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Inflazione
e deflazione: collettività in scacco matto
di Salvatore
Tamburo – 5 maggio 2008
Tutti
bene o male sanno cos’è
l’inflazione. Per citare una fonte autorevole, ad esempio, l’enciclopedia
Zanichelli ne da questa definizione, considerandola come
un: “Aumento prolungato del livello dei prezzi o diminuzione del potere
d'acquisto della moneta.” In
parole povere l’inflazione non è l’origine
di un problema, bensì è da considerarsi un effetto, come conseguenza
di azioni compiute a monte. Perché aumenta il livello dei prezzi
e diminuisce il nostro potere d’acquisto?
E’ ciò
che ci si dovrebbe domandare prima di comparare numeri e grafici.
Mi soffermerei prima sulla causa che porta all’aumento del livello
generale dei prezzi.
La
principale causa generante l’inflazione,
definita anche
come “inflazione per eccesso di liquidità”
è da imputare ad
un eccessivo aumento di moneta in circolazione rispetto ai beni e
servizi da acquistare.
Ciò significa che è avvenuto un deprezzamento della moneta, ovvero si
richiedono più soldi per acquistare beni\servizi, perché ogni unità
di denaro vale meno di quanto valesse prima: se prima i consumatori
pagavano 1€ per comprare un chilo di pane, adesso ne pagano 2,50 €,
tutto ciò perché nonostante si acquisti la stessa quantità di bene
(un chilo), la moneta (l’euro
in tal caso) ha perso valore, si è deprezzata.
Conseguenza
diretta risulterà naturalmente la cosiddetta “perdita del
potere d’acquisto”:
nei casi di retribuzione fissa se prima con 1000€ al mese di salario potevo
assicurarmi un paniere di 300 beni\servizi, adesso me ne potrò assicurare un paniere di 200
beni\servizi, ovvero la mia moneta ha perso potere d’acquisto
e mi permette di godere di minor benefici rispetto a prima.
Tanto per citare qualche previsione sul “caro-vita” le
associazioni dei
consumatori, come Adusbef e Federconsumatori, hanno valutato rincari per
l’anno
2008 fino a
circa 1.700 euro a famiglia, valutando un nucleo familiare che ha un
reddito annuo disponibile pari a € 28.500.
Fatta
questa breve premessa, torniamo all’apice del problema.
Se è vero ed ammesso da tutti che l'inflazione è l'aumento continuo
del livello generale dei prezzi determinato da un aumento abnorme della
massa monetaria in circolazione, con la conseguenza che il medio
circolante aumenta oltre i limiti rappresentati dai bisogni degli scambi
generando così un aumento persistente dei prezzi dei beni …
allora viene spontaneo chiedersi: chi genera l’abnorme
aumento della massa monetaria?
Risposta:
lo genera chi ha il potere di emettere moneta.
Domanda: chi ha il potere di emettere moneta, creandola dal nulla?
Risposta: le Banche Centrali, capaci di emettere banconote ex
nihilo generando così un'esuberanza dei mezzi di pagamento rispetto
ai beni disponibili.
Negli ultimi 300 anni di storia le Banche Centrali hanno
eroso ai singoli Stati uno dei poteri fondamentali per un Paese, ovvero
emettere la moneta di cui ha bisogno per gestire la spesa pubblica e di
conseguenza i bisogni dei cittadini. Questo potere fondamentale adesso
appartiene alle Banche Centrali, come
Le banche centrali e le banche commerciali sono in grado di emettere
credito e denaro e grazie a questa forma di monopolio la massa monetaria
viene contratta o espansa a tutto vantaggio di pochi potentissimi gruppi
di potere.
L’inflazione e la
deflazione, ossia l’espansione
e la contrazione di credito e denaro, sono due strumenti monetari letali affidati alle banche,
strumenti collegati a loro volta al potere di modificare il tasso di
riferimento: questo tasso (prima deciso dalla Banca d’Italia,
mentre dal 2004 è determinato con provvedimento della Banca Centrale
Europea)
rappresenta il tasso con cui
Come direbbe Bukowski: “Dobbiamo rassegnarci
ad annoverarci fra le perdite: qualsiasi mossa sulla scacchiera porta
allo scacco matto.”
Se noi cittadini rappresentiamo il re in scacco matto, di certo lo
scenario generato dal sistema bancario è nettamente opposto, perché il
“banco\a vince sempre”.
Le banche, generando inflazione, causano un aumento dei
prezzi generalizzati e deprezzamento del denaro, ed incamerano il
vantaggio di aver creato moneta ex
nihilo; qualora invece le banche ci portano verso la deflazione
generano insolvenza da parte della collettività ed una fase di
recessione economica (se non c’è
denaro non c’è scambio tra le
controparti), traendo il vantaggio di appropriarsi
di beni reali (aziende, case, terreni) messi come ipoteca o garanzia a
fronte del debito contratto e divenuto insoluto.
Tutto questo scenario deprimente (negativo per noi, non
certo per il cartello bancario) non accadrebbe se la sovranità
monetaria fosse un potere gestito dallo Stato.
Già immagino i dubbi di alcuni lettori che si chiederebbero: “e chi mi dice che se lo
Stato emettesse la propria moneta non si genererebbero pressioni
inflazionistiche?”.
A questa domanda cercherò
di rispondere citando le teorie di un signore da molti considerato il più
grande economista del XX secolo, John Maynard Keynes: l'aggiunta di
nuova moneta all'economia non spinge al rialzo i prezzi fintanto che il
denaro viene utilizzato per produrre nuovi beni e servizi perché
l'offerta (beni\servizi) aumenterà insieme alla domanda (moneta).
Logico che se invece venga emessa moneta per arricchire i
conti segreti a Panama o alle Cayman dei banchieri, anziché finanziare
beni e servizi utili alla collettività, il tutto con la complicità di “burattini
di facciata”
e delle stanze di compensazione, qualsiasi mossa sulla scacchiera porterà
sempre allo scacco matto. Si spera presto di acquisire la dote, o meglio
la coscienza, di trasformarsi in giocatori di scacchi, non restare pezzi
sulla scacchiera.
La gente non si rassegna alle piccole perdite; sono le
grandi privazioni che inducono immediatamente alla rassegnazione …
e il banco vince sempre.
Salvatore Tamburro