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La
domanda delle cento pistole
di Carlo
Bertani
Dopo l’abbuffata di dati elettorali, le immancabili grida
ai brogli e le inevitabili gazzarre da stadio fra vincitori e sconfitti,
viene il momento di riflettere – come si suol dire – “a bocce
ferme”.
Il centro sinistra dovrà governare, e quindi non avrà il lusso di
poter osservare il bicchiere “mezzo vuoto” ma solo quello mezzo
pieno, il che è comprensibile e legittimo.
Anzitutto, la sconfitta – seppur di misura – è la sconfitta di
Berlusconi e della sua prassi di governo che era copiata fedelmente dal
piano della P2 di Licio Gelli.
Berlusconi è veramente sconfitto?
Qui i voti c’entrano poco: contano di più i soldi e,
soprattutto, le televisioni.
Dopo appena quarantotto ore dalla chiusura dei seggi, Romano Prodi
annuncia che i primi interventi del suo governo saranno varare una legge
sul conflitto d’interesse ed una sull’antitrust, ossia sulla
concentrazione delle testate televisive: il titolo Mediaset perde
immediatamente il 2% in Borsa.
Due leggi contro Berlusconi? Apparentemente sì, ma fra le righe c’è
la scappatoia, la via d’uscita concessa al Cavaliere. In campagna
elettorale, Prodi ebbe a dire che “Mediaset è una risorsa per il
Paese”, il che farebbe pensare ad una sorta di “assicurazione”
lanciata prima del voto, ossia l’intenzione di non vendicarsi su
Berlusconi coinvolgendo il suo impero economico.
Il suo potere economico, però, può anche non coincidere con quello
mediatico: in altre parole, Berlusconi potrà salvare i suoi immensi
patrimoni a patto che accetti la legge sul conflitto d’interesse senza
alzare barricate. Come risponde Berlusconi?
Con la proposta di una grande coalizione insieme a Prodi.
Tutti sappiamo che si tratta di una coalizione impossibile a
realizzarsi, che renderebbe l’Italia ancor più ingovernabile di
quanto può esserla un’alleanza che governa grazie al voto dei
senatori a vita.
Perché Berlusconi non accetta la sfida dell’opposizione “dura e
pura”?
Semplicemente perché coloro che sono pronti a recitare il suo De
profundis politico si contano forse in egual misura da una parte e
dall’altra degli schieramenti.
Fra cinque anni Berlusconi avrà circa 75 anni: non è più l’età
nella quale si combattono le grandi battaglie elettorali; ci vuole un
Delfino, che però non c’è, perché l’unico successore di
Berlusconi – vista l’impostazione “aziendale” di un partito come
Forza Italia – potrebbe essere solo il suo clone.
Se il centro destra può affondare sotto i colpi di una eventuale (e
molto probabile) sconfitta nel referendum sulla riforma costituzionale
– giacché
Una “riserva di caccia” della destra priva di
Berlusconi e di Bossi è ciò che attendono il Gatto e
In definitiva, quindi, Prodi è oggi necessario anche al centro destra
per il suo carisma in Europa – per cercare di sanare le astruse
acrobazie di un tributarista che ha giocato a fare l’economista, un
certo Giulio Tremonti – e rimettere in sesto l’economia per avere in
futuro maggiori margini di manovra (e di spesa).
La “grande coalizione” proposta a Prodi da Berlusconi è dunque un
“pizzino” che invita a fumare il calumet della pace, ossia: lascerò
campo libero e trasferirò i miei interessi economici dal campo
mediatico a quello della finanza e delle assicurazioni, cosa che già in
parte ha fatto.
Curiosità vuole che la legge sui fondi pensione – così voluta da
Maroni – non fu approvata proprio perché non era abbastanza
“generosa” con i gruppi assicurativi privati, ossia con Berlusconi.
In fin dei conti, il Cavaliere da Arcore lavorava pro
domo sua ed in questi anni lo ha dimostrato ampiamente: c’è da
credere che cambi proprio adesso impostazione? I veri coglioni non sono
dunque gli elettori del centro sinistra, ma quella parte di centro
destra più vicino alla piccola e media impresa che lo ha applaudito a
Vicenza, credendolo lo scudiero senza macchia e senza paura che avrebbe
difeso i loro interessi.
Il liberismo sfrenato della piccola e media impresa fa a pugni con
qualsiasi tipo d’associazionismo: perché
Lo scontro interno a Confindustria condurrà inevitabilmente al
rafforzamento di Luca Cordero di Montezemolo – che rappresenta
l’altra faccia dell’imprenditoria, ossia i grandi gruppi – perché
ha dimostrato d’aver puntato sul cavallo vincente: gli incentivi per
la ricerca saranno appannaggio dei grandi gruppi industriali e non certo
dei piccoli, che vedranno scomparire la loro ancora di salvezza, ossia
la legge Tremonti sulla de-fiscalizzazione degli utili.
Berlusconi si trova oggi in una situazione veramente
difficile, dalla quale potrà uscire in un solo modo (visti anche i
processi pendenti): una saggia ritirata, più tempo da trascorrere in
famiglia in Sardegna o qualche incarico internazionale di facciata,
tanto per poter aggiungere sempre un titolo davanti al cognome.
Il bicchiere mezzo vuoto – per Romano Prodi – non sarà lo
spauracchio di una sinistra alla camomilla, bensì proprio l’avanzare
del progetto di “destra europea” prospettato da Fini e da Casini: le
sirene di un grande partito di destra moderato non tarderanno a farsi
sentire nei settori di centro, nell’UDEUR e forse anche nella
Margherita.
Paradossalmente, meno tempo impiegherà Prodi a risanare i conti
pubblici e più sarà esposto al rischio, ma potrà sempre tornare utile
per scongiurare il pericolo una legge di spesa varata “ad hoc” per
accontentare Bertinotti.
In definitiva, Prodi non ha torto quando afferma che seguirà il
programma – ossia che colpirà la rendita finanziaria – perché
quella è l’unica arma che ha per proseguire un progetto che è
comunque liberista, solo che dovrà attuarlo con i voti della sinistra e
con l’appoggio dei sindacati, e dunque dovrà pagare dazio.
Ciò spiega anche la strana “dimenticanza” del varo di
una legge sul conflitto d’interesse fra il 1996 ed il 2001: in quel
caso Berlusconi doveva essere lo spauracchio da presentare agli elettori
del centro sinistra per far loro ingoiare anche i bocconi meno
gradevoli.
Oggi, invece, anche il “babau” non fa più paura perché cotto e
stracotto soprattutto dai suoi stessi alleati, e dunque Romano Prodi
potrà governare anche se avrà un solo voto di margine.
Nel momento stesso che il centro destra riuscisse a rifondare sé
stesso, lì inizierebbe il campo minato per il professore, ma a quel
punto – con i conti pubblici in ordine – il capitalismo italiano
tornerebbe a “sdoganare” una destra divenuta “europea” e senza
l’ingombro di un Berlusconi di troppo.
Ah, dimenticavo: che c’entriamo noi? Niente, la “carne da
cannone”, la fanteria, non ha mai interrotto il sonno dei generali.
Carlo Bertani bertani137@libero.it
www.carlobertani.it