Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
I
lavoratori svelano le spaventose condizioni di lavoro
Orari infernali, sfruttamento e paghe da fame
I
lager cinesi che fabbricano il sogno occidentale
Federico Rampini tratto da www.repubblica.it/2005/e/sezioni/economia/nostrolusso/nostrolusso/nostrolusso.html
Per confezionare un paio di Timberland, vendute in
Europa a 150 euro, nella città di Zhongshan un ragazzo di 14 anni
guadagna 45 centesimi di euro. Lavora 16 ore al giorno, dorme in
fabbrica, non ha ferie né assicurazione malattia, rischia
l'intossicazione e vive sotto l'oppressione di padroni-aguzzini. Per
fabbricare un paio di scarpe da jogging Puma una cinese riceve 90
centesimi di euro: il prezzo in Europa è 178 euro per il modello con il
logo della Ferrari. Nella fabbrica-lager che produce per
Gli
operai cinesi che riforniscono i nostri negozi - l'esercito proletario
che manda avanti la "fabbrica del mondo" - cominciano a
parlare. Rivelano le loro condizioni di vita a un'organizzazione
umanitaria, forniscono prove dello sfruttamento disumano, del lavoro
minorile, delle violenze, delle malattie. Qualche giornale cinese rompe
l'omertà. Ci sono scioperi spontanei, in un Paese dove il sindacato
unico sta dalla parte dei padroni. Vengono alla luce frammenti di una
storia che è l'altra faccia del miracolo asiatico, una storia di
sofferenze le cui complicità si estendono dal governo di Pechino alle
multinazionali occidentali.
La fabbrica dello "scandalo Timberland" è
nella ricca regione meridionale del Guangdong, il cuore della potenza
industriale cinese, la zona da cui ebbe inizio un quarto di secolo fa la
conversione accelerata della Cina al capitalismo.
L'impresa
di Zhongshan si chiama Kingmaker Footwear, con capitali taiwanesi, ha
4.700 dipendenti di cui l'80% donne. Ci lavorano anche minorenni di 14 e
15 anni. La maggioranza della produzione è destinata a un solo cliente,
Timberland. Kingmaker Footwear è un fornitore che lavora su licenza,
autorizzato a fabbricare le celebri scarpe per la marca americana. Le
testimonianze dirette sui terribili abusi perpetrati dietro i muri di
quella fabbrica sono state raccolte dall'associazione umanitaria China
Labor Watch, impegnata nella battaglia contro lo sfruttamento dei minori
e le violazioni dei diritti dei lavoratori.
Le prove sono schiaccianti. Di fronte a queste rivelazioni il quartier
generale della multinazionale ha dovuto fare mea culpa. Lo ha fatto in
sordina; non certo con l'enfasi con cui aveva pubblicizzato il premio di
"migliore azienda dell'anno per le relazioni umane"
decretatole dalla rivista Fortune nel 2004. Ma attraverso una
dichiarazione ufficiale firmata da Robin Giampa, direttore delle
relazioni esterne della Timberland, ora i vertici ammettono
esplicitamente: "Siamo consapevoli che quella fabbrica ha avuto dei
problemi relativi alle condizioni di lavoro. Siamo attualmente impegnati
ad aiutare i proprietari della fabbrica a migliorare".
I
"problemi relativi alle condizioni di lavoro" però non sono
emersi durante le regolari ispezioni che
Nei
mesi di punta d'aprile e maggio, in cui
Un mese di salario viene sempre trattenuto dall'azienda come arma di
ricatto: se un lavoratore se ne va lo perde. Altre mensilità vengono
rinviate senza spiegazione. L'estate scorsa il mancato pagamento di un
mese di salario ha provocato due giorni di sciopero.
Anche
il fornitore della Puma è nel Guangdong, località Dongguan. Si chiama
Pou Yuen, un colosso da 30.000 dipendenti. In un intero stabilimento,
l'impianto F, 3.000 operai fanno scarpe sportive su ordinazione per la
multinazionale tedesca. La lettera di un operaio descrive la sua
giornata-tipo nella fabbrica. "Siamo sottoposti a una disciplina di
tipo militare. Alle 6.30 dobbiamo scattare in piedi, pulirci le scarpe,
lavarci la faccia e vestirci in 10 minuti. Corriamo alla mensa perché
la colazione è scarsa e chi arriva ultimo ha il cibo peggiore, alle
Un'altra testimonianza
rivela che "quando arrivano gli uomini d'affari stranieri per
un'ispezione, gli operai vengono avvisati in anticipo; i capi ci fanno
pulire e disinfettare tutto, lavare i pavimenti; sono molto
pignoli".
Minorenni alla catena di montaggio, fabbriche gestite come carceri,
salari che bastano appena a sopravvivere, operai avvelenati dalle
sostanze tossiche, una strage di incidenti sul lavoro.
Dietro queste piaghe c'è una lunga catena di cause e
di complicità. Il lavoro infantile spesso è una scelta obbliga per le
famiglie. 800 milioni di cinesi abitano ancora nelle campagne dove il
reddito medio può essere inferiore ai 200 euro all'anno. Per i più
poveri mandare i figli in fabbrica, e soprattutto le figlie, non è la
scelta più crudele: nel ricco Guangdong fiorisce anche un altro mercato
del lavoro per le bambine, quello della prostituzione. Gli emigranti che
arrivano dalle campagne finiscono nelle mani di un capitalismo cinese
predatore, avido e senza scrupoli, in un paese dove le regole sono
spesso calpestate. Alla Kingmaker che produce per
Le
imprese che lavorano su licenza delle multinazionali occidentali, come
Se mai un padrone venisse colto in flagrante reato di sfruttamento del
lavoro minorile, che cosa rischia? Una multa di 10.000 yuan (mille
euro), cioè una piccola percentuale dei profitti di queste imprese. La
revoca della licenza invece scatta solo se un bambino "diventa
invalido o muore sul lavoro". Comunque le notizie di processi e
multe di questo tipo scarseggiano. La battaglia contro lo sfruttamento
del lavoro minorile non sembra una priorità per le forze dell'ordine.
Tra le
marche straniere Timberland e Puma sono il campione rappresentativo di
una realtà più vasta. Per le opinioni pubbliche occidentali le
multinazionali compilano i loro Social Reports, quei "rapporti
sulla responsabilità sociale d'impresa" di cui
La
parte delle belle addormentate nel bosco non si addice alle
multinazionali. I loro ispettori possono anche essere ingenui ma i
numeri, i conti sul costo del lavoro, li sanno leggere bene in America e
in Germania (e in Francia e in Italia).
Hu
Jintao, presidente della Repubblica popolare e segretario generale del
partito comunista cinese, ha accolto lunedì a Pechino centinaia di top
manager, industriali e banchieri stranieri venuti per il Global Forum di
Fortune. Il discorso di Hu di fronte ai rappresentanti del capitalismo
mondiale è stato interrotto da applausi a scena aperta. Il quotidiano
ufficiale China Daily ha riassunto il suo comizio con un grande titolo
in prima pagina: "You come, you profit, we all prosper". Voi
venite, fate profitti, e tutti prosperiamo. Non è evidente chi sia
incluso in quei "tutti", ma è chiaro da che parte sta Hu
Jintao