Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
Effetti
collaterali di economie (e
politiche) spietate
Paolo
Barnard – tratto da Golem
L'Indispensabile
visto su http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=3959
Nella maggioranza delle persone la percezione
dell’insicurezza è quasi sempre alterata, è, oserei dire, una
commedia. Fra il menù medio di una mensa aziendale e il rumeno che
incrociamo per strada, la prima è un killer di massa, il secondo è uno
0,1% di probabilità di esserlo.
Fate solo la proporzione fra i decessi annui per malattie
cardiovascolari o tumori all’apparato digerente e quelli per mano di
assassini stranieri e capite subito di cosa parlo. E non mi si dica che
l’alimentazione al lavoro è una scelta del cittadino mentre il ceffo
straniero no, poiché sappiamo tutti che la presenza degli immigrati nel
nostro Paese è tanto una nostra scelta/necessità quanto quella di
mangiare di corsa cibi preconfezionati. Esistono fisiologicamente
insidie nei primi quanto nei secondi.
Eppure quel tizio losco ci fa paura mentre la fettina con
mozzarella su un lago di sugo al glutammato no.
E così è in tante altre componenti del nostro vivere: per numero di
morti e feriti il semaforo rosso violato batte il rumeno cattivo
Passo al successivo quesito di Colombo, e cioè se
informazione e politica aiutino ad avere la giusta percezione della
sicurezza. No, ovviamente, per il semplice motivo che se lo facessero
dovrebbero poi accettare di sovvertire in ogni suo anfratto la struttura
stessa del nostro vivere. Non lo vogliono loro, e meno di loro lo
accettiamo noi cittadini. E poi l’ex magistrato ci chiede se il tema
del pericolo comune sia affrontato per il rilievo che ha o se succede
talvolta che sia enfatizzato per scopi che con la sicurezza del
cittadino hanno poco a che fare. Ebbene, la manipolazione del rischio, e
di conseguenza della nostra paura, è divenuto uno dei più fiorenti
business della fine del XX secolo e del nuovo millennio. Oltre alla
nascita di una vera e propria industria della security (dagli ammenicoli
per la casa prodotti da aziendine locali ai colossi come l’americana
Blackwater), abbiamo assistito al trionfo della Politica della Paura, e
cioè di quel giochetto gestito dai governanti che consiste nel pompare
minacce reali ma obiettivamente contenute fino alla psicosi di massa,
con la solita complicità dei media come sempre acritici e asserviti al
potere.
La Guerra al Terrorismo dopo l’11 di settembre 2001 ne è un esempio
strepitoso. Il maggior studio oggi disponibile dedicato al fenomeno
suicida islamico, ci dice che il totale dei morti da ascrivere ad
al-Qaeda dal 2001 alla fine del 2005 è stato di circa
Ciò dimostra due cose. Primo, che la letalità complessiva
per gli occidentali degli ‘islamofascisti’ impallidisce di fronte a
quella di un singolo farmaco fraudolentemente approvato, il Vioxx (un
inibitore Cox-2 della Merck di cui l’azienda conosceva i pericoli),
ritenuto oggi responsabile di qualcosa come 35.000-55.000 morti solo
negli USA e in un periodo che ricalca esattamente quello del maggior
attivismo di al-Qaeda. (2)
Secondo, che il loro esercito è sparuto a dir poco.
Confrontate quei numeri con il panico da apocalisse
imminente sparato a tutto gas dagli spin doctors della Casa Bianca e di
Downing Street, come Thomas Friedman o Alan Dershowitz o Alastair
Campbell, ma anche dal nostro implacabile master of doom Magdi Allam, in
un balletto semaforico impazzito di allarmi gialli, rossi, verdi, blu, e
con la fola delle migliaia di cellule dormienti di micidiali kamikaze
islamici che certamente sarebbero entrate in azione in tutto
l’Occidente scatenando decine di 11 settembre.
Grazie a Dio nulla di ciò è accaduto, mentre morivamo come mosche per
la sete di lucro di una multinazionale farmaceutica.
Ma qualcuno ha mai sentito Bush, Blair o Prodi dichiarare una Guerra al
Farmaco selvaggio o all’informatore farmaceutico stragista? No,
Ai tre rimanenti quesiti di Colombo mi sento di rispondere
così: il guaio sta tutto nel fatto che in questo torbido problema di
immigrazione e sicurezza nessuno degli attori vuole dire la verità.
Mentono tutti, e così si va al disastro.
Gli attori sono: i nostri pubblici amministratori, i gruppi di immigrati
sotto accusa, i media, i cittadini del Paese ospite.
Mi sbarazzo subito degli ultimi due. I giornalisti mentono perché
quello è divenuto il loro mestiere, salvo casi peregrini ahimè, e
altro non vale la pena aggiungere qui. I cittadini italiani sono mendaci
quando negano un’evidenza che hanno stampata negli occhi da tempo: e
cioè che senza immigrati, regolari ma anche clandestini, questo Paese
sarebbe in guai seri. Chiuderebbero le cucine della maggioranza dei
ristoranti, non sapremmo più come raccogliere frutta e verdura, come
pulire i nostri uffici, i nostri anziani non autosufficienti sarebbero
allo sbando, e tanto altro.
I nostri pubblici amministratori invece nascondono alla
cittadinanza che soluzioni nazionali al problema immigrazione e
sicurezza semplicemente non esistono. Proprio nel senso che è inutile
persino ventilarne, perché gli aspiranti immigrati sono troppi, troppo
disperati e impossibili da fermare. Le cretinate della destra italiana
in tema di soluzioni equivalgono letteralmente a chi volesse difendersi
dalle zanzare nelle valli comacchiesi spiaccicandole al muro con la
palettina.
Ciò che invece andrebbe fatto da un governo responsabile (e morale) è
di raccontare agli italiani come sia accaduto che miliardi di persone al
mondo siano state ridotte a tali livelli di disperazione economica da
rischiare qualunque orrore pur di sfuggire alla miseria. La verità,
qui, significa ammettere, e letteralmente raccontare ai cittadini
attraverso i media, che il pane di tanti stranieri ce lo siamo mangiato
noi sottraendoglielo a casa loro, riducendoli alla fame, quando non
ammazzandoli. E cioè che il nostro imperante Neoliberismo, con
l’Organizzazione Mondiale del Commercio,
Gli abbiamo tolto tutto, incluso il diritto
all’autodeterminazione, alla gestione della propria economia, gli
abbiamo legato le mani e i piedi e li abbiamo pure massacrati a volte, e
quando alla fine i depredati approdano da noi a chiederci le briciole,
solo le briciole di ciò che era loro, noi facciamo le Bossi-Fini, i
decreti Veltroni e li odiamo anche.
Prego, Dottor Sottile, lei che queste cose le sa benissimo, le snoccioli
sulla prima pagina del «Corriere della Sera» invece di turlupinarci.
Racconti anche come i suoi illustri colleghi, Jeffrey Sachs (il gran
cerimoniere della transizione della Polonia al Libero Mercato) o Joseph
Stiglitz (ex capo economista della Banca Mondiale), ci stanno oggi
spiegando il perché della crescente disperazione dei cittadini
dell’Est Europa, che dai soffocanti regimi comunisti sono passati al
sadismo del Libero Mercato. Ci sono dati sul crollo degli standard
minimi vitali da far accapponare la pelle, in Russia, in Ucraina, in
Polonia, in Moldavia, in Romania, e tutti a partire dal
Romano Prodi dovrebbe raccontare a Porta a Porta del
ricatto che la sua Commissione Europea (CE) tentò nell’aprile del
2002 durante i negoziati cosiddetti GATS sulla liberalizzazione dei
servizi, dove a Paesi come
Giuliano Amato, e i sindaci delle nostre città, dovrebbero dire il
vero, e cioè guardare in faccia gli italiani e chiedergli: "Se voi
aveste dovuto vendere il primo figlio in schiavitù per nutrire il
secondo, e se ora vi toccasse di vendere anche quest’ultimo per non
farlo morire di diarrea, cosa fareste? Rimarreste lì dove siete o
tentereste di andarvene?" oppure "Se voi foste i gestori di
una panetteria a Tunisi e un cugino del dittatore Ben Ali entrasse in
bottega e vi dicesse ‘da oggi io sono il tuo socio di maggioranza, se
no sono bastonate’, cosa fareste? Rimarreste lì?" o ancora
"Se vostro padre nel villaggio romeno avesse un cancro alla
prostata e stesse urlando di dolore giorno e notte senza traccia di
morfina né di cure decenti, e se i vostri figli avessero la grappa come
unica alternativa alla disoccupazione, cosa fareste? Stareste lì ad
ascoltare i gemiti e a vedere la vostra prole diventare cirrotica a
trent’anni?". Ed è questo il motore dell’immigrazione,
l’unico esistente. Che ce lo dicano i politici, chiaro e tondo.
Le soluzioni sono unicamente internazionali, e cioè basta
con questa rapina che si chiama Libero Mercato. Cittadini europei,
volete risolvere il degrado da immigrazione? Fermate il flusso dei
disperati, che inevitabilmente porta con sé elementi rabbiosi,
psicotizzati, pericolosi, e sempre li porterà, poiché è assai più
facile diventare bestie quando dall’età di 2 anni si vive in
condizioni da animali. Ma questo significa che dobbiamo accettare di
pagare i prezzi per un mondo meno in disequilibrio, significa restituire
il maltolto, punto. La “botte piena e la moglie ubriaca” è la
filosofia assurda del Libero Mercato, e cioè “rapiniamo le risorse di
milioni di persone, sfruttiamole nei cantieri da noi o negli sweat shops
da loro, ma che poi non ci vengano a rompere le balle”. Così non è
sostenibile. O ci teniamo il nostro furto e la loro immigrazione, oppure
optiamo per la restituzione della ricchezza sottratta (permettendogli un
reale sviluppo) e per la pace, pagandone il prezzo. Il furto e la
tranquillità insieme non li possiamo avere, spiacente. La scelta è
nostra, e questi sono i veri termini del dibattito sull’immigrazione e
sulla sicurezza.
Infine, mentono anche alcune comunità di stranieri cosiddetti
problematici, i quali non accettano una verità lampante: il fatto che a
parità di status sociale qui in Italia, di povertà originaria e di
diversità, alcune etnie o nazionalità di migranti sono meglio
accettate di altre. I Rom non si raccontano, e non ci raccontano, la
verità sul perché il loro tasso di non-gradimento da parte degli
italiani è pressoché totale, mentre i filippini hanno lo stesso tasso
ma di segno completamente opposto. Perché?
Se è vero che – in attesa di soluzioni lungo le linee
tracciate in precedenza, di un sistema carcerario che sappia riabilitare
e non abbruttire, e di politici capaci di dirci il vero – va
urgentemente affrontato il problema dello scontro fra certe culture
presenti in Italia e la nostra, allora chiamiamoci tutti al centro.
Significa proporre alle comunità di immigrati più problematici di
farsi carico di verità scomode su se stessi, e agli italiani di fare la
stessa cosa. Ai Rom in particolare direi: riconoscete che sovente il
vostro collante socioeconomico è la brutalizzazione delle donne e dei
bambini, perché senza di essa non potreste tenerli in strada a rubare,
a mendicare, e a prendersi insulti e rancore dalla mattina alla sera.
Agli italiani dico: offrite un’accoglienza decente a costoro, alloggi,
scuole, sanità, lavori, in cambio dell’adesione di tutti a principi
compatibili col rispetto dei cittadini e dei diritti umani fondamentali.
Se poi nonostante questa offerta di incontro al centro una delle due
parti dovesse persistere negli errori o rifiutarsi di cambiare rotta,
allora sapremmo almeno dove puntare il dito. E se i recalcitranti del
caso fossero proprio gli immigrati, allora avremmo almeno un tantino
meno torto. Ma mica tanto.
Note
1. Prof Robert Pape,
2. Si vedano gli studi condotti dal dott. David Graham
della US Food and Drug Administration nel 2005; il rapporto pubblicato
dal «New England Journal of Medicine» nell’ottobre 2005; e
l’inchiesta nello stesso periodo del «Wall Street Journal».
3.
Dati disponibili tratti da: l’inchiesta I Globalizzatori, Report RAI
3, 09/06/2000, di Paolo Barnard, www.report.rai.it – Public Citizen:
Trade Watch, USA – The Transnational Institute, Amsterdam, Olanda –
The World Trade Organization: The Marrakech Treaty – Corporate Europe
Observatory, Amsterdam, Olanda – The Economic Policy Institute,
Washington DC, USA – Friends of the Earth, Bruxelles, Belgio –
Corporate Watch, USA – Oxfam UK – Global Policy Forum Europe, Bonn,
Germania – Institute for Policy Studies USA– et al., e da studi di
autori fra cui: Joseph Stiglitz, Jeff Faux, Noam Chomsky, Greg Palast,
Susan George, Richard W. Behan, Alexandra Wandel, Peter Rosset, Dean
Baker, Barry Coates et al.
4. Definizione tratta dall’autodenuncia di uno di loro,
l’americano John Perkins autore di «Confessions of an Economic Hitman»,
Berret-Koehler Inc. 2004.
5. Denucia del Corporate Europe Observatory che ha ottenuto una copia
del memorandum sul GATS della CE nel 2002, ripresa poi dal The Guardian
di Londra in «A privatizers hit list», 18/04/02.