|
Croazia/Italia:
ma siamo stati fascisti oppure no?
di Antonella
Randazzo per www.disinformazione.it
- 15 febbraio 2007
Autrice del libro: "DITTATURE: LA STORIA
OCCULTA"
Si è parlato di un incidente diplomatico. Il presidente
croato Stjepan Mesic critica
il discorso del presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano, accusandolo di "razzismo,
revisionismo storico e revanscismo politico".[1]
Mesic si è risentito per le parole di Napolitano "pulizia
etnica", e ha ricordato agli italiani che "l'Italia
non ha mai pagato le riparazioni di guerra, mentre
L'ammissione di aver commesso gravi crimini sembra
diventare per i due paesi una sorta di braccio di ferro, in cui non si
sa chi cederà per primo.
Tutti i politici italiani si sono schierati dalla parte di Napolitano,
accusando Mesic di aver travisato le parole del presidente.
Mirko Tremaglia
si sente, da ex repubblichino, offeso dalle parole di Mesic. Non accetta
l'idea che anche i fascisti italiani siano stati assassini spietati e
crudeli, come avverte Mesic: "molti
degli uomini delle foibe, hanno loro stessi commesso crimini in Slovenia
e Croazia". Certo questo non significa che dovessero essere
giustiziati.
Per mettere in cattiva luce Mesic, i media italiani non
hanno approfondito il discorso sui crimini commessi dagli italiani in
Jugoslavia.
Il fascismo commise molti crimini simili a quelli commessi nelle foibe.
Un documentario della BBC di Londra dal titolo Fascist
Legacy, acquistato ma mai trasmesso dalla Rai, documenta gli orrori
tremendi che i nostri soldati attuarono contro i civili jugoslavi:
torture, deportazione nei lager, violenze contro le donne, massacri di
bambini ecc.
Forse sarebbe ora di considerare che i crimini degli altri non sono più
gravi dei nostri. Pensare che gli altri siano "più colpevoli"
significa assumere una mentalità da guerra, perché è in guerra che i
crimini delle proprie truppe sono giustificati mentre quelli delle
truppe nemiche sono amplificati.
Le foibe sono state un fatto criminale orrendo, come le
nostre scorribande in Etiopia, in Grecia e in Jugoslavia, quando abbiamo
distrutto migliaia di vite innocenti, spesso con una brutalità estrema.
Le autorità italiane non hanno ancora chiesto scusa per i propri
crimini. Non hanno mai chiesto scusa all'Etiopia, alla Somalia, alla
Grecia e alla Jugoslavia, e non hanno mai ammesso che le nostre truppe
spesso non erano meno crudeli di quelle dei nazisti.
Il rapporto con le popolazioni slave era assai teso già
nel 1915, quando il politico e professore universitario Gaetano Salvemini scriveva:
Se prevarranno i livori ed i rancori locali degli italiani di Trieste e
dell’Istria contro gli slavi, tristi giorni si prepareranno al nostro
Paese. Se sapremo guardare al problema dei rapporti italo-slavi da un
punto di vista superiore a quello delle lotte comunali, locali,
personali, la sostituzione della bandiera italiana a quella austriaca in
Trieste e Pola rappresenterà in Europa una solida garanzia di pace e
civiltà.
Le autorità italiane non agivano per realizzare "pace e civiltà", al contrario, scegliendo di entrare in guerra commisero ogni genere di crimine. Dopo la vittoria, il re Vittorio Emanuele III nominò il Generale Carlo Petitti di Roreto quale governatore delle zone annesse, in cui la popolazione era per il 58% costituita da slavi e croati. Il governatore promise di lasciare la libertà di parlare la lingua nativa, ma di fatto venne imposto l'italiano. Negli anni Venti le popolazioni istriane si sollevarono contro il potere regio e vennero duramente represse. Ciò venne denunciato, nell’agosto del 1920, dal deputato Giovanni Cosattini, che riferì: "dalle 500 alle 600 persone furono internate senza evidente motivo. Si vedeva in ogni slavo un nemico od una spia; da qui la politica del terrore e della persecuzione... Nei villaggi slavi la legge, la libertà, il diritto non contano nulla. Vi regna l’arbitrio del Comandante locale, del Commissario comunale, del brigadiere dei carabinieri... Lo scioglimento delle associazioni, il divieto delle riunioni, la persecuzione dei maestri, le perquisizioni che arrivano senza alcuna autorizzazione della magistratura e senza garanzie legali".
Gli slavi e i croati si ribellavano ad un sistema corrotto e autoritario, che reprimeva ogni dissenso e autorizzava le forze dell'ordine a pestare e ad arrestare con facilità. Sotto il fascismo le cose andarono anche peggio. Ogni pretesto era buono per bastonare; si bastonava chiunque non si togliesse il cappello salutando un fascista e si spedivano in esilio le persone più autorevoli, come intellettuali e sacerdoti. La lingua slava venne categoricamente proibita, persino sulle lapidi. Molti nomi tipicamente slavi vennero italianizzati, e gli studenti che faticavano ad imparare la lingua italiana venivano severamente puniti. Di tanto in tanto il fascismo praticava la pulizia etnica, bruciando case, sedi di circoli culturali, cooperative, società operaie, alberghi, banche ecc., per poter distruggere la cultura dei cittadini slavi.
I fascisti, durante le operazioni di "pulizia
etnica" cantavano allegri:
"La musa istriana ha chiamato Foiba il degno posto di sepoltura per
chi, nella provincia, minaccia con audaci pretese le caratteristiche
nazionali dell’Istria". I fascisti utilizzavano il termine
"Foibe" per indicare il luogo dove avrebbero sepolto tutti
coloro che non si fossero "fascistizzati". Pur senza
giustificare alcun crimine, non c'è dubbio che i crimini e le crudeltà
dei fascisti italiani ebbero un ruolo determinante su ciò che accadde
nelle foibe. Il presidente croato Mesic non ha negato o giustificato i
crimini delle foibe ma li ha messi in relazione con i crimini dei
fascisti italiani, e ciò è in parte corretto. Egli ha detto: “È
vero che ci sono stati crimini da parte nostra. All’epoca si
trattava della parte jugoslava, ma si tratta dell’odierno territorio
della Repubblica di Croazia. Le Foibe furono un crimine e io lo
ammetto... La verità deve essere ammessa anche dall’altra parte. I
fascisti hanno raso al suolo le nostre città, i nostri villaggi, li
hanno incendiati, hanno organizzato campi di sterminio nei quali
morirono donne e bambini. Siamo stati noi a invadere l’Italia, siamo
stati noi a istituire campi in Italia, siamo stati noi a uccidere in
Italia donne e bambini?”[3]
Mesic ha messo le autorità italiane di fronte alla Storia
e ha detto che
Probabilmente il presidente croato era preoccupato dall'idea che
l'Italia potesse mettere in discussione il trattato di pace del 1947 o
revisionare gli accordi di Osimo, come ha espresso nel suo discorso.
Anche per questi timori ha interpretato il discorso di Napolitano, che
non ha pensato minimamente di scusarsi per i crimini commessi dagli
italiani, come revisionista e revanscista.
Quella delle foibe è stata senza dubbio una "pulizia
etnica", proprio come i massacri fascisti in Jugoslavia. In
entrambi i casi si tratta, per dirla con le parole di Napolitano, di un
"moto di odio e di furia
sanguinaria e di un disegno annessionistico".[4]
Il deputato croato Tonci Tadic
ha dichiarato: "Tenendo conto
di tutto ciò che hanno fatto in Croazia e in altri paesi, gli italiani
sono gli ultimi che possono dare lezioni su genocidi e pulizie etniche".[5]
Forse i nostri crimini sono conosciuti più all'estero che
non in patria. Pochi italiani sanno che i nostri generali hanno attuato
un genocidio in Libia, uccidendo oltre 100.000 persone, che avevano
l'unica colpa di voler continuare a vivere sulle loro terre del fertile
Gebel. In Somalia e in Etiopia le nostre autorità hanno ucciso oltre
250.000 persone, utilizzando anche i gas tossici e i lager.
Certamente i crimini degli altri non giustificano i propri, e il
dittatore Tito approfittò dell'odio seminato dai fascisti per fare la
sua pulizia etnica, agendo allo stesso modo dei fascisti.
I crimini organizzati da Tito non possono essere
giustificati attraverso i crimini commessi dai fascisti italiani. Dopo
tanti anni, se le autorità dei due paesi avessero elaborato i fatti
criminali del passato, si rivolgerebbero l'un l'altro con messaggi di
cordoglio, senza cercare di minimizzare i propri crimini e di mettere in
evidenza quelli dell'altro paese.
Il portavoce croato Ratko Macek
ha cercato di stemperare la reazione italiana spiegando il suo paese è
disposto anche a dare agli eredi degli esuli italiani i risarcimenti
dovuti dalla "parte del debito che
Ci si augura che dopo molti anni le autorità italiane
siano disponibili a far luce e ad ammettere i crimini. Dopo la guerra
non furono affatto disponibili in tal senso. Infatti, pur avendo firmato
un trattato di pace che prevedeva (nell'art. 38 della bozza presentata
il 18.7.1946 e nell'art. 45 della versione definitiva firmata il
10.2.1947) che l'Italia arrestasse ed estradasse tutti coloro che
avevano compiuto crimini di guerra e contro l'umanità, ciò non accadde
in nessun caso.
Pirzio Biroli,
durante
Le foibe vennero utilizzate per occultare cadaveri, durante
e alla fine della Seconda guerra mondiale. Durante la guerra venivano
gettati i cadaveri dei morti nei combattimenti o sotto i bombardamenti.
Poco dopo l'armistizio, in Istria e Dalmazia vennero uccisi centinaia di
italiani, i cui cadaveri furono gettati nelle foibe. Fra il 1° maggio e
il 12 giugno del 1945 si ebbe un'altra strage di italiani a Trieste e a
Gorizia. I morti furono migliaia, e alcune persone vennero gettate nelle
foibe ancora vive. I massacri ebbero almeno due motivi: terrorizzare la
popolazione ed eliminare gli oppositori al regime di Tito. Il numero
preciso delle vittime è ad oggi controverso. Alcuni storici indicano
circa 5000 persone, altri almeno 10.000. Per molti anni le stesse
autorità italiane insabbiarono la verità su questi massacri. In nessun
libro scolastico si parlava delle foibe. Le autorità dell'Italia
repubblicana non hanno voluto far luce sui massacri, nonostante i
cittadini italiani continuassero ad essere perseguitati fino al 1947.
Tito dette al suo ministro degli esteri Edvard Kardelj istruzioni per
reprimere duramente tutti coloro (italiani, croati e sloveni) che si
fossero opposti all'annessione dei territori alla Jugoslavia. Si ebbero
numerosi arresti, deportazioni, torture e fucilazioni.
I presidenti della Repubblica Luigi Einaudi e Giovanni
Gronchi presero atto dei massacri. In un documento firmato da
entrambi si legge: "(…) nuovamente
sottoposta a durissima occupazione straniera, subiva con fierezza il
martirio delle stragi e delle foibe, non rinunciando a manifestare
attivamente il suo attaccamento alla Patria".[6]
Non soltanto le autorità italiane non fecero nulla per
proteggere i cittadini giuliani, ma addirittura anche i profughi furono
trattati con crudeltà. Il Pci faceva propaganda positiva del
"comunismo" di Tito,
come fosse vero comunismo. I profughi giuliani suscitarono un
comportamento di condanna da parte del Pci, che li indicava come
"fascisti" perché erano fuggiti dalla furia titina. L'Unità
scriveva: "Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si
sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del
nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o
coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i
briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e
vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla
delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né
hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi".[7]
A Venezia e ad Ancona, gli esuli vennero insultati e
fischiati. Un esponente
della Camera del lavoro di Genova, nel
Si preferiva criminalizzare le vittime pur di non vedere la brutalità
dei regimi che si definivano "comunisti".
Secondo lo storico Giorgio Spini,
le autorità italiane preferivano ignorare i crimini contro i cittadini
giuliani e triestini per non "consegnare come criminali di guerra gli italiani che lì si erano
macchiati di orrendi delitti".[8]
Molti storici italiani hanno elaborato un documento per sostenere
la verità su quei fatti:
Sarebbe tanto semplicistico quanto unilaterale far ricadere la
responsabilità delle foibe, soltanto sui partigiani dell'esercito di
liberazione jugoslavo… Non si può dimenticare, infatti, che la
responsabilità della trasformazione di frizioni e conflitti
interetnici, consueti e scontati in zone di confine, in contrapposizioni
politiche irriducibili e risolvibili solo con la violenza, ricade prima
di tutto sul regime monarchico-fascista che resse l'Italia dal
Il documento venne firmato da 75 storici italiani, fra
questi, Cesare Bermani,
Aldo Agosti, Francesco Barbagallo, Luciano Canfora, Enzo Collotti,
Luigi Cortesi, Salvatore Lupo, Domenico Losurdo, Gianni Oliva e Claudio
Pavone.
Lo storico Marco Pirica, come
Presidente del Centro studi Silentes Loquimur, preparò un archivio di
schede personali di oltre quattromila italiani scomparsi e diversi
documenti sui presunti responsabili. Da questi documenti emergeva che Ivan
Motika e 300
"guardie del popolo" (di cui si indicavano i nomi) erano stati
gli esecutori materiali della pulizia etnica. Le autorità slovene e
croate reagirono male all'apertura dell'inchiesta. Il ministro sloveno Zoran
Thaler e l'ex ministro degli Esteri croato, Zvonimir
Separovic, per bloccare le indagini, sostennero che in seguito
all'apertura dell'inchiesta si sarebbe potuto portare alla luce anche il
genocidio perpetrato dai fascisti italiani in terra jugoslava.
Nel gennaio del 1997,
Anche un'altra inchiesta, che vedeva imputato
l'ultraottantenne sloveno Franc
Pregelj, si concluse senza alcuna condanna. Ancora una volta
Negli ultimi anni si è imposta l'usanza di celebrare "giorni della
memoria". Il 10 febbraio è diventato il "Giorno del
ricordo", per le vittime delle foibe.
Si presuppone che ciò abbia il significato principale di
ripudiare tutti i massacri e i genocidi, che sono tantissimi. Se
vogliamo considerare soltanto quelli dell'ultimo secolo trascorso
dobbiamo ricordare lo sterminio dei curdi, degli zingari, degli ebrei,
dei nativi americani e australiani (iniziato secoli prima), di alcune
tribù africane (come i pigmei, gli Anuak e i Fur), del popolo
palestinese ecc. Poi ci sono i genocidi ancora in corso di attuazione,
ad esempio quello del popolo afghano e iracheno. I giorni della memoria
dovrebbero forse avere lo scopo principale di farci capire cosa sta
accadendo oggi, poiché i genocidi futuri potrebbero essere impediti.
Come ha detto Napolitano: "Non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità di aver negato o
teso ad ignorare la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità
politica". E questo deve valere anche per i genocidi di oggi.
Non c'è alcun motivo che possa giustificare i crimini.
I massacri e le guerre sono organizzati per occupare territori e
per imporre il dominio sui popoli. Le dittature del sistema sovietico,
com'è ormai evidente, non sono da considerare "comunismo", ma
soltanto feroci e sanguinarie dittature, allo stesso modo di come è
stato feroce e sanguinario il nazi-fascismo. Ormai siamo giunti al punto
in cui è necessario ripudiare tutte le dittature, e condannare tutti i
massacri e i genocidi, di ogni tempo e luogo.
Antonella Randazzo
ha pubblicato Roma Predona. Il
colonialismo italiano in Africa, 1870-1943, (Kaos Edizioni, 2006);
Note: