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Economia
del debito
A
cura di Marco Bazzato
In
questi giorni il quadro politico italiano risulta più confuso del
solito, da una parte il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che
desidera tenere fede al patto con gli elettori dando avvio alla tanto
annunciata riduzione delle tasse, dall’altra
il Vice Presidente del Consiglio Gianfranco Fini
preme perché esso verta in primo luogo a favore dei ceti
medio-bassi, affinché possano
almeno teoricamente recuperare una parte del potere d’acquisto eroso
in questi ultimi anni con l’introduzione dell’Euro e con
l’innalzamento dei prezzi, che non hanno portato ad un eguale
rivalutazione dei salari, fermi per la contrazione della domanda interna
ed esterna, minata anche dalla forte concorrenza Cinese, che ha
acquisito esperienza produttiva e commerciale
grazie anche alle passate delocalizzazioni Italiane, insinuandosi
con la forza del basso costo della manodopera in tutti i settori
dell’economia, riuscendo a competere con vigore ed aggressività
nell’Italia sempre più chiusa all’angolo dal proprio debito
interno, che non può, non vuole investire, o non riesce
a trovare credito, perdendo competitività e nel panorama
internazionale.
Il
Premier continua a rimarcare il fatto che l’Italia ha ereditato una
situazione debitoria dovuta dai governi precedenti, e anche la
congiuntura internazionale dopo l’11 settembre 2001 ha arrestato la
crescita dell’economia internazionale alimentando anche la stagnazione
economica del nostro paese.
Non si riesce a vedere come si riuscirà ad invertire la tendenza,
non solo
Italiana, ma mondiale senza un’adeguata ridefinizione del
concetto d’economia “di mercato”
Lo stesso Presidente del Consiglio intende chiedere una rinegoziazione
dei parametri di Maastrict ampliando la soglia di oscillazione del patto
di stabilià Europea del tre per cento sul P.I.L.
Anch’esso parte con tutti i presupposti
un tentativo tampone, dove dopo l’allargamento delle maglie del
debito, non si saprà poi in che modo esso potrà essere ricondotto
entro i confini di normale
tolleranza fisiologica, ma andrà nuovamente ad incrementare una spirale
debitoria, che potrebbe portare al collasso l’intero sistema Europeo,
ricadendo nelle classi più deboli della popolazione, che
verrebbero costrette a nuovi sacrifici.
Si dovrebbe ridefinire completamente il concetto di economia, non basata sul consumo, ma sulla pianificazione industriale
e sul risparmio, non solo dei costi aziendali, che vanno in primo
luogo ad incidere sui rinnovi dei contratti che vengono continuamente
procastinati, e che non permettono di generare un ciclo virtuoso di
ricchezza che favorisce il risparmio sopratutto dei ceti medio-bassi,
bloccando di fatto la propensione al risparmio, mentre assistiamo
allo stimolo costante verso il credito al consumo nascente dal
bisogno di smaltire in surplus produttivo dei paesi industrializzati,
spesso vengono prodotti nei paesi in via di sviluppo dovuto al basso
costo delle maestranze ed ad agevolazioni locali per rendere allettanti
gli investimenti stranieri.
Un
utile proposta, potrebbero essere quella di
sgravi fiscali ai cittadini che dimostrano propensione al
risparmio, premiando cosi
la ricchezza virtuosa generata dal risparmio stesso, che dovrebbe
rientrare però nel mercato solo tramite i cittadini, non attraverso
altre forme d’investimento o credito dati dal sistema creditizio, che
ha portato a dissesti fallimentari
per le tasche dei risparmiatori invogliati all’investimento e che poi
si sono dimostrati carta straccia (vedi Bond Cirio e Parmalat le ultime
in ordine di tempo).
L’economia basata sul debito fuori controllo, comprime e soffoca la
crescita stessa, alimentando il senso d’insicurezza che mina
non solo la possibilità di generare ricchezza, ma sopratutto il
senso stesso del valore seppur effimero del denaro stesso, facendoci
apparire l’economia di mercato, un economia basata sul debito
indiscriminato, che si autoalimenta come un fuoco d’impossibile
controllo reale.
Marco
Bazzato
Sofia, 22.11.2004
Marco.bazzato@libero.it
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Tutti i diritti dell’autore.