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Davos,
passerella per i gangster della finanza
commenti
Tratto
da “Rinascita” - Filippo Ghira
Il cosiddetto Forum di
Davos in Svizzera, come le riunioni similari della Commissione
Trilaterale, del Gruppo Bilderberg e del Bohemian Grove, rappresenta una
occasione imperdibile per tutti i banditi di professione presenti per
dire la loro sulla crisi finanziaria ed economica in corso e per offrire
pillole di saggezza sul come risolverla. Peccato che la maggioranza dei
gangsters presenti, per non dire la totalità, sono corresponsabili di
quanto è successo in conseguenza delle loro speculazioni. E’ un
aspetto questo, tipico del capitalismo che in questa fase si è
particolarmente accentuato, raggiungendo livelli di arroganza mai
raggiunti prima. A fare la parte dei leoni sono stati ovviamente i
banchieri che, dall’una all’altra sponda dell’Atlantico, hanno
potuto fruire di massicci aiuti di Stato che li hanno salvati dal
precipizio in cui erano precipitati. Le banche, in particolare quelle
americane e inglesi, ma anche quelle tedesche, si sono potute in tal
modo risollevare dopo essere state sul punto di fallire per la propria
debolezza patrimoniale e finanziaria in conseguenza delle speculazioni
fatte e dell’acquisto di titoli di Stato, ormai trasformati in carta
straccia come quelli greci. Una realtà che in una situazione normale
avrebbe dovuto spingere i banchieri a recarsi dai politici con il capo
chino.
Ma poiché i governi
sono le agenzie di affari del capitalismo, è accaduto esattamente il
contrario. I dirigenti della Goldman Sachs, salvata da Obama e ritornata
in utile, si sono infatti potuti permettere di rispondere picche al loro
maggiordomo alla Casa Bianca, quando questi ha timidamente chiesto di
non attribuirsi eccessivi premi di produzione. Una dimostrazione
ulteriore che i vertici come quello di Davos servono al capitalismo
finanziario, in particolare quello di stampo anglosassone, per
individuare i politici disposti a fare i loro maggiordomi in un futuro
governo nazionale e per sostenere quelli già al lavoro e che hanno dato
prova di essere funzionali al sistema vigente.
Al World Economic Forum
di Davos quest’anno non sono stati invitati gli economisti che nei
mesi scorsi si erano mostrati maggiormente pessimisti sulle magnifiche e
progressive sorti del Libero Mercato. La parola d’ordine da diffondere
a piene mani doveva essere ottimismo. Anche se è impresa titanica vista
l’aria che si respira di una depressione in arrivo. Tutto andrà bene,
siate fiduciosi, con uno sforzo comune e con i sacrifici le cose si
sistemeranno. Ovviamente i sacrifici li dovranno fare i cittadini
comuni. Non è un caso che, tanto per restare in ambito italiano, che le
misure finora adottate dal governo dell’ex Goldman Sachs, il
bocconiano Mario Monti, siano state all’insegna delle tasse che
andranno a colpire il bene principe delle famiglie italiane: la casa. Ma
non è che in altri Paesi le cose vadano meglio. Pure in Grecia, il
governo è guidato da un ex consulente della Goldman Sachs, come Lucas
Papademos e in Spagna il nuovo ministro dell’Economia è un altro
banchiere come Luis de Guindos, 51 anni, ex presidente in Spagna della
Lehman Brothers, la banca americana lasciata fallire alla fine del 2008,
perché indifendibile anche da due maggiordomi di Wall Street come Bush
jr e Obama. Così, i governi europei, invece di reagire con la
necessaria durezza contro le banche Usa che speculando massicciamente
sui mutui subprime hanno innescato la crisi finanziaria del 2007-2008
poi trasformatasi in recessione economica, non hanno trovato di meglio
che consegnarsi nelle loro mani. Ed il grave è che la Goldman Sachs è
una delle banche che ha maggiormente speculato contro i titoli di Stato
europei, ad incominciare dai nostri Btp a 5 e 10 anni. Se poi si tiene
conto che un altro ex della Goldman Sachs, come Mario Draghi, un altro
anglofono come Monti, è stato portato alla guida della Banca centrale
europea, abbiamo la percezione esatta dell’orrore odierno e del fosco
futuro che ci aspetta.
Così a Davos si sono
visti i banchieri e finanzieri Usa che tra uno spuntino e un incontro
riservato hanno avuto la spudoratezza di offrire consigli sulle cose da
fare a quei politici che erano disposti ad ascoltarli. Tra i vari
gangsters in circolazione non poteva mancare il solito George Soros,
quello che nell’autunno del 1992 da Wall Street, in sintonia con gli
gnomi della City londinese, e a corollario della Crociera del Britannia,
speculò contro la lira provocandone la svalutazione del 30% e favorendo
la svendita di diverse aziende pubbliche italiane. Oggi Soros vede nero,
per l’Italia e per la Spagna, auspica gli eurobond (in funzione
anti-tedesca), stima che la Grecia uscirà dall’euro e afferma che
senza azioni radicali, il mondo andrà incontro ad un'altra Grande
Depressione come quella successiva al 1929. Laddove le soluzioni
radicali si esplicano nella nascita di un governo mondiale, emanazione
dell’Alta Finanza che, dopo aver derubato i popoli, venga messo in
grado di dettare a tutti le regole di comportamento. Come se alle varie
Mafie venisse assegnato il compito di garantire l’ordine pubblico. Uno
scenario e un retroscena ben chiari ai manifestanti che come gli anni
passati hanno contestato all’esterno la riunione e i suoi
partecipanti.
Non è un caso che
Angela Merkel, presente a Davos, abbia incentrato il suo intervento
all’insegna della difesa della sovranità tedesca e del rifiuto di
versare eccessive risorse aggiuntive al fondo europeo salva Stati che
potrebbe trasformarsi in un moloch sovranazionale. Noi garantiamo la
sopravvivenza dell'euro anche per salvare l'unità europea, ha sostenuto
la cancelliera, ma non possiamo farci carico dei debiti pubblici di
altri Paesi che incrinano la stabilità dell’euro. Il problema vero,
ha osservato, è che all'Europa mancano strutture politiche, che sono
necessarie affinché l'euro funzioni correttamente. Non può esservi una
moneta senza uno Stato. I punti deboli dell’Unione e dell’euro
stanno in questa dicotomia. Essi sono sorti nel corso degli anni e non
possono essere superati in un colpo solo.
No di Cameron alla
Tobin Tax
Da parte sua, il primo ministro britannico David Cameron ha ribadito
che l'idea di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie è una
follia. E si è aggrappato agli studi della Commissione Europea per i
quali una tassa potrebbe ridurre il Pil europeo di 200 miliardi di euro
e comportare la perdita di circa 500 mila posti di lavoro. Quanto alla
Bce, a giudizio di Cameron, dovrebbe fare più per la crescita,
abbandonando la politica fin qui seguita rivolta soprattutto a tenere
sotto controllo l’inflazione.