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L’industria della
salute controlla la scienza e la società
18 giugno
2012 - http://lalternativaitalia.blogspot.it - pubblicato da Gabriele
Milani
Visto su
http://www.stampalibera.com/?p=46843
La produzione su scala industriale di farmaci è un fenomeno relativamente recente. Con l’imporsi della teoria dell’origine microbica delle malattie, con Louis Pasteur e Robert Kock, nella seconda metà dell’Ottocento, e la comparsa dei primi farmaci relativamente efficaci [come la mitica Aspirina per febbre e dolori, messa in produzione dalla Bayer nel 1899, e il Salvarsan contro la sifilide, inventato dall'immunologo tedesco Paul Ehrlich ai primi del Novecento], decolla anche l’industria del farmaco.
E’ la fase eroica
della medicina moderna. Finalmente, non solo si potevano descrivere le
malattie, ma anche trovarne una causa in un agente patogeno e utilizzare
una “pallottola magica” che lo sopprimeva. Il cerchio era chiuso. Il
paradigma forte e compatto.
Certo, non per tutte le malattie si poteva risalire a una causa e poche
ancora si potevano curare con le pallottole magiche. Ma era solo una
questione di tempo, di accumulo di conoscenze scientifiche. In questo
quadro, i produttori di pallottole magiche svolgevano un ruolo centrale.
Ma è solo con la messa in produzione della penicillina, scoperta da Alexander Fleming nel 1929, iniziata a essere prodotta su larga scala dal 1941, che l’industria decolla. Nei due decenni successivi, battezzati dagli storici l’età dei farmaci, c’è una vera e propria esplosione nella scoperta e nella produzione di farmaci, tra cui certamente rilevante è il cortisone, nel 1949.
Negli ultimi
decenni, la salute diventa uno dei più floridi e profittevoli settori
economici nei Paesi ricchi.
Il motore dell’industria della salute è ovviamente quella del farmaco.
Solo in Europa, queste attività danno lavoro a più di mezzo milione di
persone. Per stare a casa nostra, solo nell’area milanese operano più di
tremila aziende, con oltre cinquantamila addetti e un giro d’affari che
supera i dieci miliardi di euro.
A livello
mondiale, il settore conosce una forte concentrazione in poche mani: un
piccolo gruppo di supercolossi, che gli angloamericani chiamano “Big
Pharma“, con fatturati vertiginosi.
Tanto per fare un esempio, la Pfizer da sola detiene più del 10% del
mercato mondiale, con oltre 48 miliardi di dollari. Negli ultimi anni
questa tendenza alla concentrazione monopolistica è talmente cresciuta,
che ha portato il numero delle attuali grandi aziende da trenta a
dodici. I margini di profitto diventeranno sempre più elevati.
Si potrebbe quindi obiettare: e allora? … E’ normale che chi produce,
soprattutto in un campo che richiede grandi investimenti per la ricerca,
punti a realizzare profitti.
Dove sta il
problema? … Il problema non sta nella ricerca del profitto, sta nella
rete che l’industria ha teso per garantire la massimizzazione del
profitto.
In proposito, di solito si pensa all’informatore farmaceutico che
corrompe il medico prescrittore con regali e benefici [la Corte di
Cassazione ha sentenziato che si commette non solo "comparaggio" ma vera
e propria "corruzione in atti d'ufficio"], oppure al dirigente d’azienda
che mette sul conto svizzero di un primario la tangente per l’acquisto,
da parte dell’ospedale, di kit e macchinari diagnostici. Certo, tutto
questo è documentato ed è anche stato sentenziato in via definitiva
dalla Corte di Cassazione, dal famoso caso Poggiolini e De Lorenzo [ex
Ministro che prese tangenti per rendere obbligatorio il vaccino
anti-epatite B che, in sostanza, è somministrato illegalmente!] in
avanti, e ha sicuramente effetti di distorsione dell’intervento medico,
ma non sembra l’aspetto principale della questione. Infatti, la
corruzione è un fenomeno che si verifica a valle.
A monte c’è la sistematica distorsione della conoscenza. E’ questo l’aspetto più preoccupante e pesante come un macigno.
La manipolazione
delle conoscenze
“Si
possono fare molti soldi, dicendo alle persone sane che sono malate“.
Così inizia un citatissimo articolo scritto per il British Medical
Journal da un giornalista scientifico, un medico di base e un professore
di farmacologia clinica, il cui titolo esplicita l’argomento: Vendere le
malattie: l’industria farmaceutica e il mercato della malattia.
Gli autori dimostrano, con numerosi esempi, che c’è una costante azione,
da parte dell’industria farmaceutica, di medicalizzazione della società,
al fine di allargare il mercato.
Uno studioso di Sanità, Gianfranco Domenighetti [nel libro Etica, conoscenza e sanità], così descrive le strategie di allargamento del mercato messe in atto dall’industria e dagli altri anelli della rete: “Anticipazione della diagnosi, screening e altre procedure assimilabili, che tendono ad estendere il dominio della malattia sul piano temporale della vita. Abbassamento della soglia tra normalità e patologia, che tende ad estendere il dominio della malattia sul piano quantitativo. Attribuzione della qualifica di patologico a condizioni esistenziali comuni, che tendono ad estendere il dominio della malattia sul piano quantitativo“.
La promozione
degli screening rappresenta probabilmente “il più grosso business per
creare ammalati” scrive Domenighetti.
Tipico esempio è lo screening del PSA [Antigene Prostatico Specifico],
che è stato proposto a tappeto in Europa e negli Stati Uniti d’America a
maschi cinquantenni, anche in buona salute, con effetti nulli sul
controllo della mortalità per tumore alla prostata, con molti effetti
negativi derivanti dalla diffusione ingiustificata della chirurgia della
prostata e con molti effetti positivi per i produttori del test e dei
farmaci.
Ma l’esplosione di
questa strategia di allargamento del mercato la tocchiamo tutti i giorni
col bombardamento vaccinale al quale vogliono sottoporre i nostri figli,
addirittura con uno scriteriato calendario vaccinale da 0 a 100 anni,
con la diffusione dei test genetici che fondano la cosiddetta “medicina
predittiva“.
La strategia della “medicina predittiva” è quella che piace tanto a
giornali e televisioni e anche al mercato della Sanità. Quella che
scrutando i geni pensa di trovare il gene dell’autismo, quello del
cancro e magari anche quello dell’immortalità!
Ma come sappiamo,
e come ricorda [per esempio] il Prof. Paolo Vineis, “il ruolo dei
geni nel provocare malattie viene spesso equivocato. Il determinismo
genetico è un chiaro errore metodologico, eppure lo ritroviamo spesso
nelle pagine dei giornali e delle stesse riviste scientifiche” [dal
manuale Etica, ambiente e biotecnologie].
L’altro pilastro della strategia di marketing è l’abbassamento della
soglia che divide il normale dal patologico. Gli esempi li abbiamo sotto
gli occhi: la soglia del colesterolo e quella della pressione arteriosa
sono diventate talmente mobili verso il basso che si fa fatica a
catturare l’ultimo limite. Al punto che, ormai, è frequente sentire
cardiologi che dicono che meno colesterolo si ha e meglio è,
stravolgendo la fisiologia e la biochimica, che ci insegnano come questa
molecola è comunque essenziale per la sintesi degli ormoni steroidei
[ormoni sessuali, cortisolo, e altri di minor peso].
Dal punto di vista conoscitivo, adottare questo punto di vista significa passare dal concetto di equilibrio dei valori [del colesterolo, della glicemia, della pressione arteriosa, etc etc] a quello di nemici interni da annientare.
L’esempio
eclatante riferito alle vaccinazioni lo troviamo con il tetano:
Il
bacillo del tetano vive come innocuo commensale nel tratto intestinale
di molti animali e anche dell’uomo stesso. Qualsiasi persona sana
potrebbe albergare il bacillo del tetano nel suo intestino.
Le spore tetaniche sopravvivono nel nostro corpo per mesi o anni senza
germinare: la loro sopravvivenza, germinazione o eliminazione dipendono
dalla forza del nostro sistema immunitario.
Il bacillo del
tetano non è un germe di per se stesso pericoloso, ma è pericolosa la
tossina che produce e che non viene prodotta in presenza di ossigeno.
Ecco perché la prima terapia antitetanica è il corretto trattamento
delle ferite.
Eppure, il nostro Ministero della Salute ha stabilito che va considerato
come protettivo un tasso plasmatico dieci volte maggiore a quello
proposto dagli studi scientifici internazionali [superiore a 0,1 UI/ml
invece di 0,01 UI/ml], in questo modo risultano non protetti anche molti
soggetti adeguatamente protetti.
Il concetto di
salute che è alla base non è più quello di equilibrio, che la persona
ricerca in prima persona, ma è quello di difesa da nemici esterni e
interni, da realizzarsi con armi che vengono fornite dall’esterno sotto
forma di pillole, vaccini e simili.
Roy Moynihan, tanto per tornare all’esempio del colesterolo, in un suo
recente libro [Selling Sickness] fa notare che la decisione di abbassare
la soglia del colesterolo negli USA, dopo molte traversie, è stata presa
nel 2004 da un gruppo di 9 [nove] esperti federali, di cui 8 [otto]
hanno interessi con le industrie che producono farmaci per abbassare il
colesterolo. Le nuove Linee Guida, solo negli USA, hanno, di colpo,
creato 25 milioni di malati in più, facendo passare da 12 a 36 milioni
le persone che dovrebbero ricevere un farmaco per abbassare il
colesterolo.
Per non parlare
poi delle Linee Guida sull’ipertensione, per le quali, nel giro di pochi
anni, si è passati da una pressione di 140/90 considerata normale a
120/80. Nella primavera del 2003, gli esperti chiariscono che se si
raggiungono quei valori di 120/80 la persona deve essere considerata in
“pre-ipertensione”. In sostanza, per questi signori, una persona, per
essere considerata sana, dovrebbe viaggiare sempre sul filo del rasoio
dell’ipotensione!
Anche in questo caso è ovvio che abbassare la soglia significa alzare le
prescrizioni di farmaci, e comunque medicalizzare uno stato normale.
Altri esempi
massicci sono rappresentati dagli sforzi di etichettare come malattie
delle normali condizioni come perdere i capelli, avere un calo del
desiderio sessuale dopo una certa età, non riuscire da piccoli a stare
inchiodati in un banco di scuola per molte ore di fila, etc etc.
Eppure, i soliti incalliti detrattori che si permettono addirittura di
tacciare per “complottisti” degli stimati professionisti e soprattutto i
genitori che hanno assistito impotenti alla regressione autistica del
proprio figlio causata dai vaccini, proseguono ad affermare che le
industrie hanno dalla loro la ricerca e una solida documentazione
scientifica, che viene pubblicata su riviste di grande prestigio.
Questi detrattori, a volte perfino pagati sotto banco dalle stesse industrie, sembrano dimenticare il segreto nelle procedure riguardanti il sistema regolatorio dei farmaci, i conflitti d’interesse della cricca dei vaccini e nella pratica clinica, i risultati di una ricerca tutta italiana [The unbearable lightness of health science reporting] che misura il grado di attendibilità, trasparenza ed equilibrio della divulgazione scientifica sui quotidiani e i settimanali di casa nostra, la risposta non lascia spazio all’ottimismo. Quando si parla di salute al grande pubblico, devono essere soppesati tutti gli aspetti in gioco: i benefici di un vaccino o di una terapia non farmacologica, ma soprattutto i rischi per il paziente e i costi per il sistema. E va cercata e svelata la presenza di eventuali conflitti di interesse, se cioè esiste un legame di natura finanziaria fra l’azienda produttrice e la fonte di informazione: medici, riviste, associazioni, giornalisti. Perchè se l’esperto è a libro paga dell’industria, questo condiziona inevitabilmente il punto di vista. E chi legge, ha tutto il diritto di saperlo!
Addirittura tre
pezzi da novanta dell’editoria medica sono scesi in campo
sull’argomento: Marcia Angell e Jerome Kassirer [ex Direttori del "New
England Journal of Medicine] e Richard Smith [ex Direttore - per
venticinque anni - del "British Medical Journal"].
Richard Smith, con dovizia di particolari, mostra tutti i trucchi usati
dalle industrie farmaceutiche per ottenere risultati favorevoli ai loro
studi clinici. Si va dal confrontare il proprio farmaco con un
concorrente noto per avere una scarsa efficacia, oppure con un dosaggio
o troppo basso o troppo alto del concorrente, oppure a giocare a fini
statistici sul numero delle persone coinvolte nello studio, sull’analisi
dei cosiddetti sottogruppi, fino a evitare di pubblicare gli studi che
danno risultati negativi.
L’industria,
infatti, essendo la principale promotrice di ricerca, ne detta anche le
condizioni riguardo all’uso e alle proprietà dei dati raccolti, che
rimangono saldamente nelle sue mani, e quindi può decidere se saranno
pubblicati o no, a seconda del vantaggio o dello svantaggio che ne può
ricavare.
L’ex Direttore del British Medical Journal descrive poi i legami e la
dipendenza dell’editoria medica dall’industria farmaceutica, non solo
tramite la pubblicità, che, scrive, “almeno è visibile“, ma,
soprattutto, tramite pratiche come l’acquisto, da parte delle compagnie,
di riproduzioni di molte migliaia di copie di articoli pubblicati e
favorevoli ai loro prodotti. Per i giornali medici queste copie sono
fonte di forti ingressi finanziari e, soprattutto, hanno costi
bassissimi.
In sostanza Smith
conclude affermando che “i giornali medici sono l’estensione del
settore marketing delle industrie farmaceutiche“. Per uscire da
questa incresciosa situazione, propone, con una serie di accorgimenti,
di recidere il cordone ombelicale tra stampa medica e industrie e di
incrementare la presenza pubblica nel campo degli studi controllati.
L’analisi di Kassirer è più centrata sulla corruzione, sul “fiume di
denaro che dalle industrie arriva ai medici“, come scrive nel suo
libro denuncia, il cui titolo è tutto un programma, “On the take”
[Nel taschino] e, affinchè il messaggio sia chiaro, l’editore, che è
nientemeno che la Oxford University Press, mette in copertina un primo
piano di un camice bianco con una mazzetta di dollari nel taschino!
E’ un vero e proprio libro-shock [del quale consiglio vivamente la lettura], anche per la fonte: Kassirer infatti è un monumento della medicina americana, non è certo un contestatore alternativo che agita la folla nè uno straccione [come qualche stupido dalle parti di Belluno mi ha scritto in messaggio privato]. L’emerito Professore della Tufts University, insignito di molti riconoscimenti, non si rivolge ai suoi colleghi, ma ai cittadini perchè “c’è poca possibilità che i conflitti finanziari di interesse diventino meno diffusi e influenti senza un’attenzione attiva da parte della gente“. E prosegue: “E’ tempo di svelare la complessità e l’estensione della complicità tra medici e industria”, perchè la gente deve essere sicura di “avere il medico al suo fianco, e non dall’altra parte“.
Il libro di Marcia
Angell, “The truth about the drug compagnie” [La verità sulle
aziende farmaceutiche], è tutto dedicato all’industria farmaceutica,
documentando i suoi enormi tassi di profitto, superiori a qualsiasi
altro settore, e le strategie davvero non limpide per produrre dati, che
poi vengono rivenduti a medici e cittadini.
Sconvolgente è la strategia che la ditta produttrice di un noto
antiepilettico, ha usato per allargare l’uso di questo farmaco e una
serie di altre indicazioni. Angell descrive la procedura nei minimi
particolari: organizzazione di piccoli studi senza alcun valore,
produzione di articoli scritti dai ricercatori dell’azienda e fatti
firmare [dietro lauti compensi] a professori universitari e a leader
della materia, organizzazione di meeting a cui partecipano i suddetti
accademici [ancora generosamente ricompensati] rivolti a un pubbico di
medici [anch'essi ospiti coccolati dell'azienda e talvolta pagati come
"consulenti"]. Con questo farmaco “d’acqua fresca” la strategia ha
funzionato a tal punto da portarlo, nel 2003, a fatturare 2.3 miliardi
di dollari.
L’aspetto più
grave della pervasiva intrusione dell’industria nella gestione della
salute è proprio quello di essere un potente fattore di condizionamento
delle conoscenze. E’ evidente infatti che, essendo la gran parte della
ricerca mondiale in mano all’industria, il campo epistemologico, e cioè
la definizione delle domande a cui rispondono ricercatori e scienziati,
sarà ampiamente strutturato dalle esigenze delle industrie
farmaceutiche.
Questo vuol dire che possiamo fare a meno dell’industria dei farmaci? …
Vuol dire che sogniamo un ritorno a un’era pre-scientifica e
pre-tecnologica?
No, sulla
scorta delle analisi di autorevoli membri dell’establishment medico,
come Kassirer, Angell, Smith e altri, è possibile immaginare un forte
controllo pubblico sull’attività di aziende che non producono caramelle,
ma beni essenziali per la salute. Non si tratta di penalizzare nessuno.
Si tratta di interrompere l’inquinamento delle conoscenze scientifiche
da parte dell’industria, così come si tratta di salvarci la pelle come
individui e come specie, perchè, come insegnano i danni da vaccino, i
costi umani [prevalentemente innocenti, inconsapevoli, bambini] in
questa situazione sono molto, molto, molto, molto pesanti