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Uscire dall’euro
Piuttosto che lasciarsi prima svenare e poi vendere…
Avv. Marco della Luna - http://marcodellaluna.info/sito/
I
rimedi ai problemi finanziari proposti dalle parti sociali e dai partiti
sono meri palliativi, inutili, perché servono solo a tirare avanti di
qualche settimana. La manovra governativa, anche la seconda, è iniqua e
recessiva, sbilanciata sul lato delle entrate, e ha mobilitato
resistenze insuperabili nel paese. Ora il governo, dopo che l’UE
l’ha approvata, se la rimangia e ne fa un’altra, non migliore, ma
semplicemente congegnata in modo da evitare che si coalizzi
un’efficace resistenza, sia civile, che interna alla partitocrazia, la
quale vuole conservare i suoi canali di spesa. La manovra alternativa
del PD frutterebbe solo 1/10 dei 40 miliardi da recuperare (Tito Boeri
su La Repubblica del 27 Agosto) e dimostra che l’opposizione
non vale nulla, non ha capacità, non ha idee, non ha uomini. Il sistema
partitico è oramai solo una zavorra senza capacità di soluzioni e
senza valore di rappresentanza. Quindi senza legittimazione.
Sono
decenni che in Italia si fanno sacrifici e manovre di risanamento e di
adeguamento ai parametri europei, e siamo messi sempre peggio. Nessuno
vuole ammetterlo, ma è palese che non funzionano. Il debito pubblico ha
sempre continuato a crescere. Il motore del disastroso processo di
indebitamento, su scala mondiale è il monopolio privato e
irresponsabile della creazione e distruzione di moneta e credito, in
mano a un pugno di banchieri, che controlla le banche centrali, BCE
compresa, e ricatta i governi con minacce di declassamento e di non
acquisto dei loro titoli del debito pubblico. Essenzialmente, li ricatta
a trasferire al settore finanziario crescenti quote di reddito e
risparmio dei cittadini e delle imprese.
Recenti dati mostrano che i paesi che hanno dichiarato di non potere o
volere pagare il debito pubblico, dopo il default si sono ripresi bene.
Piuttosto
che continuare con manovre depressive e socialmente laceranti, che non
risolvono niente da decenni, sarebbe preferibile, per l’Italia, il
seguente programma:
1-Uscire
dall’Euro ritornando alla Lira;
2-Ripudiare
il debito pubblico;
3-Nazionalizzare
la Banca d’Italia e sottoporla a una commissione parlamentare;
4-Ripristinare
i vincoli di portafoglio e di acquisto dei titoli di stato, come prima
del divorzio della Banca d’Italia dal Tesoro;
5-Porre
un vincolo costituzionale di pareggio di bilancio;
6-Nazionalizzare
le banche commerciali che, avendo nel portafoglio molti titoli del
debito pubblico, entreranno in crisi .
In
tal modo, si eviterebbe tagli depressivi e socialmente laceranti, si
risparmierebbe il 22% della spesa pubblica, si azzererebbe il debito
pubblico, si potrebbe svalutare e così rilanciare le esportazioni, gli
investimenti, l’occupazione; non si avrebbe più bisogno di emettere
titoli del debito pubblico, salvo il caso di emergenze; anche in tal
caso, li comprerebbe la Banca d’Italia.
Ma continuare con gli inasprimenti fiscali, con la tassazione di redditi presunti, con i tagli allo stato sociale, ai diritti dei lavoratori – continuare con l’indebolimento del paese e l’incremento dell’insicurezza e della paura – tutto questo è utile a portare il paese e la gente in condizioni ottimali per il capitale internazionale che aspira a rilevare dall’esterno l’economia e le risorse, compresi i lavoratori, di un paese in ginocchio, pronto a lavorare per bassi salari, senza garanzie e tutele, livellato al basso. Un paese dove la gente e le imprese devono svendere i propri beni per debiti, anche fiscali. A questo pare che mirino le politiche e i ricatti della c.d. Europa – BCE, UE –, del FMI, delle società di rating. Ma non è l’Europa, bensì la maschera della comunità finanziaria sovrannazionale.
Il
processo integrativo europeo dell’Europa allargata a 27 membri è
finito. La Commissione conta sempre meno. Le decisioni si prendono tra
cancellerie di paesi forti, esclusi gli altri. Soprattutto quelle per
decidere le mosse della BCE, in modo che salvaguardi innanzitutto la
Germania. Questa, assieme ai suoi satelliti e alla sua imitatrice, la
Francia, l’ha oramai detto e ripetuto: non accetterà mai di emettere
gli eurobond, cioè di mettere in comune il debito pubblico proprio con
quello italiano e degli altri paesi eurodeboli. I paesi euroforti non
accetteranno mai l’integrazione politica con l’Italia non solo per
il suo debito pubblico, ma anche perché la classe politica e dirigente
italiana è troppo marcia e incompetente: all’estero hanno visto tutti
abbastanza, oramai, dalla mafia, alle storie dei rifiuti di Napoli, al
bunga bunga, alla giustizia a livelli di Africa Nera. Forse negli anni
’90 pensavano che l’Italia avrebbe eliminato questa classe dirigente
e corretto i propri difetti grazie alla pressione dell’Euro, ma
ciò non è avvenuto. All’estero sanno che l’Italia non riesce a
riformarsi, a intervenire sui propri vizi strutturali, e che sta
declinando da 20 anni incessantemente. Sanno che inevitabilmente uscirà
dall’Euro. Sanno che integrarsi politicamente con un paese come
l’Italia sarebbe come impiantarsi una grave malattia. Nessun
paese o azienda efficiente ha interesse a integrarsi con un paese o
un’azienda inefficiente. Ha per contro interesse a sfruttarlo/a
assumendone il controllo dall’esterno.
La
Germania (seguita da altri paesi forti) è un paese molto più
efficiente, corretto e serio dell’Italia. La sua politica è quindi
quella di tenere l’Italia sotto la BCE e gli organismi comunitari, che
la Germania può dirigere, al fine di neutralizzarla come paese
concorrente sui mercati internazionali, e di costringerla, prima che finisca
per lasciare l’Euro, a pagare i propri debiti in Euro verso le
banche tedesche anche al costo di dissanguarsi.
E questa linea politica si sta confermando e irrigidendo nel progredire
della crisi. Giulio Tremonti, il 27 Agosto, parlando ai Ciellini di
Rimini, ha non senza ragioni ammonito la Germania ad accettare
l’eurobond e a non ostinarsi nella sua politica solipsistica, perché
potrebbe finire a suo danno. Ma ostinarsi nelle politiche solipsistiche
è ciò che la Germania sta facendo da quando è nata, dal 1871. Non ha
mai cambiato linea, nonostante due guerre rovinosamente perse. Il
sistema-paese Germania capisce i fatti, non ragioni, moniti e
minacce.
Il
governo italiano impone al paese sacrifici durissimi e recessivi in nome
dell’integrazione europea. Ma l’integrazione europea è finita, per
noi. L’Italia non sarà mai integrata. Quindi sarebbe tempo di
rovesciare il tavolo, prima che il governo di centro-destra adesso, e un
governo di centro-sinistra domani, facciano qualche altra manovra di
salasso, per poi annunciare che, inopinatamente, le manovre non sono
sufficienti, e che bisogna alzare l’uva, mettere l’imposta
patrimoniale, tagliare le pensioni, marchionnizzare tutto il paese
immediatamente e senza discutere per pagare gli interessi sui debiti –
in ossequio alla curiosa inversione dei ruoli, oramai dilagata in tutto
il mondo libero, in virtù della quale lavoratori, imprenditori e
consumatori producono la ricchezza che dà valore alla carta
prodotta dal settore finanziario, però si ritrovano di esso eternamente
debitori, anzi devono sottomettersi alle sue regole e alla sua morale.
Ripudiare
il debito pubblico, dunque, e uscire dall’Euro. Immediatamente, finché
non siamo ancora dissanguati.
Alle lamentale di chi ha comperato titoli del debito pubblico italiani e
farà l’indignato quando l’Italia non li pagherà, si replicherebbe
che li ha comperati sapendo che erano a rischio, che per il rischio ha
avuto un premio di maggior rendimento, e che in ogni caso poteva
venderli nei mesi scorsi, vista l’aria che tirava; quindi se la prenda
con se stesso;
A
chi (banche, perlopiù) li ha ricevuti in garanzia in epoca non
sospetta, per l’apertura di una linea di credito non speculativa, si
offrirebbe una garanzia sostitutiva;
A
Germania e soci, si replicherebbe che i benefici dall’Euro, e ancor
prima dallo SME, e prima ancora dalla politica agricola comune, li hanno
avuti proprio loro, e a spese e danno dell’Italia, soprattutto in
fatto di competitività, di quote di mercato, di occupazione;
Alla
BCE si replicherebbe che il suo comportamento è inaccettabile, in
quanto non rende nota la quantità di denaro prodotta e la quantità di
crediti erogati;
A
Bruxelles si replicherebbe che il SEBC viola l’art. 1 e 11 Cost.
L’art. 11, perché questo autorizza limitazioni e non trasferimenti
della sovranità; li autorizza per fini di tutela della pace e della
giustizia, non finanziari, come fatto per la BCE; li autorizza in favore
di altri paesi, non in favore di un organismo sovrannazionale, esente da
controllo democratico, come è la BCE; li autorizza a condizioni
di parità, mentre la presenza nella BCE delle banche centrali di Regno
Unito, Danimarca e Svezia, che non sono soggette a Euro e BCE ma
partecipano ai suoi utili e alla sua sovranità monetaria anche
sull’Italia, viola tale condizione. Inoltre viola la norma
fondamentale, l’art. 1, sia in quanto toglie al popolo la sovranità
monetaria ed economica, che è la principale componente della sovranità
e del governo; sia in quanto il fine della BCE non è la tutela
del lavoro, ma del potere d’acquisto della moneta. L’art. 1 afferma
per contro i due principi fondamentali: la sovranità appartiene al
popolo, e l’Italia è fondata sul lavoro. Questi principi fondamentali
sono limiti assoluti, o controlimiti, a quanto possono disporre trattati
internazionali come quello di Maastricht che costituisce il sistema
della BCE. Un trattato, quindi, illegittimo ed eversivo dell’ordine
costituzionale, come tette le controparti dell’Italia dovevano sapere.
Ma
che cosa si potrebbe spiegare a Washington e Londra? Potremmo dire loro
che l’Italia ha oramai fatto quanto poteva fare, dall’interno
dell’UE e dell’Euro, per ostacolare il costituirsi di una potenza
europea concorrente degli USA, con una valuta concorrente al Dollaro. E
che ora, per contrastare un’unificazione centro-europea sotto i
Tedeschi, è indispensabile che riprenda una certa libertà di manovra.