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- Intervista a Gino Strada del 15 febbraio 2003
Intervista a Gino Strada
"L'Occidente crea mostri e poi
s'indigna. Vi spiego io perché la pace conviene"
tratto da l'Unità-online
del 09 gennaio 2003
Gino Strada in
questi giorni è a Milano, in partenza per Kabul. Intanto sta trattando con le
autorità irachene per trasferirsi a Baghdad e allestire rapidamente un ospedale
di guerra. Strada non crede alla possibilità che la guerra non ci sia. Dice che
gli interessi americani sono troppo grandi e che nessuna argomentazione politica
o di buon senso può convincere Washington a rinunciare all’attacco
all’Iraq. Strada dice che la guerra è in programma da tempo, e che è un
grande affare.
Gino Strada in Italia ormai è diventato il simbolo vivente del pacifismo.
D: Ogni tanto qualcuno dice: “io sono pacifista, ma non sono pacifista alla
Gino Strada”. Com’è il pacifismo di Strada?
R: Non saprei, bisogna chiedere a loro cosa intendono.
D: D’accordo, ma per lei cos’è il pacifismo?
R: La scelta della pace per me è una scelta etica e politica. Si basa sui
valori e sul buonsenso, sulla pratica, cioè sulle cose che ho visto nella mia
vita. Io sono convinto che la guerra non sia mai un modo per risolvere i
problemi ma sia un modo per ingrandirli. E che la guerra inneschi una spirale
che nessuno poi riesce a spezzare. La politica internazionale dell’ultimo anno
lo dimostra. Mi chiedo: dove ci porta questa spirale? Vorrei che ce lo
chiedessimo tutti. La pace, secondo me, non è solo un dovere, un imperativo
morale: la pace è una necessità. Se non riusciamo ad affermare un cultura di
pace e una politica di pace, sono convinto che andiamo verso un’avventura il
cui punto finale è l’autodistruzione. Non sono un catastrofista, non esagero:
è così. L’autodistruzione è la conclusione logica della cultura della
guerra. Io pongo questa domanda semplicissima: e se il conflitto tra Usa e Iraq
si trasformasse in conflitto nucleare, cosa succederebbe del mondo?
D: È un’ipotesi estrema, abbastanza irreale...
R: No, non credo che sia irreale. Gli americani hanno già dichiarato in
modo abbastanza esplicito che sono pronti a valutare l’ipotesi di usare bombe
atomiche tattiche. E a quel punto non è da escludere una reazione devastante
del mondo islamico fondamentalista, e l’uso di strumenti nucleari anche da
parte loro.
D: Queste sono le ragioni “politiche” del pacifismo integrale, alla
“Strada”. E le ragioni etiche?
R: Sono i miei princìpi. I princìpi che nascono da quello che ho fatto in
questi anni. Io lavoro per provare a salvare vite umane: sarebbe per me un
controsenso essere favorevole a pratiche politiche e militari che hanno come
obiettivo fondamentale quello di annientare vite umane. La mia etica nasce dalle
cose che vedo.
D: Lei non è religioso, se non sbaglio...
R: No, da quando sono adulto non lo sono mai stato. Sono assolutamente un
laico. Però il mio punto di vista etico si incontra spesso con quello di tanta
gente che ha un profondo senso religioso. Oggi per esempio torno da Jesi, dove
abbiamo creato un centro di “Emergency” in un istituto di monache
clarisse...
D: Faccio un’obiezione che le avranno fatto spesso. Se si esclude la guerra
come “estrema ratio”, se si esclude in via di principio l'uso della forza,
non c’è il pericolo che il mondo cada in mano ai prepotenti?
R: Ho già detto che le mie posizioni sono ispirate al buon senso e alle
cose che vedo e che so. Non è giusto semplificarle. È del tutto evidente che
se l’Italia fosse invasa da un esercito straniero che ruba, stupra, uccide e
prende a mitragliate la gente, io reagirei. Mi ribellerei. Va bene? Però non mi
sembra che questo scenario sia all'orizzonte, giusto? E allora perché
discuterne? Discutiamo dei fatti reali, che succedono, che si profilano
all’orizzonte. Il problema casomai è il seguente: come si evita che i
cosiddetti “mostri” - diciamo i dittatori - salgano al potere e poi
diventino potentissimi? Io credo che la risposta sia molto semplice: si evita di
costruirli. Una volta che sono stati costruiti, appoggiati, coperti, foraggiati,
e che questi dittatori sono diventati molto forti, certo, a quel punto è
difficile liberarsene con mezzi pacifici. L’occidente, in genere, non si
preoccupa di questo. Crea mostri e poi si indigna per il fatto che ci sono. Oggi
tutti dicono che Saddam è uno spietato dittatore. Giustissimo. E ricordano le
sue nefandezze, soprattutto lo sterminio di 5000 curdi. Benissimo. Quando
avvenne lo sterminio? Nell’88. Allora le autorità americane sai come
chiamavano Saddam? Lo chiamavano il presidente, ne erano amici, lo aiutavano, lo
armavano. Oggi lo chiamano il dittatore. E invece chiamano presidente il signor
Musharraf, il pachistano, che pure ha svariate bombe atomiche. Vedrai un giorno
ci ripenseranno, si accorgeranno che è un dittatore...
D: Recentemente lei ha detto che i paesi che fanno uso delle mine, e
che le producono (quindi anche l’Italia) sono paesi che praticano il
terrorismo. Le mine sono terrorismo. Mi sembra che su questo c’è poco da
obiettare. Però ha anche detto che le sanzioni contro l’Iraq (cioè
l’embargo) è terrorismo. Non è un’esagerazione? Le sanzioni spesso sono
l’alternativa alla guerra. Sono l’unica possibilità di fare politica sul
piano internazionale senza ricorrere alle armi. Non è così? E non furono
giuste le sanzioni contro Mussolini, negli anni 30, o quelle contro il Sudafrica
di Botha, negli anni della apartheid?
R: Proviamo ad esaminare la questione ponendoci dal punto di vista delle
persone che vivono lì. Cioè in alcuni paesi concreti, reali, dove sono in atto
le sanzioni. Per esempio l’Iraq (era dell’embargo contro l’Iraq che io
parlavo quando ho usato il termine terrorismo). L’embargo funziona da 12 anni.
Se io e te ci chiamassimo Mohamed e avessimo un figlio, un ragazzo, malato di
leucemia, e non potessimo avere le medicine che ci servono per curarlo perché
così hanno deciso le nazioni dell’occidente e gli americani, e vedessimo il
nostro bambino morire per questo, coda credi che penseremmo di quelli che ci
impediscono di curarlo? Penseremmo: sono terroristi. Qui da noi invece
invertiamo tutte le logiche. Siamo abituati a chiamare “Opinione Pubblica”
l’opinione di un gruppetto di governati e commentatori, siamo abituati a
chiamare “Legalità Internazionale” la prepotenza degli stati più forti, e
a chiamare “diritti umani” i nostri privilegi. Noi viviamo in una parte del
mondo che ospita il 20 per cento della popolazione e consuma l’85 per cento
della ricchezza, e siamo convinti che i diritti umani siano i diritti di questo
20 per cento di mantenere o aumentare le proprie ricchezze a danno degli
altri...
D: Lei non fa nessuna distinzione tra uso della forza e terrorismo?
R: Il terrorismo è la forma moderna della guerra. È stato terrorismo
l’uso dei gas in Russia, che ha ucciso gente inerme in un teatro, lo è stato
l’uso del napalm, i bombardamenti contro i nicaraguensi, le bombe a Tel Aviv
dei palestinesi e le rappresaglie israeliane. È terrorismo anche l’embargo
contro l’Iraq. La guerra, fino al primo conflitto mondiale, produceva l’85%
delle vittime tra i militari. Nella seconda guerra mondiale cambiò tutto: il
65% delle vittime fu tra i civili. Ora siamo arrivati a percentuali ancora più
alte: 9 morti su dieci sono tra la popolazione civile. In Afghanistan, nei
bombardamenti americani, secondo le stime più ottimiste sono morti cinquemila
civili. Le vittime tra i soldati saranno state alcune decine, al massimo qualche
centinaia. Noi non possiamo sapere cos’è il terrorismo. Per capirlo bisogna
conoscerlo, averlo sperimentato. Quando vedi che uccidono i tuoi parenti, i tuoi
vicini, e sai che non hanno fatto niente, mai un reato, mai un delitto, mai un
atto di violenza, che non hanno mai tenuto in mano un fucile, allora capisci che
quelli che li hanno uccisi sono terroristi.
D: Si ma lei parla di terrorismo per l’embargo contro l’Iraq....
R: Un milione e mezzo di morti in dodici anni di embargo. Come dobbiamo
valutarli, come opera di bene? Quando si attua una politica che uccide i civili
e mantiene in vita i regimi, anzi li rafforza, cosa si sta facendo? Io sono
medico, sarebbe come se decidessi di usare per il mio lavoro delle medicine che
rafforzano i batteri e indeboliscono l’organismo da curare. Come mi
considereresti? Un delinquente...
D: Non mi ha risposto però all’obiezione sulle sanzioni a Mussolini o quelle
a Botha...
R: Io non sono contrario in via di principio alle sanzioni. Sono contrario
alle sanzioni che uccidono la gente per bene e rafforzano i dittatori. Tutto
qui. Sono favorevole, eventualmente, a sanzioni che non uccidono gli
innocenti....
D: Conosce anche l’altra obiezione al pacifismo. Quella, diciamo così,
storica: cosa sarebbe successo se le potenze europee avessero lasciato fare
Hitler?
R: Le potenze occidentali hanno lasciato fare Hitler. La guerra è scoppiata
nel ‘39. Precedentemente Hitler aveva annesso l’Austria, la Renania, era
entrato nelle zone smilitarizzate, aveva riarmato la Germania violando
l’armistizio, aveva negli anni venti tentato un colpo di Stato, eccetera
eccetera. C’erano state mille occasioni per fermarlo, ma non conveniva a
nessuno. Il riarmo della Germania fu una grande affare per tutti...
D:Dunque se Saddam è come Hitler, prima si interviene per fermarlo e
meglio è. Saddam Hussein è come Hitler?
R: Guarda, se si facesse un referendum mondiale, e si chiedesse ai sei
miliardi di cittadini che popolano il mondo in chi vedono il pericolo di un
nuovo Hitler, so con certezza chi vincerebbe il referendum: lo vincerebbe George
W. Bush. Non è così? del resto chi è che oggi più di chiunque altro al mondo
mette a rischio la sicurezza internazionale? Quel guerrafondaio, petroliere,
figlio di petroliere guerrafondaio, che è George W. Bush. I paesi più
pericolosi per il mondo, in questo momento sono tre: al primo posto gli Stati
Uniti, al secondo Israele, al terzo la Russia.
D: Strada, perché il pacifismo è filopalestinese? Non sarebbe giusto mettere
sullo stesso piano il terrorismo palestinese e le rappresaglie di Sharon?
R: Noi di “Emergency” mettiamo sullo stesso piano il terrorismo di
frange palestinesi e quello del governo israeliano. Recentemente ci siamo
offerti per realizzare un servizio di ambulanze che intervenisse sia per le
vittime palestinesi che per quelle israeliane. Trattammo con l’ambasciatore di
Israele a Roma, studiammo tutti i dettagli per dare al governo israeliano ogni
garanzia possibile. L’autorità palestinese ha subito accettato la nostra
offerta, il governo israeliano neanche ci ha risposto. Detto ciò, noi non
abbiamo sposato la causa palestinese, nel senso che non abbiamo sposato i metodi
di lotta che stanno usando (difendiamo invece il diritto di avere una terra, una
patria e la pace). L’autorità palestinese ci ha invitato per una
manifestazione di solidarietà politica: non ci siamo andati, noi non facciamo
testimonianza, lavoriamo come medici per salvare delle vite.
D:La sinistra italiana, per la prima volta nel dopoguerra, sembra
finalmente unita nel no alla guerra. È un fatto importante, non crede?
R: Io spererei che tutto il Parlamento italiano sia unito contro la guerra.
La pace non è un valore di sinistra o di destra, è di tutti gli uomini.
Dopodiché, vedremo cosa succederà. L’Ulivo sarà unito nel no alla guerra?
Ne sarei felice. Anche se alcuni dirigenti dell’Ulivo non mi sembrano molto
convinti. Fassino molte volte ha polemizzato con me...
D: Se però, pur polemizzando, si ritrovasse nel no alla guerra...
R: Ne sarei molto contento, figurati. Però non sono sicurissimo di come
andranno le cose. Ho visto che molti dicono: “ no alla guerra, a meno ché
l’Onu non l’autorizzi...”. Per Onu si intende Consiglio di sicurezza
dell’Onu. I cinque stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza e con
diritto di veto sono i produttori dell’85 per cento degli armamenti che
esistono al mondo. Cioè sono quelli che alimentano i 50 conflitti attualmente
aperti nel mondo (e ci guadagnano sopra).
D: Strada, secondo lei la guerra in Iraq è inevitabile o ci sono ancora
speranze di evitarla?
R: Non credo che ci siano speranze di evitarla. Alcuni studi dicono che
l'America nei prossimi diciassette anni prevede di aumentare dal 50 al 65 per
cento la quota di petrolio che importa per coprire il proprio fabbisogno
nazionale. Dove andrà a trovare tutto quel petrolio, e in che modo potrà
controllarne il prezzo e dunque governare la propria economia? Te lo dico io:
nei cinque paesi del centro-Asia, a partire dall’Afghanistan, e in Iraq che è
il paese al mondo che ha più riserve petrolifere. Chi controlla i pozzi
dell'Iraq (che è fuori dall’Opec) è colui che fa il prezzo del petrolio nel
mondo. Per questo l’America farà la guerra. E spenderà, per fare la guerra -
dicono gli esperti- non meno di 200 miliardi di dollari. Pensa che il Wto ha
stimato che con 13 miliardi di dollari si può battere per un anno la fame in
tutto il mondo. Vuol dire che coi soldi che si spenderanno per la guerra si fa
sparire la fame per una quindicina d’anni. Gliene frega niente a nessuno? No,
tutti dicono: be, la guerra... io sono contrario per carità... però
l’estrema ratio....”. Mentono: non è l'estrema ratio, è la prima scelta. E
sai perché? Perché la politica oggi, in molti paesi, è nelle mani di gruppi
di gangster.