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Disatteso
Kyoto, non lamentiamoci
Ci stiamo preparando nuovi
disastri
Di Guido Caroselli - «Avvenire» 7
dicembre 2003
Con accordi ambientali parziali, deboli o mal rispettati, le forti avversità atmosferiche torneranno spesso, a volte minacciando la vita e la salute
L'Europa rischia
di fallire l'obiettivo di rispettare il Protocollo di Kyoto (1997) se
quasi tutti gli Stati membri dell'Unione non cambieranno rotta per
ridurre sensibilmente le emissioni dei gas responsabili dell'effetto
serra e del forte cambiamento climatico in atto nel mondo. Il rapporto
del Commissario europeo per l' ambiente, Margot Wallstrøm, parla
chiaro: solo Gran Bretagna e Svezia si sono mantenute entro i limiti
loro consentiti. Gli altri? Non ci riescono. A Kyoto l'Ue si era
assegnata il compito di ridurre le emissioni dell'8% (rispetto al 1990)
entro il periodo 2008-2012. A ogni Stato si era assegnato un obiettivo
da rispettare. Ma perseverando con gli attuali comportamenti, siamo
destinati a restare fermi alla situazione del 1990.
Nella lista dei
"cattivi" compare in prima fila la Spagna, che emette circa il
30% di gas-serra più del consentito. Seguono Danimarca, Austria, Belgio
e Irlanda (+20%). Anche l'Italia, con il +7,3%, non sta ai patti. E la
Germania - maggiore produttrice europea di gas-serra - sta
ridimensionando i propri virtuosi obiettivi. Dalla parte dei
"buoni", invece, molti nuovi Stati dell'Unione, attenti a
rispettare le misure consentite. Tra propositi saggi, ci sono le misure
addizionali rispetto a Kyoto che si sono assegnate Finlandia, Francia,
Grecia, Irlanda e Olanda.
Grazie
a esse, nel 2010 l'Europa potrebbe circoscrivere le emissioni del 7,2%,
ancora al di sotto però di quasi l'1% rispetto all'obiettivo.
Molti
scienziati ci hanno ricordato che il rispetto di Kyoto avrebbe un
significativo valore politico, ma che per frenare l'accelerazione
climatica servirebbe uno sforzo collettivo assai maggiore, per alcuni
corrispondente a una riduzione di emissioni pari al 50%. Al protocollo
però non aderiscono grandi Paesi industriali come Usa, Russia e gli
Stati asiatici. E anche se l'Europa rispettasse i suoi obiettivi, il
nostro pianeta richiederebbe altro te mpo per offrirci un clima meno
avverso: i fenomeni naturali, in una prima fase piuttosto lenti a
cambiare sotto una sia pur forte sollecitazione esterna, ritornano con
altrettanta inerzia allo stato di equilibrio iniziale.
Intanto, ancora una volta l'Europa ha pagato in questi giorni il suo
prezzo di vittime e di incalcolabili danni per la furia di un maltempo
che non è più definibile eccezionale. La Francia meridionale è stata
colpita da piogge di fortissimo impatto: in poche ore, nel triangolo
compreso tra Nimes, Montelimar e Marsiglia sono caduti 200 millimetri di
acqua, l'equivalente di un mese, mentre il vento è arrivato a raffiche
di 150 Km/h, una velocità da uragano. In città come Avignone, il
Rodano ha raggiunto i livelli più alti degli ultimi 100 anni. Quasi
10mila persone hanno dovuto abbandonare le loro case; il traffico
stradale e ferroviario è stato seriamente ostacolato, e i reattori di
due impianti nucleari sono stati spenti per problemi di raffreddamento.
La situazione nelle regioni nord-occidentali italiane, grazie al
miglioramento del tempo, non è più a rischio. Ma nella settimana che
inizia arriverà freddo e neve sulle regioni centrali adriatiche e al
Sud. È insomma ora di rendersi conto che, con accordi ambientali
parziali, deboli o mal rispettati, le forti avversità atmosferiche
torneranno spesso, a volta minacciando la vita e la salute. Anziché
intimorirci, dobbiamo però riflettere e passare parola, finché i
governi democratici si decideranno a una cura adatta a rasserenare
almeno la vita delle generazioni future.