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Guerra alla Cina passando per l’Iran?
Marcello Pamio – 23 gennaio 2005

Stiamo ancora assistendo - per quel poco che i media controllati ci fanno vedere - ad una guerra di occupazione illegittima (che sta provocando centinaia di migliaia di morti civili) da parte di una amministrazione guerrafondaia, e gli stessi neoconservatori statunitensi pensano già ad un nuovo intervento armato in Iran! Questa volta basta dittatori o ex collaboratori come Saddam Hussein, adesso i capri espiatori sono gli eredi dello Scià di Persia, o quello che ne è rimasto.
Con la solita tiritera del terrorismo, dei nemici, dell’asse del male, gli estremisti di destra che controllano e manovrano il burattino Walker Bush, lo hanno fatto intendere chiaramente. Sentite cos’ha detto uno dei più potenti e pericolosi neocon, Donald Rumsfeld, alla riunione degli Stati Maggiori: “Questa è una guerra contro il terrorismo e l’Irak è solo una delle campagne. La prossima campagna sarà quella contro l’Iran”(1). Avete letto con attenzione le parole del falco? Il vero responsabile della imbarazzante oltreché fallimentare gestione militare dell’Irak per non parlare degli abusi e delle torture nelle carceri, invece di essere incriminato per crimini di guerra e contro l’umanità, ha visto aumentare il suo potere decisionale a tal punto da istituire lo Strategic Support Branch, cioè una nuova agenzia di intelligence (spionaggio) direttamente alla sue dipendenze (2). Una specie di CIA dall'autonomia molto più ampia controllata da Rumsfeld!
Quasi all’unisono, la neosegretaria dello Stato, Condoleezza Rice, di fronte alla Commissione esteri del Senato ha elencato nove avamposti della tirannia, compresi Cuba e ovviamente l’immancabile Iran. E per essere sicuri che la propaganda mediatica faccia il suo corso, il vicepresidente - nonché vero controllore di Walker - Dick Cheney, ha dichiarato ai media che l’Iran si trova in cima alla lista nera!

Lo avevamo già detto a suo tempo in queste pagine che l’Iran rientra nelle mire militari statunitensi, tentando anche di spiegarne le possibili motivazioni. Naturalmente le centrali nucleari e il pericolo atomico non c’entrano assolutamente nulla, come non c’entravano nulla le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein con l’invasione militare. Il motivo - se non crediamo alle coincidenze - è presto detto: tre stati dell’OPEC: Irak, Iran e Venezuela, intorno all’anno 2000 avevano iniziato a scambiare il petrolio non più in verdi dollaroni, ma bensì in euro.
Sembra una sciocchezza, vero? Ma questo è uno smacco per la stabilità economico-energetica dello Zio Tom incommensurabile. Forse non tutti sanno che il paese dell’American Dream, nonostante i film e telefilm che ci fanno vedere una realtà inesistente, sta passando un periodo non certo roseo dal punto di vista finanziario. Per intenderci, il debito estero è dell’ordine del cinque per cento del PIL e il dollaro e sopravalutato almeno del 40% (il capo economista della Morgan Stanley, Stephen Roach, da mesi mette tutti in guardia contro una possibile forte recessione) (3).
Non solo, gli Stati Uniti producono ogni giorno 7.177.000 barili di petrolio (4) e ne consumano però, sempre ogni giorno, 19.633.000 (5). Questi 12 milioni e passa di barili di petrolio che mancano all’appello, da qualche parte dovranno pure andarseli a prendere, o no?
La fortuna degli Stati Uniti d’America è che il petrolio dell’OPEC viene scambiato in dollari, il che significa che ogni paese del pianeta deve acquistare dollari per potersi rifornire dell’oro nero. Questa ovviamente è una manna dal cielo. Se un giorno però i paesi dell’OPEC decidessero di incamerare euri al posto di dollari, cosa accadrebbe all’economia americana? Qualcuno ipotizza un crollo paragonabile a quello del ’29!

Questo allora potrebbe spiegare il tentativo di colpo di Stato in Venezuela nel 2000, e l’attacco illegittimo e senza motivazioni apparenti all’Irak nel 2003. Alla lista manca adesso lo stato canaglia dell’Iran, e infatti in questi mesi, si è trasformato magicamente nel pericolo numero uno per la sicurezza mondiale a causa delle armi atomiche di distruzione di massa.
La serietà del progetto militare statunitense in Medio Oriente e il suo vero motivo è stato denunciato pubblicamente persino da Hans Blix. L’ex capo degli ispettori dell’ONU ha spiegato che siccome gli Stati Uniti non conoscono la localizzazione degli impianti si tratterebbe di un “intervento militare punitivo e non preventivo”. Perché punitivo, se non per far pagare l’affronto all’America?
In questa ottica, la guerra in Irak si può interpretare anche come una guerra all’euro, e cioè una guerra all’Europa intera: a noi. Sorge allora il sospetto che la banca centrale privata statunitense, la Federal Reserve, stia mantenendo appositamente il dollaro basso rispetto all’euro per evitare da una parte il collasso economico statunitense e dall’altra per non favorire l’euro come moneta di scambio per il petrolio: infatti un euro forte non è invitante ai paese aderenti all’OPEC!
Tornando al discorso dell’intervento armato in Iran, è bene precisare che sorgeranno alcuni problemucci di non poco conto per gli eventuali assalitori. Primo l’Iran è completamente diverso dall’Irak dal punto di vista geografico: la sua superficie è di oltre 1.600.000 chilometri quadrati, contro solamente 438.000, quindi è tre volte e mezzo più grande. Per non parlare dell’esercito: l’Iran possiede il nono esercito mondiale con 513.000 soldati regolari e 350.000 riservisti (6). E infine si devono tenere in considerazione anche i recentissimi scambi commerciali (contratto da 100miliardi di dollari in gas naturale per 25 anni) tra Cina e Iran, che fanno ipotizzare uno scambio militare (aiuti nella difesa: armi, esercito, ecc.) tra il gigante comunista e lo stato canaglia.

Per tanto uno scontro armato con l’Iran è indirettamente un conflitto economico con la Cina!
Questo ahimé avvalora l’ipotesi geostrategica secondo la quale il vero nemico americano sarebbe proprio il regno dell’ex Imperatore Giallo: d’altronde dopo il crollo dell’Unione Sovietica, chi poteva prendere il suo posto se non la Repubblica popolare cinese?
All’epoca maccartiana, i nemici avevano un colore ben per preciso: il rosso; adesso in piena epoca neocons, il nemico non ha colore, ma è tutto quello che va a minare gli interessi economici e/o energetici degli Stati Uniti d’America. La Cina è un grossissimo problema! La sua economia viaggia a ritmi da incubo, e il mondo è inondato da prodotti marchiati CE, che non è il marchio della Comunità Europea ma bensì l’acronimo di Chinese Exportation (leggere per credere!).
E’ per questo che Wall Street non dorme sogni tranquilli…

Cosa succederà quando un miliardo e mezzo di cinesi, vorranno anche loro una o due macchine per famiglia? Dove andranno a reperire il petrolio o il gas per un simile mostruoso fabbisogno?
Questo forse spiega la misteriosa apparizione della SARS, la cui ridicola mortalità - amplificata esageratamente dai media - ha avuto come risultato, essenzialmente il blocco dell’economia orientale per qualche mese; e l’attuale costruzione di basi militari americane in pieno Sud-Est asiatico (anche in quelle devastate dal maremoto! Sic.), cioè vicinissime alla Cina. Dal punto di vista socio-culturale invece, è già al lavoro il neocon magnate australiano dei media Rupert Murdoch, il quale ha già iniziato - grazie alla sua News Corporation - a sparare dentro le case dei cinesi soap-opere, reality show, giochi a premio, pop music e simboli della globalizzazione come Nike e McDonald's (7)...Un programma che noi conosciamo molto bene, vero?
Tutto questo fa pensare ad un ben piano strategico: economico di rallentamento, militare di contenimento, sociale e/o massmediatico di condizionamento

[1] The New Yorker, 24 gennaio 2005
[2] Washington Post, 23 gennaio 2005
[3] Affari e finanza, 24 gennaio 2005
[4] The Economist, “Il mondo in cifre 2004”. Internazionale
[5] Idem
[6] Idem
[7] La Repubblica, 24 gennaio 2005


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