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Tasse
e affari – Gest Crime
di Furio Lo
Forte Antonio Menna
Tutti interrogativi da tempo sulla bocca dei contribuenti - migliaia e
migliaia di cittadini inferociti - anche a Rovigo, Padova, Gorizia,
Bologna, Venezia, Pordenone, Caserta. Già, perchè Napoli? Quali
credenziali offre, per un servizio tanto delicato, una società
costituita all’ombra del Vesuvio nel 2001 e tuttora iscritta nel
locale Registro imprese, benchè operante come esattore pubblico in ben
otto piazze da un capo all’altro della della penisola?
L’incoronazione arriva nel 2004: a giugno l’ufficio per il
federalismo fiscale del ministero dell’economia dichiara
Società per azioni con un unico socio, il San Paolo IMI,
la corazzata Gest Line nasce molto prima, il 29 novembre 2001, pochi
mesi dopo l’insediamento del governo Berlusconi, Con circa 3 miliardi
e mezzo di euro in dote, ha il suo quartier generale nella city
partenopea, in via Roberto Bracco. Il 7 aprile 2003 incorpora
Le ultime notizie sulla ex società di riscossione del Banco di Napoli
riguardano l’arresto di un funzionario per presunte tangenti sul
pagamento delle cartelle esattoriali. Ma torniamo a Gest Line. Alla
vigilia del riconoscimento da parte del ministero retto da Giulio
Tremonti, il 19 maggio
Con sede nel monumentale edificio di via Crispi 2, la
società si chiamava in origine BNB Meridionale Leasing. Cambia nome nel
‘92 e diventa appunto BN Commercio e Finanza, «con il ruolo -
raccontano alcuni esperti dei fatti & misfatti di via Toledo - di
sviluppare le attività di leasing e factoring del Gruppo Banco di
Napoli». Controllata al 100 per cento di BN Commercio e Finanza era poi
Finproget. Entrambe passano, nel
L’organigramma
Oltre a Palmarini, nella nomenklatura Gest Line figurano
anche il veneziano Andrea Martin, il piemontese Mauro Rossi e lo storico
vertice San Paolo Maurizio Montagnese, senza contare il “rosso”
Gianguido Sacchi Morisani, emiliano purosangue, amministratore delegato.
Tutti “scesi” a Napoli per esaltare le misconosciute virtù
esattoriali dell’era Iervolino-Bassolino. E poi ci sono i procuratori:
il palermitano Riccardo Bondì, 45 anni, ed il coetaneo Marco Rossini,
romano, area Gruppo De Benedetti-L’Espresso. Tutti partenopei doc i
sindaci: il collaudato commercialista Bruno Matera, i vomeresi Raffaele
Casuscelli e Marco Esposito, il posillipino Paolo Piscitelli e Sergio
Pirone, residente in corso Vittorio Emanuele. Amministratore delegato
della sigla partenopea è il vicentino Andrea Rigoni, cinquant’anni,
residente a Roma in via del Giordano.
Strenuo sostenitore delle famigerate “ganasce fiscali”, Rigoni prova
a difendere la società dalle accuse dei consumatori. «Purtroppo, c’è
chi solleva una campagna denigratoria nei nostri confronti, anche
piuttosto aggressiva. Potrei essere portato a pensare - dichiara qualche
tempo fa al Mattino - che dietro certi atteggiamenti si nasconda
l’intento di mettere in cattiva luce l’amministrazione cittadina».
E la marea di errori? «Non è un problema soltanto napoletano. Noi -
geme - siamo solo l’ultimo anello della catena e ci sono lentezze
burocratiche a vari livelli». Insomma, secondo Rigoni sarebbe in atto
un “complotto” da parte di esponenti del Polo per “screditare”
le amministrazioni partenopee di centro sinistra colpendo il loro
braccio operativo,
Qualche settimana fa, il 9 novembre scorso,
CASE ALL’ASTA CON
CLAN
Cinque anni di tassa di possesso dell’auto non pagate,
una decina di multe per divieto di sosta lasciate nel cassetto. Un
debito con lo Stato di qualche migliaio di euro. Che anno dopo anno, con
mora e interessi, cresce. Fino a mangiarti la casa. Il dramma della
classe media va in scena a Napoli. Questa volta alla porta non bussa il
vecchio usuraio che ti mangia il capitale con interessi da capogiro; ma
l’esattore. Bussa l’autorità che ti dice, perentoria, se non paghi
mi prendo la casa. E la vendo all’asta. A Napoli, nelle ultime
settimane, sono andati sotto il martello del banditore una novantina di
appartamenti, la maggior parte localizzati nelle zone periferiche,
Ponticelli, Barra, Poggioreale, Pianura, Casoria, Cercola. Il lavoro di
una vita che finisce all’asta in un contesto, come quello partenopeo,
dove da sempre questo settore risulta inquinato da prsenze malavitose. E
manca un’adeguata vigilanza. Lo scorso 27 novembre è stata bandita
una maxi asta con ben 23 decreti di esecuzione e 31 immobili da vendere
entro gennaio. I lotti sono disseminati tra la città di Napoli e parti
della provincia. A Pozzuoli sono andate all’asta porzioni di proprietà
su immobili di via Campana a prezzi di assoluta convenienza, come dicono
gli operatori in gergo. Base d’asta di 34mila euro, con ribassi
previsti in caso di seconda o terza battuta, per arrivare fino a 15mila
euro. A Bagnoli, case di via Giulio Cesare e via degli Scipioni; anche
qui prezzi interessanti: 46 mila euro in prima battuta, 31 mila in
seconda. A Marano le aste hanno riguardato un immobile di sei vani al
primo piano di via Pendine Casalanno, base d’asta 50 mila euro. A
Ponticelli, a via Bartolo Longo, un primo piano di sei vani è andato
all’asta per 90 mila euro; a Casoria, in via Rieti, un appartamento di
tre vani è stato bandito con base d’asta di 14 mila euro. A Cercola,
sulla via Nuova Provinciale, un appartamento al quarto piano di quattro
vani si è partiti da 60 mila euro. E via via, fino ad arrivare
addirittura ad un immobile di via Chiaia: sei vani al primo piano di uno
stabile di categoria A10 venduti a base d’asta con la cifra di 260
mila euro. «Si tratta - mettono le mani avanti alla Gest Line - di aste
aperte, con immobili che vanno presi nelle condizioni in cui sono;
bisogna pagare tutto il prezzo, in contanti, al concessionario entro
trenta giorni.
Spesso nelle case stesse ci sono gli ex proprietari
pignorati, non è facile liberare gli immobili. Tuttavia si tratta pur
sempre di case vendute a prezzi molto bassi rispetto al mercato. A
qualcuno interessano». Già. A chi? Naturalmente a uomini d’affari
lesti nel chiudere le trattative. Ma, su territori come quelli della
provincia di Napoli, anche a chi, evidentemente, ha più facilità di
altri nel gestire ingenti liquidità (caso mai da “lavare”) e nel
liberare le case da ospiti sgraditi: uomini ovviamente “di
rispetto”. A metà novembre nel capoluogo partenopeo sono state
arrestate quattro persone, ritenute vicine al clan Nuvoletta di Marano.
I quattro sono stati colti in flagranza di reato dagli agenti del
commissariato di Polizia San Ferdinando durante un’asta in uno studio
notarile per la vendita di immobili. I poliziotti, per scovarli, hanno
finto di voler partecipare ad un’asta per alcuni appartamenti di
Giugliano, Arzano e Marano: quando hanno cominciato a partecipare al
bando e a rilanciare per aggiudicarsi il lotto, i quattro si sono
avvicinati e con minacce esplicite li hanno invitati a lasciare
l’asta. «Qui le case le compriamo solo noi, siamo gente del clan di
Marano: andate via oppure non state tranquilli», hanno intimato ai
poliziotti ovviamente in borghese. Immediate sono scattate le manette
per Emiliano Pesce, vomerese di 30 anni, Vincenzo Iasevoli, incensurato
23enne del Vomero, Luciano Vitiello, 44 enne di Secondigliano, e
Vincenzo Piretti, imprenditore incensurato 53enne di Marano, considerato
la mente del gruppo. Un metodo sbrigativo per acquisire con poco e per
liberare e rimettere sul mercato case comprate con la fatica di un
lavoro e perse con l’accumularsi di un debito con lo Stato. “Il
problema delle aste - spiega Giuseppe Carotenuto, a nome di un comitato
di utenti che sono stati bersagliati da cartelle esattoriali talvolta
sbagliate - è a monte. Non si possono trattare cittadini in difficoltà
come criminali, incalzandoli sul debito, stringendoli nella morsa fino a
togliergli la casa che poi, finita caso mai nelle mani della camorra,
deve essere anche liberata in fretta e furia. Ci vorrebbe un metodo più
attento ai bisogni della gente. Le tasse si pagano ma la gente non può
fare miracoli».