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Tasse e affari – Gest Crime
di Furio Lo Forte  Antonio Menna

«E’ quanto mai strano che per la provincia ed il comune di Genova sia stato affidato alla società Gest Line spa con sede a Napoli il servizio riscossioni. Perché l’affidamento non è andato ad una società genovese o ligure?». Se lo domanda la presidente del Codacons Liguria Anna Massone, che rileva vistose irregolarità, come gli «interessi applicati in misura errata, anche su somme già corrisposte dal contribuente», con «un ammontare di somme non dovute» che alcuni mesi fa oscillava «tra i 100 e i 200 euro della somma totale non pagata» ed una massa di contribuenti che esita a denunciare per costi e tempi elevati dei procedimenti civili e penali. «Non vorremmo - tuona la battagliera Massone - che gli errori fossero non casuali a discapito dei consumatori, i quali sono disincentivati a proporre azione contro la Gest Line , sul presupposto che conviene maggiormente pagare 100 o 200 euro non dovuti, piuttosto che affrontare i costi di un procedimento». 
Tutti interrogativi da tempo sulla bocca dei contribuenti - migliaia e migliaia di cittadini inferociti - anche a Rovigo, Padova, Gorizia, Bologna, Venezia, Pordenone, Caserta. Già, perchè Napoli? Quali credenziali offre, per un servizio tanto delicato, una società costituita all’ombra del Vesuvio nel 2001 e tuttora iscritta nel locale Registro imprese, benchè operante come esattore pubblico in ben otto piazze da un capo all’altro della della penisola? L’incoronazione arriva nel 2004: a giugno l’ufficio per il federalismo fiscale del ministero dell’economia dichiara la Gest Line iscritta «nell'Albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni».

Società per azioni con un unico socio, il San Paolo IMI, la corazzata Gest Line nasce molto prima, il 29 novembre 2001, pochi mesi dopo l’insediamento del governo Berlusconi, Con circa 3 miliardi e mezzo di euro in dote, ha il suo quartier generale nella city partenopea, in via Roberto Bracco. Il 7 aprile 2003 incorpora la Ge.ri .co. spa di Mestre, cui subentra nel servizio esattoriale. Poi acquisisce le San Paolo riscossioni spa di Genova e di Prato. Declinando le sue benemerenze in un apposto sito, la Gest Line dichiara oggi di possedere «una grande esperienza al suo attivo. Deriva infatti dalla fusione di quattro società che da tempo operavano nel settore: la Sanpaolo Riscossioni Genova spa, la Sanpaolo Riscossioni Prato spa, la Gerico spa e la Esaban spa». Tutte queste incorporazioni sono descritte nella visura camerale storica della società, dove però non si ritrova traccia dell’ultima operazione, quella relativa ad Esaban.
Le ultime notizie sulla ex società di riscossione del Banco di Napoli riguardano l’arresto di un funzionario per presunte tangenti sul pagamento delle cartelle esattoriali. Ma torniamo a Gest Line. Alla vigilia del riconoscimento da parte del ministero retto da Giulio Tremonti, il 19 maggio 2004 a rappresentare l’impresa è chiamato l’avvocato Ezio Palmarini, partenopeo doc, classe 1937, nominato sul campo vicepresidente del cda. Una vita trascorsa nel defunto Banco di Napoli (cancellato da Bankitalia, insieme a tutto il gruppo, con provvedimento del febbraio 2001), Palmarini era stato per anni al timone di un altro colosso, la BN Commercio e Finanza, con ben 53 diramazioni societarie e sedi in tutte le città d’Italia, da Vicenza a Varese, da La Spezia a Torino. Tutte cessate. Tutte iscritte al Registro imprese di Napoli nel 1982.

Con sede nel monumentale edificio di via Crispi 2, la società si chiamava in origine BNB Meridionale Leasing. Cambia nome nel ‘92 e diventa appunto BN Commercio e Finanza, «con il ruolo - raccontano alcuni esperti dei fatti & misfatti di via Toledo - di sviluppare le attività di leasing e factoring del Gruppo Banco di Napoli». Controllata al 100 per cento di BN Commercio e Finanza era poi Finproget. Entrambe passano, nel 2002, in orbita Carife; la Cassa ferrarese, che aveva assunto nel suo generoso seno anche un altro carrozzone sgangherato, la fu Isveimer, per limitare il danno procede inizialmente a continue cartolarizzazioni dei debiti assunti. Evidentemente, non è bastato: tanto le azioni di Commercio e Finanza, quanto quelle di Finproget, risultano ufficialmente oggi sul mercato attraverso un’OPA lanciata nel maggio di quest’anno. Il nome di una Finproget (ma potrebbe trattarsi solo di un’omonimia) figura nelle carte giudiziarie del processo a carico di Marcello Dell’Utri dinanzi al tribunale di Palermo.

L’organigramma 
Oltre a Palmarini, nella nomenklatura Gest Line figurano anche il veneziano Andrea Martin, il piemontese Mauro Rossi e lo storico vertice San Paolo Maurizio Montagnese, senza contare il “rosso” Gianguido Sacchi Morisani, emiliano purosangue, amministratore delegato. Tutti “scesi” a Napoli per esaltare le misconosciute virtù esattoriali dell’era Iervolino-Bassolino. E poi ci sono i procuratori: il palermitano Riccardo Bondì, 45 anni, ed il coetaneo Marco Rossini, romano, area Gruppo De Benedetti-L’Espresso. Tutti partenopei doc i sindaci: il collaudato commercialista Bruno Matera, i vomeresi Raffaele Casuscelli e Marco Esposito, il posillipino Paolo Piscitelli e Sergio Pirone, residente in corso Vittorio Emanuele. Amministratore delegato della sigla partenopea è il vicentino Andrea Rigoni, cinquant’anni, residente a Roma in via del Giordano. 
Strenuo sostenitore delle famigerate “ganasce fiscali”, Rigoni prova a difendere la società dalle accuse dei consumatori. «Purtroppo, c’è chi solleva una campagna denigratoria nei nostri confronti, anche piuttosto aggressiva. Potrei essere portato a pensare - dichiara qualche tempo fa al Mattino - che dietro certi atteggiamenti si nasconda l’intento di mettere in cattiva luce l’amministrazione cittadina». E la marea di errori? «Non è un problema soltanto napoletano. Noi - geme - siamo solo l’ultimo anello della catena e ci sono lentezze burocratiche a vari livelli». Insomma, secondo Rigoni sarebbe in atto un “complotto” da parte di esponenti del Polo per “screditare” le amministrazioni partenopee di centro sinistra colpendo il loro braccio operativo, la Gest Line. Di sicuro, a destra c’è qualcosa di indi-Gest...

Qualche settimana fa, il 9 novembre scorso, la Gest Line finisce nel mirino di alcuni senatori forzisti (fra gli altri, il veneziano Luciano Falcier, il trevigiano Gian Pietro Favaro, il vicentino Antonio Pasinato, membro della Cassa di vigilanza depositi e prestiti). I senatori chiedono lumi ai ministri dell'economia e del lavoro sulle procedure di mobilità attivate dalla Gest Line a partire da ottobre scorso, mandando a casa decine di lavoratori fra Napoli, Genova e Venezia. «L'attivazione della procedura di mobilità e la risoluzione del rapporto di lavoro di 12 lavoratori - tuonano i parlamentari - risulterebbe immotivata rispetto alla situazione in cui si trova la società», che «negli ultimi due anni ha esternalizzato, dando in appalto, lavori propri caratteristici dell'attività esattoriale» e «negli ultimi due anni ha utilizzato numerose risorse con contratti a progetto, tirocini formativi, ed interinali». I senatori forzisti chiedono quindi «un intervento urgente presso la società Gest Line affinché siano revocate tutte le procedure di mobilità, ovvero tutte le procedure che prevedano l'attivazione obbligatoria del fondo di solidarietà del comparto esattoriali». Per far quadrare i conti, in casa Gest Line si lanciano in un coup de theatre. A ottobre gli esattori made in Naples pignorano il cachet a Diego Armando Maradona per tasse non pagate negli anni d’oro del San Paolo. Il Pibe era appena rientrato in Italia per partecipare a Ballando sotto le stelle. «Ma qui a Napoli - commentano in città - a vedere le stelle sono solo i poveri contribuenti».

CASE ALL’ASTA CON CLAN
Cinque anni di tassa di possesso dell’auto non pagate, una decina di multe per divieto di sosta lasciate nel cassetto. Un debito con lo Stato di qualche migliaio di euro. Che anno dopo anno, con mora e interessi, cresce. Fino a mangiarti la casa. Il dramma della classe media va in scena a Napoli. Questa volta alla porta non bussa il vecchio usuraio che ti mangia il capitale con interessi da capogiro; ma l’esattore. Bussa l’autorità che ti dice, perentoria, se non paghi mi prendo la casa. E la vendo all’asta. A Napoli, nelle ultime settimane, sono andati sotto il martello del banditore una novantina di appartamenti, la maggior parte localizzati nelle zone periferiche, Ponticelli, Barra, Poggioreale, Pianura, Casoria, Cercola. Il lavoro di una vita che finisce all’asta in un contesto, come quello partenopeo, dove da sempre questo settore risulta inquinato da prsenze malavitose. E manca un’adeguata vigilanza. Lo scorso 27 novembre è stata bandita una maxi asta con ben 23 decreti di esecuzione e 31 immobili da vendere entro gennaio. I lotti sono disseminati tra la città di Napoli e parti della provincia. A Pozzuoli sono andate all’asta porzioni di proprietà su immobili di via Campana a prezzi di assoluta convenienza, come dicono gli operatori in gergo. Base d’asta di 34mila euro, con ribassi previsti in caso di seconda o terza battuta, per arrivare fino a 15mila euro. A Bagnoli, case di via Giulio Cesare e via degli Scipioni; anche qui prezzi interessanti: 46 mila euro in prima battuta, 31 mila in seconda. A Marano le aste hanno riguardato un immobile di sei vani al primo piano di via Pendine Casalanno, base d’asta 50 mila euro. A Ponticelli, a via Bartolo Longo, un primo piano di sei vani è andato all’asta per 90 mila euro; a Casoria, in via Rieti, un appartamento di tre vani è stato bandito con base d’asta di 14 mila euro. A Cercola, sulla via Nuova Provinciale, un appartamento al quarto piano di quattro vani si è partiti da 60 mila euro. E via via, fino ad arrivare addirittura ad un immobile di via Chiaia: sei vani al primo piano di uno stabile di categoria A10 venduti a base d’asta con la cifra di 260 mila euro. «Si tratta - mettono le mani avanti alla Gest Line - di aste aperte, con immobili che vanno presi nelle condizioni in cui sono; bisogna pagare tutto il prezzo, in contanti, al concessionario entro trenta giorni.

Spesso nelle case stesse ci sono gli ex proprietari pignorati, non è facile liberare gli immobili. Tuttavia si tratta pur sempre di case vendute a prezzi molto bassi rispetto al mercato. A qualcuno interessano». Già. A chi? Naturalmente a uomini d’affari lesti nel chiudere le trattative. Ma, su territori come quelli della provincia di Napoli, anche a chi, evidentemente, ha più facilità di altri nel gestire ingenti liquidità (caso mai da “lavare”) e nel liberare le case da ospiti sgraditi: uomini ovviamente “di rispetto”. A metà novembre nel capoluogo partenopeo sono state arrestate quattro persone, ritenute vicine al clan Nuvoletta di Marano. I quattro sono stati colti in flagranza di reato dagli agenti del commissariato di Polizia San Ferdinando durante un’asta in uno studio notarile per la vendita di immobili. I poliziotti, per scovarli, hanno finto di voler partecipare ad un’asta per alcuni appartamenti di Giugliano, Arzano e Marano: quando hanno cominciato a partecipare al bando e a rilanciare per aggiudicarsi il lotto, i quattro si sono avvicinati e con minacce esplicite li hanno invitati a lasciare l’asta. «Qui le case le compriamo solo noi, siamo gente del clan di Marano: andate via oppure non state tranquilli», hanno intimato ai poliziotti ovviamente in borghese. Immediate sono scattate le manette per Emiliano Pesce, vomerese di 30 anni, Vincenzo Iasevoli, incensurato 23enne del Vomero, Luciano Vitiello, 44 enne di Secondigliano, e Vincenzo Piretti, imprenditore incensurato 53enne di Marano, considerato la mente del gruppo. Un metodo sbrigativo per acquisire con poco e per liberare e rimettere sul mercato case comprate con la fatica di un lavoro e perse con l’accumularsi di un debito con lo Stato. “Il problema delle aste - spiega Giuseppe Carotenuto, a nome di un comitato di utenti che sono stati bersagliati da cartelle esattoriali talvolta sbagliate - è a monte. Non si possono trattare cittadini in difficoltà come criminali, incalzandoli sul debito, stringendoli nella morsa fino a togliergli la casa che poi, finita caso mai nelle mani della camorra, deve essere anche liberata in fretta e furia. Ci vorrebbe un metodo più attento ai bisogni della gente. Le tasse si pagano ma la gente non può fare miracoli».

 
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