|
|
Il
sondaggio europeo e Israele
Akiva
Eldar, «Ha’aretz», Israele, «Internazionale» nr. 513, novembre
2003
Erano prevedibili
le reazioni ufficiali israeliane al sondaggio da cui è emerso che circa
il 59 per cento dei cittadini di 15 paesi dell’Unione europea
considera Israele come il principale pericolo per la pace mondiale. Il
ministro per Gerusalemme e per gli affari della diaspora, Natan
Sharansky, ha accusato gli europei di «incolpare gli ebrei dei guai del
mondo» e ha detto che i risultati dimostrano che dietro le critiche
politiche a Israele si nasconde l’antisemitismo. Secondo Sharansky e i
suoi colleghi di governo, bisogna essere europei razzisti per sollevare
obiezioni a quello che il piccolo stato ebraico fa per difendere i suoi
cittadini, circondati da nemici e nel mirino dei terroristi.
Più complessa la diagnosi dei funzionari del ministero degli esteri,
che seguono con ansia crescente l’aumento tendenziale
dell’antisemitismo. Secondo loro, i responsabili del 95 per cento
degli episodi di antisemitismo che si sono verificati in Europa
nell’ultimo anno erano immigrati musulmani. Gli attacchi erano
soprattutto proteste contro l’iniquità dell’occupazione israeliana
dei Territori. Sempre secondo gli analisti esiste un rapporto diretto
fra il netto aumento dell’antisemitismo e la frequenza delle immagini
di militari israeliani che sparano a bambini palestinesi. Anche le foto
di coloni che erigono avamposti nel cuore del territorio palestinese
evidenziano, agli occhi dei non ebrei, l’identità ebraica degli
occupanti.
Non è
antisemita chi critica Sharon
L’antisemitismo europeo è
nato molto tempo prima dello stato di Israele, e quindi prima che gli
ebrei neoconservatori entrassero nelle stanze de bottoni a Washington.
Molti di coloro che odiano Israele non hanno certo bisogno delle foto
dei piloti ebrei che bombardano le case dei musulmani per alimentare la
propria ostilità.
Purtroppo in Israele ci sono uomini politici le cui dichiarazioni
presentano questo conflitto locale e nazionale come religioso e globale:
costoro sono responsabili dell’incolumità degli ebrei in quanto ebrei
in tutto il mondo. Lo stesso ministro Sharansky, ultimamente, ha scritto
che la spianata delle moschee è più importante della pace. Altri
ministri non fanno mistero della propria convinzione che le truppe
israeliane stiano nei Territori in base alla credenza religiosa secondo
cui la terra d’Israele apparterrebbe solo al popolo d’Israele.
Invece quando i governi israeliani hanno manifestato la seria intenzione
di mettere fine all’occupazione, l’antisemitismo si è affievolito,
cedendo il passo – in Europa e persino nei paesi islamici – a
simpatia e appoggio per lo stato ebraico.
Dire «il mondo intero ce l’ha con noi» è molto più facile che
ammetter che lo stato d’Israele, nato some rifugio e fonte
d’orgoglio per gli ebrei, si è trasformato non solo in un paese meno
ebraico e meno sicuro per i suoi cittadini, ma anche in una vera fonte
di pericolo e di penoso imbarazzo per gli ebrei che scelgono di vivere
al di fuori dei suoi confini. Sostenere che si è antisemiti quando si
definisce la politica del governo israeliano un pericolo per la pace
mondiale è uno spregevole svilimento del termine «antisemita».
(…)