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Un’inchiesta della procura di Bolzano rischia di creare qualche problema alla corazzata e ai suoi uomini più in vista. Un vorticoso giro di fondi neri ha già portato alle dimissioni del vertice tedesco di Siemens per l’acquisto della nostra Italtel. Entriamo fra i segreti di Goldman, da sempre in feeling con l’establishment ulivista. E diamo un’occhiata ad una Cupola di nome Bilderberg…

La sera andavamo alla Goldman…
Andrea Cinquegrani – Tratto da “ La Voce delle Voci” luglio 2007
Sito ufficiale http://www.lavocedellacampania.it
 

«Ma Siete Proprio sicuri che sia solo l'Unipol all'origine della guerra tra Vincenzo Visco e le fiamme gialle di Milano?
Potrebbe esserci qualcos'altro. Forse delle indagini molto delicate che puntano in alto, molto in alto». E' una voce che corre fra i corridoi del palazzo di giustizia, sempre più al centro di veleni e polemiche. «Quindici anni fa - osserva una toga - partiva la stagione di Mani pulite, ora ci ritroviamo con un livello di corruzione ancora più invasivo, perché come dice Davigo le tecniche si sono modemizzate. E i partiti sono sempre più lontani dai bisogni reali del paese». E pensare che la procura "rossa" oggi si ritrova quasi a "rimpiangere" il Berlusconi che non oppone il segreto di stato sul caso Abu Omar...

Passiamo ad alcune indagini "bollenti", a delle possibili "piste". Una su tutte. 19 febbraio 2007. I militari della Guardia di Finanza perquisiscono gli uffici milanesi della maxi banca d'affari Goldman Sachs, sempre più alla ribalta delle cronache economico-finanziarie sul fronte "salvataggi" e "privatizzazioni". Fra le varie carte sequestrate, spuntano due documenti: un misterioso file "M Tononi / memo - Prodi 02.doc”; e una lettera inviata nel 1993 dalla sede Goldman Sachs di Francoforte alla Siemens, a proposito di "un buon affare" sull'Italtel. A rivelare la circostanza - nel fragoroso silenzio di quasi tutti i media nostrani - è un giornalista del Daily Telgraph, Ambrose Evans Pritchard, il quale punta i riflettori su un'inchiesta della procura di Bolzano, gemella di svariate altre indagini in mezza Europa e che hanno portato, mesi fa, alle clamorose dimissioni del numero uno di Siemens, Heinrich Von Pierer, fidato consigliere economico del cancelliere Angela Merkel (una sorta di Angelo Rovati in salsa tedesca). Giovane assistente di Romani Prodi durante le presidenze Iri, Massimo Tononi (l'M Tononi del file) è oggi sottosegretario all'economia, in prima fila nella redazione del contestatissimo piano Rovati per il riassetto Telecom, nel pedigree la poltrona di super manager di Goldman Sachs nello strategico settore "fusioni e acquisizioni imprese".

BOLZANO INDAGA
I magistrati di Bolzano indagano per concussione, corruzione e riciclaggio sulla vendita nel '94 di uno dei gioielli di casa Iri nel settore delle telecomunicazioni, Italtel, passato alla tedesca Siemens che batté la concorrenza della francese Alcatel. A favorire l'operazione (con un advisor del calibro di Goldman Sachs), una montagna da ben 400 milioni di euro, fra tangenti e fondi neri, a cominciare dai lo miliardi di vecchie lire transitati dai conti correnti di Siemens a quelli dell'ex vertice di Italtel Giuseppe Parrella, originario di Benevento e trapiantato a Bolzano, finito in galera. Fra l'altro, su un conto corrente di Innsbruck intestato a Siemens Ag, tra il '94 e il '99 sarebbero stati movimentati 140 milioni di marchi, 80 milioni degli attuali euro (senza contare le triangolazioni con altre banche e paesi, via Londra e via Tokio in particolare). Nella massa "nera" spuntano anche i lo milioni di marchi bonificati a luglio '97 dai conti Siemens di Innsbruck verso quelli di Goldman Sachs: all'appello, però, manca una qualsiasi fattura o pezza d'appoggio, visto che Goldman era l'advisor...

«Possiamo escludere che nella nostra indagine sia coinvolto il presidente del consiglio Prodi», buttano acqua sul fuoco sia il procuratore capo Cuno Tarfusser che il pm Guido Rispoli, titolare delle indagine Eppure gli inquirenti - commenta Pritchard - «stanno esaminando i compensi erogati all'attuale premier da Gold-man Sachs. Mister Prodi ha ricevuto 1,4 milioni di sterline tra il 1990 e il 1993 (ai tempi della presidenza Iri, ndr) attraverso una società di Bologna chiamata "Analisi e Studi Economici", di cui è titolare insieme a sua moglie. Le segretaria della ditta ha poi detto al Daily Telegraph che molto di quel denaro veniva da Goldman Sachs». Il giornalista inglese fornisce ragguagli circa il contenuto della missiva sequestrata a Milano dalle fiamme gialle: «la lettera diceva: la "conoscenza dell'Iri e del suo management da parte della Goldman Sachs "può essere di estrema importanza in una trattativa. Da marzo 1990 il nostro primo consulente in Italia è il professor Romano Prodi"». Il quale precisa - «è stato nel libro paga Goldman Sachs dal 1990 al 1993, e poi di nuovo nel 1997, dopo la sua prima prova come premier».

Quasi 150 anni di vita e di affari nel carniere (venne fondata nel 1869 a Manhattan da due immigrati tedeschi, Marcus Goldman e Samuel Sachs), la super banca d'affari oggi leader a livello internazionale nell'ultimo quindicennio s'è specializzata nella compravendita di attività economiche strategiche (nel mirino, sul fronte italiano, le "svendite" del patrimonio parastatale). Due freschi esempi: per 3,7 milioni di euro ha rilevato il 51 per cento del pacchetto azionario di Karstadt, numero uno del ricco settore immobiliare tedesco. Poi ha messo a segno un colpo da novanta nel mercato inglese, rilevando per 4 milioni di euro la Associated British Ports. Nel Belpaese ha sempre coltivato l'hobby dei mattoni, conducendo in porto, soprattutto dall'inizio del 2000, una serie di operazioni: dall'Eni in vena di dismissioni compra per 3000 miliardi di vecchie lire un'area da 300 mila metri quadrati a San Donato Milanese: partner nel business il suo stesso fondo, Whitehall. E' con Morgan Stanley, invece, che rastrella immobili dalla crema delle assicurazioni, Bas e Toro, quindi Unim; per poi fare shopping tra quelli targati Fondazione Cariplo.

L’aperitivo giusto per passare quindi al settore industriale, dove Goldman punta subito in alto: ovvero ad alcune prestigiose sigle del nostro gotha imprenditoriale, come Pirelli Cavi di Marco Tronchetti Provera e Management & Capitali, il fondo creato da Carlo De Benedetti (e nel quale stava per fare il suo ingresso addirittura il cavalier Silvio Berlusconi, operazione poi rinviata a "tempi migliori”. Un curriculum che s'ingrossa mese dopo mese, anno dopo anno, business dopo business. Fra le chicche, il ruolo di "advisor" nelle compravendite di Antonveneta e BNL, passate rispettivamente sotto il controllo della olandese Abn Ambro e della francese Paribas, dopo le note vicissitudini. A quell'epoca, il numero uno di Goldman Sachs in Italia era Mario Draghi, entrato in pompa magna nello staff di vertice del colosso (addirittura vicepresidente del gruppo) appena lasciata la poltrona di direttore generale del Tesoro (e responsabile delle privatizzazioni...): portata a termine la “mission", Draghi potrà tranquillamente fare il suo ingresso trionfale al vertice di Bankitalia, dopo la bufera che aveva travolto l'ex governatore Antonio Fazio.

Negli ultimi mesi, non c'è praticamente operazione finanziaria da novanta che non veda far capolino l'ombra lunga di Goldman Sachs. Scende in pista per risollevare la disastrata Alitalia, corre in soccorso di Italease, insieme al gruppo Caltagirone cerca di mettere le mani sui fondi immobiliari di Pirelli Reul Estate targati Berenice e Tecla. «Ormai è la regina incontrastata del mercato finanziario europeo - osserva un operatore milanese - e l'Italia è diventata la prima terra di conquista. A prezzi ottimi, senza troppa concorrenza e, soprattutto, con un consenso che più unanime non si può». «E adesso lo sarà ancora di più, con la fresca nomina dell'alter ego di Berlusconi, Gianni Letta, a numero uno di Goldman per l'Italia e membro del suo prestigioso international advisory board, la poltrona che Prodi aveva occupato una quindicina d'anni dopo aver lasciato la presidenza Iri. Quindi adesso Goldman è perfettamente trasversale, va bene a tutti».
Nel pantheon del colosso Usa, dunque, non ci sono solo i prodiani di stretta osservanza come Tononi e Carlo Costamagna (in rampa di lancio per le poltronissime di Eni o Enel del dopo Paolo Scaroni e Fulvio Conti), come il governatore Draghi o l'ex commissario Ue Mario Monti (un altro che piace ai due Poli), ma ora entrano a pieno titolo i portabandiera del Cavaliere.

DA GOLD A BILD
Stesso copione sol palcoscenico - opportunamente "coperto" - di Bilderberg, la supercupola internazionale degli affari in vita dal 1954 e che ai suoi summit annuali vede riunirsi il gotha della finanza internazionale, con accorsato codazzo di industriali, politici, giornalisti (pochi e con le consegne del silenzio mediatico). il meeting di quest'anno si è svolto dal 31 maggio al 3 giugno al Klassic Hotel di Silviri, a una quarantina di chilometri da Istambul. Tre anni fa era stata la volta di Stresa, nella incantevole cornice del lago Maggiore, ancor prima a Sintra, in Portogallo (in quella occasione il governo di quel paese venne lautamente finanziato dal gruppo allo scopo di allestire «un servizio militare compreso di elicotteri per garantire la privacy e la sicurezza dei partecipanti»).

Al centro dei lavori, quest'anno, il grande business dell'energia e, soprattutto, riflettori puntati su petrolio e riserve di gas. Ma anche su grosse aree geografiche. In testa, ovviamente, il problema-Iraq: come dividerlo in tre o quattro nazioni. A ruota l'Iran: i tempi dell'invasione e chi vi prenderà parte. Sullo sfondo, l'altro grande nemico, la Cina , il cui fantasma può sicuramente giustificare l'aumento delle spese militari Usa e non solo. Sul versante interno, la nuova organizzazione degli States, a cavallo di "North American union" "American Union" e "Pacific Rim Union". Ancora: la creazione - come cuneo per contrastare gli interessi sovietici - del "Free Great Kurdistan", il Grande Kurdistan Libero, capace di inglobare pezzi di Iran, Iraq e Turchia. Insomma, ti rivolto il mondo come un calzino alla faccia di tutti i parlamenti e tutte le democrazie.
Ecco cosa scrive un regista dissidente turco, Timucin Leflef, che da anni vive in Irlanda: «Se al summit partecipano gente come Kissinger, Wolfowitz e Rumsfeld e altri guerrafondai del loro calibro, è naturale che venga affrontato il tema di una nuova guerra, che porta profitti per l'industria bellica. Sarà l'Iran il prossimo scenario? E forse finirà per essere proprio la Turchia una pedina essenziale nello scacchiere? Se Kissinger nel suo ultimo libro "Anni nucleari e politica estera" teorizza il fatto che oggi non vi può essere conflitto senza l'uso di armi atomiche, vuol dire che anche il nostro paese ne sarà coinvolto?».

«L’unico giornalista turco - continua il regista - invitato quest'anno è Cegiz Candar, del Turkish Referans Newspaper, che in un articolo ha parlato della sua colazione di lavoro, lo scorso 3 aprile a Washington, col suo amico intimo Wolfowitz. Sono letteralmente sbigottito dell'assoluta mancanza di dibattito, in Tuchia, circa l'incontro dei Bilderberg nel nostro paese. Non ne ha scritto alcun giornale. Sono ancora più offeso, come cittadino, per il fatto che il nostro governo ha permesso un simile incontro, per di più segreto, sul nostro territorio. Se il gruppo Bilderberg non ha niente da nascondere, dovrebbe dare libero accesso alle discussioni o quantomeno consentire delle trascrizioni perché i cittadini siano informati. Invece niente. Il più totale silenzio».

Sottolineano alcuni giornalisti investigativi della Bbc: «Si tratta di una delle associazioni più controverse dei nostri tempi, da alcuni accusata di decidere i destini del mondo a porte chiuse. Nessuna parola di quanto viene detto nel corso degli incontri è mai trapelata». E poi il reporter di un quotidiano di Bristol, Tony Gosling: «Secondo alcune indiscrezioni che ho raccolto, il primo luogo nel quale si è parlato di invasione dell'Iraq da parte degli Usa, ben prima che ciò accadesse, è stato nel meeting 2002 dei Bilderberg». Secondo lo studioso di ordini e associazioni paramassoniche Giorgio Bongiovanni, «Bilderberg rappresenta uno dei più potenti gruppi di facciata degli Illuminati, costituito per contribuire alla creazione di un Nuovo Ordine Mondiale e di un Governo Mondiale entro il 2012. Sembra che le decisioni più importanti a livello politico, sociale, economico-finanziario per il mondo occidentale vengano in qualche modo ratificate dai Bflderberg».

Il Gruppo nasce nel 1952 ma viene ufficializzato due anni più tardi, a giugno '54, quando un ristretto manipolo di vip dell'epoca si riunisce all'hotel Bilderberg di Oosterbeek, in Olanda. Due i grandi promotori dell'iniziativa: sua maestà il principe Bernardo de Lippe, olandese, ex ufficiale delle SS, in prima linea fino a quando non verrà travolto dallo scandalo Lockheed; e Joseph Retinger, faccendiere polacco al centro di una fittissima trama di rapporti finanziari internazionali. I primi incontri si svolgono esclusivamente in paesi europei, solo dall'inizio degli anni '60 anche negli Usa. Al summit di Stresa, sul totale di 126 partecipanti, 33 sono statunitensi; a ruota il nostro Paese (con 16), seguono distanziate Gran Bretagna (9), Germania (8) e poi alla spicciolata tutte le altre nazioni, una trentina in tutto.

VIP IN BILD
Ecco alcuni nomi delle nostre delegazioni. Della pattuglia presente a Stresa facevano parte Rodolfo De Benedetti, Franco Bernabè, Mario Draghi, Gabriele Galateri, Mario Monti, Tommaso Padoa Schioppa, Corrado Passera, Paolo Scaroni, Domenico Siniscalco, Giulio Tremonti, Marco Tronchetti Provera. «Guarda caso - commenta qualcuno in Borsa - c'erano tutti gli ultimi ministri dell'Economia, sia del Polo che dell'Unione». Nel corso degli anni precedenti, folto anche il parterre politico, con alcuni esponenti della prima repubblica (Gianni De Michelis, Giorgio La Malfa , Claudio Martelli, Virginio Rognoni), Romano Prodi ed Emma Bonino, in qualità di presidente e di commissario Ue, Walter Veltroni, al tempo direttore dell'Unità. Super qualificato il team economico-finanziario: Giovanni e Umberto Agnelli più Paolo Fresco per la Fiat ; Renato Ruggiero (trascorsi Fiat, poi ministro per il Commercio Estero e una rapida parentesi alla Farnesina nel governo Berlusconi); Innocenzo Cipolletta, direttore generale di Confindustria, Rainer Masera, al timone di Imi San Paolo, Alessandro Profumo, oggi vertice del colosso nato dalla fusione di Unicredit e Capitalia.
Ma vediamo i pezzi da novanta che si sono radunati al sole di Istanbul. Josè Barroso, presidente della Commissione europea, Carl Bildt, ex premier svedese, Henri de Castries, presidente di Axa, George David, al vertice di Coca Cola, John Elkan, vice presidente Fiat, Timothy Geithner, numero uno della Federal Reserve Bank di New York, Jaap Hoop de Scheffer, segretario generale Nato, Vernon Jordan, direttore generale di Lazard Freres, Henry Kissinger, presidente della Kissinger Associates, Bernard Kouchner ministro degli esteri francese, Ed Kronenburg, direttore del quartier generale Nato, William Luti, del National Security Council statunitense, Frank McKerma, ambasciatore Usa e membro del gruppo Carlyle, Mario Monti, presidente della Bocconi, Craig Mundie della Microsoft Corporation, Tommaso Padoa Schioppa, ministro dell'economia, Richard Perle, dell'American Enterprise Institute far Public Policy Research, David Rockefeller (non ha bisogno - anche per gli organizzatori - di qualifiche), Matias Inciarte, vice presidente del Grupo Santander bank, Dennis Ross, responsabile del Washington Institute far Near East Policy (la politica del vicino Est), Otto Schily, ex ministro tedesco degli Affari interni, Jurgen Scrempp, ex presidente della tedesca Daimler Chrysler, Peter Suterland, presidente di Goldman Sachs International, Jean Claude Trichet, della Banca Centrale Europea, James Wolfensohn, inviato speciale (del governo USA) per il “disimpegno di Gaza” (Gaza Disengagement)

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