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Il genocidio dei nativi
americani e degli africani: 1607-1890
Tratto da “Il
libro nero degli Stati Uniti d’America”
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Stima dei civili morti: 90 milioni!!!
Tra i genocidi compiuti dagli Usa prima
della Seconda guerra mondiale vogliamo citare solo i due che ci sembrano
più significativi: lo sterminio dei nativi americani (gli “indiani”)
e il massacro del popolo filippino. Tralasciamo, invece, la Guerra di
secessione anche se, a detta degli storici, è stata la guerra civile
più sanguinosa della storia umana. Sarà un caso?
Gli inglesi arrivarono a Jamestown nel 1607. Dal 1610 iniziò lo
sterminio dei nativi americani che proseguì fino al 1890, anno in cui
il settantesimo cavalleggeri dell’esercito nordamericano massacrò la
popolazione Lakota, nel Sud Dakota.
Assetati di oro, argento c pellicce, i bellicosi cow-boys a cavallo,
armati di fucili, ebbero, gioco facile contro, popolazioni pacifiche che
erano armate solo di archi e frecce, e non conoscevano la polvere da
sparo, il denaro e la proprietà privata. Voglio riportare qui un brano,
che descrive molto bene il lungo calvario attraversato dai nativi dopo
essere venuti in contatto con i conquistatori europei:
“Dopo lo storico sbarco del 1492,
per anni l'Europa, lacerata da sanguinose guerre di religione, non si
mostrò molto interessata al nuovo continente. Successivamente la
bramosia di possesso, il mito dell'oro, l'interesse verso nuove terre,
la passione per le pregiate pellicce, l'imperativo missionario di
"mettere il nuovo continente sotto la protezione di Dio” e il
fascino dell'avventura, rappresentarono un micidiale cocktail
distruttivo. Ben presto l'insieme di questi elementi si tradusse in
atrocità e oscenità di ogni tipo. una miscela esplosiva che rese via
via sempre più manifeste le peggiori disposizioni dell'uomo.
Quel misto di avventura e ingordigia funse da propulsore e spinse verso
occidente i grandi velieri.
Il destino dei nativi americani e delle loro antiche culture (e
probabilmente del mondo intero) era segnato: la presunta "civiltà”
europea, boriosa e dispotica, ne aveva decretato l'epilogo”
Ma com'è potuto accadere? E cos’è
successo realmente? Da dove è scaturita tanta ferocia? Di chi sono le
maggiori responsabilità? Si poteva evitare lo sterminio? Ridurre i
patimenti? La gran massa di film western descrive la realtà dei fatti
oppure fa mistifica? Si può pensare a una verità storica? Se sì, qual
è?
Tuffiamoci in questa impresa, tentiamo insieme un'analisi...
E’ solo agli inizi del 1600 che si colgono i primi segnali di una vera
e propria aggressione.
Il mercato delle pellicce che giungevano dal continente appena “scoperto”
alimentò ben presto, e a dismisura, le vanità degli europei, e fece
aumentare così vertiginosamente la richiesta di queste pregiate
mercanzie.
I furbi avventurieri sbarcati nel Nuovo mondo, cominciarono così a
barattare con gli “indigeni del posto” oggetti di scarsissimo valore
con pregiate pelli di lontra, e i propri vestiti rabberciati destinati
alla pattumiera con le stupende pelli di castoro faticosamente procurate
dagli “indiani”.
L'America diventa il grande magazzino di pellicce per l’Europa. Agli
indiani il compito di riempirlo.
Gli europei inoltre fecero conoscere ben presto ai “selvaggi”
l'inebriante acquavite - che usavano per stordirli prima delle “trattative”
– nonché altre “magiche cose” con le quali cercavano di ingannare
gli ingenui abitanti del luogo. I furbi mercanti del vecchio continente
fecero di questi espedienti preziosi alleati.
La trappola illusoria del vantaggioso
baratto disorientò ben presto alcuni fra gli “indiani” più
scriteriati. Diverse comunità, che mai avrebbero pensato di dover
affrontare, una situazione simile, si trovarono impreparate nel dover
lottare contro questo mistificatorio nemico. Il nuovo nemico “rapiva
la mente” degli stolti e giungeva a volte sino ad essere più forte
del sacro rispetto per la veneratissima Madre di tutte le cose: Madre
Natura. Un sacro rispetto, punto focale della cultura indiana, che ogni
indiano aveva ben radicato dentro di se, almeno sino a quell’infausto
incontro con l’uomo bianco.
Madre Natura, prodiga di frutti benedetti, Madre natura, amorosa
dispensatrice di ogni bene, Madre Natura, madre di tutti gli animali,
anche di quelli da cacciare e uccidere, per reale bisogno, in “confronti”
leali e senza inutili sprechi.
L’ingannevole rete tessuta dai bianchi arrivò a disorientare, anche
se solo temporaneamente, l'ignare, pellerossa che giunse ad affermare:
“Il castoro fa le cose per bene: sa fare le pentole, le accette, le
lesine, i coltelli ...”.
Questo nuovo e ingenuo, slogan coniato dai nativi rende oggi bene l'idea
dei “vantaggi” che inizialmente derivarono dal commercio delle
pellicce; vantaggi fatali però, che decretarono !a condanna a morte di
tutte le culture locali.
Gli indiani non potevano immaginare che, adottando il pensiero degli
europei, avrebbero messo in moto l'ingranaggio, destinato in breve tempo
a stritolarli senza alcuna pietà.
Gli uroni, gli irochesi e gli indiani
delle coste nordoccidentali cercarono di affrontare il disorientamento
legato a questa nuova “mania della negoziazione” e dettarono delle
regole; ammisero il commercio con i bianchi (purché sobrio e misurato)
e l’arricchimento di alcuni componenti della collettività. Il
profitto derivante dagli interscambi, però, non doveva generare
disuguaglianze, ne marcare differenze di sorta con gli altri membri
della comunità; rimaneva perciò decisa mente in vigore il principio
della redistribuzione, che anzi doveva essere ulteriormente, rafforzato
e sviluppato con nuovi criteri.
Ma l’europeo, che primeggiava in astuzia, impose senza indugio l’introduzione
di nuovi sistemi commerciali. Le virtuose consuetudini “socio-economiche”,
ancestrali per le comunità indiane, finirono così per essere
gradualmente distrutte. L’introduzione successiva di nuove e mirate
mercanzie snaturò totalmente il modo di vivere indiano e ne segnò
definitivamente la caduta. La caccia, il commercio e la distorsione
culturale mutarono radicalmente il sistema di vita e l’alimentazione
delle tribù che giunsero così a dipendere completamente dagli scaltri
europei.
Allo stesso modo dell'arricchimento di uno ai danni dell'altro e delle
disuguaglianze fra uomini, anche la proprietà fu un principio che
sfuggi completamente al nativo, che non riuscì mai a comprendere come
si potesse pretendere di acquistare cose che appartenevano a tutti come
alberi, fiumi, prati, spiagge o laghi... ma il problema non infastidiva
per nulla il bianco, poiché quasi mai si parlava di “comprare”: per
lui le nuove terre, erano abbandonate e non sfruttate, e la Bibbia
stessa affermava che Dio li aveva guidati in quei luoghi. L’illusione
del nuovo vantaggioso rapporto con il bianco però cedette, presto il
passo ai reali obiettivi dell’invasore, i nuovi arrivati palesarono le
loro vere intenzioni e iniziarono così i maltrattamenti, i “selvaggi”
furono trattati come schiavi, si abusò delle loro donne, le trattative
non furono più rispettate. Così i poveri malcapitati, terrorizzati e
increduli, per sottrarsi alla presenza dei bianchi, si ritirarono nelle
foreste interne.
Alla iniziale generosità dei nativi,
dunque, i bianchi, popolo eletto di Dio, cui era stata affidata “la
divina missione”, risposero con avidità e maltrattamenti d'ogni tipo,
e non si fecero alcuno scrupolo poiché gli indigeni erano considerati
“crudeli, selvaggi, barbari e figli di Satana”.
(…)
La decimazione delle popolazioni native non avvenne solo con armi più
avanzate, ma anche con l’esportazioni delle malattie occidentali per
le quali i bianchi conquistatori erano vaccinati.
Per un certo periodo l’esercito americano fece addirittura strage di
bisonti delle grandi pianure per togliere agli indiani la loro
principale fonte di sostentamento e indurli alla resa e alla fame.
(…)
Il genocidio degli indiani venne accompagnato dalla tratta degli schiavi
che venivano costretti a lavorare nelle terre dove prima vivevano i
nativi. Una macabra geografia dello sterminio e della schiavitù
sostenne la nascente industria occidentale. Dai porti dell’Inghilterra
partivano navi che strappavano e sequestravano i neri dall’Africa per
ridurli in schiavitù nelle piantagioni americane. Da lì le navi, piene
di cotone, salpavano di nuovo l’oceano per rifornire la madrepatria
della preziosa materia prima, con la quale si producevano manufatti
tessili a buon mercato che, esportati in Estremo Oriente, riducevano il
Bengala, la regione più ricca e sviluppata dell’India, alla fame più
nera, all’attuale Bangladesh.
Nel 1860 si contavano negli Stati Uniti ancora 4 milioni di schiavi. Gli
schiavi non morivano solo in schiavitù, ma anche di schiavitù. 2
milioni morirono di stenti o di maltrattamenti, durante il loro
trasferimento o durante la loro prigionia.
(…)
Tratto da: "Il libro nero degli Stati Uniti d'America"