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L'Iran
nel mirino
Tratto
da Movisol
16 gennaio 2007 – Informazioni da fonti diverse, sia
statunitensi che dalla regione dell’Asia sud-occidentale, raccolte dall’Executive
Intelligence Review, concordano nel descrivere il vice-presidente
Cheney determinato a scatenare a breve la nuova guerra all’Iran,
scavalcando e mettendo di fronte al fatto compiuto il Congresso e la
stragrande maggioranza degli americani che è ostile alla guerra.
C’è innanzitutto il forte sospetto, avanzato anche da
ambienti militari USA ostili ad un attacco militare nei confronti di
Teheran, che il rincalzo di 21.500 soldati da inviare in Iraq sia solo
una mossa preventiva in preparazione di un eventuale attacco all’Iran,
condotto da Stati Uniti e/o Israele. Un attacco alla repubblica islamica
avrebbe infatti ripercussioni molto forti anche all’interno
dell’Iraq, data la componente sciita, maggioritaria in quel paese;
l’aumento delle truppe occorrerebbe quindi per far fronte ad una nuova
ondata di attacchi nei confronti dei soldati USA in Iraq.
Il 14 gennaio il Segretario di Stato Condoleeza Rice sul New
York Times si è lasciata andare ammettendo che il presidente Bush
ha già emesso un ordine esecutivo per permettere alle forze
statunitensi di attaccare presunti combattenti siriani e iraniani che
appoggerebbero l’insurrezione in Iraq. Ma già alcune azioni militari
avevano messo in pratica tale politica sul campo. Infatti già il 25
dicembre scorso il governo iracheno aveva sollevato proteste dopo che
due iraniani erano stati sequestrati dalle forze USA a Baghdad dietro
l’accusa di voler preparare un attacco militare. L’ufficio del
Presidente iracheno Jalal Talabani ha dichiarato che i due erano stati
invitati dal governo iracheno nell’abito di un accordo tra Iran e Iraq
teso a migliorare la situazione della sicurezza.
Successivamente, l’11 gennaio, soldati americani hanno
attaccato il consolato Iraniano ad Irbil, nel Kurdistan iracheno,
atterrando sul tetto con elicotteri, sfondando la porta, arrestando sei
dipendenti e sequestrando computer e documenti. Il Ministero degli
Esteri iraniano ha accusato gli USA di violazione delle norme del
diritto internazionale, mentre altre proteste sono arrivate dal governo
iracheno, dal governo regionale curdo e dal Ministero degli Esteri
russo, in quanto le persone sequestrate erano diplomatici.
Il Ministro della Difesa Robert Gates e il generale Peter
Pace hanno rassicurato i membri della Commissione Forze Armate del
Senato USA che il blocco delle presunte linee di rifornimento
dall’Iran e dalla Siria in Iraq avverrà su suolo iracheno. Tuttavia
il Consigliere per
Il problema in questione è che, come ha rivelato Seymour
Hersh sul New Yorker qualche tempo fa, ed insieme a lui altri
giornalisti, forze segrete statunitensi, inglesi ed israeliane sono
all’opera da un po’ di tempo all’interno dei confini iraniani e
lavorano con gruppi dissidenti tra Azeri, Beluci, Curdi e Arabi per
attacchi terroristici a bassa intensità, di cui le recenti bombe nel
Khuzestan sono un esempio.
Nel frattempo i preparativi militari nella regione parlano
chiaro. Dopo il discorso di Bush, Flynt Leverett, ex alto funzionario
della CIA e del National Security Council, ha scritto sulla newsletter Washington
Note che i gruppi di portaerei dispiegati nella regione servono a
“fornire il numero e la varietà necessaria di aerei tattici” per
attacchi contro l’Iran, poiché l’uso di basi terrestri è impedito
per motivi politici. Leverett inoltre ha scritto che l’unica ragione
per la quale Bush manderebbe batterie di missili Patriot nel Golfo
Persico è per contrastare i missili iraniani Shahab-3, “l’unica
minaccia missilistica nella regione”.
Preoccupazioni simili sono state espresse anche dal quotidiano francese Le
Figaro.
Nel Golfo ed in particolare nello stretto di Hormuz ormai
si assiste ad un vero affollamento di vascelli e un “incidente” alla
“golfo del Tonkino”, provocato o direttamente simulato, è sempre più
possibile. È infatti di pochi giorni fa lo scontro tra un sottomarino
USA e una petroliera giapponese, sintomo del fatto che i sottomarini
americani operano a bassa profondità nella zona, ovvero in assetto da
puntamento. Tale sospetto è stato sollevato anche dall’Ammiraglio
russo della flotta del Mar Nero Eduard Baltin