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Gianni,
dai, raccontala tutta…
di Carlo Bertani – 12 aprile 2007
Pare
che negli ultimi tempi vada di moda il sangue. Superando una soglia che
pareva non si dovesse superare, il TG1 ha mostrato le immagini
dell'uccisione dell'interprete di Mastrogiacomo. Fino a qualche tempo fa,
quegli orrori erano riservati alla rete Internet: forse, la concorrenza
inizia “mordere” ed i media di regime s'adeguano.
Adesso aspettiamo che siano trasmesse anche le immagini di qualche
massacro compiuto qui è la in Medio Oriente: da Jenin a Falluja, dagli
USA ad Israele. Per par condicio.
Adesso
– dopo averlo usato e rivoltato come un calzino, per cercare di
riportare a casa Mastrogiacomo – i Soloni di regime se la prendono con
il povero Gino Strada: colui che “rivolta” – in italiano –
dovrebbe essere definito “rivoltante”. Al plurale, sarebbero dunque
“rivoltanti”. Bella lingua l’italiano.
Il direttore del TG1 – Gianni Riotta – con la scusa di far capire
cosa avviene in Afghanistan nei territori occupati dai taliban,
ha operato una raffinata operazione di disinformazione al servizio del
centro/sinistra/destra al potere.
Possono
apparire affermazioni eccessive, ma se manca la controparte – ossia la
testimonianza dei tantissimi massacri compiuti in questi anni dagli Usa,
proprio in Afghanistan – si finisce per fare soltanto disinformazione.
Perché non ricordare che – circa un anno fa – per un comune
incidente stradale i soldati americani spararono sulla folla nel centro
di Kabul? Anche questa è informazione, e sono fatti che lasciano segni
profondi.
Lo
spettacolo di una persona sgozzata è terrificante, tutti ne siamo
convinti e proviamo orrore, ma le immagini del massacro di Jenin operato dagli israeliani (perché non trasmetti quelle immagini,
Gianni?) – che chi voleva visionò sul Web – parevano una carrellata
su un bancone di macelleria medievale. Cana era uno scherzo al
confronto.
Si crepa forse diversamente disintegrati da una bomba che cade da
Ma
“le bombe colpiscono i combattenti”. Che pietosa bugia.
In Afghanistan, nessuno fa la guerra ai taliban
a terra, con la fanteria: nemmeno gli americani. Tutti si limitano a
bombardare con gli aerei ed a mitragliare con gli elicotteri: prova ne
sia che gli USA chiesero all’Italia d’inviare proprio i
cacciabombardieri AMX, perché avrebbero fatto un “buon lavoro”.
E’ roba rustica, da caccia al cinghiale più che alla volpe (quando
riescono a stare in aria, perché hanno il pessimo vizio di cadere da
soli, finora 17 “incidenti”).
Ogni
tanto – sempre a detta dei nostri amati TG – viene colpita e
distrutta una colonna di taliban.
Li riconoscono da
Se ne stanno accorgendo gli afgani. Qualcuno può spiegare perché la
maggior parte del territorio afgano è nuovamente controllata dai taliban? Perché abbiamo condotto quella guerra con la solita
mentalità coloniale di sempre, ed oggi ci odiano. Chi abbiamo insediato
sul trono di Kabul? Un manager petrolifero dei Bush. Per quali fini
abbiamo usato i fondi a disposizione? Per mantenere la corruzione del
suo governo. Addirittura, per non dover aiutare i poverissimi afgani,
abbiamo concesso loro di tornare a coltivare l’oppio! Qualcuno può
contraddire queste affermazioni? E cosa possiamo ragionevolmente
attenderci oggi? Che i taliban – che non sono certo degli stinchi di santo – stiano a
guardare?
L’eterna
confusione che fanno i nostri media – ben congegnata, non è semplice
ignoranza distillata – parte dal non distinguere i pashtun,
la principale etnia afgana, dai taliban.
I primi sono un’etnia con una propria lingua – l’urdu – i secondi dei guerriglieri che vengono addestrati
soprattutto all’estero: sono gli stessi che abbiamo inventato ed usato
noi occidentali, contro i russi ed in Jugoslavia. Sui taliban, abbiamo il copyright.
Tutto ciò avviene poiché nessuno si è preso la briga di spiegare chi
ha armato e foraggiato per decenni i taliban
e chi cerca di trarne vantaggio.
Quando
i taliban andarono al potere a
Kabul, quali furono gli unici Stati che riconobbero quel governo?
Arabia Saudita, Pakistan ed Emirati Arabi Uniti. Punto e basta: i
migliori alleati degli USA nella regione. Dove si sono formati
politicamente e militarmente gli studenti col mitra? Nelle madrasse
del Pakistan, e tuttora continuano ad organizzarsi ed a cercare
proseliti proprio in quel Paese, “irrinunciabile” alleato USA nella
regione.
Chi furono i primi ad usare quella massa di manovra per i propri fini? Gli Stati Uniti, che li utilizzarono e li sorressero per anni allo scopo di sconfiggere le truppe di Mosca che occupavano l'Afghanistan. Quando i russi furono sconfitti, si trasferirono in Bosnia: sembrerebbero quasi dei lavoratori frontalieri. Sarebbe illuminante trasmettere anche un’intervista a Walid Jumblatt – capo delle milizie druse in Libano, oggi grande sostenitore del governo Siniora – che riposa negli archivi RAI, dove affermava “d’aver venduto tutte le armi delle sue milizie in Jugoslavia, e d’aver fatto affari d’oro”. Prova a cercarla, Gianni, perché le armi a quei transfughi qualcuno doveva ben fornirle.
Oggi,
gli Stati Uniti cercano in tutti i modi di creare un casus belli contro l'Iran, poiché quel paese ha deciso di dotarsi
di centrali nucleari per la produzione d’energia elettrica, dopo aver
sottoscritto il Trattato di non Proliferazione Nucleare a fini bellici.
Ovviamente, nessuno potrà impedire all'Iran – raggiunto l'obiettivo
del nucleare a scopo civile – d’espandere la stessa tecnologia ai
fini militari. Pochi, però, raccontano che per passare dalla tecnologia
nucleare civile a quella militare ci vorrebbe probabilmente un ulteriore
decennio.
Gli
stessi Stati Uniti – che oggi urlano ai quattro venti il pericolo
iraniano – pare non si siano accorti, per decenni, che il Pakistan si
stava dotando di bombe atomiche. La “democratica” Benazir Bhutto
affermò “che avrebbero mangiato cicoria pur d’avere l’atomica”, e lo
disse pubblicamente: evidentemente, nessuno ascoltava. Dopo, giunse il
“meno democratico” Musharraf, ma l'atomica c'era già. Eh, che
sfiga…
Il
tanto democratici governanti di Ryad – nel paese dove non esiste
nemmeno un Parlamento – già parecchi anni o sono iniziarono a
sostituire le rampe mobili dei missili balistici sauditi con impianti
sotterranei in shelter corazzati. Non sappiamo di quali ogive siano dotati i
missili sauditi, ma la presenza nel paese di testate chimiche e
batteriologiche è confermata da molti analisti. Non parliamo poi delle
pietose bugie di Olmert per cercare di non ammettere il possesso
dell’atomica.
Insomma, fra tante atomiche “scordate” e centinaia d’altre testate
chimiche e batteriologiche, il punto dolente è il programma nucleare
iraniano.
Qualcuno
– fra un mea culpa e l’altro, fra un’invettiva contro Gino Strada
ed un’altra contro Bush – si chiede “chi paga”. Ma, insomma:
andate a rileggervi chi riconobbe il governo afgano dei taliban!
A dire il vero, anche gli USA li finanziarono, ma solo fino all’agosto
del 2001. Dopo, nisba.
E i soldi, da dove spuntano?
Eh, i soldi…i soldi in Medio Oriente puzzano sempre un po’ di
petrolio, non c’è niente da fare. Non sarà il caso odierno
dell’Afghanistan, ma un certo olezzo di gasolio se lo portano sempre
appresso. Perché?
Perché
il prezzo del greggio ha più componenti: la più importante deriva
senz’altro dalla comune legge della domanda e dell’offerta, ma la
domanda e l’offerta sono da anni ai massimi storici. Ci sono poi altri
elementi meno noti – le potenzialità d’estrazione dei vari bacini e
quelle di raffinazione – e
Gli
speculatori, però, hanno bisogno di “materiale” per “lavorare”,
ossia per far quattrini spillandoli dalle nostre tasche. Così, un
aumento del prezzo del greggio è ben visto sia a Ryad e sia a
Washington, ma anche a Roma ed a Rotterdam: basta che a pagare siano i
soliti imbecilli che devono riempire il serbatoio dell’auto.
Qualche tensione internazionale – vera o presunta – può lanciare un
allarme? L’allarme provoca – anche per poche settimane – una
minima impennata del prezzo del greggio? Un misero dollaruccio in più?
Si può aumentare il prezzo alla pompa di benzina in pochi minuti,
e poi farlo tornare ai livelli di partenza in poche settimane?
Pare che si possa.
Un
misero dollaro d’aumento del barile (poiché il prezzo del greggio
trascina al rialzo tutti i prodotti energetici) comporta, su base annua,
un incremento di circa 60 miliardi di dollari del mercato mondiale
dell’energia.
Un dollaruccio, sessanta miliardi. Ben vengano, allora, crisi di missili
con l’Iran, zuffe con
Da dove vengono i soldi per i taliban? Chi li paga? Si chiedono legioni di Farisei assopiti sulle poltrone dell’Insetto. Un Kalashnikov, in Iraq, costa 20 dollari. Mantenere un giovane “allievo” in una delle 2.000 madrasse del Pakistan – pensione completa, libri (per quel che servono…) e sussidio alla famiglia – costa circa 60 dollari: da quelle “scuole”, gli “studenti col mitra” sono usciti a centinaia di migliaia.
Mannaggia
‘sti taliban, che schifezza.
Se non esistessero, però, quasi quasi dovremmo inventarli.
Carlo
Bertani articoli@carlobertani.it
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