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Intervista
all’economista Nino Galloni*
Marcello Pamio
D:
Il 6 aprile del 2005,
R: La
mozione ha l’obiettivo di recuperare la logica di incontro
tra le varie realtà politiche del pianeta al fine di arrivare ad
accordi di natura valutaria, monetaria di politica economica finalizzata
allo sviluppo. Quindi, finanziare le grandi reti infrastrutturali,
la ricerca ad altissimo livello e la promozione di
tutte quelle realtà che oggi si trovano in una condizione di
arretratezza, non tanto perché sia naturale che ciò avvenga,
quanto perché le scelte di politica economica maturate dopo la
dichiarazione di non convertibilità del dollaro da parte di Nixon
nel 1971, quindi gli anni ’70, ’80 e ’90 hanno condannato questi
paesi, questi popoli e queste realtà a
subire una serie di svantaggi dal punto di vista delle relazioni
economiche.
Ad esempio si parla molto dell’azzeramento del debito nei confronti
dei paesi in via di sviluppo, però non si parla abbastanza dei
meccanismi che l’hanno determinato, perché se anche questo debito si
azzerasse, e poi non si intervenisse sui
meccanismi che l’avevano determinato si ricostituirebbe senza nessun
risultato utile.
D:
In una recente dichiarazione pubblicata dall’Agenzia Parlamentare per
gli Studi economici e politici lei ha detto che “lira, euro e valuta
complementare non è questo il problema” ma semmai chi emette la
moneta. Penso si riferisse al poco famoso
Signoraggio.
R: Il
signoraggio è la differenza tra il valore facciale di una banconota e
quello che è costato produrla. Il
punto è che noi stiamo parlando di moneta che ha corso legale, cioè
che noi siamo obbligati forzosamente ad accettare. Allora è chiaro che
chi può emettere questa moneta ha un grandissimo potere: il potere di
creare un valore, perché poi questa moneta deve essere accettata. La
stessa cosa si può ottenere tra due persone che si emettano
reciprocamente una promessa di pagamento di un
qualche cosa se poi nel frattempo questa invenzione reciproca di
valore trova conferma nell’ambito del circuito produttivo, perché con
questa promessa di pagamento, nel caso delle banche si chiama credito,
faranno seguito degli atti di natura economica, produttiva ecc. che
generano reddito e consentono la restituzione della somma che stiamo
parlando. La banconota, la moneta,
si parla di signoraggio, perché c’è una autorità
che emettendola si appropria di quella differenza tra il valore nominale
e il costo di produzione. Ora se questa autorità
è lo stato nazionale è chiaro che non è la stessa cosa delle singole
persone che compongono la collettività, però se questo stato emette
questa moneta per fare degli investimenti produttivi, c’è una logica,
se invece di essere gli stati (come sappiamo nel caso europeo, che hanno
rinunciato alla propria sovranità sia nei confronti delle banche
centrali che nei confronti nella banca centrale europea), accade che la
popolazione non ha più alcun vantaggio da questa grande invenzione
dell’umanità che è la moneta.
D:
Quindi se ho capito bene: la banca centrale stampa la moneta spendendo
pochissimi spiccioli tra carta e inchiostri e la vende
allo stato al valore nominale, cioè a quel numerino stampigliato sopra,
giusto. Il signoraggio pertanto in termini economici è un guadagno
impressionante. Che viene incassato dalle
banche centrali che sono private…
R:
Sì, praticamente le banche centrali, così
come la banca europea, sono organismi privati…
L’idea del signoraggio precostituisce il diritto
da parte dei cittadini di vedersi restituite queste somme. Ci
sono della cause in corso in molti paesi,
anche negli Stati Uniti, per ottenere questo rientro da parte dei
cittadini stessi. Quella che è stata una mia battaglia storica, fin
dagli anni ’80 da quando ero nel Ministero dell’Economia, riguardava
la possibilità dello stato di mantenere il diritto a spendere quando si
trattava di investimenti produttivi, di
creare posti di lavoro, ecc., perché ciò che lo stato spendeva anche
in disavanzo per quelle attività che ho citato, poi sarebbero
rientrati, non erano soldi che andavano buttati all’aria. Nel momento
in cui si ridusse questa possibilità, crebbero gli
tassi di interesse, perché poi la domanda di moneta da
parte dell’economia c’era, e si penalizzarono le imprese meno forti,
i lavoratori, le famiglie. Oggi siamo in una situazione pericolosissima
perché le famiglie per mantenere il proprio livello di consumi, si sono
indebitate enormemente. Allora se il prodotto interno lordo, ciascun
anno per molti anni, cresce di meno dei tassi di interesse,
che pure sono bassi (ma sono più alti della crescita del Pil)
è chiaro che nella media non c’è la possibilità di restituire
questi prestiti, e allora che cosa succederà?
D:
Cosa mi dice delle recenti votazioni in Francia e Olanda sulla
Costituzione europea?
R:
Queste votazioni sono state un messaggio chiarissimo da parte di questi
due paesi, nel senso che la costituzione europea era un compromesso
piuttosto alto e intelligente tra i bisogni della popolazione, quindi
l’Europa dei popoli che non si è fatta, e quella dei banchieri, della
finanza e dell’euro che si è fatta! Però
questi popoli, francesi e olandesi, hanno detto chiaramente che a loro
questo compromesso non sta bene. Che loro vogliono
un’altra cosa. Quindi è un attacco
chiaro all’Europa dei banchieri e della finanza. Questo però non
significa che bisogna uscire dall’euro e abbattere l’euro, non
necessariamente significa questo. Il problema è che anche a livello
europeo proprio per andare dietro a quelli che sono gli interessi e i
problemi della popolazione bisognerebbe che l’Europa potesse battere
moneta per fare investimenti, costruire infrastrutture, creare lavoro,
ecc. Questo è il punto: fare l’Europa dei popoli.
Quindi se dobbiamo intervenire sulla competitività
dobbiamo fare in modo che i vari sistemi siano più compatibili, perché
è chiaro che se ci sono dei paesi dove il costo del lavoro è
bassissimo, non si sono le assicurazioni sanitarie, dove non c’è
rispetto dell’ambiente, ecc. è chiaro che creiamo un discorso di
concorrenza assolutamente insostenibile.
D:
Ho sentito parlare di un 3° Polo indipendente che teoricamente dovrebbe
presentarsi nel 2006 alle elezioni. Può dirci qualcosina
di più?
R:
Innanzitutto non dobbiamo confondere il Terzo Polo con il trasversalismo.
Il trasversalismo è per esempio quello che
sta dietro la mozione della Nuova Bretton Woods
che abbiamo detto prima, consiste nel fatto di prendere idee e persone
che stanno da una parte e dall’altra rispetto al
centro sinistra e centrodestra e farli convenire su qualche cosa
che si condivide. Questo è trasversalismo.
E’ una possibilità che ha la caratteristica di essere
più culturale che politica. Il Terzo Polo è un progetto di fare una
cosa che non sia né centrodestra né
centrosinistra, perché si ritiene che sia il centrodestra che il
centrosinistra tutto sommato, nell’ambito delle grandi scelte di
politica economia non si distinguono granché, e non abbiamo brillato
granché, se vuole la mia opinione di addetto ai lavori, perché essendo
nella Pubblica Amministrazione ad alti livelli da tanti anni, ne ho
visto di tutti i tipi e devo dire che purtroppo si è passati dal
centrosinistra al centrodestra, dal punto di vista delle grandi scelte
economiche, senza quasi accorgersene, e questo è negativo secondo me.
Il Terzo Polo è il tentativo di presentarsi agli elettori con un
programma nuovo, diverso, con un programma alternativo, tanto
alternativo da giustificare la nascita di una nuova coalizione.
Ovviamente con l’attuale sistema maggioritario questo è molto
difficile da proporre agli elettori…
D:
Nel mondo ci sono oltre 5000 valute complementari. Secondo lei queste
monete alternative sono valide oppure no?
R: La
valuta complementare si può intendere in molti modi, se per esempio a
livello locale 50, 60 o 100 aziende si accordano per accettarla nei loro
scambi, se pur parzialmente, questo può consentire di far crescere le
loro rendite e quindi la loro forza lavoro, perché chi spende moneta
locale compra moneta locale, mentre chi spende la moneta internazionale
compra prodotti internazionali. In certi tipi di comuni è chiaro
che se vado a comprare la benzina, a fare il pieno di benzina, lo debbo
fare in euro, però se vado a comprare un chilo di pane o un cassetta di
pomodori prodotti localmente, posso
pagare con la moneta locale (ovviamente se viene accettata).
D:
Ci sono in Francia, Germania, Giappone, le risultano
anche in Italia?
R:
In Italia c’è stato l’esperimento del Prof.
Auriti, ma quello era
più una valuta alternativa. La valuta complementare è un
qualche cosa che si affianca a quella ufficiale, non è che la
sostituisce completamente. Serve per creare nuovi posti di lavoro e
correggere i danni della cosiddetta globalizzazione.
D:
Quello che è successo in Argentina?
R: In
Argentina questa moneta popolare è stato l’unico rimedio vero nei
confronti di una crisi economica istituzionale che sennò sarebbe
stata irreversibile. Non sono state certo le
ricette del Fondo Monetario Internazionale a tenere a galla
l’’Argentina…
D:
In qualità di economista onesto corretto e
soprattutto senza peli nella lingua, qual è la sua ricetta per uscire
da questa crisi economica?
R:
La ricetta per uscire dalla crisi in generale è non confondere i
vincoli con gli obiettivi! Nell’economia noi abbiamo dei vincoli, cioè
uno non può fare un’impresa senza tener conto che dovrà vendere
prodotti per un valore superiore ai costi che deve affrontare per
produrre. Esistono vincoli anche nei bilanci pubblici, però non sono
gli obiettivi.
Gli obiettivi sono nell’ambito dello sviluppo economico, nella
protezione dell’ambiente, della salute della popolazione, della
felicità della popolazione soprattutto dei
giovani, ecc. Allora per questi obiettivi devo fare tutti gli sforzi
possibili, non mi devo privare della flessibilità della manovra di
politica economica e monetaria come si è fatto in questi anni, in nome
di un dio euro. L’euro non è dio.
Se
noi mettiamo sull’altare l’euro e pensiamo che l’altare sia sacro
perché c’è sopra l’euro, sbagliamo: confondiamo il vincolo con
l’obiettivo.
Certamente non è che nell’economia siamo
liberi di fare come ci pare, perché abbiamo tanti vincoli, ci sono
delle leggi economiche da rispettare, però nell’ambito di questi
vincoli è possibile fare in modo molto diverso rispetto a quello che si
è fatto in questi anni. E questo ci potrà dare dei risultati migliori,
che magari non significa la pienissima
occupazione, o che stiamo tutti benissimo, però significa fare molto
meglio di quello che è successo in questi venti-trent’anni
D:
L’ultima domanda poi la lascio. Sento sempre più spesso parlare del
crollo del dollaro USA a causa di una economia
indebitata fino all’osso. Ecco perché ogni 2 anni
devono fare una guerra. Le risulta una
situazione allarmante del genere oppure no?
R:
Arrivo subito alla risposta altrimenti dovrei fare dei discorsi di
natura storico-economica molto lunghi. Se
Cina, India e Russia, che sono i principali detentori di dollari, li
buttassero sul mercato (per fare la cosa più razionale) per prendere
una valuta più forte come l’euro, succederebbe una crisi di tali
proporzioni che saremo costretti a cercare di
risolvere i problemi con dei criteri e logiche che adesso sembrerebbero
impensabili. Ci troveremo di fronte alla più grande
crisi finanziaria e valutaria nella storia dell’umanità, quindi loro
non lo possono fare: se li debbono tenere, e in cambio di questo cercano
di avere dei vantaggi dagli Stati Uniti e nell’ambito del sistema,
facendo un tira e molla sulla competitività, sulla vendita dei loro
prodotti, e su altre cose.
Però è un sistema assolutamente instabile e non votato al successo,
quello nel quale ci siamo venuti a trovare.
Quindi sicuramente si dovrà arrivare o a nuova Bretton
Woods o a un
grande cambiamento di politica economica, o entrambi.
* Prof. Nino Galloni, economista tra i più affermati a livello nazionale, già Direttore del Ministero del Lavoro e presidente del Centro Studi Monetari www.centrostudimonetari.org