicino ai
servizi francesi) Réseau Voltaire.
Negli anni '
Esaurito il suo compito fra noi, Michael Ledeen se n'è
tornato in USA, dove ha diretto il Jewish Institute for National
Security Affairs (JINSA), ossia la cupola semi-segreta in cui si
allacciano i rapporti inconfessabili tra l'esercito israeliano, il
Pentagono e l'apparato militare industriale americano, che ha condotto
al colpo di Stato neocon e alle successive guerre d'aggressione dei
nemici potenziali d'Israele.
Insomma, ha i mezzi per dare concretezza alle sue minacce.
D'altra
parte, sottolinea il sito francese, «Prodi non brillò
per coraggio negli anni in cui Michael Ledeen e i suoi amici
destabilizzavano l'Italia».
E ricorda che Prodi prese l'iniziativa di informare la polizia del luogo
di detenzione di Aldo Moro, «ma
rifiutò di rivelarne la fonte, pretendendo che venisse da una veggente»
(la celebre seduta spiritica).
Siccome oggi si ritiene che Moro fosse stato rapito non senza la volontà
degli americani (e detenuto a Palazzo Caetani, oggi ancora sede di vari
enti consolari e di rappresentanza Usa), l'allusione del Réseau
Voltaire appare significativa (2).
Conclusione dei francesi: «Romano
Prodi non ha nulla di molto inquietante per Washington. Il suo passato
non lascia intravvedere alcuna vera volontà reale d'indipendenza…Ma
Prodi ha difeso anche l'idea di un rilancio del progetto europeo con la
costituzione di un 'nocciolo duro' che unisca, oltre all'Italia,
Dunque bisognerà osservare «con attenzione» la nomina del ministro
degli Esteri.
Massimo D'Alema, per esempio, ha ricevuto un veto preventivo dalla
comunità ebraica italiana
Note
1) Michael Ledeen, «Vincerò!», Wall
Street Journal, 13 aprile 2006. «Vincerò», in italiano nel testo,
allusione alla celebre romanza operistica. Pare che gli anglo-americani
non possano fare a meno di citare qualche melodramma, quando parlano
dell'Italia - o la minacciano. Nel 1978 l'Economist, il settimanale dei
Rotschild, uscì con la copertina con una caricatura di Aldo Moro tenuto
da fili, come una marionetta. Il titolo, in italiano nel testo, diceva:
«è finita la commedia». Pochi giorni più tardi Moro era rapito dalle
cosiddette Brigate Rosse.
2) Sulla
vicenda ha fatto (quasi) piena luce il libro di Fasanella e Rocca, «Il
misterioso intermediario», Einaudi, 2003. Vi si parla della figura di
Igor Markevic, celebre direttore d'orchestra e marito della contessa
Caetani, proprietaria del palazzo omonimo, sotto il quale (nella
laterale via Caetani) fu trovato il cadavere di Moro