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Emergenza
RAI : come affrontarla?
nota
di Enrico Giardino - dicembre 2004
www.romacivica.net/forumdac
La
situazione radiotelevisiva ed informativa del nostro Paese è ormai
inaccettabile e disastrosa.
Il disegno P2 di Gelli si sta
realizzando anche nel settore radiotelevisivo e nella RAI. Lo sciopero
degli utenti TV dei giorni 11 e 12 dicembre 2004 ne è la prova. Lo
sciopero indetto dalla Snater
contro il rinnovo del contratto della “privatizzazione” ne è
l’altra faccia.
Il monopolio berlusconiano sulla TV è ormai
totale e ciò peserà anche sulle elezioni regionali.
Per una serie di motivi - oggettivi e soggettivi - illustrati nel
documento “dove sono finiti i lavoratori
della RAI ?”, questi lavoratori non potranno mobilitarsi nel breve
termine per fermare questa crescente devastazione. Troppi sono stati in
questi anni gli inganni e le speranze tradite.
Le nefandezze governative si succedono con sempre maggiore
arroganza e gli stessi partiti di opposizione sembrano incapaci di
trovare risposte adeguate, sia nel breve che nel medio periodo. Dovremmo
far cadere al più presto questo Governo, ma la maggioranza che si
oppone non lo vuole.
La dissoluzione-mercificazione della RAI è il nucleo
centrale di questa politica anticostituzionale.
La sua delegittimazione pilotata viene registrata dai risultati di
inchieste sulla “credibilità dei
media”: la RAI è oggi al
20 %, due punti sotto Mediaset (22%). Questo dato disastroso spingerà
molti politici a dare per spacciata l’azienda pubblica ed i lavoratori
che vi lavorano.
Come per altre emergenze
nazionali, credo sia necessario ed
urgente costituire un Consulta
RAI- fatto di persone impegnate e credibili che promuovano -
mediante azioni diverse e congruenti - una mobilitazione generale sul
problema. Dovrebbe sviluppare una serie di iniziative di breve e di
medio periodo, quali ad es.:
1) Usare
tutti i canali informativi disponibili per denunciare la gravità della
situazione. La opposizione dovrebbe finanziare spot TV e raccontare il misfatto mediatico.
2) lanciare campagne di boicottaggio
civile contro tutti i
mezzi disinformativi di Berlusconi e contro i canali RAI più legati ad
interessi berlusconiani. Esempio. I parlamentari di opposizione
potrebbero disertare le reti berlusconiane o farvi gesti eclatanti di
protesta.
3) Lanciare una serie di
scioperi articolati nei settori informativi di matrice berlusconiana
4) Avanzare denunce
collettive presso tutti gli organi di garanzia , nazionali ed europei;
5) Boicottare i prodotti
ed i servizi reclamizzati
dalle TV berlusconiane
6) Sostituire la Legge
Gasparri con una proposta di
legge alternativa
7) Bloccare e boicottare
tutte le manovre e le scadenze governative tendenti a danneggiare la RAI
e le emittenti locali di interesse sociale e popolare. Esempi : la
radiodiffusione digitale terrestre, la privatizzazione della RAI, il
rinnovo del CCL di lavoro, ecc.
8) Promuovere tutte le
azioni che possano restituire al Parlamento la sua funzione decisionale, legislativa e di controllo. Attivare provvedimenti mirati delle
Autorità di garanzia. Anche l’ostruzionismo parlamentare può servire
allo scopo.
Partiti,
sindacati, associazioni, cittadini
e lavoratori - anche mediante la raccolta di firme e di fondi -
potrebbero dare forza e visibilità alla Consulta
RAI.
Molti cittadini ancora
pensano che le reti berlusconiane siano gratuite; pensano che la
RAI sia comunque peggio di Mediaset, che la privatizzazione RAI sia una
soluzione utile e necessaria….
La Consulta dovrebbe sfatare
queste falsità e a far capire che si può e si deve avere una RAI-
servizio pubblico al servizio del cittadino. Per questo servono
strumenti nuovi ed inesplorati: Statuto di autonomia della RAI, norme
antilottizzatorie, Carta dei diritti comunicativi, decentramento
regionale della RAI, sanzioni contro il monopolio Mediaset, ecc.
Se
partiti e sindacati si impegnassero in questo senso, potrebbero
recuperare gran parte della credibilità e della fiducia perduta in
questi anni. Lavoratori ed utenti potrebbero
recuperare la coscienza dei loro diritti negati e la forza di
lottare, senza rassegnarsi e senza delegare.