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Gerani’s
fields forever
di Carlo
Bertani – 19 ottobre 2006
La
notizia che l’art. 32 della Finanziaria si mette a proteggere i
quotidiani e le riviste dalle “copiature” che farebbero gli editori,
soprattutto sul Web, ha un che di strano e sembra veramente fuori luogo.
Anzitutto, bisogna distinguere la “copiatura” dalla pura e semplice
citazione.
La citazione – se la memoria non mi tradisce – è limitata a 200
parole, ma
Leggiamo l’art. 65 originale, così come lo scrissero durante il
Fascismo (!).
65.
Gli articoli di attualità, di carattere economico, politico,
religioso, pubblicati nelle riviste o giornali, possono essere
liberamente riprodotti in altre riviste o giornali, anche radiofonici,
se la riproduzione non è stata espressamente riservata, purché si
indichino la rivista o il giornale da cui sono tratti, la data e il
numero di detta rivista o giornale e il nome dell'autore, se l'articolo
è firmato.
Ed
ecco come viene “riformato” dall’Ulivo “rampante”, che ritiene
l’antifascismo e
Così non vi piace? Allora vediamo…dunque…ecco: la libertà è il
nostro credo, e senza libertà non ci può essere realizzazione
dell’individuo. La libertà, però, non può degradare in licenza e
dunque è necessario proteggere i deboli, coloro che vedrebbero usurpato
un loro diritto, e quindi limitata la loro libertà. Firmato: Don
Camillo.
Articolo
32. Riproduzione di articoli di riviste o giornali
1. All'articolo 65 della legge 22 aprile 1941, n. 633, dopo il comma 1,
è inserito il seguente:
«1-bis. I soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la
riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono
corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti
articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di
riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui
al periodo precedente e le associazioni delle categorie interessate.
Sono escluse dalla corresponsione del compenso le amministrazioni
pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165.».
Questa
è roba moderna, scritta pochi giorni or sono da un Gentilone e Prode
Cavaliere con lo Schioppo. Che ci sia anche la mano del “Veltro”? Da
quando è diventato scrittore di successo…non si sa
mai…probabilmente l’hanno scritto con succo di Margherita e
sigillato con estratto d’Ulivo. La “sinistra” della coalizione non
s’è accorta di nulla? No, il Bertinotto è sempre assiso sul suo alto
scranno con la cravatta in tono all’arredamento di Montecitorio, altri
staranno meditando su come far “digerire”
Si
potrebbe anche ipotizzare qualche strascico legale, perché il
successivo art. 70 non è stato modificato e sembrerebbe contraddire,
almeno in parte, l’art. 1-bis provvidenzialmente aggiunto per
sopperire alla troppa liberalità di Mussolini.
70.
Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di
opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento,
sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non
costituiscano concorrenza alla utilizzazione economica dell'opera.
Nelle antologie ad uso scolastico…(omissis)
Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell'opera, dei nomi dell'autore, dell'editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull'opera riprodotta.
Può
darsi che debbano ancora imparare a scrivere le leggi – non sarebbe la
prima volta – ma, se l’articolo “bis” aggiunto ha evidenti
tratti liberticidi, si fa un po’ di fatica a capire a chi è rivolto.
Al popolo della controinformazione che scopiazza i giornali? Per carità:
non è che ci sia molto da copiare…
Piuttosto, sarebbe interessante capire come si dovrà comportare chi –
dal Web, dai libri o dagli articoli – si vedrà scopiazzare brani dei
propri scritti sui giornali od in TV. Un esempio?
Autunno
2005: sulla gran Rete 1 va in onda una domenica sera uno “speciale”
sul terrorismo. La domanda è assai pregnante ed esaltante: che cosa è
Al-Qaeda? Franco Di Mare si spertica con gli assidui ospiti in studio
– tutti rigorosamente “embedded” – per riuscire a dimostrare
qualcosa, tanto per trascorrere gli intermezzi fra una pubblicità e
l’altra.
Sto facendo lo zapping fra i canali per sapere cos’ha combinato il mio
amato Toro (allora in B) e sto meditando che l’ora inizia ad essere
tarda…domani entrerò alla prima ora…quando capito sulla “gran
rete” e riconosco delle parole che mi sono familiari.
Scorrono sul teleschermo le solite immagini che abbiamo visto mille
volte – i mujaiddin che s’addestrano al karaté, Osama che spara (vi
siete accorti che è mancino?) – ma il linguaggio mi è familiare.
Accidenti – penso – guarda te che a qualcuno è venuta in mente la
stessa espressione “nonostante si vesta come un pecoraio della steppa,
il signor Osama Bin Laden…”.
Già,
perché quelle parole le avevo scritte anch’io – al momento ero solo
stupito – nel libro “Al-Qaeda, chi è, da dove viene, dove va” che
era uscito pochi mesi prima da Malatempora.
Passa il tempo e aumentano le coincidenze “La nostra storia inizia in
un albergo di Peshawar: seduti a terra ci sono un gruppo d’arabi e
uomini della CIA con il classico vestito scuro…”
Insomma, s’erano copiati non proprio tutto, ma quasi.
Poi si chiedono perché uno s’arrabbia: beh, vorrei vedere
voi…quelli ad acchiappare i dobloni per stare seduti nello studio del
TG1, io a scrivere per farmi copiare (gratis) il tutto.
Il
giorno seguente, un caro amico scarica il sonoro della trasmissione e me
lo invia (quando arriverà l’ADSL anche qui? L’innovazione
tecnologica dov’è?) ed inizio – libro alla mano – ad indicare i
“furti”. Riempio diverse pagine e le invio in allegato alla
redazione del TG1.
La
risposta è duplice: la sera seguente mi telefona uno strano tizio, il
quale mi confessa che il servizio era stato acquistato da “Der Spiegel”
ma che il commento era in tedesco. Risposta: Spreche Sie Deutsch? Nein, spreche nicht. Beh qualcuno
che lo “spraccava” lo avreste pur trovato…
No,
il problema non era “spraccare” il tedesco, perché il commento
era…come dire…vista la posizione della Germania
sull’Iraq…insomma…lei mi capisce…
Ho
capito: il commento tedesco non avrebbe superato l’imprimatur di Mimun
e di Berlusconi. Ma, il mio libro ci va giù ancora peggio…
Certo, e per questo abbiamo fatto degli “estratti”…avevo chiesto
al TG1 di fare la doverosa citazione, a lei ed a Der Spiegel…purtroppo…
Quelli
di Der
Spiegel avranno preso i dobloni
ma non “spraccano” italiano, e ci vuole una buona dose di sfiga
perché un Deutsch
che parla italiano sia sintonizzato sul satellite a quell’ora…io
invece…maledizione ai risultati del Toro…
La
telefonata mi fa incazzare ancor più, perché hanno fatto a pezzi il
libro e lo hanno utilizzato stravolgendone completamente il significato:
l’interlocutore sembra addolorato, mi promette un interessamento (non
richiesto) per una futura trasmissione…insomma, non sa più che pesci
pigliare.
Al servizio legale della RAI sono invece tutti ottimi pescatori, e la
risposta giunge fulminea:
Gentile Dott\Prof\Avv
Carlo Bertani (così,
pensano, almeno uno lo “piglio”)
“Non intravediamo nel
materiale esposto nessun reato…né, a nostro parere, si può ravvisare
che il testo sia stato…”
Morale:
se ritieni d’aver ragione, facci causa.
Il giorno seguente chiedo consiglio ad un collega scrittore, e avvocato,
il quale si mette quasi a ridere: fare causa alla RAI? Dai, Carlo,
abbiamo già abbastanza guai per roderci il fegato senza cercarcene
altri…
Due anni or sono ho sporto querela per diffamazione per un’altra
vicenda e, ad oggi, mi è giunta solo la comunicazione che il caso non
è stato archiviato: da qui in avanti, tre gradi di giudizio! Auguri
(spero di campare).
Tutta
la storia del diritto d’autore non può essere risolta con un
articoluzzo (pure “bis”!) aggiunto in Finanziaria. Ma cos’è
diventata
Siccome
noi siamo gente seria, dovremmo rispondere loro per le rime; ossia: come
regoliamo il rapporto fra il Web e la carta stampata? Diritti d’autore
da pagare per i primi e caccia libera per i secondi?
Già, perché quell’articolo “bis” trasuda paura: il timore che
non basti nemmeno più il miliardo[1]
di euro l’anno che i signori della stampa si “beccano” per essere
fedeli al potere politico. Tutti insieme, appassionatamente.
Facciamo pure pressione perché l’articolo “bis” sia modificato ma
a me – personalmente – come stanno attualmente le cose non garba
mica tanto.
Per
prima cosa, gli articoli sul Web dovrebbero avere lo stesso trattamento
di quelli della carta stampata e delle trasmissioni TV e radiofoniche:
lo stesso trattamento per tutti e, come recita un proverbio ligure,
“un po’ per uno in braccio alla mamma”.
Dovremmo poi decidere se desideriamo la completa libertà di
circolazione dell’informazione oppure se riteniamo che chi scrive
conservi la proprietà letteraria del testo. Per questo già esiste la
licenza “Common Creative” – che consente la pubblicazione ma mantiene la
proprietà letteraria all’autore – ma non giriamo intorno al
problema: qui stiamo nascondendoci dietro ad un dito.
Il vero problema è di natura economica: anche quando l’autore
conserva la proprietà letteraria di un brano, non riceve nessun
compenso da parte di chi lo pubblica, sul Web o sulle riviste. Per i
libri a volte è ancora peggio: quanti giovani autori sono cascati e
cascano nelle famose truffe – perché truffe sono – della
pubblicazione a pagamento?
Pubblica
con noi, vedrai che roba! Anche Moravia – pare – pagò per il suo
primo libro di poesie…ti ritieni meglio di Moravia? Cosa vuoi che
siano 1.000, 2.000 euro in cambio della fama e del successo? Noi
pubblicheremo il tuo libro e lo promuoveremo, lo esporremo alla famoso
salone letterario di Magdeburgo, alla fiera del libro di Pamplona…sarai
famoso, andrai in TV, le “Veline” ti faranno “velo” attorno…
Qualcuno so che ci è cascato, solo per scoprire che il salone di
Magdeburgo era un salone di bellezza, mentre la fiera di Pamplona era
quella dei tori.
Preso dallo sconforto, il nostro giovane autore ha due vie a
disposizione: mettere in vendita il portatile su e-bay per 200 euro
oppure iniziare a scrivere sui vari blog. Qualcuno riuscirà anche a
pubblicare qualche libro, ma solo gratis, senza mai vedere un contratto
di pubblicazione né un soldo dei diritti d’autore.
I
diritti d’autore sono poi una gran beffa: sono sempre lordi – vale a
dire che
Ma cosa stiamo dicendo: c’è la soddisfazione d’essere uno
scrittore, un autore che ha pubblicato! Sei un intellettuale, per Dio,
mica uno che pulisce vetri!
Se, però, il nostro giovane ritiene di scrivere ciò che veramente vuol
comunicare – questo, almeno, dovrebbe essere il senso della
letteratura – non andrà mai lontano: nessun premio letterario di
quelli che contano s’accorgerà mai di lui.
La
cosa migliore non è cercare la perfezione della forma, la potenza del
significato, le mirabili architetture sintattiche, le affilate lame
della semantica: no, no, caro amico mio, la cosa migliore da fare è
sedersi in qualche anticamera che conta – portarsi un buon libro perché
c’è sempre da aspettare, e tanto – e farsi ricevere dal
“mammasantissima” di turno.
Cosa succede? Qui inizia il mistero, perché il sottoscritto non s’è
mai andato a sedere nell’anticamera di nessuno: comunque, Nanni
Moretti – nel “Portaborse” – qualcosa ha spiegato.
Per
chi non ha i numeri per aspirare ad un premio di quelli che contano, ci
sarà sempre una delle tante redazioni che si dividono quel miliardo di
euro che lo Stato (cioè noi tutti) paghiamo perché c’informino.
Ovviamente, i soldi giungono dai nostri amati “dipendenti”
parlamentari e…beh…qualche piccolo ringraziamento, un po’ di
benevolenza…in fondo anche i deputati hanno un cuore, non si può
lasciarli ignudi, preda di penne al vetriolo che li massacrino peggio
che con la spada!
Quando furono pubblicate le liste delle recenti elezioni politiche, un
giornalista inglese si meravigliò per i tanti giornalisti in lista nei
vari partiti: in genere – affermò – da noi i giornalisti sono visti
dai politici come il fumo negli occhi, come dei “controllori” della
pubblica opinione, invece da voi sembrano tutti così amici, così friendly…no,
le cose sono un po’ diverse, da noi si dice “culo e camicia”.
Probabilmente,
l’articolo “bis” nasce proprio dalla penna di qualche ex
giornalista od ex direttore di un “importante” quotidiano
(finanziato con il solito miliarduzzo) che ha paura di perdere il posto:
oh, vuoi vedere che se non li fermiamo subito salta fuori che abbiamo
raccontato per anni un sacco di fregnacce e c’è il rischio che se
n’accorgano? Se non mi rimettono in lista, fra qualche anno mi toccherà
andare a lavar vetri: no, non corrono questo rischio perché li salva
l’onorevole pensione di 3.000 euro il mese. Sarà per questa ragione
che si notano vetrate sempre più sporche?
Purtroppo
per loro, oramai circa un terzo degli italiani ha smesso d’acquistare
i quotidiani e s’informa sul Web: perché devo spendere un euro e
passa quando mi basta un clic? Sul Web puoi sapere tutto e subito:
volete sapere qualcosa sullo suocero di Cristoforo Colombo – un tal
Perestrello – oppure sulla misteriosa sorte dei figli di Maria
Antonietta? Buttateli su Google: provare per credere.
Certo, sul Web ci vuole un po’ di buon senso e tanta attenzione
critica, mentre nei quotidiani c’è un direttore responsabile che
garantisce per noi, che ci assicura che non scrivono balle -))).
La
realtà è ben diversa: nelle redazioni lavorano schiere di
professionisti del copia/incolla e per garantire – se proprio c’è
bisogno di fornire delle garanzie – ricordiamo che siamo tutti
sottoposti all’autorità giudiziaria, codice civile e penale. Noi,
almeno, lo siamo loro…beh…vedi la vicenda RAI capitata al
sottoscritto.
Questa pratica è devastante non solo per l’evidente immoralità, bensì
perché inferisce un colpo mortale al fermento culturale di un paese,
alla sua capacità di critica, di fantasia, d’innovazione. Chi è
profumatamente pagato (con i nostri soldi) per scrivere continuerà a
farlo mettendo soltanto in bella copia la velina che gli è stata
consegnata: chi invece scrive gratis e continua a non veder riconosciuto
il proprio talento, dopo un po’ si stufa e va ad innaffiare i gerani,
almeno si rilassa e si risparmia il fegato.
Risultato:
il potere politico fa Bingo, perché si toglie di mezzo tanti
rompiscatole che potrebbero metter loro i bastoni fra le ruote. Ci costa
un miliardo l’anno? E chi se ne frega: tanto pagano loro!
Prova del nove: nella Finanziaria, hanno modificato lo scandaloso
finanziamento alla carta stampata di regime? Ma per carità…
Sul Web, invece, s’è creata una meravigliosa comunità di persone che
scrivono di tutto e su tutto – e molto spesso lo fanno benissimo –
con un piccolo particolare: per pagare le bollette ed il dentista non
potranno mai fare affidamento su quanto scrivono, ma dovranno fare
dell’altro. Quel “altro” dipenderà dalla fortuna e dalle singole
capacità, ma non lamentatevi se dovete lavar vetri nell’attesa di
scrivere il vostro pezzo: avrete più cose da raccontare, trarrete il
“verbo” dal secchio con il sapone, ogni volta che trascinerete lo
strofinaccio sarete così incazzati che si materializzerà nella vostra
mente un nuovo rigo. Magari potrete scrivere un romanzo giallo dove
uccidono un lavavetri! Ci avevate mai pensato?
Se
invece “tirate di lima” in un’officina, rammentate che i migliori
scrittori si vantano di passare anche dei giorni per “limare” un
aggettivo: voi, che alla lima siete abituati, siete addirittura
avvantaggiati!
Se si pongono questi dubbi, subito scendono in campo i Catoni della
limpida morale, dell’arte pura ed inavvicinabile, mai monetizzabile: per
aspera ad astra, semper. In genere, scrivono i loro sprezzanti
commenti ai venali scrittori merciaiuoli nell’intervallo fra una
telefonata e l’altra al proprio broker, per sapere quanto hanno
guadagnato oggi con il tale titolo…con l’investimento a Shangai…a
Madras…
Sì,
cari scrittori ed editori del Web, perché abbiamo finalmente realizzato
il completo comunismo: ciascuno dà secondo le proprie capacità.
C’era dell’altro? Che “si riceve secondo le proprie esigenze”?
Non so…non ricordo…
Questa è l’amara morale: se non facciamo niente per cambiare questo
stato di cose, rimarranno solo gli scrittori “targati” qualcosa, ed
i tanti bravi e capaci idealisti del Web li vedremo solo più innaffiare
gerani. Serre di gerani, campi di gerani, latifondi di gerani: un mondo
in fiore.
Non
viviamo nel paradiso proto-comunista dei greci e nemmeno in un piccolo
recinto del socialismo reale: sopravviviamo alla meglio in una società
nella quale se chiedi un cerotto perché ti ha punto una vespa vogliono
10 centesimi in cambio. Tutto è monetizzato, niente è gratis.
Vuoi una TAC: paga il ticket! Tuo figlio va a scuola? Paga i libri! Tuo
padre non ha potuto darti una casa? Paga l’affitto oppure dissanguati
con il mutuo!
Non si può far finta di vivere nel paradiso dei gerani, dobbiamo
prendere coscienza della realtà e comportarci di conseguenza: con il
nostro attivismo e con la nostra buona volontà potremo catalizzare le
idee ed il dibattito, ma loro sono furbi e ci prenderanno per fame.
L’articoletto “bis” è il primo atto.
“La
miglior difesa è l’attacco” – lo sa per esperienza uno che
giocava da terzino – e l’offensiva possono sferrarla solo gli
editori: gli scrittori, per quanto bravi siano, sono soltanto la truppa.
Perché non iniziare a mettere una sorta di copyright anche sugli
articoli Web? Concessa la lettura, per la riproduzione si paga: insomma,
la vecchia “dose personale”.
Gli editori del Web potrebbero sottoscrivere degli accordi per dei
pagamenti molto contenuti – fra di loro – ed essere inflessibili nei
confronti di chi sui nostri articoli ci sguazza con il copia/incolla e
si becca il finanziamento statale.
Basterebbe
“beccarli” poche volte ed inchiodarli in giudizio (anche con i tempi
della giustizia italiana) e dimenticherebbero presto il vizio. Inoltre,
da forme di micro-finanziamento, come lo scaricamento dei testi ad un
euro oppure dalle “transazioni” fra un sito e l’altro, si
trarrebbe qualche risorsa anche per chi scrive.
Ogni sito, a quel punto, avrebbe interesse ad accaparrarsi le
“migliori penne” e man mano che l’importanza del Web aumenterà
(inevitabilmente) crescerà l’importanza – ed il bilancio – dei
siti, mentre quello dei pennivendoli pagati con i nostri soldi scemerà
di conseguenza. Semplice liberismo, non quello truccato con i
finanziamenti di regime.
Ovviamente
non ritengo d’aver risolto tutti i problemi con un articolo, però
sarebbe dovere degli editori Web – invece di gridare al lupo di regime
– promuovere un dibattito ed una riflessione. Forme consortili e di
aggregazione? Stendere una “carta” e proporre l’adesione alla
stessa dei principali siti e blog di controinformazione? Proporre misure
di sostentamento economico collettive? Contrattare la pubblicità con
una sola agenzia? E con i gestori telefonici?
Tanta
carne al fuoco, ma ora vi lascio: devo andare ad innaffiare i gerani.
Carlo
Bertani bertani137@libero.it www.carlobertani.it
[1]
Considerando i 667 milioni di euro
del “contributo” per l’editoria (ossia agli amici degli
amici,) più quello per l’acquisto della carta, probabilmente si
supera abbondantemente la cifra.