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Il dissenso imbavagliato
Tratto da “Scacco al potere: come resistere al potere e ai media che lo amano
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L'acceso dibattito e il dissenso esistono in questo paese, ma non ne leggete ne' sentite parlare nei grandi mezzi d'informazione.
Se siete contrari alla guerra, non appartenete a una minoranza marginale e neppure a una maggioranza silenziosa. Fate parte di una maggioranza silenziata, messa a tacere dai grandi media.
Dopo l'11 settembre, i personaggi mediatici in televisione - molti dei quali si possono definire giornalisti - hanno continuato a dire che il 90% degli americani era favorevole alla guerra.
Siete mai stati chiamati a esprimere la vostra opinione? E se vi é capitato, cosa vi é stato chiesto? Perché se qualcuno vi avesse telefonato e vi avesse chiesto: "Pensa che l'uccisione di civili innocenti vada vendicata con l'uccisione di civili innocenti?", sono sicura che il 90% degli americani avrebbe risposto di no. Siamo un popolo capace di compassione. Ma il popolo non può agire senza informazioni precise.
Uomini politici che non hanno mai conosciuto una guerra che disapprovassero (e nel caso di Bush, Cheney e Rumsfeld, non ne hanno mai combattuta una) hanno iniziato a far rullare i tamburi di guerra dopo l'11 settembre. Le multinazionali assentirono, sapendo che avrebbero potuto trarne profitto. E poi arrivarono i grandi mezzi d'informazione a fabbricare consenso, per dirla con Noam Chomsky.

Per capire come i media forgiano i messaggi, guardate chi sono i messaggeri. L'osservatorio sui media Fairness and Accuracy in Reporting (FAIR) ha condotto uno studio sugli "esperti" apparsi nei principali notiziari durante le due settimane critiche precedenti e successive il 5 febbraio 2003, giorno in cui il Segretario di Stato Colin Powell espose le proprie ragioni per invadere l'Iraq al Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Era un momento in cui il 61% degli americani chiedeva più tempo per la diplomazia e le ispezioni. Lo studio del FAIR scoprì che soltanto 3 delle 393 fonti chiamate in causa - meno dell'1% - erano legate all'attivismo pacifista. 3 su quasi 400 interviste. E questo nei "rispettabili" notiziari serali di CBS, NBC, ABC e PBS.
Perciò se siete corsi al bagno mentre guardavate la TV durante quelle due settimane cruciali - peccato! - potreste esservi persi l'unico parere dissenziente offerto dai notiziari.
Questi non sono mezzi d'informazione al servizio di una società democratica, dove una molteplicità di punti di vista e' vitale per formare opinioni informate. Questa é una macchina propagandistica perfettamente oliata, che raccoglie le imbeccate del governo facendole passare per giornalismo.

Perché è così importante? Beh, considerate l'alternativa: immaginate se anziché tre voci contro la guerra, le emittenti ne avessero diffuse 200, il che corrisponde all'incirca alla percentuale di opinione pubblica contraria al conflitto.
E immaginate se della guerra i media statunitensi avessero mostrato immagini infernali, non censurate... anche solo per una settimana. Quale impatto avrebbero avuto? Penso che saremmo stati in grado di abolire la guerra.
Invece, dopo che i nostri cari e i nostri vicini obbedirono agli ordini e andarono in guerra (a differenza dei figli di chi la guerra l'ha voluta), i network ci hanno mostrato una versione colorata in technicolor, da videogioco, di ciò che stava accadendo.
In Iraq, il governo statunitense ha scoraggiato una copertura indipendente della guerra... talvolta con la minaccia delle armi. E quando gli aerei hanno cominciato a riportare a casa i resti dei soldati morti nelle bare avvolte dalla bandiera, l'Amministrazione Bush ha ordinato di erigere un muro attorno alla Base Aerea di Dover. In effetti, l'Amministrazione ha vietato di filmare qualsiasi feretro di ritorno dall'Iraq. All'inizio del 2004, con oltre 500 americani morti e più di 11.000 feriti o evacuati per ragioni mediche, Bush non era ancora andato a un solo funerale di un soldato ucciso in azione durante la sua presidenza, in Afghanistan o in Iraq. La squadra di Bush ha invocato un principio base della propaganda: controlla le immagini e controllerai la gente. Una lezione imparata in Vietnam, la lezione della manipolazione.
In Iraq non erano previste immagini televisive quotidiane del tributo di vite umane riscosso dal conflitto. Il governo e i media intendevano ritrarre una guerra asettica, pressoché priva di vittime.

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