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Il
taglio netto di Israele
di ALFATAU - 17 luglio 2006
Tratto
da http://www.clarissa.it/ultimora_nuovo_int.php?id=10
Per capire cosa sta succedendo in Medio Oriente è molto
utile leggere un documento. È intitolato Clean Break: a new strategy for securing the realm, che
significa “Taglio netto: una nuova strategia per la sicurezza del
regno”. Venne elaborato esattamente 10 anni fa, dall’Istituto per
gli studi politico-strategici avanzati (IASPS – Institute for Advanced Strategic and Political Studies),
come relazione conclusiva, rilasciata esattamente l’8 luglio 2006, da
un gruppo di studio dedicato alla Nuova
strategia di Israele per il 2000: il documento fu presentato
personalmente al nuovo Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.
Ma i partecipanti di questo gruppo di studio non sono solo
degli studiosi israeliani: sono anzi quasi tutti esponenti
dell’establishment neo-conservatore statunitense che hanno rivestito o
rivestono importanti incarichi nell’amministrazione Bush.
Richard Perle (che coordinava il gruppo di studio) è presidente
dell’ufficio per la politica della Difesa sotto il Ministro della
Difesa D. Rumsfeld; David Wurmser, consigliere per il Medio Oriente del
Dipartimento di Stato con Cheney; Douglas Feith, sottosegretario del
ministero della Difesa per le questioni politiche, diretto collaboratore
di William Wolfowitz; James Colbert, del Jewish
Institute for National Security Affairs che si autodefinisce
“il gruppo di maggiore influenza nel campo delle relazioni militari
fra USA e Israele”; Jonathan Torop, del Washington
Institute for Near East Policy; nonché lo stesso fondatore
dello IASPS, il prof. Robert Loewenberg, emigrato da Israele in Usa
negli anni ’70 e lì divenuto un punto di riferimento nelle relazioni
Usa-Israele.
Il documento (scaricabile in versione inglese, in allegato
a questo articolo), è molto interessante in quanto, negli ultimi dieci
anni, tutti gli elementi della strategia in esso delineata sono stati
puntualmente realizzati: il passaggio dal concetto della pace in cambio di territori a quello di pace
mediante la forza, intendendosi con questo il rifiuto di
concessioni territoriali e l’imposizione di rapporti fondati sul
diritto di intervento militare (hot
pursuit) di Israele nei territori palestinesi; il
rafforzamento del legame politico-militare di Israele con gli Stati
Uniti, non più basato sulla dipendenza da questi ultimi ma sullo
sviluppo di un’autonoma capacità militare e di una costante pressione
politica sul Congresso e sull’opinione pubblica nordamericana; una
modifica radicale nella visione strategica del ruolo di Israele che deve
appunto “segnare un taglio netto, abbandonando la politica che partiva
da un senso di debolezza e permetteva ritirate strategiche, ristabilendo
invece il principio di azioni preventive invece che solo reattive,
smettendo di incassare colpi senza rispondere”.
Ma la parte del documento che risulta di particolare
importanza, alla luce degli avvenimenti degli ultimi giorni, è laddove
si dice con estrema chiarezza che la strategia del “taglio netto”
deve contemporaneamente “rendere sicuro il confine settentrionale”
di Israele e “indirizzarsi ad una strategia classica di equilibrio di
potenza”, ovviamente a vantaggio del Paese: per fare questo, Israele
deve essere pronta non solo a colpire le infrastrutture siriane in
Libano, ma affermare il concetto che il territorio siriano non è
inviolabile e, ove le azioni dirette in Libano non bastino, “colpire
obiettivi selezionati nella Siria stessa”.
Per quanto riguarda il perseguimento di un equilibrio fondato sulla
potenza, il documento ipotizza la creazione di un “asse naturale”
strategico fra Turchia, Israele, Giordania e Iraq centrale, che
ridisegni la mappa del Medio Oriente a scapito della Siria. Per fare ciò,
fra le varie cose da fare, si legge che sarà utile “distogliere
l’attenzione della Siria usando elementi dell’opposizione libanese
per destabilizzare il controllo siriano del Libano”.
Risulta quindi evidente che quanto sta avvenendo in questi
giorni va ben oltre la risposta ad un’azione di guerra degli Hezbollah:
il loro potenziale militare di qualche migliaio di combattenti con
armamento leggero e di alcune migliaia di missili, la cui tecnologia
risale alla Seconda Guerra Mondiale, fa semplicemente sorridere davanti
a un esercito israeliano di 186.500 effettivi (più 445.000 riservisti
mobilitabili in poche ore), dotato di 798 aerei da combattimento, 302
elicotteri, 3930 mezzi corazzati.
In questo documento potremmo trovare le ragioni di fondo
del singolare sviluppo della politica statunitense in Iraq, il cui
fallimento nel pacificare il paese è parso a tutti incredibile: se la
logica è quella di giocare le une contro le altre le fazioni islamiche
(sunnisti e shiiti) e shiiti irakeni, legati alla monarchia Ashemita,
con shiiti iraniani – allora l’incomprensibilità del quadro trova
una spiegazione, così come la suddivisione di fatto dell’Irak in tre
aree geografiche, di cui, non a caso dunque, gli Stati Uniti cercano di
controllare quella centrale pro Israele.
Ma risulta allora ben chiaro anche il rapido, incalzante corso degli
avvenimenti in Libano degli ultimi due anni: dall’uccisione di Hariri,
sulla quale a dire il vero sussistono ancora molti dubbi quanto alla
matrice siriana, alle dimostrazioni di massa chiaramente ispirate da
organizzazioni come Spirit
of America, che da anni operano in diversi contesti del
globo con le tecniche della triple
U (uncontrollable
urban unrest – agitazioni urbane incontrollate) elaborate
dalla Cia per destabilizzare i regimi “neo-democratici”,
specialmente di osservanza ex-sovietica.
Solo comprendendo il profondo lavoro compiuto da questi gruppi dirigenti
misti israelo-statunitensi, si comprende allora anche il fatto che gli
USA abbiano assunto in Medio Oriente posizioni sempre meno
comprensibili, rispetto ad una normale logica di puro interesse
statunitense.
È ormai provato, per esempio, dalla testimonianza di un alto funzionario del National Security Council, Flynt Levertt (nel suo libro Inheriting Syria), che Cheney “era attratto dall’idea di usare il Libano come punto di pressione su Damasco dall’inizio del governo Bush”: abbiamo visto che suoi collaboratori diretti hanno lavorato al documento Clean Break. E come spiegare altrimenti l’ordine impartito al comandante della 101a divisione paracadutisti, gen. David Petraeus, di interrompere la fruttuosa collaborazione militare coi siriani nell’area? Abbiamo visto che anche uomini dello staff di Rumsfeld hanno elaborato il Clean Break. Niente di strano quindi che oggi gli Stati Uniti usino il veto contro la condanna Onu di Israele e esprimano con chiarezza e brutalità la loro accettazione politica dell’azione militare diretta israeliana.
Sono questi temi, fra l’altro, che hanno recentemente
motivato un serissimo studio di John J. Mearsheimer (Department of
Political Science, University of Chicago) Stephen M. Walt (John F.
Kennedy School of Government, Harvard University), The
Israel Lobby and U.S. Foreign Policy, uscito nel marzo 2006,
suscitando ovviamente grande scandalo, proprio per il fatto che in esso
ci si interroga sulle ragioni ed i rischi di questa liaison dangereuse fra gli Stati Uniti ed
Israele che, secondo gli autori, sarebbe in netto contrasto con i veri
interessi politici nordamericani.
In conclusione, il quadro che abbiamo delineato potrebbe preludere ad
una estensione alla Siria del conflitto, nella logica di dare ora il
“taglio netto” invocato 10 anni fa per rifondare la politica
israeliana per farne “un importante – se non il più importante
elemento nella storia del Medio Oriente”, come si legge nel documento.
A questo taglio netto, gli Stati Uniti darebbero il loro pieno appoggio.
Se questo è vero, tutto quanto si sta dicendo e facendo, a
livello politico e di informazione, in Europa è già superato dai
fatti. Ciò significa che, di fronte ai rischi gravissimi che si
delineano, l’Europa si presenta impreparata: se questo non può essere
responsabilità dei popoli, condizionati da un’informazione troppo
spesso “comprata e venduta”, lo è certamente di classi dirigenti i
cui apparati di intelligence ogni giorno di più risultano
coinvolti, anche molto in profondità, come bene stiamo vedendo in
Italia, in questo micidiale “grande gioco” che produce ogni giorno
decine di vittime innocenti.
Scarica
il documento Clean Break: a new strategy for securing the realm