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Il Dio Mercato
Ida Magli - www.italianiliberi.it

Il Presidente della Repubblica invita ad unire gli sforzi di tutti come si fece nel ’99. Prima l’economia, poi l’economia, poi ancora l’economia. “Quello che più di ogni altra cosa manca alla nostra Italia per rimettersi più rapidamente in cammino è la fiducia. Occorre più fiducia nei consumatori. Più fiducia nei risparmiatori, che esitano ad investire i loro soldi. Più fiducia degli imprenditori nelle loro stesse capacità e nel futuro delle loro imprese, dell’Italia e dell’Europa”.
   
Anni duri, secondo il Presidente della Repubblica, quelli intorno al ’99: “Eravamo vicini al dichiarare fallimento, invece abbiamo migliorato i conti e siamo riusciti a entrare nel club della moneta unica… La politica di sviluppo che avviammo si fondava sul successo del risanamento della finanza pubblica che rese possibile l’adesione dell’Italia all’euro… Questo successo ci permise, e ci permette ancora oggi, di pagare Itassi di interesse europei ben più bassi di prima, sia sull’immenso debito pubblico dello Stato, con relativo alleggerimento del bilancio pubblico, sia sui debiti delle imprese, sia su quelli dei privati”. (il Giornale, 17 Settembre 2005).
Certo che ad un popolo che ha dato al mondo il più vasto, il più sublime patrimonio di pensiero, di scienza, di arte, di musica che sia mai esistito, si parli sempre ed esclusivamente in termini di denaro, è sconsolante. Da anni, ormai, da quando è diventata sempre più onnipresente quell’Unione europea che ci ha tolto l’indipendenza, la sovranità, la libertà, dettando le ottuse e ferree leggi elaborate dai Banchieri nella loro orribile “Eurotower” (così la chiamano), gli Italiani sentono parlare soltanto di moneta e di bilanci. Null’altro importa.

Questo è l’unico valore, il solo Dio dei costruttori dell’Europa.
Qualcuno si è forse chiesto da che cosa provenga la “mancanza di fiducia” di cui vengono accusati gli Italiani? Un dubbio, un piccolo, piccolissimo dubbio su quanto è stato fatto nei famosi anni che hanno preceduto e accompagnato il trionfale ingresso nel “Club dell’euro” (un nome che già di per sé disorienta, insospettisce i popoli, mai ammessi in quanto tali in nessun “club”) ha minimamente sfiorato la coscienza dei governanti? Sembrerebbe di no.
   
Ebbene riassumiamole le tappe principali che ci hanno condotto alla situazione attuale. Prima di tutto bisogna sottolineare il fatto che il Trattato di Maastricht è stato predisposto in gran fretta, dopo l’unificazione della Germania, perché molti Stati, in particolare la Gran Bretagna e la Francia , temevano il risorgere di una grande Germania e volevano tenerla comunque imbrigliata e sotto controllo. Con il mercato e la moneta unica, si è di fatto voluto forzare l’esistenza dell’”Europa Unita” che, invece, non c’era e non c’è.

Comunque, con la giustificazione che bisognava compiere qualsiasi sacrificio pur di riuscire ad entrare nell’ambitissimo Club, i governanti italiani hanno messo in atto la mastodontica dismissione del patrimonio dello Stato contemporaneamente alla frenetica svalutazione della lira che l’ha ridotta nel giro di pochi mesi, sotto il governo di Giuliano Amato (quello stesso che ha prelevato i soldi dai conti correnti dei cittadini), del 25% del suo valore.
   
Le grandi privatizzazioni hanno portato quindi a vendere a prezzo di saldo ai fortunati acquirenti, dall’anno 1992 (Maastricht è stato firmato il 7 Febbraio 1992 dal dimissionario Governo Craxi) all’anno 1998 le maggiori proprietà dello Stato in base al principio eretto a Legge inderogabile dall’Unione europea che l’unica Divinità capace di Libertà è il Mercato: Primo Motore, che regola non regolando. Negli anni 1992-93, con i governi Amato e Ciampi, vengono vendute l’ITALGEL, la CIRIO-BERTOLLI -DE RICA, il CREDITO ITALIANO (15.800 dipendenti), la SIV , la NUOVA PIGNONE (ENI, con 5100 dipendenti).
    Nel 1994, con i governi Ciampi e poi Berlusconi, vengono vendute la IMI , la BANCA COMMERCIALE ITALIANA (18.000 dipendenti), l’INA (4600 dipendenti), la ACCIAI SPECIALI TERNI (24.300 dipendenti), la SME (18.900 dipendenti).
    Nel 1995, con il governo Dini, vengono vendute la ITALTEL (15.000 dipendenti), la ILVA LAMINATI PIANI (18.000 dipendenti), la SME (seconda tranche), l’ENI (95.000 dipendenti, prima tranche), l’ENICHEM-AUGUSTA (1100 dipendenti), l’INA (seconda tranche). Negli anni 1996, ’97,’98 con i governi Dini e poi Prodi continua la svendita delle maggiori proprietà dello Stato portando a termine quelle già iniziate e aggiungendo alla lista la ITALIMPIANTI , l’ALFAROMEO AVIO, la TELECOM , la FINCANTIERI , la SEAT , il BANCO di NAPOLI, l’ALITALIA, il LLOYD TRIESTINO, la BANCA NAZIONALE del LAVORO ecc.ecc.

I dati qui riportati sono presi dalla pubblicazione del Ministero del Tesoro: La relazione sulle privatizzazioni, giugno 1998 dove chi voglia saperne di più può trovare molte altre interessanti indicazioni. Piero Barucci ha intitolato L’isola italiana del Tesoro il suo libro sull’argomento, ma parlare di sacco dell’Italia è troppo poco anche perché, se è forse possibile quantificare in denaro l’enormità della perdita, il costo dei prepensionamenti, è impossibile fare altrettanto con la frustrazione, l’angoscia, lo smarrimento di centinaia di migliaia di cittadini che si sono visti messi alla porta, privati del posto di lavoro, collocati nell’inutilità, nella depressione dei prepensionamenti senza una causa plausibile.
   
E inoltre: chi ha pensato alle competenze professionali, alle capacità acquisite nell’esperienza andate così stupidamente perdute, valutate zero tanto quanto la dismissione del patrimonio dello Stato e la sua sovranità?
    Sia ben chiaro: la violenza non è soltanto quella nella quale si vede scorrere il sangue. La violenza di tutti coloro che hanno a che fare con il denaro (siano questi banchieri, economisti, professionisti della finanza) è incomparabilmente più grave e più profonda proprio perché del tutto insensibile agli affetti, alle emozioni, a ciò che fa dell’uomo l’Uomo.

E’ con questa stessa violenza che è stata progettata e viene costruita l’Unione europea: cancellando le Patrie, le Lingue, le Identità, le Storie, le Religioni perché è soltanto riducendole al minimo comun denominatore che sarà possibile sommarle.
    Nell’editoriale del 17 Settembre 2005 pubblicato dal Corriere della Sera, con il titolo Più Mercato a Berlino Mario Monti avanza qualche previsione sul futuro dell’Unione europea in base agli eventuali risultati delle elezioni politiche in corso in Germania. Ebbene, non ci crederete, tutto andrà bene se la Germania (e di conserva anche la Francia ) “si riapproprieranno dell’economia di mercato”. Il dubbio su che cosa succederà con l’ingresso nell’Unione europea della Turchia? Il malessere dei Tedeschi nella convivenza con milioni di musulmani, portatori di un modello culturale alieno alla psicologia, alla storia, all’intelligenza scientifica, artistica, musicale del popolo tedesco? Sciocchezze. Lasciate il Mercato libero di competere con se stesso e qualsiasi problema scomparirà.

 
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