Home Page - Contatti - La libreriaLink - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori

- Pagina politica

Dieci anni di finanziarie che hanno cambiato l’Italia
“Cambiamo finanziaria” – tratto da Sbilanciamoci
http://www.sbilanciamoci.org

ANNO

GOVERNO

LEGISLATURA

PIL

Legge Finanziaria

Correzione

Totale Manovra

% Totale
Manovra
su PIL

1993

Amato I

XI

807,36

46,85

6,46

53,31

6,6%

1994

Ciampi

XI

853,91

15,77

3,42

19,18

2,2%

1995

Berlusconi

XII

923,05

25,92

7,38

33,30

3,6%

1996

Dini

XII

982,44

16,84

9,82

26,66

2,7%

1997

Prodi

XIII

1026,29

32,28

8,21

40,49

3,9%

1998

Prodi

XIII

1073,02

12,93

2,32

15,26

1,4%

1999

D’Alema I

XIII

1107,99

9,61

1,29

10,90

1,0%

2000

D’Alema II

XIII

1166,55

7,75

6,51

14,25

1,2%

2001

Amato II

XIII

1220,15

22,98

-

22,98

1,9%

2002

Berlusconi II

XIV

1258,35

17,00

-

17,00

1,4%

2003

Berlusconi II

XIV

1299,87

20,00

-

20,00

1,5%

2004

Berlusconi II

XIV

1351,87

16,20

-

16,20

1,2%

2005

Berlusconi II

XIV

1354,72

24,00

-

24,00

1,7%

2005

Berlusconi II

XIV

1437,50

19,10

1,90

24,00

1,5%

Per il 2004 e 2005 i valori del PIL sono stimati (tratti dal DPEF 2006-2009).
Le cifre assolute sono espresse in miliardi di euro correnti

, quella del risanamento, definita negli stessi documenti del governo «la madre di tutte le manovre».
Con questa manovra sono stati mossi circa 93.500 miliardi di lire, mettendo pesantemente mano al sistema previdenziale e toccando il 6% del PIL. Una manovra che ha avviato il giusto processo di risanamento delle casse pubbliche ma che - allo stesso tempo, complice la crescente ideologia
liberista - ha aperto le strade al ridimensionamento del ruolo redistributivo dello Stato. Altro anno da ricordare è il 1996, con la manovra “correttiva”.
In generale l’importo medio di queste correzioni - fatte a marzo per assestare i conti pubblici rispetto alle previsioni della Finanziaria – è stato di circa 11 mila miliardi negli ultimi dieci anni, con un impatto medio sul PIL dello 0,6%. Ma nel 1996 si è toccato il massimo di queste manovre di aggiustamento: è questo l’anno della “tassa sull’Europa”, da sola pari a 13 mila miliardi di lire, che fa parte di una manovra correttiva di circa 19 mila miliardi, pari all’1% del PIL.

A partire dal 1997, con un deficit sotto il 3% ed un debito che iniziava a ridursi, si sarebbe potuto osare di più, piuttosto che rilanciare, con la firma del Patto di stabilità e crescita europeo, l’obiettivo di finanza pubblica verso il pareggio (e addirittura, per l’Italia, di avanzo) di bilancio, un obiettivo che non ha in sé, qualunque sia l’approccio economico che si vuole utilizzare, alcun senso economico, bensì politico. Le scelte di finanza pubblica degli ultimi anni lasciano trasparire l’incapacità di fondo della politica di immaginare e perseguire obiettivi ambiziosi e di cambiamento.
A cominciare dalla strategia rinunciataria della Finanziaria 2001, che di fronte ad un “bonus” che avrebbe consentito di avviare manovre in grado di incidere strutturalmente sul modello di sviluppo del Paese, sceglieva di dedicare quelle maggiori risorse ad una serie di misure elettoralistiche (sgravi alle imprese e tagli dell’Irpef), rinunciando sia all’idea di riqualificare lo sviluppo attraverso l’introduzione di vincoli ambientali e sociali, sia ad un ruolo attivo dello Stato come promotore dello sviluppo.

La situazione peggiora ulteriormente con l’arrivo al governo della destra.
In parte la crisi economica, ma soprattutto l’incapacità di identificare una coerente strategia di sviluppo ed orientare a tal fine le risorse, portano al quasi disastro attuale: il processo di riduzione del debito pubblico si arresta, mentre il deficit pubblico aumenta. Le ingenti risorse, che pure l’aumento del deficit e il risparmio generato dai bassi tassi di interesse sul debito pubblico hanno reso disponibili si sono perse in mille sprechi, senza una strategia. E’ così che anche nell’attuale contesto, alla scuola, all’università, alla ricerca, al completamento degli istituti del welfare non vengono destinate che risorse minime, tutte quelle disponibili finendo in disordinati interventi, spesso tristemente legati agli interessi di poche lobby vicine al governo (se non addirittura a quelli personali del premier).

 
www.disinformazione.it