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Ogni nuova ‘malattia’ elencata nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) viene stabilita attraverso discussione e voto (con alzata di mano!!!) di esperti psichiatri.
Il numero dei disturbi mentali (oggi sono 374) ‘definiti’ e catalogati nell’ultima versione del DSM ( la IV ) sono stati ‘votati’ a maggioranza dai membri dell’APA (American Psychiatric Association).

Aumento del numero dei disturbi dal 1952 ad oggi

Anno

1952

1968

1980

1987

1994

Versione

DSM I

DSM II

DSM III

DSM IIIR

DSM IV

Numero dei disturbi

112

163

224

253

374

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La “bibbia” dei disturbi mentali sotto accusa
Oltre metà degli autori ha avuto legami economici con le case farmaceutiche
Tratto da RSI, Responsabilità sociale delle imprese - www.rsinews.it

Oltre la metà degli psichiatri che hanno collaborato alla redazione del più diffuso Manuale per la diagnosi dei disturbi mentali, ha avuto legami finanziari, non dichiarati, con case farmaceutiche. Lo afferma uno studio pubblicato ieri dalla rivista statunitense “Psychotherapy and Psychosomatics”, effettuato da Lisa Cosgrove, dell’Università del Massachusetts e da Sheldon Krimsky, della Tufts University.
Il Manuale, considerato una sorta di bibbia, è il “Diagnostic and Statistical Manual” dell’American Psychiatric Association, la cui ultima edizione è stata pubblicata nel 1994 e rivista nel 2000.

Il Manuale non contiene specifiche indicazioni per il trattamento dei pazienti ma gli psichiatri fanno riferimento ai suoi criteri diagnostici, per individuare i disturbi mentali.
Il Manuale è talmente importante che la Food and Drug Administration (FDA) statunitense non autorizza farmaci per il trattamento di un disturbo mentale, se esso non è compreso nel manuale. E’ evidente, quindi, la sua rilevanza per le case farmaceutiche.
Ebbene, su 170 psichiatri che hanno collaborato all’ultima edizione del Manuale, 95 (pari al 56%) hanno avuto rapporti economici, tra il 1989 e il 2004, con le case farmaceutiche, con l’incarico di ricercatori, consulenti e oratori in conferenze. La percentuale è del 100% tra coloro che hanno curato la sezione sui disturbi dell’umore e su quelli schizofrenici/psicotici. Secondo i dati riportati dal “Chicago Tribune”, si tratta dei due settori che, nel 2004, hanno registrato le maggiori vendite di farmaci psichiatrici, pari, rispettivamente, a 20,3 e 14,4 miliardi di dollari a livello mondiale.

Lo studio pubblicato da “Psychotherapy and Psychosomatics” ha suscitato molte reazioni. Il direttore della ricerca dell’American Psychiatric Association, Darrel Regier, ha riconosciuto la necessità di una completa trasparenza, sostenendo che nel 1994 quest’esigenza non era così sentita. Nella prossima edizione, prevista nel 2011, saranno indicati i rapporti economici di tutti i collaboratori. Secondo il presidente dell’Associazione, Steven Sharfstein, è naturale che psichiatri di così alto livello abbiano rapporti con le case farmaceutiche, il che non lede la loro credibilità e integrità scientifica.

Secondo quanto riportato dal “Washington Post”, una degli psichiatri che hanno collaborato al manuale, Nancy Andreasan, dell’Università dello Iowa, ha criticato la ricerca, perché non distingue tra coloro che hanno avuto legami economici con le case farmaceutiche durante la redazione del Manuale e chi le ha avute successivamente.
Uno dei ricercatori, Sheldon Krimsky, ha replicato che le fonti da cui hanno attinto non consentono di fare questa distinzione ma che, dal punto di vista delle preoccupazioni etiche, non fa differenza se questi psichiatri hanno ricevuto soldi dalle compagnie farmaceutiche prima, durante o dopo la redazione del Manuale. Infatti, anche i rapporti economici instauratisi successivamente appaiono problematici, perché possono essere visti come una ricompensa a posteriori.

Secondo Irwin Savdonik, psichiatra dell’Università della California, “il vocabolario della psichiatria è ormai definito, a tutti i livelli, dall’industria farmaceutica”. Savdonik fa notare, sul “Chicago Tribune”, che la prima edizione del Manuale, nel 1952, conteneva 107 definizioni di disturbi mentali. Nella quarta edizione, quella del 1994, il numero è più che triplicato, arrivando a 356.
Una delle autrici della ricerca, Lisa Cosgrove, ha dichiarato al “Washington Post” di avere iniziato lo studio sugli autori del manuale, dopo aver scoperto che cinque dei sei membri di un panel, che stava esaminando se certi problemi premestruali fossero un disturbo mentale, avevano legami con la casa farmaceutica Eli Lilly & Co., che stava cercando di vendere il suo Prozac anche per il trattamento di questi sintomi.

La ricerca di Cosgrove e di Krimsky arriva in un momento in cui sta crescendo il dibattito sull’aumento dell’uso dei farmaci come principale o unico trattamento di molti disturbi mentali, una tendenza dovuta, in parte, alle definizioni contenute nel Manuale.

Questo mese, la rivista “PLoS Medicine” ha dedicato l’intero numero al problema al problema delle malattie inventate, cioè ai disturbi che, attraverso mirate campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, vengono trasformati in patologie, come la disfunzione erettile, per la cui cura qualche casa farmaceutica è subito pronta a presentare il farmaco giusto. Insomma, se c’è la medicina ma non la malattia, si creano i malati.

Come ricorda “USA Today”, recentemente uno psicologo britannico dell’Università di Cardiff, David Healy, ha notato che l’ultima revisione del manuale ha eliminato un sottotipo della schizofrenia, che rispondeva poco alla cura con farmaci. Così, la “malinconia” è stata eliminata, in favore di un disturbo depressivo più grave. Il direttore della ricerca dell’American Psychiatric Association, Regier, ha respinto l’accusa

 
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