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Dollaro
USA contro euro: un altro motivo per l’invasione dell’Iraq
Tratto dal libro: «Censura: le notizie più censurate del 2003»
Il presidente Nixon
ha tolto la valuta statunitense dal sistema monetario aureo nel 1971. Da
allora, la fornitura mondiale di petrolio è stata trattata in dollari a
corso forzoso, facendo del dollaro la valuta pregiata dominante il
mondo. Gli altri paesi devono fornire gli Stati Uniti di merci e servizi
in cambio di dollari…che gli USA possono stampare liberamente. Per
acquistare energia ed estinguere eventuali debiti con il FMI, tutti i
paesi devono possedere ingenti riserve in dollari.
Il mondo è vincolato a una valuta che un solo paese può produrre a
volontà.
Ciò significa che, oltre a controllare il commercio mondiale, gli Stati
Uniti importano notevoli quantità di merci e servizi a costi relativi
molto bassi. L’euro ha iniziato a emergere come una seria minaccia per
l’egemonia del dollaro e per il predominio economico statunitense. Il
dollaro può anche prevalere in tutto l’emisfero occidentale, ma si
scontra con l’euro nell’ex Unione Sovietica, in Asia Centrale,
nell’Africa Sub-sahariana e in Medio Oriente. Nel novembre 2000m
l’Iraq è stata la prima nazione dell’OPEC a vendere il proprio
petrolio in cambio di euro. Da allora, il valore dell’euro è
aumentato del 17% e il dollaro ha cominciato a calare. Un’importante
ragione dell’invasione e dell’insediamento di un governo controllato
dagli USA in Iraq è stata quella di costringere il paese a tornare agli
scambi in dollari. Un altro motivo per l’invasione è scoraggiare
altri slanci dell’OPEC verso l’euro, in particolare da parte
dell’Iran, il secondo produttore dell’OPEC, che stava attivamente
discutendo il passaggio all’euro per le esportazioni di petrolio.
A causa degli enormi deficit commerciali, si stima che il dollaro sia
attualmente sopravvalutato di almeno il 40%. Viceversa, la zona
dell’euro non ha enormi deficit, applica tassi d’interesse più
elevati e possiede una quota crescente nel commercio internazionale. Via
via che l’euro si rafforza e il suo uso si diffonde, il dollaro non
sarà più l’unica scelta a livello mondiale. A quel punto, sarebbe più
facile per altre nazioni esercitare la leva finanziaria contro gli Stati
Uniti senza nuocere a se stesse o al sistema finanziario globale nel suo
insieme.
Di fronte al declino della propria potenza economica internazionale, la
superiorità militare è l’unico strumento rimasto agli USA per
dominare il mondo. Sebbene il costo di tale controllo militare sia
insostenibile, il giornalista William Clark sostiene che «uno dei
piccoli sporchi segreti dell’ordinamento internazionale odierno è che
il resto del globo potrebbe rovesciare gli Stati Uniti dalla loro
posizione egemonica, se solo volessero, con l’abbandono concertato del
regime monetario basato sul dollaro. Questo è il principale e
ineluttabile tallone di Achille dell’America». Se a un certo punto il
potere americano fosse percepito a livello mondiale come un peso
maggiore di quanto lo siano i rischi di rovesciare l’ordine
internazionale, i sistemi statunitensi di controllo potrebbero essere
annullati e demoliti. Se gli USA agiscono contro l’opinione pubblica
mondiale, come in Iraq, un consenso internazionale potrebbe marchiarli
come «nazione canaglia».
Aggiornamento di
William Clark
Soltanto il tempo ci dirà cosa
accadrà dopo la guerra in Iraq e l’occupazione statunitense, ma spero
che la mia ricerca possa contribuire alla documentazione storica e
aiutare altri a comprendere una delle importanti quanto nascoste ragioni
macroeconomiche del perché abbiamo conquistato l’Iraq.
L’amministrazione Bush/Cheney probabilmente crede che l’occupazione
dell’Iraq e l’insediamento di una presenza militare statunitense
ingente e permanente nella regione del Golfo Persico possa trattenere
altri produttori dell’OPEC dal prendere anche solo in considerazione
il passaggio dal dollaro all’euro nelle vendite di petrolio. Tuttavia,
impiegare le forze armate per affermare l’egemonia del dollaro nelle
transazioni relative al petrolio mi sembra una strategia piuttosto
inadeguata e poco gestibile. Purtroppo, il Presidente Bush e i suoi
consulenti neoconservatori hanno esacerbato i sentimenti «anti-americani»
ricorrendo all’opzione militare in Iraq quando il problema è
essenzialmente economico. La storia non potrà essere indulgente davanti
a questo.
Nonostante i media statunitensi riferiscano il contrario, l’attuale
ondata di «anti-americanismo globale» non è rivolta al popolo
americano o ai valori americani, bensì contro l’ipocrisia
dell’imperialismo americano militante. La politica estera dei
neoconservatori potrebbe essere in procinto di creare, purtroppo, le
basi per un’alleanza europeo-russa-cinese che contrasti
l’imperialismo americano.
Sembra che gli squilibri strutturali nell’economia statunitense,
unitamente alle politiche viziate dell’Amministrazione Bush in
material fiscale ed economica e soprattutto all’aperto imperialismo in
fatto di politica estera, possano finire per mettere a repentaglio
l’attuale condizione del dollaro come valuta pregiata o valuta per le
transazioni petrolifere, o quanto meno ridimensionarla
significativamente nei prossimi uno o due anni. Nell’eventualità che
la mia ipotesi si concretizzi, l’economia avrà bisogno di essere
ristrutturata in qualche modo per affrontare la riduzione di uno di
questi due vantaggi fondamentali. Ciò che serve è un incontro
multilaterale delle nazioni del G8 per riformare il sistema monetario
internazionale. Dato che le guerre future saranno probabilmente
combattute per il petrolio e la valuta di scambio del petrolio,
l’autore auspica che il sistema monetario globale sia riformato senza
indugi. Una tale riforma comprenderebbe l’indicazione di dollaro ed
euro come valute pregiate equivalenti a livello internazionale e poste
all’interno di una fascia di cambio, nonché un duplice sistema
monetario per le transazioni petrolifere con l’OPEC. Inoltre, le
nazioni del G8 dovrebbero valutare la possibilità di una terza valuta
pregiata riguardante un blocco yen/yuan per l’Asia Orientale. Un
compromesso sulle questioni euro/petrolio mediante un trattato
multilaterale, con un’introduzione graduale di un duplice sistema
monetario per le transazioni con l’OPEC potrebbero ridurre al minimo
il turbamento delle attività economiche negli USA. Anche se le riforme
multilaterali proposte potrebbero ridurre la nostra capacità di
finanziarie i nostri attuali massicci livelli di indebitamento e di
mantenere una presenza militare globale, i benefici includerebbero un
miglioramento della qualità della vita nostra e dei nostri figli
riducendo l’animosità nei confronti degli USA e riducendo le nostre
alleanze con i paesi dell’UE e di tutto il mondo. Avviare
un’equilibrata politica fiscale interna e una riforma monetaria
globale è, a lungo termine, nell’interesse degli Stati Uniti e
necessario per l’economia globale. Possiamo inoltre sperare che le
riforme monetarie proposte possano attenuare in futuro gli scontri
armati o economici per il petrolio, favorendo infine un’economia
globale più stabile, sicura e prospera nel XXI secolo.
Aggiornamento di
Còilìn Nunan
Quando l’articolo è stato
scritto, l’ipotesi che la mossa dell’Iraq di vendere petrolio in
cambio di euro avesse qualcosa a che fare con la minaccia degli USA di
muovere guerra a quel paese era soltanto teorica. Ed è tuttora teorica,
ma si tratta di un’ipotesi che le successive azioni statunitensi hanno
fatto ben poco per confutare: gli USA hanno invaso l’Iraq e assunto il
governo del paese, e non appena il petrolio iracheno è stato nuovamente
disponibile sul mercato, è stato anche annunciato che il pagamento
sarebbe avvenuto esclusivamente in dollari.
Ma la storia non finisce qui: il deficit commerciale statunitense si sta
ulteriormente allargando e il dollaro è in calo. Sempre più spesso,
gli esportatori di petrolio parlano apertamente di vendere il loro
prodotto in cambio di euro anziché di biglietti verdi. Mentre
l’Indonesia ci sta soltanto pensando, il Primo Ministro della Malesia,
Mahathir, ha incoraggiato caldamente l’industria petrolifera del suo
paese a farlo, il che ha indotto il Commissario per l’Energia
dell’Unione Europea, Lodola de Palacio, a dichiarare che già le
sembrava di vedere l’euro al posto del dollaro come principale valuta
per fissare il prezzo del petrolio.
Nel frattempo, l’Iran ha dato tutte le indicazioni necessarie per
capire che sta per passare all’euro: ha emesso eurobond, ha convertito
la proprie riserve di valuta estere da dollari in euro e intrattiene
cordiali negoziati commerciali con l’UE.
Secondo
un recente rapporto, ha persino iniziato a vendere il proprio petrolio
all’Europa in cambio di euro e sta incoraggiando i clienti asiatici a
pagare anch’essi con questa valuta. I discorsi degli USA su di un «cambiamento
di regime» in Iran non dovrebbero essere visti alla luce di questi
fatti? I media sembrerebbero pensare per lo più di no, dal momento che
si è parlato ben poco della connessione euro-dollaro con la «guerra al
terrorismo». La discussione, quale che sia stata, dovrà comunque
allargarsi in futuro, poiché né quella per il dollaro e per
l’economia statunitense, né la minaccia rappresentata dagli USA per
la pace mondiale svaniranno molto presto.