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Le
favole dell'alieno
di Curzio Maltese da «La
Repubblica»
L'ultimo
Berlusconi si spiega soltanto con la furia autodistruttiva che prende
alla fine tutti i grandi narcisi.
Il governo è sull'orlo di una crisi, almeno di nervi, e il premier ha
fatto tutto da solo. In pochi giorni ha presentato un piano di rinascita
economica già seppellito dalle risate dei suoi alleati, prima che dalle
critiche dell'opposizione. Non contento, il premier è andato ieri sera
dal suo Marzullo, Mario Giordano, a raccontare ancora una volta la
favola delle tasse che stanno per diminuire, anzi sono già diminuite ma
presto quasi spariranno. Sullo slancio il Cavaliere è salito su una
teorica palla di cannone, come il barone di Munchausen, e ha cominciato
a fantasticare di un'Italia felix in pieno miracolo economico.
Un milione e quattrocento mila posti di lavoro creati (dove?), il venti
per cento in meno dei reati (quando?), pensioni di lusso, tasse ridotte.
Ha perfino aggiunto che lui in televisione non c'è andato mai.
Mai come nella circostanza è parso azzeccato il titolo della
trasmissione: "l'Alieno". In questi casi la pratica medica
consiglia di non contraddire. La reazione potrebbe essere violenta. Ma
c'è da chiedersi perché un grande comunicatore come Berlusconi insista
tanto con una strategia così clamorosamente sbagliata.
Da
tre mesi, rientrato dal rimpasto facciale, il Cavaliere porge a
un'Italia depressa e impoverita uno specchio delle meraviglie dove
dovrebbe vedersi opulenta e gioiosa. Che senso ha? È possibile che i
cittadini credano più allo specchio magico della tv che non alle
proprie tasche? Raccontare agli italiani che si stanno arricchendo
mentre stanno malissimo è sciocco, controproducente e fuori luogo. Un
po' come la terrificante battuta sui carabinieri che vanno a Nassiriya
per i soldi. La barzelletta dopo il massacro che ha permesso a
Berlusconi di battere il record di oscenità governativa stabilito da
Scajola con la battuta sul professor Biagi "avido e rompicoglioni".
La follia apparente di Berlusconi, ammiratore di Erasmo e forse
addirittura lettore, ha sempre avuto in passato una logica nascosta. Qui
o è molto ben nascosta o non esiste. La reazione corale degli alleati,
di scherno o scandalo, è significativa. Per la prima volta Fini e
Follini, Buttiglione e la Lega condividono lo stesso atteggiamento fra
lo scettico e l'infastidito di fronte alle mirabolanti e continue
sortite del capo. È finito il gioco a premi per cui se un alleato
criticava il premier, l'altro correva a difenderlo. Dall'ultimo
Berlusconi prendono le distanze tutti.
Il
più duro è Gianfranco Fini che ha lanciato in tv un gelido
"invito a riflettere". Nei giorni scorsi il vice premier aveva
impallinato al volo il piano economico berlusconiano e ironizzato sulla
trovata dell'abolizione dei ponti (ma non doveva costruirli?). Ieri ha
disertato il consiglio dei ministri e s'è messo a spiegare a Berlusconi
via etere, come si fa con i bambini, che prima di parlare di tagli
fiscali bisogna stabilire quali tasse (Irap o Irpef?), quali redditi
(alti o bassi?), con quali risorse. La Lega per non sbagliare seguita a
minacciare crisi di governo, anche in assenza di Bossi. Il ministro
Buttiglione sbugiarda Berlusconi che in televisione aveva parlato di
misure già pronte "per la prossima settimana", mentre a lui
ha confessato che si tratta soltanto di buoni propositi, generica
"volontà politica", insomma balle elettorali.
Delle due l'una. O prende in giro Buttiglione, e pazienza, oppure prende
in giro milioni di spettatori. Alla lunga, come insegna l'amico Aznar,
il gioco è rischioso. La terza possibilità è che Berlusconi stia
prendendo in giro sé stesso, nella tragica nemesi di chi finisce per
credere davvero alle proprie bugie. In una strana altalena fra fantasia
e realtà, esaltazione e resa. Un minuto dopo aver annunciato radioso
l'ennesima soluzione magica alla crisi, Berlusconi infatti si rabbuia e
ammette che "i governi nazionali possono fare pochissimo per
stimolare l'economia", "tutto è nelle mani dell'Europa".
Andata e ritorno, un passaggio da Jekyll a Mister Hyde nei tempi di una
comica, nello spazio di uno spot.
È evidente che Berlusconi ha perso il dono del comunicare. È un attore che non sente più gli umori del pubblico e cerca un nuovo successo con un vecchio numero replicato all'infinito. Finora la mole gigantesca di trovate, volta a compensare la qualità, non ha ottenuto il risultato di schiodare i sondaggi di Forza Italia da un misero 21 per cento. È mancato il salto da genio populista a grande statista, nonostante gli elogi della vasta corte e l'occasione del semestre europeo. Gli alleati l'hanno capito e tentano di sottrarsi, ciascuno a suo modo, dal prevedibile crollo. Perso il talento, a Berlusconi rimangono due potenti armi, la televisione e i soldi. Le userà senza scrupoli, lo sta facendo. Può spendere per una campagna elettorale più di Bush e Kerry messi assieme e apparire in televisione più del segnale orario. Basterà a vendere un'altra favola?