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11 settembre
- DVD sull'11 settembre 2001
Ground
Zero: parla l’eroe
Tratto da «Speciale 11 settembre»
supplemento al DVD «9-
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William
Rodriguez è il cittadino statunitense originario di Puerto Rico,
considerato il simbolo dell'eroismo dell'11 settembre 2001 perché salvò
numerose persone dal World Trade Center in fiamme dove era impiegato
come operaio addetto alla manutenzione. Benché ferito, Rodriguez penetrò
per tre volte nella torre nord per prestare il suo aiuto. All'ultimo
tentativo venne quasi travolto dal crollo del grattacielo, ma riuscì a
salvarsi gettandosi sotto un camion dei pompieri.
In seguito è stato ricevuto dal Presidente George W. Bush e nominato
eroe dal Congresso statunitense. Da allora ha perso il posto di lavoro,
dato che non esiste più, e di conseguenza ha perduto anche la casa e
ogni suo bene, come succede normalmente negli USA.
Nonostante la sua precaria situazione ha continuato ad occuparsi dei
familiari delle vittime, soprattutto di quelle di origine
ispano-americana, per aiutarli ad ottenere sussidi e riparazioni da uno
stato che da allora li ha completamente dimenticati. Come sopravvissuto
e rappresentante dei familiari delle vittime il 22 ottobre dello scorso
anno William Rodriguez, tramite il suo avvocato Philip Berg, ha
presentato presso
Mi
chiamo William Rodriguez, ho lavorato al World Trade Center di New York
per 20 anni della mia vita. Ero responsabile della manutenzione nella
torre nord. L’11 settembre avevo l'unico passe-partout per aprire
tutte le serrature delle porte degli edifici, anche se c'erano altre
quattro persone che avevano i passe-partout ed erano state addestrate ad
affrontare situazioni di emergenza e di soccorso, e che furono le prime
a fuggire dagli edifici. Guardate, questa è la chiave.
Questo passe-partout era in grado di aprire tutto il complesso e quel
giorno, l'11 settembre, un'unità di circa 15 persone dei dipartimento
dei vigili dei fuoco mi doveva seguire mentre correvo da una parte
all'altra cercando di aprire le porte per aiutare le persone ad uscire.
Personalmente dopo l'11 settembre sono diventato il portavoce delle
famiglie delle vittime e sono andato a testimoniare davanti al
Congresso. A chiedere di creare una commissione, perché la commissione
che hanno fatto per l’11 settembre, come ricorderete, il Presidente
Bush non la voleva. Sosteneva che non ne avevamo bisogno ma noi ce
l'abbiamo messa tutta, abbiamo combattuto e siamo riusciti ad ottenere
la commissione».
«Questo
che vedete è il rapporto finale ed io ho testimoniato, a porte chiuse.
Molte informazioni riferite provenivano dall'ultimo superstite, una
persona che conosceva bene gli edifici anche ad occhi chiusi.
I membri della commissione sono stati molto turbati dalle informazioni
che ho fornito, ma in realtà non c'è traccia della mia testimonianza
nelle oltre 500 pagine di questo rapporto. Anche se sono stato
dichiarato eroe nazionale dal Congresso, loro non volevano che la mia
testimonianza potesse in qualche modo contrastare con la versione
ufficiale.
Ma permettetemi di parlare di quella giornata, l'11 settembre 2001, una
giornata bellissima con il cielo terso. Sono arrivato al lavoro alle
otto e mezza, stavo parlando con un supervisore, eravamo nel
sotterraneo, al primo livello dei sotterranei della torre nord che è
stata la prima ad essere colpita ma la seconda a crollare. Questo
edificio aveva sei sottolivelli, B1, B2, B3 e così via fino al B6,
ossia i livelli dei sotterranei dell'edificio. Il B1 aveva gli uffici
dei servizi di pulizia, di imbiancatura, di riparazioni meccaniche,
tutto ciò che aveva a che fare con la manutenzione dell'edificio.
Gli altri piani contenevano i magazzini, i generatori elettrici e così
via.
Alle ore 8:46 abbiamo sentito un bang, un'esplosione che proveniva dai
piani al di sotto di quello in cui mi trovavo, tra il B2 e il B3. E’
stata così violenta e l'edificio ha tremato così forte che le pareti
si sono crepate e il controsoffitto è crollato. Ho detto subito che
poteva essere un generatore elettrico che praticamente era esploso lì
nei sotterranei. Alcuni secondi dopo abbiamo sentito un impatto enorme
nella parte alta dell'edificio che ha iniziato subito a tremare così
forte che tutte le 40 persone che si trovavano con me in quell'ufficio
hanno iniziato a gridare tutte assieme, c'era una confusione e un caos
totale. Tutti gridavano: «E un'esplosione». Davanti a me è apparso un
uomo di colore che si guardava le braccia, mi sono accorto che c'era
qualcosa che pendeva dalle sue dita, mi sembravano pezzi di vestito ma
guardando più da vicino mi sono accorto che era la sua pelle. La pelle
era stata lacerata da sotto le ascelle fino alla punta delle dita e gli
stava pendendo come fossero dei guanti. Il suo nome è Felipe David,
lavoratore immigrato di origine honduregna, ed era in completo stato di
choc; ho guardato il suo volto che aveva delle parti mancanti, gli ho
chiesto che cosa fosse successo, e mi ha risposto: «Gli ascensori, gli
ascensori» Si trovava davanti agli ascensori ed era stato ustionato,
così ho cominciato a spingere tutti fuori dall'ufficio.
A
quel punto abbiamo sentito un'altra esplosione, siamo usciti fuori
dall'edificio, ho fermato un'ambulanza e ho fatto salire alcune persone.
Guardando verso l'alto dell'edificio ho avuto modo di vedere l'incendio
e tutte le macerie che cadevano, riuscivo a scorgere l'antenna in cima
all'edificio. Ho iniziato a pensare alle persone che stavano a Windows
on the World, il ristorante in cima, e mi sono molto preoccupato perché
avrei dovuto essere lì in quanto di norma, quando iniziavo a pulire,
cominciavo sempre da quei piani alti e ogni mattina facevo colazione col
personale del ristorante. Le conoscevo tutte bene quelle 67 persone che
sono morte nel ristorante; a quel punto ho capito che dovevo ritornare
indietro ma tutti mi gridavano: «Rodriguez rimani qui, non rientrare»
Ho preso una radio da una guardia della sicurezza vicino a me e sono
ritornato indietro entrando verso l'altro edificio tramite un
sotterraneo che collegava le torri 1 e 2.
Nel sotterraneo ho incontrato due persone che non sapevano che un aereo
si era schiantato sull'edificio, e questo vi può dare l'idea di quante
persone possono essere morte perché non si resero conto che c'era stato
questo attacco.
Nella torre 1 ho trovato una persona che lavorava in una squadra di
salvataggio, che mi ha detto: «Sento delle grida, sento gridare» C'era
acqua ovunque perché si era attivato immediatamente il sistema degli
sprinkler antincendio, tutto era inondato. A quel punto ho preso uno
degli ascensori, nella torre ce n'erano 150 di ascensori, e mi sono
avvicinato alle due persone che gridavano tra il B2 e il B3. Erano
disperate, nell'ascensore non c'era più luce né energia elettrica,
urlavano che stavano per annegare, io non riuscivo a capire, ma come?
Era perché l'acqua scendeva da tutti i piani e si accumulava in quelli
più bassi, entrava nel pozzo dell'ascensore con una tale forza che
quelli bloccati dentro rischiavano di annegare. Ho detto: «Dio aiutami!».
Non ero un credente: «Dios mio por favor aiudame! Mi sono guardato
attorno e ho trovato un pezzo di metallo, un rottame, ho iniziato a dare
colpi sulla porta per cercare di rompere il meccanismo e la porta si è
aperta. Ma c'era il vuoto perché, in realtà, la cabina era molto più
in basso. Ho cominciato a pregare Dio nella mia lingua. Allora sono
andato dove c'era il compattatore della spazzatura di tutto l'edificio,
dato che l'elettricista lasciava lì le scale che però erano legate con
delle catene. Fui fortunato: l'unica che non era legata era la più
lunga, circa sei metri. Ho preso quella scala, l'ho inserita nel pozzo
dell'ascensore e sono andato ad aprire la botola e a far uscire le due
persone, uno era un dipendente di colore di una società che consegnava
i pacchi, l'altro era Salvatore Giambanco, un italiano che faceva
l'imbianchino. Sono riuscito a farli uscire, a caricarli su un'ambulanza
e sono rientrato.
Ho
incontrato degli agenti di polizia che mi hanno chiesto se avevo il
passe-partout, siamo andati nella hall e lì c'erano dei vigili dei
fuoco che aspettavano. Ho detto: «Seguitemi, so qual è la strada più
breve». Mentre salivamo le scale era difficile procedere, i pompieri
avevano un sacco di pesanti attrezzature con loro, attrezzi e
respiratori di 30 e
Mentre salivamo sentivamo delle esplosioni che continuavano a
verificarsi nei vari piani. Siamo arrivati al 27° piano, c'era una
persona disabile e la sua carrozzina che ostacolava la discesa degli
altri. A quel piano tutti i vigili del fuoco sono caduti al suolo, non
riuscivano più a salire, erano stanchi e distrutti dalla fatica di
salire con tutte le loro pesanti attrezzature. A quel punto ho chiamato
mia madre a Puerto Rico, lei stava guardano alla televisione quello che
stava succedendo, e le ho detto: «Mamma sono Willy, li devo aiutare
perché ho il passe-partout, non posso darlo a nessuno»
Ho continuato a salire e al 33°
piano ho trovato una donna a terra che non sapeva dov'era l'uscita; l'ho
tirata su dicendo che dovevamo uscire e l'ho affidata ad altre persone
che scendevano. Mentre ero lì ho distintamente sentito dal piano di
sopra, il 34°, un rumore come di spostamenti di attrezzature pesanti,
mi sono stupito perché quel piano era chiuso per ristrutturazione e in
quel momento non ci doveva essere nessuno all'interno. Sentivo invece
come un qualcosa di pesante che veniva trascinato. Ero spaventato, ero
da solo ed ho oltrepassato quella porta andando ai piani superiori. Devo
dirvi che quello era un edificio di classe A, ovvero una costruzione così
alta ma dotata di sistemi in grado di spegnere ogni tipo d'incendio e
consentire i soccorsi nei casi di emergenza, su ogni tre porte una deve
aprirsi, questo è il codice per quel tipo di edifici a New York.
Ad
un certo punto ho incontrato alcuni agenti di polizia e stavamo parlando
quando abbiamo iniziato a sentire una serie di esplosioni in rapida
successione, bum... bum... bum... bum. Al radiotelefono dicevano: «Abbiamo
perso il 65, il 65° è crollato, dal 65° fino al 44°... » Tutti quei
piani erano crollati. Abbiamo iniziato a scendere raggiungendo il 27°
piano, poi di corsa giù per le scale fino alla hall e da qui sulla
strada. Sentivamo le grida di tutte quelle persone ancora bloccate negli
ascensori, gridavano, chiedevano aiuto ma gli ascensori erano bloccati,
è stato orribile. Nella hall un vigile dei fuoco mi ha detto: «Vai
alla postazione delle ambulanze». Così ho iniziato a camminare verso
l'uscita e sentivo che mi gridavano: «Non guardare indietro, non
guardare». Era uno sbarramento di polizia che aveva isolato l'area per
sicurezza, guardando mi attorno ho visto i corpi di tutti quelli che si
erano buttati dall'edificio. Ho anche riconosciuto il cadavere della
signora dei 33° piano che avevo chiesto di accompagnare giù, il suo
corpo era stato tagliato a metà come da una gigantesca ghigliottina,
perché mentre usciva una lastra di vetro le era caduta addosso
precipitando dall'alto straziandola in quel modo in una frazione di
secondo. Ad un certo punto ho sentito tutti che mi urlavano: «Corri,
corri, correte». Ho sentito come un terremoto e l'unica cosa che ho
percepito è stato un autocarro dei vigili dei fuoco di fronte a me, ho
pensato che sarei rimasto ucciso e mi sono ritrovato sotto questo
automezzo con tutto che crollava attorno. Anche l'autobotte sembrava
dovesse crollarmi addosso, l'unica cosa che mi sono detto è stata «Dio
mio, spero che mia mamma non debba cercare il mio corpo e che non debba
identificarlo quando è a pezzi. Vorrei che non debba riconoscere il mio
cadavere».
Poi, tutto si è fermato, io mi sentivo come ustionato da quella strana
polvere che riempiva tutto. Dopo un po' sono riusciti a tirarmi fuori
dalle macerie e sono stato identificato dai vigili dei fuoco e dalla
polizia come l'ultima persona riuscita a salvarsi.
Da allora sono stato presente in vari programmi e ho raccontato sempre
ed esattamente questa storia. Se non mi credete andate a vedere su
internet, o guardatevi la registrazione delle mie interviste e vedrete
che fin dal primo momento la storia è stata questa.
Come
superstite e come rappresentante delle famiglie delle vittime, ho
riscontrato che il rapporto ufficiale sui fatti dell'11 settembre 2001
è un rapporto falso e incompleto. Ma perché vi ho raccontato tutto
questo? Perché vogliamo darvi gli strumenti e gli elementi per capire
che questo potrebbe accadere anche a voi, e perché possiate comprendere
il modo in cui il nostro governo si è comportato con le vittime. Sono
molto grato di aver incontrato tutte queste persone che non conoscevo
prima, hanno cambiato la mia vita. Noi siamo animati da una motivazione
e dall'entusiasmo di arrivare alla verità per voi.